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www.ildialogo.org   Dopo Berlusconi Italia, Paese senza futuro,Dirk Schümer, già corrispondente dall’Italia per la F.A.Z.  

Frankfurter Allgemeine Zeitung, 7 ottobre 2013
  Dopo Berlusconi Italia, Paese senza futuro

Dirk Schümer, già corrispondente dall’Italia per la F.A.Z.  

(traduzione dal tedesco di José F. Padova)


La Frankfurter Allgemeine Zeitung è il giornale dell'establishment redesco e riflette abbastanza l'immagine che il mondo teutonico ha ora di noi, sbagliata o giusta che sia.
L'articolo allegato dovrebbe quindi essere letto con spirito critico, con il distacco che permette di distinguere le cose vere dai pregiudizi e dagli stereotipi, che tanto piacciono alle persone superficiali.
La risposta, da dare il più presto possibile, la suggerisce l'articolo: "... occorre il radicale ricambio di un’intera casta di politici, che gli italiani, distesi sul loro anarchismo, per troppo tempo hanno sbadatamente allevato".
Dirk Schümer, già corrispondente per l'Italia della FAZ, aggiunge: "Ci si può veramente aspettare questo da un centro di nuova formazione, composto da vecchi democristiani, devoti berlusconiani e cinici tecnocrati bancari?" La memoria va al dopoguerra, dal 1945 ai primi anni '50, quando gli italiani hanno saputo risollevarsi dal disastro e passare da nazione agricola e analfabeta a potenza industriale di eccellenza. Eppure anche allora il tarlo lavorava nel profondo: quasi tutti gli uomini, corresponsabili a livello medio e basso del fallimento fascista, erano rimasti al loro posto.
L'artefice dell'operazione "mantenimento" fu allora il capo del PCI, con la famosa amnistia. Una parola che non suona nuova all'orecchio, anche se si spergiura che il mantenimento non riguarda il principale responsabile del fallimento attuale (gli altri, responsabili di gravissima omissione - conflitto d'interessi? chi era costui? -, sono ancora lì). (J.F.Padova)
Frankfurter Allgemeine Zeitung, 7 ottobre 2013
Dopo Berlusconi
Italia, Paese senza futuro
Vent’anni sono dovuti passare, prima che Silvio Berlusconi fosse condannato con sentenza passata in giudicato. Non è la fine della miseria di un Paese fra i più belli del mondo, bensì la conferma di una bancarotta politica ed economica.
Dirk Schümer, già corrispondente dall’Italia per la F.A.Z.
(traduzione dal tedesco di José F. Padova)
“Che cosa è diventata l’Italia!”. Durante una cena fra amici borghesi aleggia questa esclamazione come normale nostalgia di chi invecchia, di chi pensa a idealizzare la propria giovinezza. “Un tempo, una volta alla settimana, all’ora di massimo ascolto c’era alla TV il buon spettacolo, responsabile della scelta era Andrea Camilleri. C’erano concerti, documentari. E adesso? La RAI offre, e non come pubblicità, ragazze mezzo nude e le grida volgari dei talk-show”. Chi così si lamenta dirige una nota istituzione culturale nel Nord Italia, sua moglie gestisce una farmacia, entrambi sono messi bene, con abitazione in centro città, casa per le vacanze, viaggi. In realtà potrebbero guardare contenti ai loro successi nella vita e potrebbero, come dovunque, lagnarsi un pochino del livello dei media.
Ma poi il direttore dell’Accademia racconta di sua figlia. Ha concluso a pieni voti gli studi giuridici e letterari, ma non trova lavoro. Adesso lavora saltuariamente in un call-center. Se volesse stipulare un contratto d’affitto per una catapecchia in una decadente periferia milanese, il padre dovrebbe intervenire e farsi garante per il pagamento dell’affitto. Matrimonio? Nipotini? Sua figlia, racconta triste il padre, scuote soltanto la testa; non ce la fa neppure a badare a sé stessa. È chiaro che il padre l’aiuta finanziariamente. “Presto mia figlia compirà quarant’anni. Che Paese mai abbiamo lasciato ai nostri figli?”.
