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www.ildialogo.org VICO E LE TRE EDIZIONI DELLA "SCIENZA NUOVA": QUESTIONI DI METODO. Una nota,di Federico La Sala

VICO E JOYCE. "La strada di Vico gira e rigira per congiungersi là dove i termini hanno inizio... Prima che vi fosse un uomo in Irlanda c’era un lord in Lucania" (James Joyce, "Finnegans Wake")
VICO E LE TRE EDIZIONI DELLA "SCIENZA NUOVA": QUESTIONI DI METODO. Una nota

La Scienza nuova ha un fine – prosegue Battistini – analogo a quello dei Philosophiae naturalis principia matematica di Newton, perché questo scienziato risale alla forza centripeta gravitazionale da cui ha origine il “sistema del mondo” e il capolavoro di Vico risale alla nascita dell’umanità (...)


di Federico La Sala

Ciò che qui segue riprende il discorso già avviato in: COGITO, ERGO EST! VICO E IL DESIDERIO DI ONNIPOTENZA DI CARTESIO.

___________________________

LA “SCIENZA NUOVA SECONDA”. Nel 1731, nella “Aggiunta fatta dal Vico alla sua autobiografia”, egli dà conto delle vicende ulteriori della sua vita intellettuale e, in particolare, dell’attacco mosso contro la “Scienza nuova” (“gli fu fatta una vile impostura  … ricevuta tra le Novelle letterarie degli Atti di Lipsia del mese di agosto dell’anno 1727”) e della sua risposta con “un libricciuolo in dodicesimo, intitolato Notae in Acta lipsiensa” (o, anche, “Vici vindiciae”, 1729), dell’accoglienza dell’opera, “per l’Italia, e particolarmente in Venezia” (p. 44), da dove gli pervengono nel 1728 varie sollecitazioni (“gentili inviti e autorevoli conforti”) a ristampare l’opera “e di scrivervi l’annotazioni ed aggiunte”, e, infine, delle grandi difficoltà per portare a compimento il progetto, da cui ne esce vittorioso e soddisfatto: “il Vico fu costretto di meditar e scrivere, quasi sotto il torchio, quest’opera, con un estro quasi fatale, il quale lo strascinò a sì prestamente meditarla ed a scrivere, che l’incominciò la mattina del santo Natale e finì ad ore ventuna della domenica di Pasqua di Resurrezione” (pp. 50-51).  

La seconda edizione della “Scienza nuova” appare nel dicembre del 1730, con un’intestazione amplificata e così trasformata: “Cinque libri di Giambattista Vico de’ principi d’una scienza nuova d’intorno alla comune natura delle nazioni, in questa seconda impressione con più propia maniera condotti e di molto accresciuti. Alla Santità di Clemente XII dedicati. Napoli, a spese di Felice Mosca MDCCXXX”. Le novità principali sono chiaramente dette: c’è la precisazione di “comune” alla “natura delle nazioni” e ci sono i mutamenti introdotti, sia a livello dei contenuti (“di molto accresciuti”), sia al livello dell’esposizione (“con più propia maniera condotti”). 

PROBLEMI DI CENSURA. Come la prima, la nuova edizione è dedicata al cardinale Lorenzo Corsini. La variazione è dovuta al fatto che, “mentre Vico scriveva e stampava la Scienza nuova seconda”, il cardinale “fu promosso al sommo pontificato”, con il nome di Clemente XII. Dal papa, Vico riceve nel gennaio del 1731 una nota di gradimento e di ringraziamento per l’invio “dell’esemplare”: “Colmato il Vico di tanto onore, non ebbe cosa al mondo più da sperare” (p. 53). La cosa ha più significato e importanza di quanto non appaia: nel 1729-30, per la Scienza nuova del 1725, era stata istruita presso il Sant’Uffizio  (come è stato scoperto di recente)  una causa di “censura librorum” che, pur non sfociando in una condanna,  portò all’emissione di un “divieto a ristampare l’opera”; questo “divieto – scrive Paolo Cristofolini (Vico pagano e barbaro, Ets, Pisa 2001, p. 95) – potrebbe forse spiegare lo strano titolo della edizione del 1730”.

