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www.ildialogo.org Il vincitore segreto della crisi,di Mark Schieritz  

Die Zeit online – 18 aprile 2013 - Salvataggio dell’euro
Il vincitore segreto della crisi

di Mark Schieritz  

(traduzione dal tedesco di José F. Padova)


Anche in Germania si comincia ad ammettere, a mezza bocca, che proprio loro, i tedeschi sacrificati dal salvataggio dei Paesi spreconi e gaudenti, traggono dalla crisi concreti benefici. Da qualche settimana poi è partita l'offensiva, scientifica ancor prima che sociale, contro l' "austerità": che è predicata dagli "austeri" teutoni, che a casa loro però se la passano benone. Perché? Die Zeit confessa: siamo "Il vincitore segreto della crisi".
J.F.Padova

Die Zeit online – 18 aprile 2013

Salvataggio dell’euro

Il vincitore segreto della crisi

La Germania nel salvataggio dell’euro pagherebbe per gli altri, si dice – la verità però è alquanto più complicata

Mark Schieritz

(traduzione dal tedesco di José F. Padova)

zeit.de

Là dove Stefan Lothar vuole realizzare il suo sogno, al momento aspettano ancora il compratore diverse, ammaccate auto usate. Un’arrugginita recinzione metallica, un brullo intrico di sterpaglia. Ci vuole molta fantasia per immaginare che su questo appezzamento, nel quartiere berlinese di Tiergarten, un giorno dovrebbe sorgere un “insieme abitativo perfetto per famiglie”, come lo si descrive nel depliant.

Stefan Lothar ha quella fantasia – e recentemente anche i soldi. Ha prenotato un appartamento sul progetto della nuova costruzione: giusti 120 mq, riscaldamento a pavimento, parquet, finestre a tutta altezza. E non è proprio che recentemente Stefan Lothar guadagni di più. È impiegato e questo non facilita le cose nel bilancio famigliare. Tuttavia ha ricevuto dalla sua banca un finanziamento vantaggioso.

Da quando in Europa gli Stati e le banche vacillano, la Germania attira capitali da tutto il mondo, come una gigantesca calamita. Fra gli investitori la Repubblica Federale ha la fama di uno dei pochi luoghi nei quali ciò che si è risparmiato è ancora sicuro. Questo capitale riempie le casse dello Stato, trascina la congiuntura favorevole – e rende possibile a sempre più tedeschi di acquistare immobili. Mentre il Sud dell’Europa affonda nella recessione, ai cittadini federali le cose vanno bene come non mai. “Anni grassi” si aprono davanti alla Germania, dice Carsten-Patrick Meier dello Wirtschaftsforschungsinstitut Kiel Economics. A causa della crisi.

Le banche tedesche possono prestarsi denaro a tassi molto favorevoli

Nelle discussioni politiche, qui da noi in Germania, si dice molto spesso che i tedeschi in questa crisi fanno grandi sacrifici: essi garantirebbero con molti miliardi gli Stati che non tengono in pugno i loro bilanci. I tedeschi devono stare a guardare come si assottigliano i loro risparmi, perché le banche quasi non pagano più gli interessi. E in un confronto su base europea non sarebbero neppure particolarmente benestanti.

La storiella degli opprimenti costi del salvataggio viene raccontata ancora una volta quando il Bundestag, mercoledì di questa settimana, decide ai voti sul controverso pacchetto di aiuti per Cipro. Adesso per la Germania c’è finalmente l’alternativa di un partito che propugna l’uscita dall’Unione monetaria – e che non se ne lascerà scappare le occasioni.

Questa storia non è falsa. Effettivamente la Germania si è presa molti rischi. Eppure c’è un’altra storia che viene raccontata meno frequentemente. Si tratta di come il Paese approfitta della crisi.

I tassi d’interesse ridotti sono dispiaceri per i risparmiatori – ma per tutti coloro che hanno intenzione di intraprendere qualcosa sono una benedizione. Nonostante i prezzi degli immobili siano aumentati, l’acquisto della casa è diventato accessibile anche per i percettori di redditi limitati, che in questo modo possono rendere sicura la loro vecchiaia. Soltanto in gennaio [2013] in Germania sono stati approvati progetti di edificazione del valore di 3,4 miliardi di euro – un aumento del 27 percento rispetto all’anno precedente, che sostiene anche la crescita. Nell’edilizia si produce almeno il 10 percento del PIL tedesco.

