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www.ildialogo.org Liberiamoci dal pensiero unico capitalistico,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Liberiamoci dal pensiero unico capitalistico

di Giovanni Sarubbi

Giovanni Sarubbi
N
ella politica italiana quasi tutti i partiti politici si affollano a destra. C’è una gara a chi si genuflette di più di fronte a quegli strati sociali che possiedono una ricchezza spropositata, come le 47 persone che hanno un patrimonio personale di 150miliardi di euro, o che per il solo fatto di essere etichettati come “imprenditori” sono coccolati e vezzeggiati con provvedimenti e promesse che vanno dai condoni tombali sulle loro evasioni fiscali, a riduzioni consistenti di tasse con la cosiddetta FLATTAX. Si perché quelli che io mi ostino a chiamare “padroni”, come facevo  nel ‘68, sono in genere evasori fiscali, intolleranti alle regole e alle leggi che vogliono tutelare coloro che lavorano alle loro dipendenze. Ai “padroni” e ai “padroncini”, come sono quelli che fanno capo alla Lega e in parte ai 5Stelle, si promette che non ci sarà alcuna patrimoniale e che possono dormire sonni tranquilli. Questo governo, come tutti quelli che lo hanno preceduto, le mani in tasca le sta mettendo ai soliti pensionati dai 1500 euro lordi in su, cioè a tutti gli ex lavoratori dipendenti (altro che pensioni d’oro) e ai soliti lavoratori dipendenti attivi. Sono loro che stanno pagando il cosiddetto “reddito di cittadinanza” e l’imbroglio della cosiddetta “quota 100”.
L’affollamento a destra è il segno che la destra ha vinto sul piano culturale. Anche in ciò che rimane della sinistra, e non mi riferisco certo al PD che dalla sua fondazione, il 14 ottobre 2007, ha sempre dichiarato di voler occupare un ruolo “centrale” nella politica italiana rinnovando la vecchia tradizione democratico cristiana, non c’è più né la capacità di una analisi della realtà socio-economica alternativa a quella capitalistica, né un linguaggio diverso da quello imperante basato sul cosiddetto “pensiero unico capitalistico”. L’unica ideologia ammessa è quella liberista, quella basata sugli interessi del grande capitale. Anche a sinistra si usano parole come “buonismo”, “clandestini”, “scafisti”, “trafficanti di esseri umani” e, per ultima, quella di “sovranismo”. Parole basate sul nulla, finalizzate solo a creare paura e odio e a diffondere il virus del razzismo. E così il tema della “sicurezza” paralizza qualsiasi capacità di analisi e c’è chi, come l’ex ministro dell’interno Minniti, è arrivato a teorizzare e a praticare una politica della “sicurezza” applaudita dal suo successore della Lega Salvini. La paura condisce la politica di tutti. E nonostante si viva nel paese più sgarrupato possibile, dove ai capitalisti non viene torto un capello nemmeno se lo trovano a rubare o per i morti sul lavoro, grazie ad un sistema giudiziario finalizzato alla prescrizione, c’è chi sostiene che ci sia troppo poco liberalismo. Bisognerebbe dare, secondo costoro, ancora più potere e soldi pubblici ai “padroni” per liberarli definitivamente da lacci e laccioli e privatizzare ancora di più tutto ciò che di “pubblico” esiste ancora nel nostro paese. Ma io sono sicuro che anche in quel caso i padroni non sarebbero contenti e troverebbero ancora altri lacci da rompere e vorrebbero ancora più soldi pubblici.
Si ha paura ad usare termini come "padroni", “lotta di classe” o “classi sociali”, “imperialismo”, “socialismo” e meno che mai “comunismo”. Se li si usa si viene etichettati immediatamente come “vetero comunisti”, come capita al sottoscritto un giorno si e l’altro pure.
“Non c’è alternativa” mi ha detto un amico qualche giorno fa, concludendo con una secca affermazione: “il comunismo è morto nel 1990”. Ma cosa è morto nel 1990? E cosa è vivo da quella data in poi? Il sistema sociale capitalistico che dopo il 1990 sembra trionfante ha forse perso la sua caratteristica di sistema sociale ingiusto e basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo? La schiavitù salariale è stata abolita? E cosa sono quelle realtà del nostro paese dove vige la legge del caporalato più feroce e disumano? I cosiddetti “diritti umani” vengono rispettati dalle multinazionali imperialistiche che dominano il mercato mondiale e che riempiono i nostri cibi di pesticidi di tutti i tipi e del sangue di chi lavora nei campi? Questo sistema sociale ha forse smesso di attaccare in tutti i modi possibili gli stati che hanno un sistema sociale socialista, vedi Venezuela?