QUESTIONI DI METODO.  Pur nel gran trambusto in cui  è costretto a lavorare, Vico non perde né le coordinate del suo orizzonte teorico, né la lucidità sulle acquisizioni fondamentali della sua ricerca. Egli riconosce che, “nella Scienza nuova prima, se non nelle materie, errò certamente nell’ordine, perché trattò de’ princìpi delle idee divisamente da’ princìpi delle lingue, ch’erano per natura tra lor uniti, e pur divisamente dagli uni e dagli altri ragionò del metodo con cui si conducessero le materie di questa Scienza, le quali, con altro metodo, dovevano fil filo uscire da entrambi i detti princìpi: onde vi avvennero molti errori nell’ordine”. E si rimette al lavoro, la determinazione è grande: “Tutto ciò fu nella Scienza nuova seconda emendato” (p. 50).

Cio’ che viene dato alle stampe è decisamente un altro lavoro! Se nella Scienza Nuova del 1725 ha presentato (“scrissela da filosofo”, p. 44) il metodo e i temi dell’indagine (gli obiettivi, gli ostacoli, i principi epistemologici, le analisi linguistiche con etimi e figure retoriche, i principi della natura delle nazioni, lo sviluppo storico dell’umanità, gli errori compiuti da altri ricercatori), ora Vico presenta i risultati della stessa indagine – la comune natura delle nazioni, alla luce dei principi – nella forma dell’esposizione logica-scientifica. Non è un cedimento a Cartesio o a Spinoza! E’ un passo fondamentale di accresciuta consapevolezza del lavoro fatto e una messa a punto formidabile della sua prospettiva critica, relativa al rapporto filologia e filosofia, retorica e filosofia, storia e filosofia.  

METODO DI INDAGINE. “Prima conoscere, poi giudicare le cose”! Per Vico “la Topica è la facultà di far le menti ingegnose, siccome la Critica è di farle esatte” (p. 517). Egli ha capito sì che “l’ordine delle idee dee procedere secondo l’ordine delle cose”, ma anche capito che “il modo di esporre un argomento deve distinguersi formalmente dal modo di compiere l’indagine”, che “l’indagine deve appropriarsi il materiale nei particolari, deve analizzare le sue differenti forme di sviluppo e deve rintracciarne l’interno concatenamento”, e che “solo dopo che è stato compiuto questo lavoro, il movimento reale può essere esposto in maniera conveniente” (K. Marx, “Poscritto alla Il Edizione del Capitale”, in: Il Capitale, libro I, vol. 1, p. 27, Editori Riuniti, Roma 1970). 

METODO DI ESPOSIZIONE. Se nel lavoro di indagine, per giungere a conoscere l’ordine delle cose (cioè, “la natura delle nazioni, dalla quale è uscita l’umanità delle medesime”) è stato (ed è) necessario liberarsi (quasi uno svestirsi, “non senza una violentissima forza”) delle “comuni invecchiate anticipazioni” e “ridurci in uno stato di somma ignoranza di tutta l’umana e divina erudizione, come se per questa ricerca non vi fussero mai stati per noi né filosofi, né filologi” (p. 185), nel lavoro di esposizione dell’ordine delle idee è stato (ed è) necessario indossare l’“abito del ragionare geometricamente” e servirsi di tutta la propria intelligenza!

Alla fine della “Spiegazione della dipintura proposta al frontespizio, che serve per l’introduzione dell’opera” del 1730 (e del 1744),  con ‘cartesiana’ chiarezza, Vico così scrive:

“Conchiudiamo finalmente con questi pochi seguenti avvisi, per alcun Giovine, che voglia profittare di questa Scienza.

I. Primieramente ella fa il suo lavoro tutto metafisico, ed astratto nella sua Idea: onde ti è bisogno nel leggerla di spogliarti d’ogni corpolenza,  e di tutto ciò, che da quella alla nostra pura mente proviene, e quindi per un poco addormentare la fantasia, e sopir la memoria: perché, se queste facultà vi son deste, la mente non può ridursi in istato d’un puro intendimento, informe d’ogni forma particolare; per lo che non potravvi affatto indurvisi la forma di questa Scienza; e per tua colpa darai in quell’uscita, che non s’intenda.