Chi volesse sapere perché la costruzione è attualmente tanto conveniente deve parlare con Andreas Bamberg. Bamberg è il dirigente dei rifinanziamenti presso la Deka Bank, l’Istituto centrale del settore bancario di diritto pubblico. Per così dire, la Cassa di risparmio delle Casse di risparmio. Il compito di Bamberg è quello di provvedere a che la Deka Bank disponga sempre di liquidità. Se una banca concede un credito a un committente edilizio, di regola essa non dispone del relativo importo, ma deve chiederlo in prestito. A questo scopo deve offrire titoli che siano garantiti dai crediti della società immobiliare. Quanto più basso è il tasso d’interesse, che le banche devono offrire all’investitore, tanto più basso è anche il tasso che esse richiedono ai loro clienti.

Da quaranta anni la Deka Bank rende pubblico un grafico che illustra i costi dei prestiti per le banche. Dallo scoppio della crisi in poi la curva di questo grafico scende. Al momento, dice Bamberg, le banche potrebbero rifinanziarsi a condizioni favorevoli come raramente in passato. Perché la Banca Centrale Europea ha abbassato i tassi e investitori da ogni parte del mondo parcheggiano i loro soldi in Germania.

Di questo approfittano non soltanto gli acquirenti di immobili. In questi giorni il Governo federale inoltra a Bruxelles il suo rapporto sullo stato delle finanze federali, dal quale risulta che la Germania nei prossimi anni realizzerà per la prima volta eccedenze di bilancio. Questo si fonda sulla buona congiuntura e sulla crescita delle entrate fiscali – ma non solamente. La Repubblica federale attualmente deve pagare interessi dell’uno e mezzo percento per un credito decennale, prima dello scoppio della crisi l’interesse si aggirava ancora su quasi il quattro percento. Secondo stime dell’Istituto per l’economia mondiale di Kiel la Germania, a causa della crisi, anno dopo anno deve impiegare circa 10 miliardi di euro in meno per il pagamento degli interessi. Perché tutto il mondo presta soldi ai tedeschi.

Il denaro è l’elisir vitale di una economia politica. Se esso scorre abbondante, quella fiorisce, se è scarso, si secca.

Hans-Werner Sinn è da molti anni sulle tracce del denaro. Il suo libero Si può ancora salvare la Germania?, pubblicato in autunno 2003, era impregnato dallo spirito degli anni-zero, quando in Germania più di cinque milioni di persone non avevano lavoro e ogni domenica sera al talkshow di Sabine Christiansen la Repubblica federale piangeva sulla sua propria miseria. L’economista bavarese dall’imponente barba era abbastanza spesso ospite di questa trasmissione e le sue previsioni col passare del tempo diventavano sempre più pessimiste.

Un lunedì di gennaio 2013 Sinn si trova sul podio di un auditorio zeppo di gente presso l’Università di Colonia e ha buone notizie. Sinn è uno dei più taglienti critici della politica dei salvataggi, che considera sbagliata. E tuttavia quel giorno a Colonia dice che la Germania è “su una strada splendida”. Il Paese approfitterà “per i prossimi 10 fino a 15 anni” del grande capitale che gli si riversa addosso. Il professore della crisi profetizza il boom – per la Germania le cose non potranno andare male.

Si può illustrare la situazione sulla scorta di una mela che sta su un tavolo nello stand fieristico della ditta Festo a Hannover. Le fiere sono punti di osservazione per le prestazioni. Le imprese mostrano quello che possono fare e un poco del loro lustro ricade anche sul Paese nel quale quelle imprese hanno sede. La particolarità della mela ad Hannover è il fatto che essa no ha né ammaccature né graffi.

Per una persona abbastanza facile afferrare una mela senza danneggiarla. La mano dell’uomo reagisce alle condizioni reali dell’oggetto che essa stringe. Per una macchina questo è un compito pressoché insolubile. I dispositivi meccanici afferrano o troppo strettamente o in misura troppo allentata. Gli ingegneri della Festo, una media impresa di Esslingen, hanno trovato una soluzione. Il loro dispositivo prensile si adatta alla forma dell’oggetto, modello per la progettazione è stata la struttura della pinna caudale dei pesci. Pomodori, uova o formaggi possono così essere selezionati del tutto automaticamente. Si tratta di una piccola rivoluzione nel mondo dell’automatizzazione.

Con prodotti come il suo dispositivo prensile la Festo ha conquistato il mercato mondiale. Bracci mobili di robot, simili alla proboscide di un elefante – o macchine per la mungitura totalmente automatizzata, mediante le quali le mucche decidono da sole quando vogliono essere munte e quindi producono più latte. L’amministratore delegato Eberhard Veit lo scorso anno ha fatto aumentare il fatturato del sei percento e creato soltanto in Germania 300 nuovi posti di lavoro. La fiera è andata bene per Veit. Proprio ora ha firmato un contratto per la fornitura di strumenti per la produzione. Finora questi prodotti venivano dall’Italia. Quindi Festo guadagna adesso quote di mercato. “Per noi non c’è crisi”, dice Veit.

