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www.ildialogo.org CAMMINARE SULLA VIA DELLA PACE NEL TEMPO DELLA PANDEMIA,di Raffaello Saffioti

Editoriale
CAMMINARE SULLA VIA DELLA PACE NEL TEMPO DELLA PANDEMIA

“LA CULTURA DELLA CURA COME PERCORSO DI PACE”


di Raffaello Saffioti

Il tempo che stiamo vivendo
Stiamo vivendo il tempo della pandemia da coronavirus a livello globale, con il bisogno di difenderci dal pericolo del contagio.
E’ un tempo di cambiamenti e c’è da pensare che dopo la fine della pandemia tutto non potrà ritornare come prima. Dobbiamo cambiare il modo di pensare e di vivere. Di fronte ai cambiamenti non possiamo restare indifferenti o neutrali.
Dobbiamo prendere atto che il coronavirus è un microrganismo invisibile, nemico da cui difendersi mentre persone continuano a morire in varie parti della terra.
L’umanità malata ha bisogno di essere curata col vaccino preparato dagli scienziati.
Il virus ha fatto crollare tutte le frontiere.
Se questo è vero, a che servono gli eserciti?
Oggi si comprende più facilmente che “la guerra è follia”.
Perché continuare con gli armamenti e non disarmare, destinando alla sanità le spese per le armi?
Il diritto umano alla salute è diventato prevalente sugli altri diritti.
La pandemia ci ha costretti a cambiare il nostro stile di vita.
La libertà di movimento è stata sacrificata e siamo stati confinati nella vita familiare.
Abbiamo bisogno di riflettere sul senso della vita e della morte, sulle relazioni umane, sull’organizzazione della società, sul rapporto con la natura. E sul diritto alla pace.
***
Il diritto alla salute e il diritto alla pace
La cultura della cura come percorso di pace” è il titolo del Messaggio di Papa Francesco per la celebrazione della “LIV Giornata Mondiale della Pace” del 1° gennaio 2021.
Dopo lo scandalo del sorvolo “osceno e blasfemo” delle Frecce Tricolori su Assisi il 4 ottobre 2020 e dopo la nomina a cardinali di Frati francescani abbiamo ribadito su “il dialogo” i limiti e le contraddizioni di Papa Francesco, come capo della Chiesa, istituzione gerarchico-monarchica, maschilista e clericale, non evangelica.
Abbiamo già scritto su “il dialogo” che la novità del nome del Papa e gli atti profetici del suo pontificato non sono sufficienti per la riforma della Chiesa in senso evangelico.
Abbiamo pure scritto che la via della Conciliazione non è la via della Croce. E che sono molti i nemici di Papa Francesco sia dentro che fuori della Chiesa.1
Ma nonostante tutto, Papa Francesco va sostenuto per la novità del suo pontificato: per il suo impegno contro la guerra, per la difesa dei poveri, per il superamento del sistema economico capitalistico.
La novità di Papa Francesco
La novità del pontificato di Papa Francesco si può cogliere nel suo discorso, dopo la sua elezione, ai rappresentanti dei media, nell’Aula Paolo VI il 16 marzo 2013:
Alcuni non sapevano perché il Vescovo di Roma ha voluto chiamarsi Francesco. Alcuni pensavano a Francesco Saverio, a Francesco di Sales, anche a Francesco d’Assisi. Io vi racconterò la storia. Nell’elezione, io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il Clero, il cardinale Claudio Hummes: un grande amico, un grande amico! Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, viene l’applauso consueto, perché è stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: “Non dimenticarti dei poveri!”. E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi. E’ per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? E’ l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero … Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”. 
Papa Francesco va sostenuto in unione con i movimenti di base della Chiesa e con quanti, fuori di essa, si riconoscono nella linea profetica del suo pontificato.
