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www.ildialogo.org NON ABBIATE PAURA DI QUELLI CHE UCCIDONO IL CORPO,di p. Alberto MAGGI

XII TEMPO ORDINARIO – 21 giugno 2020 - Commento al Vangelo
NON ABBIATE PAURA DI QUELLI CHE UCCIDONO IL CORPO

di p. Alberto MAGGI

Mt 10, 26-33
[In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:] «Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l'anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».
La situazione dei discepoli in mezzo alla società sarà come quella di uomini inermi dinanzi a nemici spietati.
I versetti precedenti trattavano dell’atteggiamento dei discepoli e del loro lavoro per la pace; nei versetti di questa domenica si descrive la persecuzione di cui essi saranno oggetto, il programma delle beatitudini si verifica nella vita dei discepoli.
Tipico del potere è coprire e nascondere; coprendo e nascondendo la verità, il potere occulta il vero volto di Dio. Quel che le autorità presentano al popolo è un immondo simulacro di Dio che serve per coprire i loro interessi.
Forti della loro autorità i capi impongono con la paura il loro potere. Ma Gesù invita a non temerli perchè l’annuncio del suo messaggio rivelerà il vero volto del Padre smascherando i loro intrighi e le loro trame.
L’invito di Gesù ai discepoli di non avere alcun tipo di paura l’evangelista lo ripete per tre volte per sottolineare la totalità (vv. 26.28.31).
Il primo di questi inviti riguarda l’annuncio del messaggio che deve essere esposto integralmente senza attenuare quelle parti che possono urtare la suscettibilità dei Giudei.
Gesù non invita i suoi ad andare a predicare nelle sinagoghe che sono ormai luoghi di morte (v. 17).
Per la comprensione dell’episodio occorre ricordare che il tetto della casa palestinese non è spiovente, ma piano, a terrazza. Essendo i tetti i punti più elevati della città, da cui la voce poteva propagarsi al massimo, Gesù con questo riferimento invita ad annunciare a tutti il suo messaggio.
La persecuzione che si scatenerà non solo non riuscirà a far tacere i discepoli, ma servirà per proclamare a tutti il Vangelo.
Il secondo invito a non aver paura riguarda la persecuzione che si scatena a causa della fedeltà al messaggio. Come più avanti Gesù spiegherà, l’effetto della persecuzione sulla comunità è quello del sole su una pianta: se la pianta si secca la colpa non è del sole, ma della pianta che non ha radici profonde (Mt 13,6.21).
Il termine greco ψυχή (psiuké) indica l’io vivo, cosciente e libero, la vita, la forza vitale dell’individuo, la vita autentica che continua anche dopo la morte, a differenza della vita meramente fisica (σῶμα [sóma], corpo) che è transitoria e con la morte conclude il suo ciclo biologico (Mt 2,20; 6,25; 10,39; 20,28).
Se l’opposizione ai valori della società ingiusta può provocare la persecuzione e la perdita della vita fisica (σῶμα), l’adesione ai valori del sistema, rappresentato da mammona (μαμωνᾷ, Mt 6,24), conduce alla totale distruzione della propria esistenza (ψυχή = vita) e la “persona” (ψυχή) come un rifiuto qualsiasi viene gettato nell’immondezzaio di Gerusalemme (Geenna).
L’evangelista distingue tra la morte biologica dell’individuo (il corpo) e la morte della persona (vita).
È quest’ultima quella che nella Apocalisse viene chiamata la “seconda morte”: “il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte” (il totale annientamento della persona, Ap 2,11; 20,6).
Gesù assicura i discepoli perseguitati che, nonostante le apparenze, i persecutori non vinceranno mai, perché tra costoro e i perseguitati il Padre si pone dalla parte di questi ultimi: se “mammona” è il dio che distrugge, il Padre è il Dio che vivifica.
Per far comprendere l’attenzione del Padre verso i suoi figli, Gesù prende come esempio i passeri, uccelli ritenuti inutili e dannosi per il raccolto dei cereali e animali per i quali non si benedice Dio perché considerati al di fuori della premura di Dio sul Creato.
L’asse è la moneta più corrente, il valore di questi passeri è infimo: con questa immagine Gesù intende rassicurare i discepoli di fronte alla persecuzione.
Al Padre non sfugge nulla di quel che accade, neanche degli elementi ritenuti i più insignificanti della Creazione: quanto più sarà premuroso nei confronti dei propri figli!!
L’interpretazione data è confermata dalla versione di un passo parallelo di Luca (12,6) dove si legge: “Cinque passeri non si vendono forse per due assi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio!”.
La traduzione “senza il volere del Padre vostro” oppure “senza che il Padre vostro lo voglia” ha causato la nefasta credenza di un Dio la cui volontà coincide con ogni aspetto dell’esistenza (questo fatalismo è espresso nel nefasto detto popolare: “non cade foglia che Dio non voglia”) e quindi è il primo responsabile dei mali che affliggono l’umanità.
Questa traduzione snatura il senso dell’insegnamento di Gesù teso a infondere la massima fiducia in un Padre al quale non sfugge nulla di quanto accade agli elementi più insignificanti della creazione e per questo presterà un’attenzione maggiore all’uomo che vale “più di molti passeri” (Mt 10,31).
Il terzo ed ultimo invito a non aver paura riassume i due precedenti e viene motivato dalla fiducia totale in colui che non è indifferente alle situazioni che vivono gli uomini, ma che li conosce come neanche essi si conoscono e mai riusciranno a conoscersi (numero dei capelli!): “Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa” (1Gv 3,20).
All’invito di Gesù fa eco Paolo nella lettera ai Romani: “Se Dio è per noi, chi può essere contro di noi?”; “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?” (Rm 8,31.35)
Gesù ha già invitato i suoi discepoli a essere “luce del mondo” (Mt 5,14).
L’adesione a Gesù e al suo messaggio ha come effetto un comportamento nuovo nei confronti degli uomini che non può essere occultato ma diventa visibile.
L’unico distintivo del credente è un amore come quello di Gesù capace di farsi dono e servizio (Gv 13,35).
Questo comportamento del credente lo rende riconoscibile, come discepolo, a Gesù e al Padre: riconoscere Gesù equivale ad essere riconoscibile come suo discepolo.
Il contrario del riconoscimento è il rinnegamento che nel vangelo vedrà come massimo protagonista Pietro che negherà tre volte di essere discepolo di Gesù (Mt 26, 34-35.75).
L’evangelista avverte che chi non rinnega se stesso, prima o poi finisce col rinnegare Gesù.



Mercoledì 17 Giugno,2020 Ore: 18:24
 
 
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