Fuori dal paradiso
Nell’Italia di Berlusconi storie simili si potrebbero raccontare a milioni. Ci si potrebbe affliggere sull’architetta d’interni, talentuosa e laureata, che verso i trentacinque anni vive con i genitori e dopo centinaia di curriculum inviati non spera più nemmeno in un posto di venditrice presso un Centro Mobili. O sugli studenti nelle università strapiene e cadenti, che regalano al Paese la più alta percentuale a livello globale di avvocati e architetti – e allo stesso tempo uno dei più alti tassi di disoccupazione fra i giovani. Il figlio di una amica ha terminato gli studi d’ingegneria, ma non vuole emigrare, e adesso lavora, molto contento, come skipper presso una scuola di vela per turisti.
Soprattutto emigrare! Questa parola la si ascolta sempre più spesso nelle conversazioni su politica, lavoro, sistemi sociali, e proprio nel più bel Paese del mondo, che ha regalato all’umanità l’arte più splendida, il cibo più buono, l’abbigliamento più raffinato, il design più squisito. Su ogni mappamondo questo paradiso dovrebbe sfavillare come un tesoro di arte del vivere, ma la gente vuole emigrare.
La famiglia è l’ultimo collante
C’è per esempio una coppia, chiamiamoli Silvia e Paolo, che dovrebbe propriamente far parte dell’élite creativa: lei lavora come dottore in legge in posizione elevata presso gli uffici fiscali, lui disegna mobili, realizza spazi museali. Silvia è a pezzi, da quando è stata trasferita in un’altra città. Dove molti ispettori fiscali incassano un guadagno extra semilegale tenendo corsi per l’elusione delle tasse agli imprenditori che essi dovrebbero tenere sotto controllo. Lo stesso capo degli uffici è stato accusato di truffa, ma come deputato di Berlusconi ha ottenuto l’immunità – e continua a mantenere una presa potente sulla sua clientela. “Questa gente”, dice Silvia, “è dappertutto, si sono imposti dall’interno allo Stato e alle sue istituzioni”. Chi disturba il ben lubrificato andazzo incontra problemi, è vittima di mobbing, viene trasferito, riceve messaggi anonimi fin sopra ai capelli. Silvia non dorme quasi più, eppure ha bisogno di tutta la sua forza per i suoi due figli piccoli.
Paolo cerca già da ora una scuola internazionale per i suoi bambini, perché almeno le nuove leve se ne possano poi andare dall’Italia. Egli ritiene pessima la formazione scolastica di Stato, vuole poter pagare in più per l’istruzione nelle lingue straniere, per la specializzazione, per i soggiorni all’estero. I sui affari, nonostante la crisi, vanno ancora abbastanza bene, ma deve spesso sbattersi dodici ore al giorno, deve viaggiare molto e annodare contatti. Anche perché i risultati dei concorsi sono già combinati prima.
“La generazione dei nostri genitori”, racconta Paolo, “con qualifiche e impieghi simili ai nostri poteva vivere molto bene, acquistare una casa al mare, andare al ristorante due volte alla settimana”. Lui e Silvia per ora ce la fanno ancora. Attualmente i genitori di lui soffrono di totale esaurimento, perché durante i tre mesi delle vacanze scolastiche sono corsi avanti e indietro fra le case dei loro diversi figli, per prendersi cura dei nipoti. Per asili nido, scuole a tempo pieno, assistenza estiva la Germania può ben essere indietro rispetto a Francia e Svezia – ma proprio nella cattolica Italia per le famiglie, soprattutto per le donne, le cose vanno molto peggio. Funziona come se tutto il Paese dipendesse dal denaro, dall’esperienza, dalle proprietà immobiliari, dalle pensioni e dall’impegno lavorativo di nonni, zie, cognati. La famiglia è l’ultimo collante.
