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www.ildialogo.org Chiesa Cattolica e politica: appoggio a Monti ma la chiesa di base di oppone,da Adista Notizie n. 1 del 12/01/2013

Chiesa Cattolica e politica: appoggio a Monti ma la chiesa di base di oppone

da Adista Notizie n. 1 del 12/01/2013

ELEZIONI 2013: LA GERARCHIA PUNTA TUTTO SU MONTI. CON QUALCHE AZZARDO

 

36990. ROMA-ADISTA. Forse a raccontare nel modo più efficace l’impegno certosino delle gerarchie ecclesiastiche a sostegno del rassemblement pro Mario Monti è un aneddoto riferito su Europa da Federico Orlando, il 2 gennaio scorso. Orlando racconta di una telefonata con un ex collega ulivista al Parlamento (dove Orlando fu deputato tra il 1996 e il 2001), gruppo Ds, «uno di quelli segnati come amministratori locali dalla ‘ndrangheta - precisa l’editorialista di Europa già braccio destro di Montanelli - «un giovane professionista del luogo, uomo di sentimenti liberali e quasi osservante cattolico, ancorché separato dalla moglie». Insomma, questo ex parlamentare viene chiamato dal vescovo, molto popolare in regione, che gli dice: «Dottore, lei dev’essere il deputato della lista Monti in questo collegio. È un desiderio condiviso ai vertici della Cei. Non le ho mai chiesto il suo orientamento, ma conosco i buoni rapporti tra la Curia e il suo studio professionale. Veda, senza rivangare Dc e Balene, qui c’è tutto da rifare, le curie sono impegnate: mi dica che posso dare oggi stesso il suo consenso al ministro Riccardi, che a Roma coordina tutto».

 

L’episodio, che Orlando commenta paragonando il suo sdegno di laico a quello che potrebbe provare un ecclesiastico se venisse a sapere che i vescovi si designano nelle prefetture, la dice lunga sul clima di mobilitazione generale e capillare, curia per curia, da parte dei vertici della Chiesa, che sembrano puntare tutto su Monti per scongiurare sia un (improbabile) nuovo esecutivo a guida PdL-Lega, sia per contrastare la (più che possibile) vittoria del ticket Bersani-Vendola. Del resto, l’attuale premier ha garantito nel corso dei suoi 13 mesi di governo affidabilità e disponibilità assai più di quanto la gerarchia cattolica potesse sperare, mantenendo un collegamento costante (7 gli incontri ufficiali con il papa: una media, approssimata per eccesso, di uno ogni 2 mesi) con gli interessi e i desiderata di Cei e Curia vaticana. Nonché una presenza nell’esecutivo “tecnico” di un numero di ministri e sottosegretari direttamente riconducibili agli interessi ecclesiastici che ha pochi eguali nella storia repubblicana.

Tanti “mi piace”

È anche per questa ragione che, dopo l’annuncio ufficiale della “salita” in politica fatto da Monti il 23 dicembre scorso, sia il Vaticano che la presidenza dei vescovi hanno immediatamente manifestato il loro placet al “nuovo” progetto. Il primo a parlare è stato il segretario di Stato, il card. Tarcisio Bertone, ai microfoni del Tg1 (24 dicembre). Pur senza fare un’esplicita allusione a Monti, Bertone ha ricordato che «non basta parlare, non basta fare promesse, non basta nemmeno proferire denunce sulle stridenti ingiustizie se non c’è una presa di coscienza più viva sulle proprie responsabilità e se non c’e accanto a questa responsabilità la volontà di fare e di fare il bene comune». Proprio quel «bene comune» che Mario Monti aveva esplicitamente richiamato nella sua conferenza stampa del giorno prima. Alle dichiarazioni di Bertone faceva da pendant l’editoriale di Marco Tarquinio, direttore di Avvenire. Nel pezzo (24/12) il sostegno al premier uscente è esplicito: «Stimiamo, non da oggi, la linearità di pensiero e di condotta di Mario Monti». Segue poi un appello: «Chi ha idee, energie, umiltà e responsabilità sufficienti per aiutare il “centrista radicale”, il moderato e riformista Monti che in questi mesi ha lavorato a Palazzo Chigi a rendere esplicita la propria rinnovata disponibilità di servizio, chi sogna un’altra politica e un’altro bipolarismo rispetto a quello degli ultimi 18 anni, chi è disposto ad aiutare l’Italia a incamminarsi su una via nuova e ben tracciata ha occasione e motivi per farsi sentire. E, a sua volta, farsi apprezzare». Poi è arrivato l’Osservatore Romano che, nell’edizione del 27 dicembre, attraverso la penna del notista politico del quotidiano Marco Bellizi, ha assicurato che l'impegno del premier uscente per le prossime elezioni è quello di recuperare «cura del bene comune» e un nuovo senso del fare politica: «È questa domanda di politica alta – scrive infatti il quotidiano vaticano – che probabilmente la figura di Mario Monti sta intercettando o sulla quale comunque il capo del governo uscente intende legittimamente far leva e che interpella i partiti al di là dei contenuti del suo manifesto politico». «Annunciando il suo impegno in politica attraverso le modalità illustrate, il senatore a vita intende aprire la seconda fase di un programma riformatore». Poi il presidente della Cei Angelo Bagnasco, il giorno successivo, a margine dello scambio di auguri con il sindaco di Genova, Marco Doria, ha detto: «Sull'onestà e la capacità di Monti penso ci sia un riconoscimento comune, poi ognuno può avere opinioni diverse ma credo che su questo piano sia in Italia, sia all'estero ci siano stati riconoscimenti».

