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www.ildialogo.org IL VANGELO DELLE PRIME DUE DOMENICHE DI AVVENTO (8 -15 DIC.),di Augusto Cavadi

IL VANGELO DELLE PRIME DUE DOMENICHE DI AVVENTO (8 -15 DIC.)

di Augusto Cavadi

venerdì 6 dicembre 2019
Riprendiamo questo articolo, su segnalazione dell'autore che ringraziamo, dal suo blog Augustocavadi.com
L'agenzia di stampa "Adista" chiede, ciclicamente, ad alcuni 'ospiti' di vario orientamento un commento 'laico' sui vangeli che la Chiesa cattolica propone nelle varie domeniche. E' confortante sapere che ci sono preti cattolici e pastori protestanti in Italia che utilizzano queste riflessioni extra-ecclesiali per le proprie omelie. Onorato della richiesta, ho mandato alla rubrica "Omelie fuori dal tempio" i commenti per le quattro domeniche di Avvento 2019: 1,8,15,22.
Qui di seguito le prime due puntate relative al 1 dicembre e all'8 dicembre.
                                                         ***
LA RIVOLUZIONE DELL'UMANITA'
("Adista" del 2.11.2019)
I di Avvento 2019
Mt 24, 37-44
Dal Vangelo secondo Matteo:
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo».
Gesù – almeno sulla base di questa pagina del vangelo secondo Matteo – preannunzia una improvvisa, radicale, frattura nella linea del tempo. Questo modo di vivere, questo assetto sociale, sarà sconvolto da un evento che avverrà certamente, ma di cui si ignora la data: la “venuta del Figlio dell’Uomo”, del “Signore”. Di chi sta parlando Gesù? Di sé ? Di un altro messia? Gli esegeti non hanno un’opinione definitiva in proposito. Forse, per noi che leggiamo a scopi più esistenziali che scientifici, questa incertezza non ha molta importanza. Decisive, invece, altre considerazioni.
La prima: viviamo in un regime socio-culturale precario. Non solo precario di fatto, ma anche di diritto: un sistema che non merita di essere considerato definitivo. Per quali ragioni? Il testo non lo dice esplicitamente. Si allude a un ritmo quotidiano fatto di piccoli obiettivi – mangiare, bere – e di scelte più impegnative – prendere moglie, prendere marito – che non trascendono gli angusti confini della soggettività e della famiglia. Oggi – forse meglio: nel Sessantotto – diremmo che si allude a un’ordinarietà ‘borghese’. Nulla di grave, ma neppure di eroico: è la tranquillità di chi evita azioni malvage con la stessa cura con cui evita gesti magnanimi. La globalizzazione, abbattendo molti muri fra i continenti, ci rivela che questa ‘normalità’ non è così innocente come sembra: una porzione dell’umanità può mangiare, bere, riscaldarsi, muoversi, comunicare via cellulari e computer…solo se il resto della popolazione mondiale accetta di restare in condizioni di sfruttamento sistemico. Qualora anche indiani o cinesi, nigeriani o brasiliani, chiedessero – come di fatto sta avvenendo – di raggiungere simili standard di consumo, l’equilibrio climatico e politico entrerebbe in crisi: come di fatto sta avvenendo. 
Oggi siamo dunque in grado di intendere molto meglio dei nostri progenitori l’avvertimento del vangelo: il nostro assetto culturale ed etico è intrinsecamente destinato a entrare in crisi. Funziona in maniera tale da rendere inevitabile la propria implosione. Chi sarà il Soggetto che accenderà la miccia, che spezzerà l’ovvietà, che segnerà il passaggio dal vecchio al nuovo mondo? In questo testo si fa riferimento all’irruzione di un Altro, di un Personaggio misterioso ma non del tutto privo di lineamenti antropomorfici. Questo elemento, in una fase storica di problematizzazione del “teismo”, ci risulta meno digeribile. Davvero le vicende della storia sono guidate dall’Alto e dall’Esterno o – se un Dio vive – opera negliuomini e grazie ad essi? Già gli Ebrei hanno conosciuto filoni interpretativi che identificano il Messia non con un individuo, ma con l’intero popolo d’Israele. In questa