- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (458) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org PREGARE SENZA DISERTARE,di don Aldo Antonelli

PREGARE SENZA DISERTARE

di don Aldo Antonelli

«Raccontò loro una parabola per mostrare che dovevano pregare sempre, senza stancarsi». Ogni volta che leggo questo versetto di Luca (18, 1), immancabilmente penso al versetto 7 del sesto capitolo del Vangelo di Matteo: «Pregando non sprecate parole come i pagani, o quali credono di venire ascoltati a forza di parole». La contraddizione sembra evidente. A mano che non si voglia intendere che, secondo il vangelo, la vera preghiera non è fatta di parole. Ciononostante il problema della preghiera in sé, intesa come ricorso a Dio perché intervenga in aiuto rimane, così come da questa parabola si evince.

Non lo faccio quasi mai, ma questa volta l’ho fatto. Non soddisfatto della “traduzione” italiana, sono voluto andare a quella latina e, ancor di più, all’originale greca, quella dei “settanta”. Ebbene, amici, ho scoperto come si può imbellamente tradurre e tradire allo stesso tempo; e Dio non voglia che così sia per le traduzioni normali della Bibbia che circolano tra le nostre mani!

L’espressione “senza stancarsi mai”, in latino è resa con le parole “et non deficere”. Ora il verbo “deficere”  significa sì, stancarsi, ma significa anche “tradire”, il che dice tutta un’altra cosa ed apre a tutt’altro scenario.

Comunque, non contento, sono voluto risalire alla versione greca che dice testualmente: “καί μή έγκακείν”. Ho ripreso il vecchio vocabolari greco, il Rocci, e alla parola “έγκακεω” leggo che il verbo significa sì “stancarsi di”, ma anche “comportarsi male”. Ora capite bene che non essendoci un complemento oggetto o alcun altro termine di riferimento la versione “stancarsi di” resterebbe sospesa e senza senso, e sarebbe quindi più indicato assumere il significato completo e definitivo di “tradire” e/o “comportarsi male”.

Sono stato, poi, confortato in questa mia ricerca dall’osservazione del grande Servita Giovanni Vannucci” il quale scrive testualmente: «“Senza stancarsi” è la debole e vaga traduzione di un'espressione greca che significa l'abbandono delle armi fatto da un soldato ignavo durante il com­battimento; potremmo rendere meglio il testo origi­nale traducendo “senza abbandonare le armi”, “sen­za disertare”; l'esaudimento della preghiera dipende dalla difficoltà inerente al cammino della preghiera». (La Vita senza Fine; Servitium editrice - p. 205).

Pregare senza abbandonare la lotta!

Pregare senza disertare!

Se tutti coloro che pregano si interrogassero sul loro percorso di vita, allora scoprirebbero come non fosse tanto facile la preghiera e, soprattutto, la preghiera “innocente”, come ci ricorda padre Balducci in una delle sue bellissime omelie.

«A chi vive, come noi viviamo, ad un certo livello di cultura, non è più lecito pregare con innocenza. Che voglio dire? Voglio dire che la preghiera, come invoca­zione a Dio, come appello a Dio, e di questo ci parla la Scrittura di oggi, per essere autentica, presuppone che si sia messo in opera tutto quello che è nelle nostre possibilità per realizzare l'obiettivo che riteniamo buo­no e necessario. Se noi preghiamo invece che operare, se noi preghiamo invece che cercare l'efficacia del nostro operare, non c'è dubbio che la preghiera va incontro alle nostre accidie e alle nostre inadempienze, presume di riempire i vuoti della nostra umanità. E siccome in un mondo qual è il nostro, generalmente colto, la consape­volezza delle ragioni delle ingiustizie, dei soggetti sto­rici che ne portano la responsabilità, è viva, presente, pregare perché avvenga la giustizia nel mondo è atto ambiguo o, a volte, addirittura iniquo se si accompa­gna al disimpegno. Ecco perché è difficile che la nostra preghiera sia innocente. Essa porta su di sé i riflessi oscuri delle nostre complicità con le cause di quel ma­le che vorremmo eliminato da questo mondo. E’ come quando, in certe comunità che io ho frequentato, si faceva la preghiera per i poveri. Si trattava di comunità strut­turalmente solidali con il mondo dei ricchi e quindi impegnate a mantener su le condizioni che favoriscono la divisione del mondo fra ricchi e poveri e che poi si co­struivano per l'occasione una buona coscienza con la pre­ghiera periodica per i noveri».

(Ernesto Balducci: Il Mandorlo e il Fuoco; Borla 1979 – p. 344)

Con questo vi saluto e vi auguro buon fine settimana.

Aldo



Venerdì 18 Ottobre,2013 Ore: 19:54
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Il Vangelo della domenica

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info