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www.ildialogo.org ESCO ADESSO DAL GAZEBO DELLE PRIMARIE PD...,

ESCO ADESSO DAL GAZEBO DELLE PRIMARIE PD...

Riprendiamo questo articolo, su segnalazione dell'autore che ringraziamo, dal suo blog Augustocavadi.com
PERCHE’ HO PARTECIPATO ALLE PRIMARIE DEL PD
Prima premessa: come spesso ha ribadito Norberto Bobbio, uno dei criteri per capire se un sistema politico è democratico consiste nella possibilità che la maggioranza diventi minoranza e, alle elezioni successive, la minoranza diventi maggioranza.
Seconda premessa: come spesso ho ribadito, il cittadino-elettore deve “servirsi” dei partiti e non “mettersi a servizio” di un partito. Lo deve “usare” tatticamente o strategicamente, secondo i casi, per perseguire ciò che egli ritiene essere il Bene comune (o, almeno, il male minore).
E’ alla luce di queste due premesse che, da cinquant’anni esattamente, scelgo di volta in volta in partito a cui dare il suffragio.
Quando si è costituito il Partito Democratico mi sono inscritto con entusiasmo: quel mix di socialdemocrazia progressista e di cattolicesimo democratico, aperto ai temi dell’ambientalismo e della laicità dello Stato, mi sembrava finalmente un treno su cui salire senza “turarsi il naso” (come, per ragioni in parte diverse, in parte uguali, ero stato costretto a fare con formazioni politiche precedenti, dalla Democrazia cristiana a Rifondazione comunista e Sinistra e Libertà, passando per i Verdi).
Purtroppo il PD ha svolto una politica fondamentalmente disastrosa: da D’Alema a Veltroni sino a Renzi è stata una sequenza impressionante di tradimenti (dai rapporti con la magistratura alla complicità con gli evasori, dalle riforme costituzionali realizzate con un risicato consenso aritmetico sino a sistemi elettorali palesemente “porcellosi”). Quando il PD ha avuto degli esponenti opinabili ma dignitosi, come Romano Prodi, gli hanno sbarrato l’accesso alla Presidenza della Repubblica con 100 pallottole di “fuoco amico”; quando il Movimento 5 Stelle, ancora plasmabile e orientabile, ha proposto alla Presidenza della Repubblica Stefano Rodotà – Presidente dell’Assemblea del Partito Democratico ! - il PD ha rifiutato la proposta. 
Sappiamo – senza capirne bene il perché – come il PD scarica, per pochi centinaia di euro in pizzeria (per i quali verrà comunque assolto), il sindaco Marino, regalando la capitale al Movimento della Raggi.
Per decenza non riprendo la politica regionale in Sicilia del PD. Propone alla Presidenza della Regione una signora discutibile e discussa come Anna Finocchiaro; la votiamo per evitare che salga Raffaele Lombardo con la compagine di centro-destra; Lombardo vince le elezioni ma dopo poco tempo litiga con gli alleati ed è sul punto di tornarsene a casa. E che fa il PD siciliano? Corre in aiuto dell’avversario, si presta come stampella e lo sostiene per andare avanti nonostante tutto. E’ a questo punto che straccio la tessera del PD e rendo nota la decisione ai miei amici.
Alle elezioni successive il PD sembra recuperare presentando un volto nuovo, Rosario Crocetta, per il quale voto con convinzione: ma si rivela una frana dal punto di vista amministrativo e non proprio immacolato dal punto di vista etico. Il PD lo rinnega e, ovviamente, prepara la strada alla rivincita del centro-destra di Nello Musumeci, meno centro e più destra di Lombardo. 
In questo scenario – ci tengo a precisarlo – Renzi (con la sua “rottamazione” di vecchie mummie del suo partito, ma per sostituirle con amichetti e amichette il cui merito maggiore è di applaudirlo quando deride i sindacati, deride i professori di diritto costituzionale, deride i colleghi al governo prendendoli tracotantemente in giro, come l’ormai proverbiale “stai-sereno-Enrico” a Letta) non è che il simbolo conclusivo di una parabola fallimentare. Non è peggiore di tanti altri (forse, però, peggiore di Paolo Gentiloni sì, che almeno non ha mai promesso di ritirarsi dalla politica in caso di sconfitte alle urne), ma il solo fatto di raccogliere la maggioranza dei consensi all’interno del PD dice tutto sul livello critico ed etico degli iscritti e dei militanti. 
