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www.ildialogo.org   «La nostra soluzione per l’Europa»,di Alexis Tsipras

Le Monde Diplomatique, febbraio 2013, pagg. 1 e 11 - Dossier Grecia
  «La nostra soluzione per l’Europa»

di Alexis Tsipras

Traduzione di Josè F. Padova


Da quando è cominciata la fase eplosiva della crisi finanziaria (accuratamnte preparata da chi poi ci ha lucrato?) il nostro termine di paragone è diventata la Grecia: "Faremo la fine della Grecia", "Per non trovarci per terra come la Grecia", e via dicendo. Il (solito e benemerito) mensile francese pubblica nel suo numero di febbraio un dossier sulla Grecia, che aiuta a capire questo sfortunato Paese, dalla storia culturale essenziale per la nostra civiltà e al quale ci legano molte affinità "mediterranee". Ritengo sia utile per capirne un poco più che con i soliti stereotipi e pregiudizi, con i quali la nostra stampa sbriga la questione.
Il primo articolo è scritto da Alexis Tsipras, maggior esponente di Syriza, il partito di sinistra radicale uscito secondo alle ultime elezioni e avversato, ovviamente, da chi vorrebbe l'Europa ben divisa fra Paesi benestanti al Nord e colonie finanziarie al Sud . Tsipras avanza proposte per la soluzione del problema, che non è soltanto ellenico, ma che coinvolge gli altri paesi del Sud Europa. Egli parte da un riferimento storico che la Germania di Angela Merkel si è guardata bene dal mettere in rilievo. La sua analisi poi delle cause che hanno portato al disastro potrebbe benissimo essere riferita anche alla situazione italiana, quanto a collusione fra finanza e politica, corruzione, evasione ed elusione fiscali, malaffare in generale (anche senza arrivare al solito "Italiani e greci, stessa razza, stessa faccia"). (J.F.Padova)

Le Monde Diplomatique, febbraio 2013, pagg. 1 e 11

Dossier Grecia

«La nostra soluzione per l’Europa»

Il 3 gennaio [2013] il capo degli economisti del Fondo Monetario Internazionale (FMI) ammetteva che un «errore» aveva portato l’Istituto a sottostimare l’impatto negativo delle misure d’austerità che il Fondo d’altra parte raccomanda. Così facendo, egli fornisce un appoggio inatteso all’analisi che qui propone Alexis Tsipras, portavoce di Syriza, la principale forza greca di sinistra.

Alexis Tsipras, dirigente della Coalizione della sinistra radicale greca (Syriza).

(traduzione dal francese di José F. Padova)

Febbraio 1953. La Repubblica Federale Tedesca [ndt.: RFT-BRD, detta anche Germania Occidentale] crolla sotto i debiti e minaccia di trascinare nella bufera l’insieme dei Paesi europei. Preoccupati per la loro propria salvezza, i suoi creditori – fra i quali la Grecia – prendono atto di un fenomeno che ha sorpreso soltanto i liberisti: la politica di «svalutazione interna», vale a dire la riduzione dei salari, non garantisce affatto il rimborso degli importi dovuti, ma il contrario.

Riuniti a Londra in un vertice straordinario, ventuno Paesi decidono di riesaminare le loro pretese alla luce delle reali capacità del loro partner [tedesco] a far fronte ai suoi obblighi. Essi amputano del 60% il debito nominale accumulato dalla Germania Occidentale e le accordano una moratoria di cinque anni (1953-1958), come pure un termine di trent’anni per effettuare il rimborso. Essi stabiliscono anche una «clausola di sviluppo» che autorizza la Germania a dedicare al servizio del debito [ndt.: = pagamento degli interessi] non più di un ventesimo dei suoi redditi da esportazioni. L’Europa prende in contropiede il Trattato di Versailles (1919) [ndt.: capestro economico e causa prima dell’avvento del nazismo di Hitler], gettando così le basi dello sviluppo della Germania Occidentale dopo la Seconda guerra mondiale.