***
Rocco Altieri ha scritto in “L’economia di Francesco e la costruzione della pace” (“il dialogo”, 22 novembre 2020)2:
“L’evento che si è svolto on-line dal 19 al 21 novembre 2020 col titolo suggestivo di ‘Economia di Francesco’ ha coinvolto studiosi, accademici e oltre 2000 giovani economisti e imprenditori di tutto il mondo. Esso doveva tenersi in presenza ad Assisi nel marzo scorso, ma la pandemia mondiale ne ha modificato l’organizzazione. Fortemente voluto da Papa Francesco, si propone come un inizio di un processo di ricerca e sperimentazione di nuovi modelli economici, alternativi a quelli che generano inquinamento, violenza e morte. Vuol trasformare in termini concreti, culturali, economici e politici, quei principi declamati nelle encicliche ‘Laudato Sì’ e ‘Fratelli Tutti’.
[…] Il richiamo ad Assisi è sempre suggestivo, ma ancora una volta quanto è distante lo spirito della povertà francescana. L’accorta regia degli economisti prodiani di Bologna, guidati dall’emerito prof. Stefano Zamagni, teorici del capitalismo ben temperato e delle privatizzazioni dei beni comuni, che tanto hanno fatto male all’Italia in questi anni, ha messo in scena un evento a due livelli.
[…] A un livello secondario, messi in sordina, trasmessi sul canale zoom, sono stati relegati, non tradotti in italiano, gli interventi critici come quello del teologo francescano Leonardo Boff dal Brasile e di Vandana Shiva dall’India. Il bellissimo intervento finale di Papa Francesco ci è parso in perfetta sintonia con i discorsi sviluppati dai due grandi pensatori critici del Sud del mondo, non certo con la ‘fuffa’ mielosa degli accademici italiani.
[…] il richiamo ossessivo che si è fatto nel convegno di Assisi agli obiettivi dello ‘sviluppo sostenibile’ appare ambiguo e retorico, è un evidente ossimoro che fantastica mirabolanti rimedi tecnologi e manageriali per mantenere in realtà in piedi l’economia parassitaria e predatoria del capitalismo dominante. Rilanciato in continuazione dai giovani selezionati dagli organizzatori è lo slogan di voler conciliare profitti e costruzione della pace, ‘capra e cavoli’ come ha giustamente scritto Giovanni Sarubbi. Nessuno dei teorici presenti dello ‘sviluppo sostenibile’ ha criticato l’industria bellica e la guerra, che sono tra i più terribili fattori di violenza, inquinamento, alterazione della biosfera.
Il concetto di economia della permanenza sarebbe il più pertinente alla visione francescana. Essa è un’idea non solo economica, ma insieme religiosa e scientifica, politica ed educativa, che fa degli uomini i protettori della terra e offre un orientamento sicuro per i giovani che vogliano garantire ancora a lungo la vita sul pianeta terra, senza più violenze e senza più guerre.
Attraverso il Dialogo di Monteforte Irpino lanciamo il nostro messaggio in bottiglia sperando di arrivare a Papa Francesco, superando i marosi del cerchio magico che lo circonda”.
Altieri, successivamente, in “Severità religiosa per gli economisti di Francesco” (“il dialogo”, 10 dicembre 2020)3, aveva scritto:
“Quanto inadeguati e inconsapevoli ci sono apparsi gli economisti convocati ad Assisi per discutere di nuova economia, ignorando che il pianeta Terra non può più reggere a lungo l’economia parassitaria e predatoria del capitalismo. Si ha paura di dire la verità, di denunciare la violenza strutturale del capitalismo che produce guerre, morti e distruzioni”.
In Previsione dell’incontro di Assisi promosso da Papa Francesco i Movimenti Popolari avevano redatto e inviato una Carta di proposte che sono state ignorate.
