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www.ildialogo.org   Campagna elettorale -  Il conto, prego!,di Marc Brost e Mark Schieritz  

Die Zeit online – 15 agosto 2013
  Campagna elettorale -  Il conto, prego!

di Marc Brost e Mark Schieritz  

(traduzione dal tedesco di José F. Padova)


Settanta anni fa, 7 settembre 1943, era la vigilia di una catastrofe e, per me, undicenne, l'inizio di uno sconvolgimento: niente scuola! avventurosa fuga da fascisti e nazi! due anni all'estero...
Beh, almeno la storia si ripetesse... Il Re scappa come un ladro al Sud - il B. fugge ai Caraibi con il barboncino Dudù... Allora l'Esercito senza ordini e capi va in pezzi, adesso il Pdl con tutti i Cicchitti e i Bondi resta senza gli ordini del B. e ancor peggio senza i suoi soldi... Troppo bello.
Passiamo alle cose serie: le elezioni tedesche, fra sedici giorni. Che condizioneranno la sorte dell'Europa e anche la nostra, ma soprattutto quella della Moneta unica. Non se ne parla più da un pezzo, qui, ma lasciato incancrenire dall'inerzia di Bruxelles e degli Stati europei il problema dell'Euro è dibattuto sempre più intensamente sulla stampa estera "seria". La situazione finanziaria in Germania non è tanto rosea come vorrebbe fare credere l'arroganza teutonica contro i Pigs, i Paesi-porcello. Sta trapelando la consapevolezza che i crediti della Repubblica Federale sono stati messi a bilancio come esigibili, proprio come hanno fatto (e fanno?) certe banche italiane, pur sapendo che il debitore non pagerà mai. Tuttavia prima o poi arriva l'8 settembre anche per loro. E per noi. (J.F.Padova)

Die Zeit online – 15 agosto 2013

Campagna elettorale

Il conto, prego!

Fino al giorno delle votazioni Angela Merkel vuole nascondere quanto costerà il salvataggio dell’euro.

Marc Brost e Mark Schieritz

(traduzione dal tedesco di José F. Padova)

zeit.de

Generalmente nell’occhio del ciclone regna la calma. Le masse d’aria formano una sorta di spazio nel cui interno ci può essere totale calma di vento. Si deve stare fuori dall’occhio per comprendere l’intera dimensione di un uragano – la sua misura, la sua forza e le sue conseguenze devastanti. Così come fa Judy Dempsey, che guarda dal difuori alla Germania, alle elezioni e alla crisi dell’euro.

Dempsey ha raccontato della Germania per il Financial Times e per l’Economist, attualmente lavora per il Thinktank Carnegie Europe. Quando scrive su Angela Merkel e sull’euro, fuori dalla Germania trova una massa enorme di lettori. Infatti poche settimane prima delle votazioni per il Bundestag il resto dell’Europa guarda ansioso a Berlino e alle decisioni che verranno prese dopo il 22 settembre.

La Germania si trova al centro della tempesta europea. Certamente la crisi può essere scomparsa dai titoli cubitali dei giornali. Ma i problemi in Europa non sono risolti, soltanto rinviati.

Per la Germania ciò significa: dopo le elezioni andrà in scadenza [il pagamento] della grande fattura. O, come scrive Judy Dempsey: After the German Election, Payback Time.

Allora il conto dell’euro esigerà dai tedeschi, per la prima volta, veramente soldi – e non solamente garanzie e fideiussioni come è stato finora. Potrebbe sgretolarsi l’intero fondamento giuridico del salvataggio dell’euro, perché i Trattati europei non permettono trasferimenti ad altri Paesi – e un credito che non viene restituito, non è proprio altro che un trasferimento di denaro.

Eppure ciò che fuori dalla Germania è visto molto chiaramente, al suo interno non costituisce argomento di discussione. La Cancelliera ha procurato di tenere fuori la crisi dell’euro dalla campagna elettorale. E così i tedeschi, mentre intorno a loro la gente si preoccupa per il suo futuro, della crisi hanno conosciuto finora il lato gradevole.