Sguardo pieno di speranza oltre le Alpi
Tutto questo ha un motivo. Con un singolo reddito, dopo la svalutazione seguita all’introduzione dell’euro, una coppia ormai non ce la fa più. Se entrambi i genitori lavorano, il fare figli è in sospeso. E milioni di persone non hanno trovato lavoro, non hanno sostegni né assicurazione sanitaria, più tardi anche nessuna pensione. L’interno della Sicilia, racconta al bar per il caffè del mattino un vicino di casa, già si spopola, tutti vogliono trasferirsi in Germania, per avere lavoro. E anche Roma, si lamenta un altro. Lì l’amministrazione cittadina di sinistra ha bisogno di un miliardo tondo per i suoi impiegati, e subito. Infatti non hanno voluto risparmiare [sugli impieghi].
Alla maggior parte degli italiani luccicano gli occhi, quando vengono a parlare della “Germania”. Là c’è lavoro, là lo Stato funziona. Non li si può convincere che in Germania le cose non vanno proprio agiatamente – e che il tempo eternamente coperto e grigio può mettere a terra gli italiani viziati [dal sole]. Per lo meno si constata che, a differenza della Grecia, non è ancora entrata nelle teste alcuna ostilità contro i tedeschi, sebbene molti politici tentino di provocare pizzicando questa corda. Certamente gli italiani sanno con quale controparte hanno a che fare.
La miseria ha un nome: Berlusconi
Un’amica benestante da settimane scrive lettere di protesta al sindaco, di sinistra, di Milano, perché ha dimezzato il sussidio comunale ai pensionati più poveri; Milano è una delle città europee più care. La nostra amica pensa sdegnata alla sua vecchia mamma, alla quale dopo il fascismo, la fuga e i bombardamenti non era rimasto quasi nulla. “E adesso siamo nuovamente allo stesso punto. Il nostro benessere era soltanto una bolla di sapone”. Tutti questi italiani amareggiati, disillusi, sono d’accordo su una cosa: colpevoli sono i politici, colpevole è “la casta”, la maggior parte dei deputati, con le retribuzioni più alte, con le loro reti a piovra di collusi, con il più tenace nepotismo. Silvio Berlusconi è soltanto la personificazione di questa miseria. Eppure gli italiani – come anche la sua opposizione incapace e non meno corrotta – lo hanno sempre votato.
In realtà Berlusconi ha messo insieme il suo impero di costruzioni immobiliari, agenzie di pubblicità, case editrici ed emittenti televisive come ungitore di politici sordidamente corrotti. Il suo modello, il socialista corrotto Bettino Craxi, è finito col fuggire dalla giustizia in una località balneare tunisina, assieme a un gigantesco patrimonio. Talvolta legalmente, spesso nella sfera d’influenza di oscuri finanziatori, anche mediante cambiamenti delle leggi, di frequente sotto la spada di Damocle dei processi, il suo figlio adottivo e padrino Berlusconi è andato avanti cavandosela. Il rampollo di un piccolo impiegato di banca ha potuto affermarsi mettendo in moto una fuga in avanti e rappresentando indisturbato il principio di illegalità. Da fanfarone ha blaterato di uno Stato persecutore, ha promesso una vita senza tasse, senza sorveglianti, senza rimorsi. Ed è stato esempio di tutto questo. Che ci siano voluti buoni vent’anni perché alla fine fosse condannato, che nessun governo di sinistra abbia posto fine per legge al suo permanente conflitto d’interessi fra l’uomo politico e l’imprenditore, che sia riuscito di continuo a mettersi al disopra della legge mediante le elezioni – questo è il vero e proprio scandalo nello Stato italiano di diritto, rovinato nelle fondamenta.
Miracolosa mancanza di rughe
Per almeno un terzo degli italiani Silvio il sorridente ce l’ha fatta. Il talentuoso columnist Massimo Gramellini sulla “Stampa” di Torino ha puntualizzato lo stanco sarcasmo della maggior parte degli italiani riguardo ai rinnovati ricatti di Berlusconi: questo vecchio uomo ha gonfiato da due decenni le sue sporche faccende private rendendole crisi di Stato. Sugli schermi delle sue emittenti, davanti a una parete di libri in un soggiorno di casa, non smette di rivolgersi al popolo. “Mentre i miei libri”, così Gramellini, “col tempo si sono sciupati e impolverati, i libri di Berlusconi sono sempre incontaminati, perché sono di cartone e quello non è un soggiorno, ma è sempre lo stesso studio televisivo”. In questi brutti anni di smarrimento a Berlusconi sono miracolosamente sparite le rughe, sono cresciuti i capelli sulla pelata e il sorriso si è surgelato, mentre gli italiani si sono fatti rugosi sotto le grandi preoccupazioni, sono diventati sempre più calvi e hanno dimenticato il sorriso.