Chiara la posizione espressa da Marina Oliveira, della Archidiocesis de Belo Horizonte (Brasile) 4
“… Ma chi siamo noi. Loro tentano di silenziarci ed è per questo che salutiamo con tanto piacere il racconto…Chi siamo noi? Noi siamo la gioventù organizzata in tutto il pianeta, siamo organizzati in tutto il pianeta e parteciperemo all’incontro economico di Francesco che sarà il 20, 21 e 22 di novembre ed è attraverso di noi che parlano tutte le persone che difendono la campagna, la città e le popolazioni indigene, tutti i lavoratori, i migranti. Siamo parti di tutti questi territori che sono minacciati, possiamo resistere a questo sviluppo economico che si basa sullo sfruttamento e il disprezzo della vita.
Noi siamo la periferia, noi lottiamo perché vogliamo essere ancora vivi …. Sono le persone che usurpano le nostre terre, che occupano le nostre terre, siamo noi che lottiamo contro questi progetti economici, siamo le comunità che sono state violentate ……per i progetti economici internazionali…, La nostra lotta è la difesa dei nostri territori, delle nostre vite.
Siamo persone perseguitate, ci guardano con diffidenza, siamo attaccati e… massacrati.
Tanti di noi abbiamo partecipato nei tre incontri precedenti, convocati dal Papa, sulla tematica «Terra, Casa, Lavoro»… Noi come Movimento Popolare abbiamo voglia di trasmettere questo a Papa Francesco, ma non solo al Papa, ma a tutti i partecipanti a questo incontro.
Noi pensiamo che la crisi socio-ambientale non si potrebbe superare se continuiamo con il modello capitalista mondiale. E siamo impegnati alla contribuzione di soluzioni per poter scartare l’idolatria del denaro, per cambiare le nostre vite. Noi vogliamo mettere l’uomo, la donna e la natura al centro di questa discussione e non ai margini. Possiamo osservare tristemente che molte parole vogliono silenziare il pensiero di Papa Francesco. Vogliono produrre piccoli progetti o piccole utopie ai margini del sistema economico.
E noi sappiamo che le persone responsabili di questi crimini finanziano questi progetti sociali.
E noi siamo qui per dire che non vogliamo questo trucco che sembra un carro mascherato. Non vogliamo la solidarietà delle grandi ditte [multinazionali]. Vogliamo far valere i nostri diritti, il diritto al lavoro. Non possiamo permettere che le ditte [multinazionali] di Francesco utilizzino l’economia di Francesco per legittimizzare …. L’economia di Francesco è chiara, è anticapitalista, è il risultato di un progetto collettivo e comunitario, che … costruito dal popolo e per il popolo.
In questo momento vorrei mettervi di fronte a una visione che rispetti … l’insegnamento di papa Francesco e la natura della fede cristiana”.
***
Per rintracciare la linea del pontificato, enunciata alla fine del primo anno, è significativo il richiamare quanto si legge nella Evangelii gaudium, “Esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale” (24 novembre 2013).
La dimensione sociale dell’evangelizzazione” è il titolo del Capitolo Quarto.
Nel paragrafo 221 leggiamo:
“Per avanzare in questa costruzione di un popolo in pace, giustizia e fraternità, vi sono quattro principi relazionati a tensioni bipolari proprie di ogni realtà sociale. […] Alla luce di essi, desidero ora proporre questi quattro principi che orientano specificamente lo sviluppo della convivenza sociale e la costruzione di un popolo in cui le differenze si armonizzino all’interno di un progetto comune. Lo faccio nella convinzione. Lo faccio nella convinzione che la loro applicazione può rappresentare un’autentica via verso la pace all’interno di ciascuna nazione e nel mondo intero”.
I “quattro principi” enunciati nei paragrafi successivi hanno i titoli:
  • “Il tempo è superiore allo spazio”
  • “L’unità prevale sul conflitto”
  • “La realtà è più importante dell’idea”
  • -“Il tutto è superiore alla parte”.
“Il dialogo tra la fede, la ragione e le scienze” è il titolo dei paragrafi 242 e 243.
Seguono: “Il dialogo ecumenico”, “Le relazioni con l’Ebraismo”, “Il dialogo interreligioso”, “Il dialogo sociale in un contesto di libertà religiosa”.