Così arriviamo alle elezioni del 4 marzo 2018. 
Da elettore-medio (medio anche quanto a conoscenza delle dinamiche presenti e memoria dei disfatti passati) ritengo indilazionabile un triplice obiettivo: estromettere finalmente Berlusconi dalla stanza dei bottoni; ridimensionare, se proprio impossibile da rottamare, il potere di Renzi; dare voce a qualcosa che somigli, almeno lontanamente, a una “sinistra”. 
Per raggiungere i primi due obiettivi ho votato al Senato i Cinque Stelle (che tra l’altro presentavano nella mia circoscrizione un candidato preparato e onesto); per raggiungere il terzo ho votato alla Camera Liberi e uguali (che tra l’altro presentavano nella mia circoscrizione un candidato preparato e onesto). 
Dei tre obiettivi ne ho raggiunto con certezza solo uno: i Cinque Stelle hanno rotto il fronte della Destra mettendo definitivamente all’angolo Berlusconi. Gli altri due? Se Leu avesse avuto più consensi, un governo 5 Stelle – Leu (con l’appoggio esterno, sia pure condizionato e condizionante, del PD caso per caso) li avrebbe perseguiti. Sappiamo come è andata: Leu numericamente irrilevante in Parlamento, Renzi impone al PD la chiusura totale verso 5 Stelle (anticipando da Fazio il suo embargo prima che se ne potesse discutere all’interno del PD), i 5 Stelle che firmano con Salvini un contratto capestro (in forza del quale calpestano quattro o cinque principi fondamentali del loro Movimento, tra cui la condanna dei corrotti – vedi 49 milioni rubati dalla Lega -, la fine dei condoni, la rinunzia all’immunità parlamentare per consentire alla magistratura di esercitare il diritto/dovere di sindacare gli altri due poteri dello Stato repubblicano).
In questa situazione disastrosa (non parlo della politica xenofoba e razzista, che esaspera in maniera plateale la tendenza del governo Gentiloni e del ministro Minniti a vendere i corpi dei migranti alla Libia e alla Turchia, perché esigerebbe un volume a parte) le primarie del PD costituiscono un esile sentiero di fuga. Ho votato Zingaretti (e spero che vinca) perché con la sua elezione a Segretario del PD sarebbero meno lontani i due obiettivi che intendevo raggiungere con il voto “disgiunto” del 4 marzo 2018: costringere Renzi ad abbassare la cresta o ad abbassare la maschera (uscendo dal PD e fondando il suo partito “peronista” mass-mediale) e, grazie al dialogo fra PD, Leu e l’ala sinistra del Movimento 5 Stelle (eventualmente scisso dal resto del Movimento clamorosamnete sbilanciatosi a destra), recuperare la pallida speranza di qualche balbettio di “sinistra” in Parlamento. Ma, ammesso che venga eletto o con le primarie di oggi o nella prossima assemblea del partito, Zingaretti apprenderà la lezione di questi mesi o si illuderà che la folla accorsa ai gazebo è disposta a firmare nuove cambiali in bianco? Pare che nel Lazio abbia privatizzato il sistema sanitario pubblico, secondo il modello lombardo Formigoni-Maroni, invece di risanarlo e rinforzarlo. In Campania ha già stretto alleanza, con doverose promesse di ricandidatura, con l’ineffabile De Luca. “Micromega” per bocca del direttore Paolo Flores D’Arcais non è disposto a scommettere neppure i due euro che questa sera un milione e mezzo di italiani ha versato per esprimere il proprio disperato urlo contro uno dei peggiori governi della storia repubblicana italiana.
Augusto Cavadi
PS: Sarò sinceramente grato a quanti mi aiuteranno sia a correggere questi appunti nel caso di inesattezze (date, nomi, circostanze, eventi) sia a completare questi appunti con passaggi della storia recente che mi sfuggono.



Lunedì 04 Marzo,2019 Ore: 22:21
 
 
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