L’insistenza e la convinzione con la quale la gerarchia ecclesiastica, dopo anni di sostegno incondizionato a Berlusconi, sta cercando di sostenere la candidatura di Monti, si scontra però con il difficile decollo del cartello elettorale collegato all’ex rettore della Bocconi: i sondaggi lo danno fermo al 12%. Un po’ poco per pensare di vincere le elezioni. Quanto basta, forse, per condizionare gli assetti parlamentari che usciranno dalle urne, specie in assenza di una maggioranza solida al Senato.

Più prudente e lungimirante, come da tradizione, è allora forse l’atteggiamento di Comunione e Liberazione, che dopo anni di flirt con Berlusconi e la Lega Nord ha emesso il 2 gennaio scorso un comunicato nel quale ribadisce la sua linea storica (per quanto del tutto teorica), ossia che «l’unità del movimento non è una omologazione politica, tanto meno si identifica con uno schieramento partitico». In soldoni, Cl adesso non si schiera apertamente con nessuno: mantiene importanti suoi esponenti nel PdL (Formigoni, Lupi, quel Mauro che dentro il partito rappresenta l’ala più “montiana” e antiberlusconiana), è tra i promotori degli incontri di Todi che hanno visto la nascita del rassemblement cattolico che sostiene Monti (assieme alla lista di Montezemolo e Riccardi, all’Udc e Fli), ma si tiene, al solito, le mani libere per giocare nei prossimi mesi su più tavoli la stessa partita: quella di poter contare nel momento in cui si decide veramente. E si governa.

Il piede in due staffe

Ci sono poi altre questioni. Una parte della gerarchia guarda ormai decisamente a destra, e non sarà facile per i vertici di Cei e Vaticano ricondurre le spinte centrifughe all’interno del progetto montiano. Anche perché c’è chi ritiene il sostegno a Monti troppo smaccato e imprudente. E già mons. Fisichella e mons. Negri hanno fatto dichiarazioni che tentano di ridimensionare la portata delle parole dell’Osservatore Romano e di Bagnasco nei confronti del premier uscente. Ci sono poi le perplessità manifestate il 29 dicembre da Bagnasco nel corso di un lungo e fitto dialogo con il ministro Andrea Riccardi, grande tessitore dei rapporti tra gerarchie ecclesiastiche e governo (alla luce di questa attuale egemonia andrebbe forse anche letto il momentaneo passo indietro di un altro ministro gradito ai vertici ecclesiastici, specie di area Cei, Corrado Passera). La prima riguarda il problema dei cosiddetti «valori non negoziabili», sui quali l’agenda Monti sembrerebbe piuttosto lacunosa. Ma su quel tasto batte ormai in maniera martellante il papa e la stragrande maggioranza dei vescovi (il 27 dicembre il Consiglio episcopale della diocesi di Milano, presieduto dal card. Angelo Scola, ha sollecitato i cattolici all'impegno per il bene comune, ma ha elaborato un documento il cui cuore è costituito proprio dalle «questioni etiche»). E qualcosa, su famiglia, difesa del matrimonio, fine vita, ecc. la gerarchia vorrebbe portarlo a casa. C’è poi la scarsa attenzione finora mostrata dalla lista Monti nei confronti di esponenti cattolici del PdL. Infine, il timore di una possibile irrilevanza della lista dopo il voto, dato anche il non enorme carisma ed appeal mediatico di Monti che potrebbe condizionarne in negativo la campagna elettorale. Ma la scelta di fondo sembra ormai fatta. Anche se a cambiare cavallo, da fermo o in corsa, la Chiesa ha sempre mostrato grande dimestichezza e abilità. (valerio gigante)

