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www.ildialogo.org CHI NON PRENDE LA CROCE NON È DEGNO DI ME. CHI ACCOGLIE VOI, ACCOGLIE ME.,di p. Alberto MAGGI

XIII TEMPO ORDINARIO – 28 giugno 2020 - Commento al Vangelo
CHI NON PRENDE LA CROCE NON È DEGNO DI ME. CHI ACCOGLIE VOI, ACCOGLIE ME.

di p. Alberto MAGGI

Mt 10, 37-42

[In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:] "Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, l
a troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa".
Chi vuol bene al padre o alla madre più di me, non è degno di me; chi vuol bene al figlio o alla figlia più di me non è degno di me”.
Per seguire Gesù bisogna essere pienamente, completamente liberi. Chi non è libero, chi è condizionato, non può assolutamente avere la capacità di seguire Gesù. L’individuo deve rendersi indipendente da tutto quello che gli impedisce la piena libertà di movimento, compresi i rapporti familiari, chiamati legami.
I rapporti familiari vengono chiamati legami, una cosa che lega, che impedisce di essere liberi. Gesù chiede di sciogliere i legami che, per la loro situazione, impediscono alle persone di essere libere.
Gesù non viene a distruggere la famiglia, ma a liberarla dai ricatti affettivi che impediscono ai suoi componenti di crescere. In molte famiglie c’è un atteggiamento perverso, che segue naturalmente l’aspetto dell’amore e dell’affetto, dettato da un profondo e radicato egoismo, che impedisce ai figli di spiegare le ali e andarsene.
La famiglia deve rendere i componenti capaci di essere indipendenti e volare al di fuori. Una famiglia che impedisce alle persone la libertà in base al ricatto affettivo, impedisce che diventino seguaci di Gesù.
Per seguire Gesù bisogna essere pienamente e completamente liberi. C’è una frase molto forte nel vangelo di Luca, si parla di odio, espressione ebraica che significa preferenza (“Chi vuol bene al padre e alla madre più di me, non è degno di me”) e l’individuo non crescerà mai, perché la crescita è garantita soltanto dalla libertà.
Bastano pochi versetti per far comprendere la novità del messaggio di Gesù, ed è un vero autentico terremoto e comincia dalla famiglia.
La famiglia è il nucleo della società, se incomincia a traballare l’istituzione familiare, traballa la società. Gesù è cosciente delle conseguenze del suo messaggio, per questo dopo avere invitato alla piena libertà, parte dalla famiglia. L’esempio di Matteo riguarda la famiglia, ma deve essere esteso a tutti i rapporti sociali dell’umanità.
Gesù cosciente che quello che sta dicendo, non sarà senza conseguenze, dice, ed è la prima volta nel vangelo: “Chi non prende la sua croce e non viene dietro di me, non è degno di me”.
È la prima delle due volte che nel vangelo appare il termine croce; analizziamo bene questo tema, perché se la nostra spiritualità è basata su interpretazioni errate, anche la nostra vita ne può risentire.
Nel linguaggio popolare croce è adoperato per una malattia, una sofferenza… tutto può essere la croce che il Signore ci ha dato, o che si incontra nella vita. Si sente dire che ognuno ha la sua croce, attenti a non scrollarla perché poi dopo arriva una croce più pesante. Poi si dice che il Signore fa la croce secondo le spalle delle persone, il Signore dà a ognuno la sua croce.
Questo, se non fosse tragico, sarebbe semplicemente ridicolo, perché non appartiene al messaggio di Gesù. L’invito a caricarsi della croce è presente, nei vangeli cinque volte, in Matteo, in Marco e in Luca, è assente nel vangelo di Giovanni.
È un invito a caricarsi della croce, mai è un invito ad accettare, a portare la croce: infatti Matteo nel formulare l’invito, evita il verbo “portare” o “accettare la croce”, che significherebbe accettare quello che la vita fa incontrare o che Dio stesso provoca, quindi un atteggiamento passivo.
Tutti i vangeli indicano un’azione attiva da parte dell’uomo, in questo caso prendere, più avanti nel secondo invito dirà: chi non solleva la croce.