L’economia è in pieno boom, ciò che regala allo Stato entrate fiscali verosimilmente da record. Il denaro è a buon mercato come non mai, da cui consegue che la Germania per i propri debiti deve evidentemente pagare minori interessi degli altri Stati. Tutti i pagamenti effettuali per aiutare [o salvare] altri sono stati messi a bilancio dal ministro delle Finanze come crediti, che devono essere restituiti – motivo per il quale essi formalmente non gravano sul bilancio federale. Nella consapevolezza di molti tedeschi i problemi del debito hanno un’importanza pari a quella della perpetua crisi nel Vicino Oriente – cosa brutta, in qualche modo, ma comunque non veramente importante per la loro vita quotidiana.

Ogni miliardo, che la Germania impiega per la Grecia, viene a mancare qui da noi

Quindi al più tardi in novembre il Governo Federale dovrà confessare ai tedeschi che i greci non restituiranno mai una parte dei loro debiti. Poi gli ispettori dell’Unione Europea e del Fondo Monetario Internazionale tornano da Atene. Quello che annunceranno lo lascia già ora trapelare il FMI: alla Grecia devono essere concessi per lo meno sette miliardi e mezzo di euro perché possa nuovamente camminare con le proprie gambe.

È difficile per l’opposizione portare nella campagna elettorale il tema dei rischi [finanziari]

I debiti non aumentano solamente in Grecia.

Anche il Portogallo e Cipro in primavera avranno bisogno di più soldi.

E Italia e Spagna non sono altrettanto furi pericolo. Nonostante ciambelle di salvataggio pesanti miliardi di euro ampie parti del Continente sono profondamente piantate nei numeri rossi – e i possibili crolli colpirebbero duramente la Germania.

A 105 miliardi di euro ammonta la quota delle garanzie prestate dalla Germania per i crediti in aiuti già attribuiti ai Paesi dell’euro colpiti dalla crisi.

Le banche tedesche hanno prestato ai Paesi dell’Unione monetaria 131 miliardi di euro.

La BCE ha comperato titoli di debito statali dei Paesi in crisi per 211 miliardi di euro, per un terzo di tutte le perdite è garante la Bundesbank.

Si tratta di cifre che il governo dovrebbe temere – alla fin fine l’intero bilancio federale tedesco ammonta a circa 300 miliardi. Ogni miliardo che la Germania deve trovare per la Grecia o per uno degli altri Stati in crisi è un miliardo che manca per la riduzione delle imposte, per gli investimenti o per le spese sociali. Su questo si dovrebbe già dibattere nella campagna elettorale: come la CDU [il partito della Merkel] vuole finanziare le promesse elettorali per circa 30 miliardi di euro, se parecchi miliardi fluiscono al Sud dell’Europa. E se alla fine non ci vorranno perfino aumenti delle imposte, se i crediti ai greci dovranno essere stornati [dal bilancio tedesco].

Nonostante questo per l’opposizione è difficile portare in campagna elettorale il tema dei rischi finanziari. Perché SPD [Partito Socialdemocratico Tedesco – diretto da Peer Steinbrück] e Verdi hanno a suo tempo approvato tutte le misure prese dal governo [della Merkel]. E perché il governo nero-giallo [Merkel] fa di tutto per non lasciare affiorare il dibattito sul taglio del debito [ndt.: ossia, mettere a perdite i crediti tedeschi].

La Merkel non vuole nessuna notizia sulla crisi – ma essa ci sarà già molto presto

Quando poco tempo fa Wolfgang Schäuble è andato ad Atene, per tenere un discorso davanti alla Camera di Commercio e Industria Greco-Tedesca, lo ha spiegato anche ai suoi ospiti molto chiaramente. Li ha pregati, così ha detto il Ministri [tedesco delle Finanze], “di non continuare su questo argomento”. Nella Commissione Europea tutte le decisioni importanti sul futuro dell’euro sono accantonate.