«DI NUOVO LA MALATTIA DEL POTERE». LA CHIESA DI BASE CRITICA L’APPOGGIO ECCLESIASTICO A MONTI

36991. ROMA-ADISTA. Il più incisivo è stato don Franco Corbo, parroco di S.S. Anna e Gioacchino a Potenza, che in un commento sul blog di don Franco Barbero (donfrancobarbero.blogspot.it) ha sintetizzato: «Dopo le benedizioni a Berlusconi ora arrivano anche le benedizioni a Monti. Non si possono fare paragoni. Ma la malattia è sempre la stessa: il potere!».

Nel complesso, però, non sono state numerose le voci che, subito dopo le parole di sostegno a Monti da parte del Vaticano e della Cei (v. notizia precedente), si sono alzate dalla base cattolica per commentare, criticare o riflettere sull’appoggio piuttosto spinto delle gerarchie ecclesiastiche alla “salita in politica” del professore. «Sembra prevalere il disinteresse», nota Marcello Vigli, delle Comunità cristiane di base italiane.

Fra i pochi ad esprimersi è il movimento Noi Siamo Chiesa, con il suo coordinatore, Vittorio Bellavite. «Forse ci siamo troppo abituati agli interventi nella politica italiana della Segreteria di Stato e della Presidenza della Cei», dice Bellavite. «Questa abitudine non può però farci stare sempre zitti», per cui «ci permettiamo di obiettare». Quindi chiede: «Si può fare finta di niente? Si può in modo credibile cambiare cavallo senza adeguate spiegazioni, senza fare una radicale autocritica sull’appoggio garantito per troppi anni al centrodestra e a Berlusconi in particolare?». Le gerarchie ecclesiastiche, prosegue la nota di Noi Siamo Chiesa, «dovrebbero avere il mandato evangelico di invitare a un impegno civile positivo, alla solidarietà a favore degli ultimi, all’intervento a favore di una politica di disarmo e di pace, alla difesa della democrazia, alla tutela dei soggetti più deboli e di ogni forma di vita famigliare, alla difesa dei beni comuni. La gerarchia non ha però il mandato di sponsorizzare in campagna elettorale questo o quello, con l’obiettivo non dichiarato di intrecciare poi rapporti di scambio nel corso della legislatura. Questo tipo di interventismo episcopale è anche censurabile sotto il profilo degli stessi patti concordatari e delle reciproche “indipendenze “ e “sovranità” previste dalla Costituzione nei rapporti Stato-Chiesa cattolica». Insomma, sintetizza, «il Vaticano ha perso l’occasione di stare zitto». «Questo nuovo orientamento politico dei vertici ecclesiastici – spiega Bellavite –, per il momento e per il modo con cui è fatto, non pensiamo che possa essere molto credibile e quindi efficace sia nei confronti della vasta area dell’astensione dal voto e della protesta presente anche nel mondo cattolico, sia nei confronti dell’orientamento di voto, sia nei confronti di un ipotetico rilancio di un partito unico dei cattolici. Ci sembra piuttosto esprimere, in uno scenario mutato e a prescindere dai valori evangelici, la volontà di riprendere la politica dei veti, delle “campagne”, della difesa e delle pretesa di privilegi che hanno caratterizzato la stagione del ruinismo». Pertanto, chiede Noi Siamo Chiesa, «ancora una volta ci troveremo di fronte a pastori il cui magistero sarà da disattendere per essere conseguenti con la nostra fede? Fino a quando?».