Come si è potuti arrivare a tal punto? Questo diabolico mago Berlusconi ha semplicemente trasfigurato in essenza dello Stato l’anarchismo di molti italiani, talvolta affascinante, talaltra sfacciato. Parlamento ed elezioni erano per lui solamente mezzi per scopi egoistici, manipolabili con colorate promesse e menzogne, con affari sporchi nei retrobottega e come sempre con il regalo di meno tasse. Ha lasciato in pace l’apparato statale, ha sistemato i deputati secondo i loro interessi privati – mai sono stati tagliati gli immensi privilegi dei politici di sinistra e di destra, mai è stato cacciato uno statale corrotto. In caso di necessità Berlusconi ha semplicemente comprato le sue maggioranze. Molti italiani ammirano tale sfacciataggine; anche le squadre di calcio vendutesi importano loro poco, finché la squadra del cuore ne approfitta.
La dolce vita è al capolinea
E la qualità della vita di questo Paese dalla polizia lenta e dal traffico alquanto caotico non è tanto seducente proprio a causa di una simile nonchalance? Non si vive forse meglio senza meticolosa vigilanza sulle opere pubbliche e senza orologio timbratore all’ingresso dell’azienda? Senza una giustizia inesorabile e soprattutto senza ispettori fiscali, che spietatamente incassano denaro per uno Stato che alla fine non offre contropartite? Oggi le strade d’Italia sono a pezzi, le scuole scadenti, le università sovraffollate, gli ospedali mediocri, ma proprio per questo i municipi e le facoltà sono pieni di funzionari e consulenti, assessori e portaborse super pagati. Per chi faceva parte di questa banda di parenti o di accoliti – e non erano pochi, dagli ex comunisti fino agli sbraitoni della Lega Nord – le due decadi di Silvio sono stati tempi d’oro.
Adesso la festa è finita, il buffet è svuotato. Il Paese, che avrebbe potuto esportare con enormi profitti in tutto il mondo la sua moda, la sua cucina, i suoi mobili, il suo vino, ma anche le sue auto da corsa, le motociclette e i suoi elettrodomestici, è a un passo dal fallimento. In autunno, e non lo dice soltanto l’oppositore fondamentalista Beppe Grillo, l’Italia non potrà più pagare i suoi troppi impiegati e può sperare soltanto nei torchi per stampare moneta del connazionale Draghi a Francoforte. Già ora l’Italia fa parte dei Paesi più cari d’Europa e nonostante la durevole crisi crescono insieme i prezzi e le imposte. Non ci vorrebbe solamente l’uscita di scena dell’eternamente ricorrente misirizzi Berlusconi, occorre il radicale ricambio di un’intera casta di politici, che gli italiani, distesi sul loro anarchismo, per troppo tempo hanno sbadatamente allevato. Ci si può veramente aspettare questo da un centro di nuova formazione, composto da vecchi democristiani, devoti berlusconiani e cinici tecnocrati bancari?
L’immagine del Paese un tempo paradisiaco è in ogni caso distrutta. “Una volta il nostro Paese era tanto seducente. Avevamo Fellini e Visconti, avevamo Strehler e Mastroianni, Milva e l’Arte povera. E sebbene noi lavorassimo duramente, la nostra vita aveva sempre uno splendore da Dolce Vita”. Così dice malinconicamente il nostro direttore di Accademia a una cena squisita in uno di queste dolci serate di tarda estate. Di tutta la “grandezza”, che lui si ricorda, dopo una lunga, una perduta generazione al Belpaese è almeno rimasta la fama mondiale. Ma adesso ci sono la volgare canzone del bunga bunga e la camorra, Berlusconi e Schettino, e tutto questo ciancia da un televisore dimenticato acceso sulla parete. Il telecomando per spegnerlo è andato perduto.



Mercoledì 09 Ottobre,2013 Ore: 17:44
 
 
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