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www.ildialogo.org La paura dei poveri,di Klaud G. Bade

Die Zeit online – 15 ottobre 2013
La paura dei poveri

di Klaud G. Bade

(Traduzione dal tedesco di José F. Padova)


Dopo la tragedia di Lampedusa sembra che qualcosa si sia mosso. Qualche giorno fa per salvare gli occupanti di un barcone alla deriva in uno Ionio con onde da naufragio si sono lodevolmente attivate le Capitanerie di Porto e diverse navi mercantili. Non si ha notizia se anche Frontex, il cerbero dei confini guidato da Varsavia, abbia partecipato all'operazione.
Nel sottofondo resta tuttavia l'impressione che il problema dell'immigrazione non sia stato adeguatamente elaborato, almeno a livello subconscio, in tutta l'Unione Europea. Se ne occupa Die Zeit, che osserva quanto già descritto e ampiamente documentato da Gian Antonio Stella nel suo libro "L'Orda - Quando gli albanesi eravamo noi": ovvero, quando i nostri emigranti trovavano nei Paesi di arrivo un'accoglienza non molto diversa da quella che tuttora auspicano le parti politiche più retrive.
In Germania, dopo la fine della II Guerra mondiale, si sono succedute diverse ondate di xenofobia, con la totale rimozione del ricordo di milioni di "lavoratori-schiavi" importati dai nazi per la produzione bellica. E dei tempi in cui anche i tedeschi erano poveri, tanto da non poter pagare la nave per emigrare in America.
Come in altri campi, pure in questo un poco di cultura storica aiuta a capire. Forse a correggere.
JFPadova
Die Zeit online – 15 ottobre 2013

La paura dei poveri

I profughi per motivi economici [ndt.: per miseria] dall’Africa e dal Sudest europeo suscitano risentimento xenofobo. La politica dovrebbe dare risposte intelligenti. Perché la migrazione non deve essere fermata.

Klaud G. Bade - Ricercatore sui problemi dell’immigrazione, pubblicista e consulente politico, fino al 2012 è stato presidente-fondatore del Consiglio degli esperti presso le Fondazioni tedesche per l’integrazione e l’immigrazione. Espone i fondamenti del suo concetto di “integrazione negativa” nel suo nuovo libro Kritik und Gewalt. Sarrazin-Debatte, „Islamkritik“ und Terror in der Einwanderungsgesellschaft (Critica e potere: dibattito su Sarrazin, „critica dell’Islam“ e terrore nella società dell’immigrazione), Wochenschau Verlag, Schwalbach i. Ts.

(Traduzione dal tedesco di José F. Padova)

zeit.de

Le paure dell’immigrazione hanno forte presa nei presunti paradisi al centro dell’Europa. Oltre a quelle per i “migranti della povertà” dalla Bulgaria e dalla Romania, dopo la recente catastrofe di Lampedusa altri timori si rivolgono con maggiore intensità contro i cosiddetti migranti della miseria e contro i richiedenti asilo provenienti specialmente dall’Africa, ma anche da altre regioni del mondo.

Per di più le vittime sono bollate come delinquenti: le persone che volevano sfuggire alle difficoltà economiche, alla guerra e al’oppressione dei loro Paesi di origine, agli occhi di molti tedeschi e di altri abitanti della Mitteleuropa si trasformano in una minaccia al proprio benessere e al sistema sociale.

si ignora che per gli immigranti, che premono sull’Europa per motivi di sopravvivenza, l’alternativa è spesso solamente la fuga o il depauperamento. E di solito si dimentica anche che simili fenomeni si sono verificati in gran numero anche nella storia della Germania.

I tedeschi erano sovente tanto poveri da non poter pagare neppure il biglietto della nave. Per questo molti, nei primi anni del 1900, vendevano la loro capacità lavorativa, con la intromissione di “caporali” e agenti vari – oggi li si chiamerebbe procacciatori [ndr.: intende papponi]. Molti, dei milioni di tedeschi che cercarono nell’esodo di massa attraverso l’Atlantico la loro (buona) sorte nel Nuovo Mondo, oggi sono sbarcati nel cassetto della memoria con l’etichetta “Profughi per povertà”.

Nel XX secolo braccianti stranieri, polacchi e russi, hanno sgobbato nelle grandi proprietà agricole della Prussia orientale. Di essi c’era urgente necessità, ma allo stesso tempo erano temuti come immigranti e perciò si permetteva loro di entrare soltanto per periodi limitati anno per anno.

Una nuova ondata migratoria di milioni di persone si verificò dopo la caduta del comunismo e la fine della divisione dell’Europa, negli anni 1989/1990. Allora arrivarono profughi dai Balcani come conseguenza della guerra nell’ex Jugoslavia. Entrambi i fenomeni svegliarono nuove paure di un’invasione di massa, che si scaricarono sulla disputa circa il diritto d’asilo.