II. Ella ragiona con uno stretto metodo geometrico, con cui da vero passa ad immediato vero, e così vi fa le sue conchiusioni. Laonde ti è bisogno di aver fatto l’abito del ragionar geometricamente; e perciò non aprire a sorte questi libri, per leggerli, nè per salti, ma continovarne la lezione da capo a’

piedi: e dei attendere, se le premesse sieno vere, e ben’ordinate; e non meravigliarti, se quasi tutte  le conchiusioni n’escano maravigliose: lo che sovente avviene in essa Geometria, come quella per esemplo delle due linee, che tra loro in infinito sempre s’accostano, e non mai si toccano; perché la

conseguenza è turbata dalla fantasia; ma le premesse s’attennero alla pura ragion’astratta.

III. Suppone la medesima una grande, e varia così Dottrina,com’Erudizione; dalle quali si prendono le verità, come già da te conosciute, e se ne serve come di termini, per far le sue proposizioni. Il perchè se non sei di tutte pienamente fornito, vedi, che tu non abbia il principio nell’ultima disposizion di riceverla.

IV. Oltre a cotal seppellettile, ti fa d’uopo d’una mente comprensiva; perché non è cosa, che da questa Scienza si ragiona, nella quale non convengano altre innumerabili d’altre spezie, che tratta, con le quali fa acconcezza, e partitamente con ciascheduna, e con tutte insieme nel tutto; nello che unicamente consiste tutta la bellezza d’una Scienza. Perciò se ti manca o questo, o l’antecedente ajuto, e molto più entrambi per leggerla, ti avverrà ciò, ch’avviene a’ sordastri, i quali sentono una, o due corde più sonore del gravicembalo con dispiacenza; perchè non sentono le altre, con le quali toccate dalla mano maestra di musica fanno dolce, e grata armonia.

V. Ella contiene tutte Discoverte in gran parte diverse, e molte dello’ntutto contrarie all’oppenione, che delle cose, le quali qui si ragionano, si è avuto finora. Talché ti bisogna d’una forte acutezza di

mente, da non abbacinarsi al gran numero de’ nuovi lumi, ch’ella dappertutto diffonde.

VI. Di più ella spiega idee tutte nuove nella loro spezie: perciò ti priego a volertici avvezzare, con Leggere almeno tre volte quest’Opera.

VII. Finalmente per farti sentire il nerbo delle pruove, le quali col dilatarsi si debilitano; qui poco si dice, e si lascia molto a pensare: e perciò ti bisogna meditare più addentro le cose; e col combinarle

vieppiù vederle in più ampia distesa; affinché tu possa averne acquistato la facultà.” (G. Vico, La Scienza Nuova. Le tre edizioni del 1725, 1730 e 1744, a cura di Manuela Sanna e Vincenzo Vitiello, Bompiani, Milano 2012, pp. 398-399)

“IL SISTEMA DEL MONDO”.  Ciò a cui Vico mette capo nella “Scienza nuova seconda” (del 1730 e, ancor più, nell’edizione del 1744) è ciò a cui ha mirato per tutta la vita, costruire – come scrisse in una lettera a padre Giacco -  “un sistema della civiltà, delle repubbliche, delle  leggi, della poesia, della istoria e, in una parola, di tutta l’umanità”.

L’originalità strutturale della Scienza nuova – come scrive Andrea Battistini in “La sapienza retorica di Giambattista Vico” (Guerini e Associati, Milano 1995, pp.102-104) - “consiste proprio in questo spirito di sistema che, pur invocando in ogni momento l’unità, la sottopone continuamente a un esercizio metamorfico volto a eliminare la fissità di una classificazione statica (…) Erede di un’epoca che, con la nuova scienza di Galileo, di Cartesio e Newton (…) Vico non si rassegna a un sapere frantumato e, in nome degli ideali espressi nelel orazioni inaugurali, cerca e crede di trovare la coesione della cultura retrocedendo fino all’istante unico delle origini, all’attimo comune a tutta l’umanità (…)”.  

“La Scienza nuova ha un fine – prosegue Battistini – analogo a quello dei Philosophiae naturalis principia matematica di Newton, perché questo scienziato risale alla forza centripeta gravitazionale da cui ha origine il “sistema del mondo” e il capolavoro di Vico risale alla nascita dell’umanità, risolvendo nella lontana prospettiva delle origini la lunga ricerca del XVII secolo di una lingua e di una cultura antropologica comuni a tutte le nazioni”.

Federico La Sala

 



Martedì 23 Aprile,2013 Ore: 17:05
 
 
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