Alla fine del Capitolo leggiamo:
257. Come credenti ci sentiamo vicini anche a quanti, non riconoscendosi parte di alcuna tradizione religiosa, cercano sinceramente la verità, la bontà e la bellezza che per noi trovano la loro massima espressione e la loro fonte in Dio. Li sentiamo come preziosi alleati nell’impegno per la difesa della dignità umana, nella costruzione di una convivenza pacifica tra i popoli e nella custodia del creato. Uno spazio peculiare è quello dei cosiddetti nuovi Areopaghi, come il “Cortile dei Gentili”, dove «credenti e non credenti possono dialogare sui temi fondamentali dell’etica, dell’arte, e della scienza, e sulla ricerca della trascendenza». Anche questa è una via di pace per il nostro mondo ferito.
258. A partire da alcuni temi sociali, importanti in ordine al futuro dell’umanità, ho cercato ancora una volta di esplicitare l’ineludibile dimensione sociale dell’annuncio del Vangelo, per incoraggiare tutti i cristiani a manifestarla sempre nelle loro parole, atteggiamenti e azioni”.
***
Messaggio per la LIV Giornata Mondiale della Pace
La cultura della cura come percorso di pace”
Nel Messaggio Papa Francesco ha scritto:
“Il 2020 è stato segnato dalla grande crisi sanitaria del Covid-19, trasformatasi in un fenomeno multisettoriale e globale, aggravando crisi tra loro fortemente interrelate, come quelle climatica, alimentare, economica e migratoria, e provocando pesanti sofferenze e disagi.
[…] Duole constatare che, accanto a numerose testimonianze di carità e solidarietà, prendono purtroppo nuovo slancio diverse forme di nazionalismo, razzismo, xenofobia e anche guerre e conflitti che seminano morte e distruzione.
Questi e altri eventi, che hanno segnato il cammino dell’umanità nell’anno trascorso, ci insegnano l’importanza di prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata su rapporti di fratellanza. Perciò ho scelto come tema di questo messaggio: La cultura della cura come percorso di pace. Cultura della cura per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente.
4. La cura nel ministero di Gesù
La vita e il ministero di Gesù incarnano l’apice della rivelazione dell’amore del Padre per l’umanità (Gv 3,16). Nella sinagoga di Nazaret, Gesù si è manifestato come Colui che il Signore ha consacrato e «mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi» (Lc 4,18). Queste azioni messianiche, tipiche dei giubilei, costituiscono la testimonianza più eloquente della missione affidatagli dal Padre. Nella sua compassione, Cristo si avvicina ai malati nel corpo e nello spirito e li guarisce; perdona i peccatori e dona loro una vita nuova. Gesù è il Buon Pastore che si prende cura delle pecore (cfr Gv 10,11-18; Ez 34,1-31); è il Buon Samaritano che si china sull’uomo ferito, medica le sue piaghe e si prende cura di lui (cfr Lc 10,30-37).
Al culmine della sua missione, Gesù suggella la sua cura per noi offrendosi sulla croce e liberandoci così dalla schiavitù del peccato e della morte. Così, con il dono della sua vita e il suo sacrificio, Egli ci ha aperto la via dell’amore e dice a ciascuno: «Seguimi. Anche tu fa’ così» (cfr Lc 10,37).
[…] * La cura come promozione della dignità e dei diritti della persona.
«Il concetto di persona, nato e maturato nel cristianesimo, aiuta a perseguire uno sviluppo pienamente umano. Perché persona dice sempre relazione, non individualismo, afferma l’inclusione e non l’esclusione, la dignità unica e inviolabile e non lo sfruttamento».[8] Ogni persona umana è un fine in sé stessa, mai semplicemente uno strumento da apprezzare solo per la sua utilità, ed è creata per vivere insieme nella famiglia, nella comunità, nella società, dove tutti i membri sono uguali in dignità. È da tale dignità che derivano i diritti umani, come pure i doveri, che richiamano ad esempio la responsabilità di accogliere e soccorrere i poveri, i malati, gli emarginati, ogni nostro «prossimo, vicino o lontano nel tempo e nello spazio». [9]
* La cura del bene comune.