direzione di pensiero, forse ci viene più logico supporre che il Messia possa essere l’intera umanità. Che, costretta dai suoi fallimenti epocali o/e illuminata dalla saggezza dei suoi migliori esponenti, possa farsi protagonista attiva – e non mera spettatrice passiva – di un ribaltamento dell’ attuale assetto intellettuale, morale e politico-economico. Un ribaltamento rivoluzionario nella sostanza, non necessariamente nelle modalità consuete: dunque radicale, non necessariamente repentino. In ogni ipotesi, divisorio: ci saranno uomini e donne disponibili a mutare vecchie concezioni e vecchi stili di vita, altri ed altre che – abbarbicati e abbarbicate al passato – opporranno tenace ma inutile resistenza.
***
“ADISTA”
2.11.2019
Seconda di avvento – anno A
 Mt 3,1-12
FRA PROFEZIA E ISTITUZIONE
Quando è stata scritta questa pagina sono trascorsi almeno 40 – 50 anni dagli eventi raccontati. La narrazione è dunque tendenziosamente, inevitabilmente, retroattiva. Figure e parole sono come tipicizzate: da una parte Giovanni il Battista (iniziatore di un movimento religioso in concorrenza col movimento religioso che si rifaceva a Gesù di Nazareth), dall’altra – appunto – Gesù stesso. Che rapporto storico è intercorso, effettivamente, fra i due predicatori? Non lo sappiamo e, probabilmente, ormai non lo sapremo più con certezza. Sappiamo l’interpretazione che un evangelista cristiano vuole fissarne nella memoria della sua comunità. A suo avviso Gesù rappresenta l’inveramento e il superamento del Battista.
L’inveramento perché egli accoglie, valorizza, rilancia l’essenziale del messaggio del Precursore: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!» dice Giovanni; « Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1, 15) gli fa eco Gesù. 
Il superamento perché, sempre nella ricostruzione retrospettiva di Matteo, il Battista stesso avrebbe presentato la sua missione come propedeutica alla missione del Cristo: «Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Viene spontaneo chiedersi come mai, almeno agli occhi del redattore del vangelo secondo Matteo, si sia consolidata questa sorta di gerarchia spirituale nella quale Giovanni Battista occupa il ruolo di apripista rispetto al Messia. Con categorie sociologiche contemporanee risponderei: perché il movimento attivato dal primo era rimasto “movimento” (e, come tale, mezzo secolo dopo, si era pressoché estinto), laddove il movimento avviato dal secondo era diventato “istituzione” (e, in quanto tale, si era configurato organizzativamente e diffuso anche fuori dalla Palestina). 
Questa trasformazione, questa istituzionalizzazione, era stata effettivamente prevista e voluta da Gesù? Sulla base di vari indizi, sembrerebbe di no. Essa è stata piuttosto opera di Paolo di Tarso, le cui lettere autentiche (non dimentichiamolo !) sono scritte e diffuse fra la crocifissione di Gesù e la redazione del vangelo matteano. 
Dopo venti secoli non possiamo sottrarci alla domanda se il passaggio dell’eredità gesuana da movimento ebraico ereticale a chiesa cristiana sia stata una benedizione o meno. Da una parte, infatti, si deve ammettere che questa metamorfosi ha attenuato di molto la rivoluzionarietà originaria del messaggio e dell’opera del Nazareno; dall’altra, però, non si può negare che senza di essa oggi non avremmo memoria né di Gesù né di Giovanni. E’ la legge – forse la tragicità ? - di tutti gli eventi storici innovatori. Forse non resta che una strada: la riforma continua della chiesa. La rifondazione, coraggiosa e incessante, delle istituzioni sulla base del vangelo e dei “segni dei tempi”, nella convinzione – formulata dal giovane Ratzinger – che la chiesa può sopravvivere solo se si auto-interpreta “sotto la Parola di Dio”.
www.augustocavadi.com



Domenica 08 Dicembre,2019 Ore: 18:17
 
 
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