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www.ildialogo.org SIEDERA’ SUL TRONO DELLA SUA GLORIA E SEPARERA’ GLI UNI DAGLI ALTRI,di p. Alberto MAGGI

CRISTO RE - 22 novembre 2020 - Commento al Vangelo
SIEDERA’ SUL TRONO DELLA SUA GLORIA E SEPARERA’ GLI UNI DAGLI ALTRI

di p. Alberto MAGGI

Mt 25, 31-46
[In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:] «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
Nel capitolo 25 di Matteo, versetti 31-46, ci viene presentato l’ultimo importante insegnamento di Gesù, che l’evangelista cura in maniera particolare. In questo insegnamento Gesù dichiara che il comportamento che consente l’accoglienza o no della vita definitiva non riguarda l’atteggiamento che si è avuto nei confronti di Dio, ma verso l’uomo.
Un Dio che si è fatto uomo chiede conto agli uomini del loro comportamento verso i loro simili. E Gesù proclama in questo messaggio che “«Quando il Figlio dell’uomo»” - l’uomo nella pienezza condizione divina - “«verrà nella sua gloria … siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli»”.
Gesù prende come modello un brano conosciuto della tradizione ebraica in cui si diceva che il Signore si sarebbe messo seduto sul suo trono con il rotolo della legge e chi avesse osservato questa legge sarebbe entrato nella sua gloria.
Ebbene, questo giudizio non è un giudizio universale, per tutti. Scrive infatti Matteo: “«Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli»”, e adopera il termine greco éthne (œqnh) che indica le nazioni pagane; quindi non è per il popolo di Israele e non è per la comunità cristiana. E’ per quelli che il vero Dio non l’hanno mai conosciuto. Quello è il loro destino.
Ebbene, Gesù dice che “«separerà gli uni dagli altri come il pastore separa le pecore dalle capre»”.
Mentre nella tradizione ebraica si diceva che Dio scriveva le azioni dell’uomo su un libro per vedere poi se il saldo era positivo o negativo, Gesù, come il pescatore, sa distinguere i pesci buoni dai pesci marci, o come il contadino sa distinguere i frutti buoni dai frutti fradici, e così distinguere le persone che attraverso l’amore si sono realizzate e invece quelle che hanno pensato unicamente a se stesse.
A quelli che si sono realizzati dirà: “«Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo»”, cioè sono coloro che hanno realizzato il progetto di Dio sull’umanità.
Cos’hanno fatto di straordinario per realizzare questo progetto?
Hanno risposto agli elementari bisogni delle persone, sono andati incontro alle sofferenze delle persone, sono stati sensibili alle necessità degli altri e Gesù elenca sei azioni con le quali si comunica vita (aver dato da mangiare a chi aveva fame, aver dato da bere a chi aveva sete, ecc.) e nessuna di queste riguarda il comportamento verso Dio.
Quello che consente di avere la vita eterna non è il comportamento religioso, ma quello umano. Stupisce trovare in queste sei azioni la visita al carcerato perché il carcerato a quell’epoca non suscitava nessuna pietà; era uno che giustamente era punito.
«Allora i giusti gli risponderanno»” - i giusti sono i fedeli, in questo caso i fedeli all’uomo. I giusti si meravigliano e dicono - “«Quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere»”, ecc.
E la risposta di Gesù: “«In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli»” - cioè le persone invisibili della società, gli emarginati, gli esclusi, i bisognosi - “«l’avete fatto a me»”. Questo non giustifica una certa forma di spiritualità che contempla “vedere nell’altro Gesù”, ma di guardarlo come Gesù.
Quindi non amare gli altri per Gesù, ma amarli con Gesù e come Gesù.
E poi ecco la sentenza invece verso quelli che stanno alla sinistra: “«Via lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno»”.
Mentre prima Gesù ha detto “venite benedetti dal Padre mio”, perché il Padre benedice, qui dopo “maledetti” non dice “dal Padre mio”. Da chi sono stati maledetti? Da se stessi.
Chi si chiude alla vita si maledice. Questa maledizione, l’unica volta che la troviamo nel vangelo di Matteo, ricorda la prima grande maledizione che c’è nella Bibbia a Caino, l’omicida del fratello, “Sii maledetto”. Chi nega aiuto all’altra persona, la uccide. E quindi è maledetto come un assassino. Per quanto questa non sia una maledizione da parte di Dio, ma sono le stesse persone che si sono maledette chiudendosi alla vita, chiudendosi al bisogno. Hanno pensato unicamente a sé e non agli altri.
«Nel fuoco eterno»” - cioè quello che distrugge tutto - “«preparato per il diavolo»” - ed è l’ultima volta che compare il diavolo e si annuncia la sua sconfitta definitiva perché il fuoco era quello che eliminava tutto - “«e per i suoi angeli»”, letteralmente “inviati”. Queste persone sono stati inviate dal diavolo perché, anziché comunicare vita come i primi, hanno soltanto comunicato la morte.
«Anch’essi allora risponderanno»”, e qui la risposta è differente. Mentre i primi hanno detto “quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare?”, questi, molto più sbrigativamente, riassumono il tutto. “«Quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo servito?»”.
Quindi riassumono le situazioni di bisogno verso le quali sono stati indifferenti. E’ interessante il verbo adoperato, “servire” (diakonšw); questi non hanno nulla a che fare con un Dio che non chiede di essere servito, ma di servire. Loro pensano di servire il Signore, ma non sanno che il Signore non è venuto per essere servito, ma lui a servire. Loro credono di averlo servito mediante le pratiche religiose, magari proclamandolo Signore.
Ebbene, Gesù con questi non ha nulla a che fare. Gesù non conosce quelli che non hanno amato. In questo brano il Signore non chiederà alle persone se hanno creduto, ma se hanno amato; non chiederà se sono saliti al tempio, ma se hanno aperto la loro casa al bisognoso. Non chiede se hanno offerto, ma se hanno condiviso il loro pane con l’affamato.
Ed ecco la sentenza: “«In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me. Ed essi se ne andranno: questi al supplizio eterno …»”, letteralmente “punizione”.
Il termine “punizione” (kÒlasij) viene dal verbo (kol£zw) che indica “mutilare”. La punizione non è dovuta al Padre, ma sono essi stessi che si sono puniti in quanto la loro è una vita mutilata, non giunta a pienezza. Hanno pensato soltanto a nutrire se stessi e non hanno nutrito gli altri. Quindi è una vita mutilata.
«I giusti invece alla vita eterna»”. Gesù sta citando il profeta Daniele però inverte la finale. Mentre il finale del profeta Daniele parlava di “infamia eterna”, Gesù lo volge al positivo, con un’immagine al positivo, con la vita eterna.
Per avere la vita eterna basta rispondere agli elementari bisogni delle persone. Non si chiedono azioni straordinarie, ma soltanto azioni umanitarie.



Mercoledì 18 Novembre,2020 Ore: 18:28
 
 
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