Angoscia primordiale davanti all’immigrazione di massa

Lo stesso accade anche oggi con le reazioni, sovente misantropiche, contro i “profughi dalla povertà” e gli “immigranti per miseria”, dall’Africa come dalla Romania o dalla Bulgaria. La venuta di una giovane élite di immigrati, composta da persone con qualifica professionale da buona a eccellente, fino a poco tempo fa era bene accetta, come un arricchimento dell’offerta di forza-lavoro in Germania sempre più ridotta per motivi demografici.

Adesso si tratta nuovamente dell’angoscia primordiale di fronte alla migrazione dall’Est all’Ovest europeo e a quella, extra europea, dal Sud al Nord. Già una volta si è vissuta la paura Est-Ovest, quando la Polonia entrò in Europa nel corso dell’ampliamento dell’Unione Europea verso est. Anche allora molti temettero uno spostamento di massa dei lavoratori polacchi a buon mercato. Quando in maggio 2011 ebbe fine in Germania il settennale periodo di sospensione dei lavoratori stranieri sul mercato del lavoro, la paura si rivelò ampiamente esagerata. In suo luogo sopravvenne l’immagine della simpatica badante polacca per i vecchi tedeschi, la quale oggi può arrivare da noi legalmente.

L’immigrazione dalla Polonia è ancora più ampia di quella avvenuta dal 2007 dagli Stati appena accolti nell’Unione Europea, la Bulgaria e la Romania. Ciononostante da qualche tempo si è (ri)formato il pauroso scenario dei migranti della povertà bulgari e romeni nel sistema sociale tedesco, rafforzato dal grido di allarme di febbraio dell’Associazione delle Città tedesche, che mette in guardia da un sovraccarico per i singoli Comuni.

D’altra parte il quadro generale non relativizza i problemi delle città coinvolte. Infatti ciò che lì si accumula proprio nei quartieri socialmente problematici è in effetti sovente l’emigrazione per povertà o perfino l’immigrazione causata da estrema miseria, ciò che grava eccessivamente sul bilancio sociale, in senso lato, del comune. Tutto questo non giustifica certamente le liquidazione grossolane in senso populistico, delle quali si è servito anche il ministro federale dell’Interno Hans-Peter Friedrich (CSU) e che sono state più volte respinte dalla Commissione europea. In questo campo tuttavia Bruxelles ha commesso a suo tempo il medesimo errore, cioè diffondere dati complessivi contrastanti con i valori sperimentati dalle città, cosa che sia là, sia anche a livello federale e regionale, a buon diritto ha suscitato indignazione.

Il tempo incalza
Più che una disputa sui numeri sarebbe una competizione circa i concetti esatti. Infatti, finché esisteranno le grandi discrepanze nel benessere fra Ovest e Sud, ma soprattutto fra Est e Sudest dell’Europa e in anche con i Paesi impoveriti dell’Africa, continuerà la pressione migratoria. La si frenerà al massimo con sempre più stretti controlli alla frontiera e con norme su entrate e diritto di asilo, ma non la si impedirà.

Perciò diventano urgentemente necessari forti investimenti per l’integrazione e la formazione nelle città e nei comuni, finanziati da un Fondo sociale nazionale. Oltre a questo è necessaria, a livello dell’Unione Europea, una politica di sviluppo orientata all’immigrazione, per combattere i fattori scatenanti dell’emigrazione nei Paesi di origine, sia nel sudest europeo sia in Africa. Già sono stati investiti a questo scopo miliardi, in Bulgaria e in Romania, ma in modo errato – i soldi sono finiti nelle tasche di politici corrotti e di pingui burocrati del settore sociale, i quali non hanno prodotto altro che carte su carte. Gli investimenti sbagliati non sono però un motivo per negare ulteriori fondi, questa volta sotto controllo della Commissione europea e rigidamente orientati al loro scopo.

Infatti, il pericolo sta nel ritardo. La prova decisiva verrà dal gennaio 1914, quando anche per i bulgari e i romeni varrà la completa libertà di circolazione. Se non si vuole arrivare a nuovi eccessi di xenofobia, come accadde nei primi anni ’90, la politica deve agire in fretta e assennatamente, indipendentemente da chi in futuro dirigerà il governo federale.

Sul lungo termine ciò varrà in ogni caso, poiché le conseguenze del cambiamento climatico ci metteranno a confronto su scala mondiale come non era mai accaduto nella storia del Mondo fin dai tempi preistorici. Allora al più tardi troverà fine la scelta palese secondo motivi di emigrazione accettabili o non accettabili.



Mercoledì 18 Dicembre,2013 Ore: 19:39
 
 
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