Così Merkel e Schäuble prima delle votazioni approfitteranno di ogni occasione per presentare la crisi come meno grave di quanto è. Ed effettivamente la congiuntura in Europa si è negli ultimi tempi nuovamente stabilizzata. Nella seconda metà del 2013 l’economia di alcuni Paesi in crisi potrebbe perfino crescere leggermente.

Problema connesso: sotto tutti i punti di vista si tratterà di una crescita fiacca, perché nel Sud dell’Europa l’economia è indebolita dalla crisi. È inverosimile che sia sufficiente il dinamismo per diminuire in misura apprezzabile il numero dei disoccupati e per risolvere il gigantesco carico dei debiti.

Lo si sa anche nel Governo federale e perciò da tempo si sono iniziati i preparativi per ridurre il debito [pubblico]. Soltanto che non lo si può chiamare così. Il piano di Schäuble: il governo ateniese dovrebbe ottenere un considerevole allungamento dei tempi per rimborsare i suoi debiti – e a questo scopo dovrebbe anche poterne ridurre gli interessi. I greci sarebbero sgravati, i tedeschi rinuncerebbero ai soldi. Considerato dal punto di vista economico tutto ciò non è altro che un taglio del debito [ndt.: altrui, noi diremmo “riduzione del nostro credito”], perché il valore attuale dei crediti tedeschi verso Atene si riduce.

Merkel prende decisioni quando queste le si addicono

Per prima cosa, si tratta qui per la Germania di un importo in miliardi a una sola cifra, eppure sarà soltanto l’inizio. Considerato l’enorme debito pubblico della Germania – quest’anno i debito dello Stato federale saliranno al 176 percento del PIL – gli europei dovrebbero prendere in considerazione ulteriori riduzioni, secondo il FMI.

L’Istituto Tedesco di ricerca sull’economia parte dal concetto che circa la metà del debito pubblico greco deve essere cancellata. E in 5 dei 17 Paesi dell’euro i debiti pubblici superano i rispettivi PIL annuali. Sarebbe “piuttosto verosimile”, secondo un consulente governativo di alto rango, che la Germania prima o poi debba anche rinunciare a crediti verso il resto dell’Europa.

Ma l’opinione pubblica tedesca non ne viene a sapere un bel nulla.

Invece di questo la Cancelliera racconta in campagna elettorale quanto bene la Germania sia venuta fuori dalla crisi. E come il suo governo giallo-nero sia “il governo di più grande successo dal tempo della riunificazione”. Perché il racconto di Merkel funzioni, non le devono mettersi di traverso, in nessun caso, cattive notizie provenienti dall’esterno. E meno che mai annunci di crisi dall’interno.

Ma anche questo accadrà dopo il voto. Le banche tedesche hanno pur sempre rilevanti rischi di insolvenze nei loro libri contabili: crediti immobiliari negli USA, prestiti a Stati del Sud Europa, impegni nel finanziamento degli armatori navali in crisi. All’inizio del 2014 la BCE farà luce sui bilanci di tutti gli istituti bancari, anche su quelli tedeschi. Per la Banca Centrale vuol dire essere messa in pericolo prima di tutto dalla HSH Nordbank e dalla Commerzbank, che già una volta hanno ricevuto capitali dallo Stato. Già adesso la Germania ha speso più denaro per il salvataggio delle sue banche di quanto ha fatto la maggior parte degli altri Stati europei. Soltanto per il Fondo federale di salvataggio delle banche è maturata una pedita di 21,5 miliardi di euro. Se le banche dovessero essere ancora una volta sostenute con denaro pubblico, la manager della crisi Angela Merkel perderebbe enormemente in credibilità.