L’invito non viene mai offerto a tutti, Gesù dice che la croce è data ai discepoli, a coloro che si impegnano a seguirlo; poi mette in chiaro quali sono le conseguenze della di lui sequela. Vediamo di comprendere il valore di croce.
All’epoca di Gesù vi erano quattro tipi di condanne a morte, nel mondo palestinese e secondo il potere romano:
  1. La lapidazione che non vuol dire, come si vede nei film, lanciare una pietra sopra la persona. Il diritto ebraico prevede che il condannato sia gettato in un burrone, con una spinta all’indietro. Quando è caduto, gli si gettano sopra massi che due persone, a mala pena, riescono a sollevare, dopo la gente copre il cumulo.
  2. Il rogo è per persona già uccisa.
  3. La decapitazione.
  4. Lo strangolamento.
La crocifissione non era un tipo di condanna a morte, era una tortura terribile, tremenda, riservata alla feccia della società.
Matteo più avanti distingue tra uccidere e crocifiggere e dirà: “Vi mando profeti, sapienti e scribi; di questi alcuni ne ucciderete e altri li crocifiggerete”. Una cosa è uccidere, un’altra è crocifiggere.
La croce era una tortura: sopra le spalle del condannato era issata la trave traversale, poi il condannato era portato nel luogo dell’esecuzione. Non ci sono molte testimonianze sull’uso dei chiodi, era a discrezione del boia.
Il supplizio era che, issato il condannato sul palo, la morte avveniva per sfinimento o per asfissia, tra il terzo e il settimo giorno. La persona legata non riusciva a respirare, dopo un po’ avveniva l’asfissia e per impedire una morte rapida, sotto il sedere o sotto i piedi, era inserito un legno, in modo che la persona potesse sollevarsi. I corpi venivano lasciati lì e mangiati dagli animali; era una morte orribile, spaventosa, la più temuta al tempo di Gesù.
Il fatto che Gesù, muoia appena messo in croce, lo si deve al fatto che era stato flagellato.
La flagellazione è diversa dalla fustigazione. Nella fustigazione si prendeva una frusta con cui frustare la persona; nella flagellazione, la frusta aveva alla sommità un uncino di ferro o di osso, che ad ogni colpo strappava la carne del condannato. Normalmente la persona moriva durante la flagellazione, perché non c’era limite al numero di colpi, che era lasciato alla discrezione del boia.
Nel mondo ebraico si cercava di non arrivare a 40 frustate, ma non si sa quante ne abbia ricevute Gesù. Di norma la persona moriva durante la flagellazione. Era una morte ritenuta talmente spaventosa che, nella Bibbia, era considerata riservata ai maledetti da Dio. Chi muore in croce è un maledetto da Dio, perché non è possibile che un giusto faccia una morte così spaventosa.
I discepoli pensano di andare a Gerusalemme, a conquistare il potere con il Messia e condividere il trono. Il trono che si condivide con Gesù, è un patibolo di un condannato a morte, la morte del maledetto da Dio.
Potremmo, in termini attuali, tradurre l’invito di Gesù con “chi non accetta di perdere la propria reputazione, non pensi a venirmi dietro”. È un invito non ad accogliere le sofferenze, ma se hanno chiamato Belzebù, Gesù, il Figlio di Dio, se hanno detto che è pazzo, eretico, indemoniato, quanto più ne diranno dei discepoli.
Allora Gesù che parla di un invito alla piena libertà, dice ai discepoli che se non sono pienamente liberi, non possono andargli dietro. Non c’è piena libertà fin tanto che l’uomo non rinuncia alla propria reputazione. Il tenere al buon nome e alla reputazione, è un limite che impedisce di dire esattamente quello che si pensa, perché nella vita si è condizionati da quello che pensano gli altri e che impedisce di essere se stessi, per paura che la reputazione venga derisa.
L’invito a prendere la croce, è accettare di perdere la reputazione, per andare dietro a Gesù, perché prima o poi verrà la calunnia, la persecuzione, le difficoltà e poi il tradimento. D’altra parte si sa che è doloroso, ma quando si perde la reputazione c’è un’ebbrezza di libertà che fa sì che non la si vuol più riottenere.