Ogni aspetto della vita sociale, politica ed economica trova il suo compimento quando si pone al servizio del bene comune, ossia dell’«insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente».[10] Pertanto, i nostri piani e sforzi devono sempre tenere conto degli effetti sull’intera famiglia umana, ponderando le conseguenze per il momento presente e per le generazioni future. Quanto ciò sia vero e attuale ce lo mostra la pandemia del Covid-19, davanti alla quale «ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme»[11], perché «nessuno si salva da solo»[12] e nessuno Stato nazionale isolato può assicurare il bene comune della propria popolazione.[13]
* La cura e la salvaguardia del creato.
L’Enciclica Laudato si’ prende atto pienamente dell’interconnessione di tutta la realtà creata e pone in risalto l’esigenza di ascoltare nello stesso tempo il grido dei bisognosi e quello del creato. Da questo ascolto attento e costante può nascere un’efficace cura della terra, nostra casa comune, e dei poveri. A questo proposito, desidero ribadire che «non può essere autentico un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani».[15] «Pace, giustizia e salvaguardia del creato sono tre questioni del tutto connesse, che non si potranno separare in modo da essere trattate singolarmente, a pena di ricadere nuovamente nel riduzionismo».[16]
7. La bussola per una rotta comune
In un tempo dominato dalla cultura dello scarto, di fronte all’acuirsi delle disuguaglianze all’interno delle Nazioni e fra di esse,[17] vorrei dunque invitare i responsabili delle Organizzazioni internazionali e dei Governi, del mondo economico e di quello scientifico, della comunicazione sociale e delle istituzioni educative a prendere in mano questa “bussola” dei principi sopra ricordati, per imprimere una rotta comune al processo di globalizzazione, «una rotta veramente umana».[18] Questa, infatti, consentirebbe di apprezzare il valore e la dignità di ogni persona, di agire insieme e in solidarietà per il bene comune, sollevando quanti soffrono dalla povertà, dalla malattia, dalla schiavitù, dalla discriminazione e dai conflitti. Mediante questa bussola, incoraggio tutti a diventare profeti e testimoni della cultura della cura, per colmare tante disuguaglianze sociali. E ciò sarà possibile soltanto con un forte e diffuso protagonismo delle donne, nella famiglia e in ogni ambito sociale, politico e istituzionale.
La bussola dei principi sociali, necessaria a promuovere la cultura della cura, è indicativa anche per le relazioni tra le Nazioni, che dovrebbero essere ispirate alla fratellanza, al rispetto reciproco, alla solidarietà e all’osservanza del diritto internazionale. A tale proposito, vanno ribadite la tutela e la promozione dei diritti umani fondamentali, che sono inalienabili, universali e indivisibili. [19]
Va richiamato anche il rispetto del diritto umanitario, soprattutto in questa fase in cui conflitti e guerre si susseguono senza interruzione. Purtroppo molte regioni e comunità hanno smesso di ricordare un tempo in cui vivevano in pace e sicurezza. Numerose città sono diventate come epicentri dell’insicurezza: i loro abitanti lottano per mantenere i loro ritmi normali, perché vengono attaccati e bombardati indiscriminatamente da esplosivi, artiglieria e armi leggere. I bambini non possono studiare. Uomini e donne non possono lavorare per mantenere le famiglie. La carestia attecchisce dove un tempo era sconosciuta. Le persone sono costrette a fuggire, lasciando dietro di sé non solo le proprie case, ma anche la storia familiare e le radici culturali.
Le cause di conflitto sono tante, ma il risultato è sempre lo stesso: distruzione e crisi umanitaria. Dobbiamo fermarci e chiederci: cosa ha portato alla normalizzazione del conflitto nel mondo? E, soprattutto, come convertire il nostro cuore e cambiare la nostra mentalità per cercare veramente la pace nella solidarietà e nella fraternità?