Quello del mio amico è un ragionamento tipico di un approccio filosofico “idealistico”, che considera la realtà materiale come apparente mentre la realtà vera sarebbero invece le idee immutabili e definitive che vivono nell’iperuranio. Secondo questa concezione filosofica nessuna rivoluzione sarebbe mai stata possibile, né quella francese né quelle che le sono seguite, né le rivolte degli schiavi o la guerra dei contadini del 1500. L’umanità sarebbe ancora all’età della pietra e niente di nuovo sarebbe mai apparso sotto il Sole. Tutto ciò che è dialettico è inconcepibile per gli idealisti che ragionano solo rispetto a ciò che torna loro utile e si oppongono a ciò che a loro non giova.
Ma gli scontri sociali hanno caratterizzato la vita di tutte le società da millenni a questa parte. E non potevano fare eccezione alla dinamica dello scontro sociale neppure le società socialiste il cui primo prototipo è nato in Russia nel 1917 con la Rivoluzione d’Ottobre. Lo scontro di classe non è andato in pensione e il capitalismo sul piano mondiale non è stato sconfitto definitivamente né nel 1917 né alla fine della seconda guerra mondiale con la sconfitta del nazismo e del fascismo. Ne si può dire che il crollo dei paesi socialisti dell’est europeo e dell’Unione Sovietica abbia posto fine alle esperienze socialiste e alla prospettiva di un mondo senza più sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Il sistema imperialistico mondiale ha vinto nel 1990 una battaglia e si è preso la rivincita per tutte le sconfitte che ha dovuto subire dal 1945 in poi con la fine del colonialismo e con la nascita di una miriade di stati nazionali, fra cui la guerra in Vietnam. Ma tutti gli ideali socialisti che affondano nella notte dei tempi sono forse morti? Il fatto che una gran parte dei dirigenti dell’ex PCI, poi divenuto PDS, poi DS, poi PD, abbiano venduto la loro anima all’imperialismo hanno distrutto per caso le aspirazioni ad un mondo giusto, senza guerre e sfruttamento? Penso proprio di no. Sarebbe come dire, sul piano religioso, che il vangelo di Gesù di Nazareth è morto sol perché nel 325 d.c. l’imperatore Romano Costantino lo utilizzò per costruire la religione cristiana che da allora è la negazione di quel vangelo. O che il messaggio del profeta Muhammad abbia perso la sua forza sol perché la sua via, come quella di Gesù, è stata trasformata da movimento di liberazione dei poveri in una religione gestita e diretta da monarchi assoluti. Penso proprio di no.
È morta la capacità di analisi scientifica della realtà della sinistra che ha capitolato completamente rispetto ad un imperialismo mondiale, capeggiato dagli USA, che ha fatto crollare i paesi del cosiddetto “socialismo reale” su se stessi con attacchi continui sul piano economico, su quello militare, con la corsa agli armamenti, sul piano politico e culturale. Attacchi a cui i dirigenti dei paesi del cosiddetto socialismo reale non hanno saputo rispondere cadendo da un lato nella trappola della corsa agli armamenti e dall’altro sono stati incapaci di costruire una cultura in grado di sconfiggere l’ideologia capitalista che si ciba di edonismo ed ingordigia, di odio e di violenza mascherati in mille modi diversi.
Guardare alla realtà delle società socialiste nate a partire dalla rivoluzione di ottobre del 1917 come ad un qualcosa di perfetto e immutabile è tipica dell’idealismo che connota la grande maggioranza della classe “piccolo borghese” che si sbilancia verso le classi povere quando esse avanzano nella società e magari riescono a prendere il sopravvento sui ricchi e gaudenti, ma che poi ritornano verso i ricchi e gaudenti quando questi ritornano a prendere il potere. Banderuole al vento, come è successo nel 1990.
Ma nel 1990 non è nato un nuovo sistema sociale mondiale migliore né nei paesi ex socialisti né nei paesi capitalisti. La caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell’URSS e del cosiddetto “Patto di Varsavia” ha portato alla prima guerra del Golfo contro l’Iraq e poi al Kosovo e alle guerre nella ex Jugoslavia che si è anch’essa sbriciolata. E poi nel 2001, l’11 settembre, è iniziata quella che noi da subito abbiamo chiamato “terza guerra mondiale” e che solo nel 2013, ad opera di Papa Francesco, è stata denominata come “terza guerra mondiale a pezzi”. La “vittoria” del sistema capitalistico sui paesi dell’est Europa si può definire come positiva? È migliorata la condizione di vita di quelle popolazioni? Mi pare proprio di no. È aumentata a dismisura la disoccupazione e l’emigrazione verso l’ovest. Da allora il mondo capitalistico è stato attraversato da ripetute crisi economiche mondiali di sovrapproduzione e finanziarie, con il crollo della finanza mondiale e recessioni devastanti e l’ultima la stiamo vivendo proprio in questi mesi, vedi scioperi dei “Gilet Gialli” in Francia o dei pastori sardi in Italia. Altro che morte del “comunismo”. Stiamo vivendo l’agonia di un sistema sociale, quello capitalistico, che non può in alcun modo risolvere le proprie contraddizioni se non ricorrendo a guerre e distruzioni.