In Germania l’economia è considerata spesso come una struttura morale. Il successo è la giusta ricompensa per un duro lavoro. Se qualche volta le cose vanno male poi si mette in discussione tutto quanto. E se vanno bene, i tedeschi sono migliori degli altri. Questo modo di vedere ha un nocciolo di verità. La Germania deve la sua prosperità alla forza innovativa di imprese come Festo e alla disponibilità per riforme coraggiose, senza le quali questa forza non potrebbe svilupparsi.

Ma su una politica economica agiscono numerose forze, sulle quali le imprese non hanno influenza e che tuttavia plasmano la crescita economica in modo decisivo. Per esempio, i tassi di cambio o appunto quelli d’interesse. La costellazione di queste misure è al momento straordinariamente favorevole per la Germania. E anche questo spiega perché esse hanno dato impulso al salto dalla situazione di malata d’Europa a modello esaltato. Le imprese in Italia o Spagna devono pagare per i crediti bancari tassi d’interesse multipli di quelli richiesti ai loro concorrenti tedeschi. Per questo motivo esse perdono settori di mercato. Forse Festo ha ottenuto il suo contratto anche per questo motivo. Per molte altre imprese questo non vale.

Nel frattempo la crisi mantiene bassi i tassi di cambio dell’euro, perché molti investitori internazionali comprano titoli tedeschi e si coprono con l’euro, mentre allo stesso tempo tolgono il loro denaro dall’Europa meridionale e quindi vendono euro. Anche di questo approfittano le nostre imprese, che possono così vendere i loro prodotti in Asia o in America a prezzi più bassi. Da tempo per molte imprese tedesche queste regioni sono più importanti del Portogallo o della Grecia. La Germania si sostiene sempre più “su esportazioni verso Paesi emergenti, la zona euro perde importanza come destinazione delle esportazioni”, scrive il Deutsche Institut für Wirtschaftsforschung nella sua attuale previsione congiunturale.

Una strana singolarità è costituita dalla fondazione, la scorsa fine settimana, del nuovo partito Alternative für Deutschland, che finora non può spiegare come vuole realizzare il punto più importante del suo programma [ndt.: l’uscita dall’euro]. Se veramente la Germania uscisse dall’euro e si levasse di dosso i Paesi meridionali in crisi e introducesse di nuovo la sua propria moneta, questa moneta si rivaluterebbe drammaticamente. I vantaggi nella concorrenza commerciale, faticosamente elaborati durante gli scorsi anni mediante una politica di salari moderati, verrebbero spazzati via di colpo – e molte imprese tedesche dovrebbero sopportare gravi perdite.

Ma non solo esse. Già da anni i cittadini della Repubblica Federale accumulano risparmi più di quanto il Paese può assorbire. Per questo le banche e le assicurazioni investono all’estero questi risparmi dei tedeschi. Secondo valutazioni del Sachverständigenrats [ndt.: Commissione federale di esperti economici] i crediti per denaro depositato in banche, imprese e Stati dell’Eurozona ammontano a 2.790 miliardi di euro.

Questo fatto è importante, perché gran parte dei mezzi finanziari impiegati per i salvataggi non finisce nei bilanci dei Paesi in crisi, ma serve a pagare i possessori degli investimenti fatti proprio in quei Paesi. L’anno scorso la Comunità [europea] ha versato circa 28 miliardi di euro al Portogallo, ma soltanto 0,8 miliardi sono finiti nel bilancio statale portoghese, il resto è stato usato per ammortamenti e pagamenti di interessi.

Berlino avrebbe dovuto far partecipare più pesantemente i benestanti ai costi [della crisi]

Il salvataggio dell’euro ha giovato in primo luogo non già ai Paesi in crisi, ma ai creditori; così è scritto nel programma elettorale del partito. Il che non è sbagliato. Soltanto è la Germania adesso la nazione creditrice più grande in Europa – e con questo salva sempre prima di tutto anche sé stessa.

Il salvataggio della moneta comune porta con sé, come ogni misura politica, chance e rischi. Il senso dei pagamenti tedeschi per la crisi significa che le chance le hanno gli altri e i rischi li abbiamo noi. Tuttavia è possibile anche il contrario. Ciò non significa che non siano stati fatti errori. Per esempio fin dall’inizio sarebbe stato sensato far partecipare più incisivamente a questi costi i cittadini facoltosi. Questo non significa quindi che l’introduzione dell’euro sia stata una buona idea. Ma la politica non è in grado di far girare all’indietro la ruota della storia; deve prendere il mondo com’è.

Anche i cittadini forse avvertono questo. L’Istituto per la demoscopia a Allensbach dal 1949 chiede alla popolazione, ogni capodanno, se guarda all’anno nuovo con speranze o timori. La quota di ottimisti è attualmente come quella degli anni cinquanta e sessanta.




Sabato 27 Aprile,2013 Ore: 14:00
 
 
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