L’invito di Gesù chi non prende la sua croce e non viene dietro di me, non è degno di me, è prendere la sua croce, cioè la sua perdita di reputazione, di diffamazione, e quello che ne verrà. Nei vangeli, la croce non è mai data da Dio, ma è presa dagli uomini come conseguenza del seguire Gesù.
Chi avrà trovato la sua vita (psiuchè che abbiamo visto, sopra la CEI ha tradotto anima, qui traduce vita, è lo stesso termine), la perderà, e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà”.
In contrapposizione al verbo perdere, trovare la vita significa trattenerla per sé. Perderla a causa di Gesù, non per altri motivi, significa il dono di se. Gesù dice che il dono di se conduce alla pienezza della propria esistenza; la gente ha paura di donarsi, perché ha paura di diminuirsi, di perdersi.
Gesù garantisce che solo nel dono di se, la persona sviluppa le proprie capacità; dove c’è un’amore senza limiti, c’è una vita senza limiti. Più uno si dà e più energie scopre di avere in se (chi ne fa la prova, lo può confermare), che pensava di non possedere.
Quanti si sono trovati in situazioni di emergenza, per una situazione familiare o altro e hanno trovato dentro di se energie insospettate, che non credeva di avere. Erano rimaste assopite, non c’era stata la possibilità dello sviluppo attraverso il dono. Perciò la persona più si dona, più cresce e più si sviluppa. Non diminuisce. Chi al contrario, ha una vita chiusa nell’egoistico orizzonte dei propri interessi, quando arriva la morte fisica trova una vita svuotata di energia vitale.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha inviato”.
Gesù parla ai discepoli che portano la croce, il discepolo che porta la croce è un maledetto da Dio. Gesù qui fa un paradosso: il discepolo che porta la croce, che è considerato maledetto da Dio, in realtà è la manifestazione visibile di Dio stesso.
Colui che accetta di portare la croce, manifesta visibilmente la presenza di Gesù, e con Gesù quella di Dio stesso.
Chi accoglie un profeta per il nome di profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto per il nome di giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli, per il nome di discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa”.
L’evangelista sottolinea ancora una volta, la qualità superiore dell’alleanza che Gesù è venuto a portare.
Prima parla con termini che riguardano l’Antico Testamento il profeta e il giusto: chi accoglie un profeta o un giusto, riceve la ricompensa che dà un profeta o un giusto; chi accoglie un discepolo, non riceve la ricompensa del discepolo, come ricompensa ha la presenza di Dio stesso. É la nuova qualità incommensurabilmente più grande, superiore, che Gesù porta: l’accoglienza di un discepolo comporta la presenza di Dio stesso.
Gesù parla dei piccoli e ricordiamo: chi scandalizza uno di questi piccoli, e vennero considerati i bambini.
Nei vangeli e nel vangelo di Matteo i bambini sono quelli ammazzati da Erode nella strage di Betlemme, non ci sono altri bambini. Il messaggio di Gesù è rivolto agli adulti e con il termine piccoli, si intende gli elementi più insignificanti della società. Quelli che non osservavano la Legge, quelli che non vivevano nei dettami della purezza, gli ignoranti o le persone socialmente insignificanti, erano chiamate dai rabbini μικροί (micrói, termine greco), da cui microbo, un niente.
Gesù dice che chi avrà dato anche solo un bicchiere d’acqua fresca a uno di questi microbi (traduco microbi per far comprendere piccoli), in verità vi dico: non perderà la sua ricompensa, Gesù dice che l’accoglienza degli ultimi della società, comporta l’accoglienza del più grande, di Dio stesso. É il paradosso della comunità cristiana e un invito a mettersi sempre dalla parte degli ultimi perché lì c’è la presenza di Dio stesso.



Sabato 27 Giugno,2020 Ore: 22:13
 
 
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