La pretesa “vittoria” del capitalismo imperialistico mondiale sta provocando guerre distruttive in ogni angolo del globo ed è aumentato a dismisura il pericolo di una guerra nucleare che sarebbe la fine dell’umanità. E il comunismo sarebbe morto? Quali degli ideali di giustizia sociale “comunisti” o evangelici o islamici sono morti? Quali delle contraddizioni sociali messe a nudo dall’analisi marxista è stata risolta? Quali delle analisi sul capitalismo di Marx, Engels, Lenin è stata messa in discussione e non è ancora valida? Il “capitale” funziona ancora secondo ciò che Marx ed Engels analizzarono nel loro libro più famoso che è per l’appunto “Il capitale”. E così dicasi per l’imperialismo analizzato da Lenin nel suo libro “Imperialismo fase suprema del capitalismo” del 1916 che sembra scritto per l’oggi se solo lo si sa leggere nel modo giusto attualizzandolo alla realtà attuale. La concentrazione del capitale in pochissime mani a livello mondiale (meno di un centinaio di super-capitalisti possiedono il 60% della ricchezza mondiale) è stata prevista e analizzata da Lenin nel 1916 ed è tuttora valida, ben un secolo prima che Piketty, economista francese non marxista, lo scrivesse nel 2013 nel suo “Il capitale nel XXI secolo”, dove documenta l’ineguaglianza e la concentrazione delle ricchezze del sistema capitalistico.
Insomma le contraddizioni del capitalismo imperialistico non sono affatto risolte e anzi peggiorano sempre più. Il fatto di aver vinto una battaglia che ha messo in ginocchio una serie di stati dell'est europeo ha reso il mondo migliore? Penso proprio di no e non si tratta di essere “vetero comunisti”, si tratta semplicemente di guardare la realtà per quello che è.
Allora affollare lo scenario politico italiano verso destra è controproducente e porta acqua solo alle forze politiche di destra attualmente egemoni, in particolare alla Lega Nord.
E non è una questione di sigle o simboli da riproporre, è una questione di classi sociali che si vuole rappresentare, di contenuti e di linguaggi radicalmente alternativi a quelli usati correntemente dalla stampa main-stream che condiziona la capacità di analisi e di ragionamento dei cittadini italiani e del mondo. È una questione di scegliere quali classi sociali si intende rappresentare perché le classi esistono e lottano fra loro. Questo è un dato di fatto che non possiamo più non riconoscere. Perchè la gente dovrebbe votare per le opposizioni di “sinistra” se queste sono incapaci di articolare un qualsiasi discorso alternativo a quello della destra su tutti i temi sociali?
Riflettiamo sul fatto che la lotta dei pastori sardi viene diretta da un sindacato come la Coldiretti che una volta era legata alla DC e ora è fortemente legata alla Lega Nord che non ha caso ha voluto come suo ministero quello dell’agricoltura. Con questa direzione le rivendicazioni dei pastori sardi sono destinate al fallimento. È come far governare un gregge di pecore da un branco di lupi. Anche il tipo di lotta da loro intrapreso, quello di buttare il latte per strada, è un regalo puro e semplice ai padroni della filiera lattiero-casearia che con la distruzione di milioni di litri di materia prima risolve la sua crisi si sovrapproduzione. Meno materia prima, significa meno prodotto finito da immettere in un mercato già saturo a causa di una politica dei prezzi che ha reso impossibile alla maggioranza delle persone l’acquisto di quel tipo di formaggio. Possibile che non ci sia una organizzazione di ispirazione socialista o comunista in Sardegna in grado di far capire questo ai pastori e spingerli verso forme diverse quali quello di vendere direttamente il loro latte ai cittadini a prezzi sostenibili per loro che lo producono e per i cittadini che lo acquistano? Possibile che non sappiamo più coniugare solidarietà e umanità?