Sarebbe finalmente ora che «tanti cattolici, organizzati e no», «non solo non nascondessero il loro dissenso, se non condividono le iniziative delle gerarchie, ma lo traducessero in concreto costante impegno per privarle di quella sovranità che politici rigorosamente non credenti, atei dichiarati o comunque non cattolici le hanno riconosciuto con il Concordato del 1984», scrive Marcello Vigli in un commento pubblicato su Italialaica. «A dar forza alle gerarchie ecclesiastiche infatti hanno contribuito e contribuiscono quei partiti che pur proclamandosi “laici”, subiscono senza protestare interventi nella politica italiana della Segreteria di Stato e della Presidenza della Cei, riconoscono privilegi e concedono favori, e, peggio, subordinano la legittimazione di sacrosanti diritti alle rivendicazioni ecclesiastiche a difesa dei valori non negoziabili», nota l’esponente delle Comunità di base che, per continuare il suo ragionamento, fa riferimento ad una “Amaca” di Michele Serra uscita su Repubblica (29/12): «L’appoggio delle autorità ecclesiastiche all'ingresso in campo di Monti non merita troppe polemiche, scrive Michele Serra su la Repubblica, suffragando la sua tesi con il riconoscimento che da tempo, l'opinione di pochi, anziani prelati non rappresenta neppure alla lontana la varietà di opinioni, di culture e di esperienze sociali del mondo cattolico e che comunque la loro opinione, per la sua inamovibile faziosità, ha perso di credibilità: la Cei “montiana”, fisicamente le stesse persone, è la stessa Cei che fu “berlusconiana”, e la distanza tra i due è così abissale da strappare un sorriso», annota Vigli. «C’è da augurarsi che questa interpretazione non prevalga e che da parte delle forze democratiche che si oppongono a Monti si scelga la via della fermezza. Ci si augura che rilancino nei programmi elettorali, ma ancor più nella azione politica del futuro Parlamento, l’impegno a restituire alla Repubblica la sua dignità di Stato sovrano, ai suoi cittadini la piena disponibilità del loro diritto a determinarne le leggi, riducendo progressivamente i danni prodotti dal fascismo con l’introduzione del regime concordatario, appena scalfiti dall’imprudente mano tesa di togliattiana memoria, consolidati dalla prassi democristiana e resi permanenti dal cinico opportunismo craxiano. Determinante può diventare l’iniziativa dei cattolici che non vogliono ridursi ad essere di serie B nella Repubblica e nella Chiesa».

Don Andrea Gallo, della Comunità di San Benedetto al Porto di Genova, constata «dolorosamente l’appoggio e l’elogio solenne del Vaticano e della Cei all’Agenda Monti», ovvero il programma politico dei banchieri e della finanza internazionale, scrive sul Manifesto (2/1), mentre sull’Unità (28/12) l’ex presidente delle Acli Domenico Rosati stigmatizza: «Tutto il credito che può circondare l’operazione Monti, una volta stabilito che ad essa non compete il monopolio della qualità, non può abbagliare l’Osservatore Romano fino al punto da fargli ignorare che nella realtà italiana, ormai in modo stabile, una quota certamente maggioritaria dei cattolici praticanti orienta le proprie opzioni politiche a sinistra, e precisamente verso il Pd». «Non ne segue, come è evidente, una richiesta di speciale considerazione, ma non ci sarebbe da stupirsi se il fatto non venisse ulteriormente rimosso», continua. «Meglio dunque tener conto dei fatti nel momento in cui se ne prende cognizione, magari analizzandoli nelle loro cause remote e prossime, nonché nei valori che esprimono; e ciò non tanto per i fini della politica quanto per il bene del popolo di Dio. La prudenza, insomma, può suggerire i termini di sobrietà di un endorsement politico, non indurre ad alterare i termini della realtà». E Franco Monaco, senatore Pd e impegnato nell’associazione Città dell’Uomo, su Europa (29/12), parla di «nostalgie democristiane delle gerarchie romane», che sembrano voler «sospingere indietro le lancette dell’orologio, pur dentro coordinate decisamente diverse». Ma si chiede anche «se alla svolta liberale delle gerarchie romane corrisponda la disponibilità a silenziare l’enfasi tradizionale sui principi non negoziabili posta sulle cosiddette questioni eticamente sensibili, delle quali non c’è traccia nell’agenda Monti. Sia chiaro: è buona cosa che si acceda alla consapevolezza che l’ancoraggio ai principi etici non esonera dall’esercizio della mediazione politico-legislativa dentro società democratiche e segnate dal pluralismo delle concezioni etiche. Solo rammentiamo sommessamente quanto il riferimento ad esse sia stato opposto allo schieramento di centrosinistra, nel quale si ama discutere, e per converso addotto a giustificazione del sostegno a un centrodestra non meno dominato». (luca kocci)

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Venerdì 11 Gennaio,2013 Ore: 15:34
 
 
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