Quanta dispersione di risorse vi è per le armi, in particolare per quelle nucleari, [20] risorse che potrebbero essere utilizzate per priorità più significative per garantire la sicurezza delle persone, quali la promozione della pace e dello sviluppo umano integrale, la lotta alla povertà, la garanzia dei bisogni sanitari. Anche questo, d’altronde, è messo in luce da problemi globali come l’attuale pandemia da Covid-19 e dai cambiamenti climatici. Che decisione coraggiosa sarebbe quella di «costituire con i soldi che s’impiegano nelle armi e in altre spese militari un “Fondo mondiale” per poter eliminare definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo dei Paesi più poveri»![21]
8. Per educare alla cultura della cura
La promozione della cultura della cura richiede un processo educativo e la bussola dei principi sociali costituisce, a tale scopo, uno strumento affidabile per vari contesti tra loro correlati.
[…]- A quanti sono impegnati al servizio delle popolazioni, nelle organizzazioni internazionali, governative e non governative, aventi una missione educativa, e a tutti coloro che, a vario titolo, operano nel campo dell’educazione e della ricerca, rinnovo il mio incoraggiamento, affinché si possa giungere al traguardo di un’educazione «più aperta ed inclusiva, capace di ascolto paziente, di dialogo costruttivo e di mutua comprensione».[24] Mi auguro che questo invito, rivolto nell’ambito del Patto educativo globale, possa trovare ampia e variegata adesione.
9. Non c’è pace senza la cultura della cura
La cultura della cura, quale impegno comune, solidale e partecipativo per proteggere e promuovere la dignità e il bene di tutti, quale disposizione ad interessarsi, a prestare attenzione, alla compassione, alla riconciliazione e alla guarigione, al rispetto mutuo e all’accoglienza reciproca, costituisce una via privilegiata per la costruzione della pace. «In molte parti del mondo occorrono percorsi di pace che conducano a rimarginare le ferite, c’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia». [25]
In questo tempo, nel quale la barca dell’umanità, scossa dalla tempesta della crisi, procede faticosamente in cerca di un orizzonte più calmo e sereno, il timone della dignità della persona umana e la “bussola” dei principi sociali fondamentali ci possono permettere di navigare con una rotta sicura e comune. Come cristiani, teniamo lo sguardo rivolto alla Vergine Maria, Stella del mare e Madre della speranza. Tutti insieme collaboriamo per avanzare verso un nuovo orizzonte di amore e di pace, di fraternità e di solidarietà, di sostegno vicendevole e di accoglienza reciproca. Non cediamo alla tentazione di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli, non abituiamoci a voltare lo sguardo, [26] ma impegniamoci ogni giorno concretamente per «formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri».”.
***
Una Costituzione della Terra
La pandemia e il vaccino per tutti
La “grande crisi sanitaria del Covid - 19” a livello mondiale che ha segnato l’anno appena trascorso esige la cura per tutti e serve il vaccino pure per tutti. Il diritto umano universale alla salute ha bisogno di essere garantito.
Per la cura serve il vaccino per tutti, “come un bene comune, come l’aria, l’acqua, il sole. A questo dovrebbe provvedere una Costituzione della Terra; se ci fosse voluta ancora una prova per dimostrare quanto questo nuovo passo della civiltà e del diritto sia necessario ed urgente, la pandemia l’ha fornita”. (Newsletter n.27 del 30 dicembre 2020 - www.costituenteterra.it)5
 
Roma, 6 gennaio 2021
Raffaello Saffioti
Centro Gandhi – PALMI (RC)
raffaello.saffioti@gmail.com
 
NOTE
 
4 Trasmesso in live streaming il giorno 24 ott 2020 – www.youtube.com
5 Leggi: Raffaello Saffioti, “Rispondere all’Appello-Proposta ‘Per una Costituzione della Terra’ ‘Perché la storia continui’”, “il dialogo”, 5 gennaio 2020.



Mercoledì 06 Gennaio,2021 Ore: 21:23
 
 
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