Il fallimento e la capitolazione della sinistra è tutto qui. E finché non ci libereremo del pensiero unico capitalistico e non ricominceremo ad occuparci delle classi sociali diseredate non avremo alcuna prospettiva politica. Continueremo a ragionare in termini elettorali e a cercare il capopopolo di turno attorno a cui aggregarsi nella speranza che si riesca a conquistare un posto in una qualsiasi istituzione statale o europea. Ma questo è la morte dell’idea stessa di sinistra che è innanzitutto lotta per la giustizia sociale, contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, per la pace ed il disarmo generalizzato, per la salvaguardia e la cura della nostra Madre Terra, l’unica che abbiamo e che continuamente maltrattiamo.
Infine credo sia importante fare un paragone fra la nostra realtà e una vicenda storica tristemente famosa, quella della Shoah. Quel dramma è stato possibile perché si è dato la possibilità ai nazisti e ai fascisti di conquistare il potere e di esercitare una politica di egemonia culturale che ha diffuso il razzismo capillarmente e in profondità nella popolazione, sia in quella tedesca sia in quella italiana, sia in quella dei paesi dell’est, come la Polonia dove non a caso erano concentrati i campi di concentramento. Senza il collaborazionismo di ampi strati della popolazione e di partiti e organizzazioni statali di quei paesi non sarebbe stato possibile realizzare quello che purtroppo è stato realizzato.
Ebbene fra i collaborazionisti ci furono anche i gruppi dirigenti degli stessi ebrei, gli Judenräte, i Consigli ebraici, che hanno operato in sintonia con gli oppressori nazisti, giungendo a decidere loro chi doveva salvarsi e chi invece doveva andare a morte nei campi di sterminio. Due furono gli studiosi che lanciarono attacchi durissimi contro gli Judenräte e la loro politica di subordinazione ai nazisti. Una fu Hannah Arendt, con il suo libro “La banalità del male – Eichmann a Gerusalemme”, sul processo ad Eichmann del 1961 durante il quale venne fuori il ruolo degli Judenräte. L’altro fu lo storico Raul Hildberg, autore di un ponderoso studio sulla shoah dal titolo “La distruzione degli ebrei d’Europa” che costituisce un punto di riferimento indiscusso sulle ricerche storiche sulla shoah. Senza entrare nel merito di tutta la questione che è certamente molto complessa, mi preme sottolineare due questioni che ci rimandano alla situazione attuale. Gli Judenräte fecero quello che fecero perché si erano convinti che non vi fossero alternative e quindi, questa la riflessione a cui si giunge leggendo Hildberg, “l’olocausto appare come un evento per così dire ineluttabile”[1]. L’altra questione è quella relativa al silenzio che alcuni dirigenti degli Judenräte avevano tenuto sullo sterminio di massa di cui conoscevano tutto. Lo avrebbero fatto perché “la diffusione incontrollata di questa tremenda verità avrebbe soltanto contribuito a seminare il panico”[2]. Insomma per paura di creare paura hanno impedito che si sviluppasse un movimento di resistenza fra gli stessi ebrei che in qualche modo fosse in grado di opporsi allo sterminio. È proprio vero, la paura è cattiva consigliera ed è paralizzante.
E oggi che siamo di fronte allo sterminio della sinistra per responsabilità di quei dirigenti del vecchio PCI che nel 1990 capitolarono di fronte al capitalismo imperialistico mondiale, non possiamo fare gli stessi errori del passato. Non possiamo essere complici di chi sta sterminando la sinistra. Non possiamo né rimanere in silenzio, né ripetere gli stessi argomenti della destra più becera e reazionaria che abbia avuto il nostro paese, né possiamo considerare la destra e i suoi argomenti come ineluttabili. Abbiamo il dovere di riappropriarci delle analisi scientifiche della realtà per tentare di dare una risposta positiva alla crisi che stiamo attraversando. Se non lo faremo sarà solo nostra responsabilità. E abbiamo il dovere di tentare di coinvolgere in questa analisi e in questa lotta, che è lotta per la pace e la sopravvivenza stessa dell’umanità, i movimenti religiosi dei seguaci di Gesù di Nazareth e del profeta Muhammad, che attualmente sono soggetti ad una feroce politica di discriminazione come lo furono gli ebrei, e di altre religioni in particolare sul tema della guerra e della difesa della natura, approfittando della straordinaria opportunità che ci è offerta dalle politiche controcorrente, rispetto a ciò che finora ha fatto la chiesa cattolica, che sta portando avanti Papa Francesco.
Giovanni Sarubbi
NOTE
1STORIA DELLA SHOAH, Volume quinto, Corriere della Sera, pag. 41
2Ibidem pag. 40



Domenica 24 Febbraio,2019 Ore: 22:26
 
 
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