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www.ildialogo.org Cronache da Legolandia (1) - La punizione,di Giovanni Sarubbi

Cronache da Legolandia (1) - La punizione

di Giovanni Sarubbi

Giovanni Sarubbi

V
oleva frustrali con le sue mani, uno ad uno. Li voleva tutti e 67 in fila e in manette, uno dietro l’altro sulla scaletta della nave che li stava portando a Legolandia. E lui sarebbe stato giù sul molo ad aspettarli con una grossa frusta in mano. Una frusta di quelle che si usavano una volta per eseguire le fustigazioni corporali ai danni degli schiavi che avessero tentato di scappare dalle grinfie dei loro padroni. Oppure quelle che si usavano sulle navi per punire le insubordinazioni dei marinai ai tempi dei grandi velieri fra il 1600 e il 1800.
Voleva flagellarli uno ad uno, sentire le loro urla e le loro implorazioni di pietà, sentire l’odore del loro sangue di cui voleva inebriarsi. Si sentiva come Attila, il flagello di Dio e lui con quella punizione esemplare eseguita personalmente di fronte alle telecamere di tutto il mondo, voleva ristabilire l’ordine che Dio stesso aveva stabilito.
Dio parlava per bocca sua, lui era il neo profeta di Dio a cui tutti dovevano obbedienza e lui su quel molo avrebbe semplicemente ristabilito l’ordine e la disciplina, urbi et orbi, per i muti e per i ciechi. Tutti avrebbero dovuto inginocchiarsi davanti alla sua maestà e al volere  di Dio che si sarebbe manifestato in ogni frustata da lui inflitta a quei fottuti ribelli neri.
Chi erano questi lerci uomini neri che si erano permessi di ribellarsi all’autorità costituita che aveva ordinato di non portarli in Legolandia ma di riportarli da dove erano partiti?  E come potevano pensare di avere dei diritti persone raccolte in mare senza neppure uno straccio di documento, quindi colpevoli a prescindere? Non dovevano essere li. Dovevano morire a casa propria e basta e non disturbare nessuno.
Aveva tirato fuori dal suo armadio personale alcune fruste che aveva realizzato con le sue mani. Era un maniaco della precisione e si faceva le cose con le sue mani per essere sicuro della loro qualità. Per l’occasione aveva preparato un “gatto a nove code” di cuoio purissimo con palle di piombo piccole taglienti e dolorosissime all’estremità di ogni coda. Con quello strumento avrebbe picchiato i caporioni della rivolta infliggendo loro 12 frustate ciascuno sulla schiena. Per gli altri aveva tirato fuori una frusta lunga come quella che usano i domatori dei circhi che tanto fanno divertire i bambini con i loro schiocchi. Avrebbe giocato a colpirli a distanza 1, 2, ...enne volte, fino a quando avessero chiesto pietà. E tirò fuori anche un tirapugni di acciaio inox che aveva più volte usato quando, a capo della organizzazione giovanile del suo partito, si era esercitato nella caccia al negro nella sua città natale nel nord di Legolandia. Qualche buon cazzotto avrebbe fatto capire a quei negri di merda chi comandava a Legolandia.
Si era preparato per benino all’operazione. Aveva tirato fuori il copricapo con le corna delle grandi occasioni che nella sua tribù al nord di Legolandia era simbolo di potere. Tutti i capi tribù del nord, che dominavano su tutta Legolandia,  sfoderavano i loro copricapi cornuti nelle loro feste sacre e gareggiavano a chi le avesse più grandi lunghe e luccicanti. E lui era stato consacrato capo assoluto di tutti i cornuti del nord, un Führer, come direbbero i tedeschi, una guida spirituale che, sotto dettatura diretta del suo dio personale, aveva anche lui scritto un testo sacro che, sempre il suo dio personale, gli aveva comandato di diffondere a tutte le genti della terra. Urbi et orbi!
E quando la nave attraccò essa fu circondata da terra da uno stuolo di auto del suo esercito personale e da alcune motovedette armate di cannoni dal lato di mare. Nessuno doveva scampare alla punizione che lui aveva organizzato.
Si presentò così sul molo circondato da quelli che Alessandro Manzoni, grande scrittore Italiano, avrebbe chiamato “bravi”, che proprio bravi non erano perché erano invece cattivissimi. Erano sgherri di prim'ordine, reclutati e addestrati nei campi paramilitari dove lui stesso si era addestrato. Avevano tutti la faccia feroce come il loro capo, muscoli possenti prorompevano dai loro corpi pieni di  tatuaggi orripilanti che incutevano paura al solo guardarli.
Si disposero a cerchio attorno alla scaletta della nave e diedero ordine di far scendere i ribelli. Lui, il  Führer con le corna, li aspettava sul molo davanti alla scaletta.
