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www.ildialogo.org SIGNORE, RICORDATI DI ME QUANDO ENTRERAI NEL TUO REGNO,di p. Alberto MAGGI

CRISTO RE – 24 novembre 2019 - Commento al Vangelo
SIGNORE, RICORDATI DI ME QUANDO ENTRERAI NEL TUO REGNO

di p. Alberto MAGGI

Lc 23,35-43
[In quel tempo, dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

 
Il brano di oggi lo possiamo definire l’ultima tentazione di Gesù. Gesù nel deserto era stato tentato dal diavolo, dal Satana, tentazioni che erano delle seduzioni. Il Satana non si proponeva come un rivale, come un nemico di Gesù, ma come un valido aiutante.
Egli proponeva di usare le sue capacità di figlio di Dio per salvare se stesso, per avere il potere e, soprattutto, per essere accolto e riconosciuto dalla gente. E Gesù aveva rifiutato.
Ebbene, le tentazioni nel vangelo di Luca terminano con una frase sibillina; scrive l’evangelista che “Il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato”, meglio tradurlo con “al tempo opportuno”, o “occasione propizia”: infatti adopera il termine greco kairós (kairÒj) che significa un’occasione da non perdere.
Ebbene questa è l’occasione nella quale il diavolo si ripresenta.
Vediamo. Scrive l’evangelista, “Il popolo stava a vedere”.
Non è un vedere passivo; è lo stesso popolo che, deluso da Gesù che non è il messia quello atteso dalla tradizione, il figlio di Davide, che voleva riconquistare il regno. Lo ha rifiutato ed è il popolo che ha chiesto che questo Gesù venga crocifisso. Quindi questo stare a vedere, da parte del popolo, non è passivo, ma è attivo.
I capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato gli altri! Salvi se stesso»”. Ecco ritornano, e saranno ripetute per tre volte, le tentazioni del deserto, con il diavolo che diceva “Se sei il figlio di Dio”. “«Se è lui il figlio di Dio, l’eletto»”. Quindi i capi deridono Gesù, lo prendono in giro e sono gli strumenti del Satana che invitano Gesù, che è il figlio di Dio, ad usare le sue capacità e il suo potere per salvare se stesso.
Ma Gesù tutte le sue capacità e il suo potere, non li ha usati per salvare se stesso, ma per salvare gli altri. E lo prendono in giro, “«L’eletto di Dio»”, che è stato abbandonato. “Anche i soldati lo deridevano”; Gesù ha tutti contro: il popolo, i capi, i soldati. “E gli si accostavano per porgergli dell’aceto”, mentre il vino nella Bibbia è simbolo d’amore, l’aceto, il suo contrario, è simbolo di odio. Quindi dimostrano tutto il loro odio e dicevano anche loro, come il diavolo e come i capi, “«Se tu sei re dei Giudei, salva te stesso»”.
Quindi lo sfidano di nuovo, è la tentazione satanica di usare le sue capacità a proprio vantaggio. “Sopra di lui c’era anche una scritta” - una scritta derisoria - “Costui è il re dei Giudei”, letteralmente “Il re dei Giudei è questo” (Ð basileÚj tîn 'Iouda…wn oâtoj).
Quindi è una scritta molto dispregiativa, molto derisoria, “Guardate che fine ha fatto il re dei Giudei”. Ebbene, Gesù è insultato, deriso da tutti, dal popolo, dai capi, dai soldati, e perfino dai malfattori crocifissi con lui. “Uno dei malfattori appesi lo insultava «Non si tu il Cristo? Salva te stesso»”.
Ecco per la terza e definitiva volta – il numero tre nella simbologia ebraica significa ciò che è definitivo, ciò che è pieno, ciò che è completo - ritorna l’ultima, estrema tentazione. Sei il figlio di Dio? Sei il messia? Usa le tue capacità per salvare te stesso. Ma Gesù la sua capacità l’ha usata per salvare gli altri.
Quindi ritorna l'estrema tentazione del diavolo. “«Salva te stesso e noi»”.L'altro invece lo rimproverava dicendo “«Non hai alcun timore di Dio tu che sei condannato alla stessa pena?»” Il fatto che Gesù sia stato condannato con dei malfattori significa che è ritenuto anche lui un elemento pericoloso. La croce era la condanna riservata alla feccia della società, proprio alle persone che avevano commesso i crimini più gravi.
E quindi Gesù viene accomunato a queste persone. “«Noi giustamente»” - infatti la croce era un supplizio per i delitti più tremendi - “«perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni. Egli invece non ha fatto nulla di male»”.
Qui Luca anticipa quello che poi porrà in bocca a Pietro negli Atti degli Apostoli come compendio dell'esistenza di Gesù. E' una bellissima espressione che si trova negli Atti (10,38b) dove Pietro dice che “Gesù di Nazareth, il quale passò beneficando e risanando tutti quelli che stavano sotto il potere del diavolo perché Dio era con lui”. Tutto questo è stato concentrato in questo “non ha fatto nulla di male”, definizione di Gesù.
Ebbene, a Gesù si rivolge un malfattore, un criminale, probabilmente la persona ritenuta la più lontana da Dio, la più esclusa da Dio, che non ha meriti, né virtù da proporre. “«Costui»”, eppure si rivolge a Gesù e gli dice “«Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno»”.
La persona più lontana da Dio è l'unica che riconosce Gesù come re e chiede di essere ricordato nel suo regno.
Ebbene, Gesù fa molto di più di quello che uno può immaginare e sognare. Gesù non si ricorda, ma lo porta con sé. L'immagine di Gesù che ora ci viene presentata è come quella del pastore che cerca e trova la pecora perduta e poi le comunica le sue stesse forze e la pone sopra le sue spalle.
Infatti gli risponde Gesù “«In verità»” - quindi un'affermazione solenne - “«io ti dico: oggi sarai con me in paradiso»”. Quindi Gesù non si ricorderà di lui in paradiso, ma oggi lo porta, perché il Dio che si manifesta in Gesù non è il Dio che guarda i meriti, lui è un bandito, un malfattore, non ha nessun merito, non è un Dio che guarda le virtù, non ha nessuna virtù, ma è il Dio che guarda i bisogni e le necessità, un Padre che il suo amore lo concede non come un premio, ma come un regalo, così come fa Gesù.
La prima persona che con Gesù entra nel regno di Dio, nel regno dei cieli, in quello che è chiamato paradiso. Unica volta che appare il termine paradiso nei vangeli. Il termine 'paradiso' è una parola che deriva dall’Iran e significa 'parco, tenuta, grande giardino’, e appare soltanto tre volte nel Nuovo Testamento. Gesù evita di parlare di paradiso, parla sempre di vita che continua, di risurrezione, ma qui a quest'uomo agonizzante con lui non può fare una lezione di catechismo e poi parla secondo i termini che quest'uomo può capire “«Tu sarai con me in paradiso»”.
Ebbene, le porte del paradiso resteranno, da ora in avanti, aperte per tutti quelli che riconoscono Gesù come re qualunque sia il loro passato. Questa è la buona notizia di Gesù.



Mercoledì 20 Novembre,2019 Ore: 12:42
 
 
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