Si tratta precisamente di ciò che la Coalizione della sinistra radicale greca (Syriza) propone oggi: procedere in direzione opposta ai piccoli Trattati di Versailles che la Cancelliera Merkel e il suo ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble impongono ai Paesi europei indebitati e ispirarsi a uno dei più grandi momenti di chiaroveggenza che l’Europa del dopoguerra abbia mai conosciuto.

I programmi di «salvataggio» dei paesi dell’Europa meridionale sono falliti, scavando pozzi senza fondo che i loro contribuenti tentano di riempire. Mai è stato tanto urgente giungere a una soluzione globale, collettiva e definitiva del problema dei debiti. E si percepisce malamente che un simile obiettivo venga fatto sparire in modo da assicurare la rielezione della Cancelliera tedesca.

In queste condizioni l’idea portata avanti da Syriza di una Conferenza europea sul debito, secondo il modello di quella di Londra del 1953 sul debito tedesco, rappresenta, secondo noi, la sola soluzione realistica e benefica per tutti: una risposta globale alla crisi del credito e alla constatazione dell’insuccesso delle politiche applicate [attualmente] in Europa.

Ecco quindi ciò che noi chiediamo per la Grecia:

  • una riduzione significativa del valore nominale del debito pubblico accumulato;

  • una moratoria sul servizio del debito, al fine di destinare gli importi conservati al risanamento dell’economia;

  • l’instaurazione di una «clausola di sviluppo», perché il rimborso del debito non soffochi sul nascere il risanamento economico;

  • la ricapitalizzazione delle banche, senza che i capitali in questione siano contabilizzati nel debito pubblico del Paese.

Queste misure dovranno appoggiarsi a riforme che puntino a una più giusta ripartizione delle ricchezze. Farla finita con la crisi implica effettivamente di rompere con il passato che ha permesso di farla nascere: di operare per la giustizia sociale, per l’uguaglianza dei diritti, per la trasparenza politica e fiscale, in breve, per la democrazia. Un simile progetto non potrà essere messo in atto se non da un partito politico indipendente dall’oligarchia finanziaria, da questa manciata di capi d’impresa che hanno preso lo Stato in ostaggio, di armatori solidali fra loro e – fino al 2013 – esentati dalle imposte, di proprietari di giornali e banchieri impiccioni (e in fallimento) che portano la responsabilità della crisi e si sforzano di mantenere lo statu quo. Il rapporto annuale 2012 della ONG Transparency International definisce la Grecia come il Paese più corrotto d’Europa.

Questa proposta costituisce ai nostri occhi la sola soluzione, a meno di essere soddisfatti per il dilatamento esponenziale del debito pubblico in Europa, dove già supera, in media, il 90% del PIL. Ciò ci rende ottimisti: il nostro progetto non potrà essere respinto, perché la crisi erode già il nocciolo duro dell’eurozona. Procrastinare avrebbe come conseguenza di accrescere il costo economico e sociale dell’attuale situazione, non solamente per la Grecia, ma ugualmente per la Germania e per il resto dei Paesi che hanno adottato la moneta unica.

Per dodici anni la zona euro – ispirata dai dogmi liberisti – ha funzionato come una semplice unione monetaria, senza equivalente politico e sociale. I deficit commerciali dei Paesi del Sud costituivano la rappresentazione capovolta degli eccedenti [ndt.: i surplus della bilancia commerciale] registrati al Nord. La moneta unica, d’altra parte, è servita alla Germania, «raffreddando» la sua economia dopo la costosa riunificazione del 1990.

Rompere, infine, la collusione fra circoli politici ed economici

Ma la crisi del debito ha sconvolto questo equilibrio. Berlino ha reagito esportando la sua ricetta dell’austerità, quella che ha aggravato la polarizzazione sociale fra gli Stati del Sud e le tensioni economiche nel cuore della zona euro. Ormai si evidenzia un asse Nord-creditori / Sud-debitori, nuova divisione del lavoro orchestrata dai paesi più ricchi. Il Sud si specializzerà in prodotti e servizi a forte domanda di mano d’opera con salari al livello minimo; il Nord, in una corsa alla qualità e all’innovazione, con salari per taluni più elevati.