Il luogo era stato transennato per consentire ad un folto pubblico di assistere allo spettacolo. Posizionati anche immensi cartelloni pubblicitari di prodotti e servizi adeguati allo spettacolo che li si sarebbe rappresentato. Culetti di bambini incipriati, vacanze alle setteschell, crociere di super lusso, e poi cibi succulenti, un vero inno alla pace e al benessere corporale della razza di Legolandia che i neri dovevano solo vedere in fotografia. “Tutto per Legolandia, muoia Sansone con tutti i figli di Stefano”, era lo slogan che campeggiava su tutti i cartelloni pubblicitari e la gente applaudiva.  Chi fossero Sansone e Stefano non lo sapevano ma per loro andava bene così. “E chi se ne frega – confidò un uomo sulla sessantina al suo vicino – saranno due negri di merda”.
E scese il primo nero e giù frustate, 1,2,..12. E poi il secondo, e il terzo,...e giù frustate. E il Führer si era messo a torso nudo, mostrando i suoi bicipiti ed il suo corpo scultoreo. E le molte donne presenti erano andate in delirio.
Arrivato a dieci il  Führer cominciò a sudare ma l’odore del sangue lo inebriava e continuò. Era come se stesse avendo un amplesso con la sua ultima amante. Come tutti i grandi cornuti del nord aveva una schiera di donne che stavano alla sua corte e che erano prone ai suoi piedi. Molte donne, molte corna, gli aveva detto un vecchio saggio del suo paese, e lui ne aveva parecchie come tutti i grandi capi del nord di Legolandia. E le corna si moltiplicavano e lui era contento così perché  vedeva le donne solo come un "buco" dove il maschio può ficcare il suo membro a piacimento. E poi le buttava via perché le considerava tutte puttane. E masse di donne lo applaudivano ed andavano in delirio per lui e facevano a gara per essere “l’ultimo buco da sfondare” per il comandante supremo.
E c’erano anche loro tra la piccola folla che si era radunata per assistere allo spettacolo che stava andando in diretta sulle TV di tutto il mondo. E applaudivano, e ridevano, e ad ogni frustata dicevano “ancora” e poi “ancora”, fino a quando il poveretto di turno non stramazzava a terra. E a quel punto intervenivano i “bravi” che caricavano il malcapitato di turno su un camion parcheggiato ai margini del cerchio che si era formato attorno alla scaletta della nave.
E arrivato a dodici il  Führer decise che poteva bastare e passò la mano ai suoi bravi che completarono la sua opera. Anche loro avevano bisogno di sfogarsi. Ciò che successe è impossibile descriverlo compiutamente. Non un solo nero fu risparmiato. Tutti furono picchiati a sangue e alla fine caricati sul camion come sacchi di patate. L’odore di sangue si sentiva a duecento metri di distanza. Tutto intorno al camion si era formato una striscia di sangue che aumentava man mano che i migranti neri venivano caricati uno sull’altro come sacchi di patate. Ogni frustata veniva salutata con grida di giubilo come se fosse stato segnato un gol dalla propria squadra del cuore. E poi applausi quando il corpo inerte veniva caricato sul camion.
E ad un certo punto parteciparono alla punizione dei neri anche una decina di persone che stavano tra la folla con le donne in prima fila. Sembravano più feroci degli sgherri del Führer.  
Poi tutto finì quando l’ultimo negro fu caricato sul camion che era diventato una catasta di corpi sanguinanti. E il camion partì per una destinazione ignota. Nessuno poté seguirlo.
Le telecamere si spensero. La folla festante sciamò ma non prima di aver tributato un ultimo caloroso applauso al loro  Führer e ai suoi “bravi” che erano riusciti a soddisfare la loro voglia di sangue. Sarebbero tornati tutti a mangiare quel poco di pane che gli passava il governo di Legolandia. Tutti avrebbero continuato a guardare in TV le immagini dei banchetti regali che si facevano nelle poche mega ville dei multimiliardari e a sentirsi sazi per tutto quel lusso e quella mangiatoria. Campavano di sogni ma erano felici così. Loro non erano neri nati inferiori per volere di Dio e destinati a morire il più rapidamente possibile. Loro erano la “razza di Legolandia”, razza superiore, anche se il 99% di essi erano poveracci, poveri come quei neri contro cui mostravano tanto odio e rancore e che oggi finalmente erano stati puniti come si meritavano. Non erano loro, i legolandesi, ad essere cattivi o razzisti, erano i neri che erano neri e quindi colpevoli a prescindere.
Fin qui la cronaca dell’evento che ha costituito il punto di svolta del regno di Legolandia. Da quel momento le punizioni corporali furono una consuetudine in tutte le città del regno. Altri eventi sicuramente seguiranno e noi ve ne faremo puntuale cronaca.
G.S.
P.S. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale



Domenica 15 Luglio,2018 Ore: 11:49
 
 
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