Il filosofo Jürgen Habermas ha suggerito questa settimana un concetto per lo stile di governo della Merkel: “Tranquillizzante affaccendarsi”. La cancelliera guiderebbe il Paese attraverso la crisi senza principi chiaramente riconoscibili e soffocherebbe qualsiasi opposizione al suo indirizzo politico. È possibile che Merkel obbietti che la politica durante la crisi può essere condotta soltanto in navigazione a vista. La cancelliera diffida degli esperti e dei loro scenari, che si sarebbero rivelati tanto sovente errati. Ella prende decisioni se queste le si addicono.

Se la Grecia entro pochi mesi necessita di una grande riduzione del suo debito, perché disorientare già ora i cittadini? Alla fine del suo secondo mandato la cancelliera è arrivata in pieno nell’attualità.

Si può definire tutto ciò come raffinatezza politica. Oppure inganno degli elettori.

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Commenti dai forum tedeschi di discussione: l’umore generale è ostile alla moneta unica.

Die Zeit online – agosto 2013

Discussione

L’Euro – capolavoro o perdizione dell’Europa?

Come può essere risolta la crisi dell’euro? Quanto costerà alla Germania?

(alcuni commenti dei lettori)

(traduzione dal tedesco di José F. Padova)

zeit.de

  1. La Germania non può salvare l’Eurozona”
    Per tutti coloro che ancora credono nell’euro ecco l’imparziale intervista a Die Welt della scorsa settimana: “Kai A. Konrad, capo dei consulenti del ministero delle Finanze, si aspetta il collasso dell’eurozona. Egli propone un’uscita della Germania dall’Unione monetaria – l’Europa dovrebbe essere salvata, non l’euro.
    Un nuovo aiuto per il debito greco è ancora il minimo che ci capiterà”
     

  2. L’euro non è l’Europa, né rappresenta qualcosa di valido. I Paesi europei hanno vissuto per secoli anche senza euro e possono ancora farlo. Il fatto è che una valuta, che deve essere salvata in permanenza, è già naufragata e per questo la sua abolizione è una vittoria per tutti. Punto.
     

  3. Limitazione dei danni
    L’euro è stato il più grande disastro che l’Europa ha commesso dalla II Guerra mondiale in poi. I costi conseguenti, economici, sociali e politici, del fallito esperimento di unione monetaria non possono ancora essere stimati. Al riguardo siamo ancora agli inizi. Resta da aspettarsi che danni l’inevitabile collasso dell’euro alla fine arrecherà alle istituzioni, da parte loro utili, dell’Unione Europea.
    Non si tratta più frattanto di “salvare” qualcosa, ma tutt’al più di una limitazione dei danni. Tenuto conto della notevole resistenza della politica europea ad ammetterlo, ci si deve aspettare che i danni causati dall’euro in ogni caso saranno portati al massimo. Si avvicina allo zero la disponibilità a staccarsi dall’illusione che l’Europa sia un meccanismo di benessere e che chi è entrato nell’unione monetaria abbia a sufficienza i mezzi [per restarci]. Di conseguenza ci si attacca con tutte le forze alla macina di pietra [ndt.: allusione evangelica] dell’euro e si va a fondo tutti insieme.
    L’Europa riprenderà consapevolezza di questo quando mezzo Continente sarà in macerie.
     

  4. Differenti tassi d’inflazione
    In un’Unione monetaria non possono proprio andare bene. Chi ha i tassi più alti deve crollare e questi sono proprio gli Stati di lingua latina dell’Eurozona, nei quali la montagna del debito cresce più rapidamente e la cui economia perde più in fretta la sua capacità concorrenziale. Finché quegli Stati aumentano giorno per giorno il loro enorme debito si andrà a finire a un collasso. Questo vale anche per la Germania perché, nonostante noi risparmiamo miliardi in interessi sui nostri titoli di Stato, facciamo anche noi sempre più debiti. Da noi però nessuno apre un ombrello a ripararci e perciò la caduta sarà più rapida e violenta, come quella degli Stati latini, dei quali noi ammortizziamo i colpi.




Sabato 07 Settembre,2013 Ore: 19:59
 
 
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