La proposta di Hans-Peter Keitel, presidente della Confederazione tedesca dell’industria, espressa in un’intervista accordata al sito Internet di Der Spiegel e mirante a trasformare la Grecia in «zona economica speciale» (1), rivela il vero obiettivo del memorandum (2). Le misure previste in questo testo, la cui portata si estende almeno fino al 2020, si riassumono in un fallimento clamoroso, che ormai il Fondo Monetario Internazionale riconosce. Ma, per chi l’ha concepito, l’accordo ha il vantaggio d’imporre una tutela economica alla Grecia, che esso riduce al rango di colonia finanziaria della zona euro.

Il suo annullamento costituisce quindi la premessa per uscire da ogni crisi: mortale è la medicina, non la dose, come alcuni suggeriscono.

D’altronde ci si dovrà interrogare sulle altre cause della crisi finanziaria in Grecia. Quelle che portano allo sperpero del denaro pubblico non sono cambiate: i costi della costruzione di strade sono i più alti per chilometro di tutta Europa, per esempio, o ancora la privatizzazione delle autostrade a mo’ di «prepagamento» di nuovi assi stradali… la cui costruzione è stata interrotta.

L’estensione delle disuguaglianze non potrebbe essere ridotta a effetto secondario della crisi finanziaria. Il sistema fiscale greco riflette il rapporto cliente-lista [della spesa] che unisce le elite del Paese. Come un colabrodo, è crivellato di esenzioni e di favoritismi tagliati su misura per il cartello oligarchico. Ne suggella il mantenimento il patto informale che, dalla dittatura [dei colonnelli] in poi, salda il padronato e l’idra a due teste del bipartitismo – Nuova Democrazia e Movimento socialista panellenico (Pasok) [ndt.: ovvero destra e sinistra]. Si tratta di una delle ragioni per le quali lo Stato rinuncia oggi a ottenere mediante le imposte le risorse di cui necessita, preferendo la continua riduzione dei salari e delle pensioni.

Tuttavia l’establishment – che è sopravvissuto di stretta misura alle elezioni del 17 giugno (3), seminando la paura di un’eventuale uscita della Grecia dalla zona euro – vive con l’assistenza respiratoria di un secondo polmone artificiale: la corruzione. Il difficile compito consistente nel rompere la collusione fra ambienti politici ed economici – una questione questa che non riguarda solamente la Grecia – costituirà una delle priorità di un governo popolare condotto da Syriza.

Noi esigiamo quindi una moratoria sul servizio del debito per cambiare la Grecia. In mancanza di che, ogni nuovo tentativo di risanamento finanziario farà di noi altrettanti Sisifo condannati al fallimento. Più o meno, questa volta, il dramma non riguarda più soltanto l’antica città di Corinto, ma l’Europa nel suo insieme.

(1) « BDI-Chef will Griechenland zur Sonderwirtschaftszone machen [Il capo della Confindustria vuole fare della Grecia una zona economica speciale]», Spiegel Online, 10 settembre 2012, spiegel.de

(2) Nota della redazione: Accordo sottoscritto nel maggio 2010 che impone l’austerità ad Atene in cambio del suo «salvataggio» finanziario.

(3) Nota della redazione: Con il 29,66% dei voti, il partito Nuova Democrazia (destra) è stato costretto a formare una coalizione con il Pasok (12,28% dei voti) e con Sinistra democratica (6,26%). Arrivata seconda, Syriza registrava un risultato elettorale del 26,89% (dieci punti in più delle votazioni legislative del maggio 2012) e il partito neonazista Alba dorata il 6,92% (stabile rispetto al maggio 2012).




Venerdì 15 Febbraio,2013 Ore: 08:41
 
 
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