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www.ildialogo.org GESU’ E L’IPOCRISIA DEI FARISEI<br />QUELLI CHE UCCISERO GESU’ E IL DESTINO DEI PROFETI<br />ALDO CAPITINI PAPA FRANCESCO E L’ORDINE DEI FRATI FRANCESCANI,di <strong>Raffaello Saffioti</strong>

GESU’ E L’IPOCRISIA DEI FARISEI
QUELLI CHE UCCISERO GESU’ E IL DESTINO DEI PROFETI
ALDO CAPITINI PAPA FRANCESCO E L’ORDINE DEI FRATI FRANCESCANI

di Raffaello Saffioti

L’invettiva di Gesù contro i Farisei

Dal Vangelo di Matteo 23, 27-38:
Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti! Perché siete simili a sepolcri imbiancati, i quali, visti di fuori, paiono splendidi, ma dentro son pieni d’ossa di morti e d’ogni putredine. Così anche voi, di fuori apparite giusti alla gente; ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità. Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti! che fabbricate sepolcri ai profeti e ornate le tombe dei giusti, e dite: - Se fossimo vissuti ai tempi dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti – Così voi attestate contro di voi di essere figli di coloro che uccisero i profeti. E voi colmate la misura dei padri vostri. Serpenti, razza di vipere! come scamperete alla condanna della Geenna? Perciò, ecco, io vi mando profeti e savi e Scribi, ma di questi alcuni li ucciderete e li metterete in croce, altri li flagellerete nelle vostre sinagoghe, e li perseguiterete di città in città; di modo che ricada sopra di voi tutto il sangue innocente sparso sulla terra, dal sangue del giusto Abele fino a quello di Zaccaria, figlio di Barachia, che voi uccideste fra il Tempio e l’altare”.
In verità vi dico: tutto ciò avverrà su questa generazione. Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte io ho voluto radunare i tuoi figli, come la gallina raduna i suoi pulcini sotto le ali, e non hai voluto! Ecco, la vostra casa vi sarà lasciata deserta; poiché io vi dico: non mi vedrete più, finché non diciate: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”.
Questo passo del Vangelo è venuto in mente dopo il sorvolo delle Frecce Tricolori su Assisi il 4 ottobre scorso e l’uso che ne hanno fatto l’11 ottobre successivo il francescano frate Enzo Fortunato e Flavio Lotti, organizzatori della Catena Perugia-Assisi.
Come non ricordare Aldo Capitini, ideatore e organizzatore della Prima Marcia della Pace Perugia-Assisi, del 24 settembre 1961?
Le Frecce Tricolori su Assisi e la croce” (vedi link)1
***
Conoscere e ricordare Aldo Capitini.
Da: Aldo Capitini, “Attraverso due terzi di secolo” (1968) 2
“Nel campo della nonviolenza, dal 1944 ad oggi, posso dire di aver fatto più di ogni altro in Italia. Ho approfondito in più libri gli aspetti teorici, ho organizzato convegni e conversazioni quasi ininterrottamente, ho lavorato per l’obbiezione di coscienza, ho promosso, attraverso il Centro di Perugia per la nonviolenza, convegni Oriente-Occidente, la Società vegetariana italiana, la Marcia della pace da Perugia ad Assisi del 24 settembre 1961, e poi il Movimento nonviolento per la pace e il periodico «Azione nonviolenta» che dirigo. Della Consulta italiana per la pace, una federazione di organizzazioni italiane per la pace sorta dopo la Marcia di Assisi, sono ancora il presidente. Sono, insomma, riuscito a far dare ampia cittadinanza, nel largo interesse per la pace, alla tematica nonviolenta. Come teoria e come proposte di lavoro, la nonviolenza in Italia ha una certa maturità. E qui, come dicevo, ho avuto più occasioni d’incontro che con la pura e semplice religione. In fondo, quando sono andato due volte a Barbiana, a parlare con Don Lorenzo Milani e la sua scuola, la discussione e l’esposizione non è stata altro che sulla nonviolenza, per la quale egli mi disse di convenire con me”.
Qual è il destino dei profeti?
Capitini è stato un profeta ed è la sua profezia che lo rende attuale.
Si dice che il destino dei profeti sia quello di essere incompresi, perseguitati e talvolta uccisi dai loro contemporanei, imbalsamati e riabilitati dai posteri. Ma imbalsamare i profeti e svuotarli della loro carica rivoluzionaria è come tradirli.
Rocco Altieri ha scritto in La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini (Pisa, Biblioteca Franco Segantini, 1998, p. 9:
“La dimensione religiosa è ciò che accomuna la prassi rivoluzionaria di tutti i grandi profeti della nonviolenza (Tolstoj, Gandhi, Capitini, Luther King), e volerla elidere porterebbe a uno snaturamento e a una riduzione della nonviolenza ad antimilitarismo, o a tecnica strumentale della politica per conseguire alcuni risultati”.
Ricordiamo l’epigrafe per la tomba di Capitini, dettata dal suo amico Walter Binni:
Libero religioso e rivoluzionario nonviolento”.
Capitini fu laico e religioso insieme. E fu l’opera Religione aperta, del 1955, a procurargli la condanna del 1956 del Sant’Uffizio, che inserì quell’opera nell’ “Indice dei libri proibiti”.
In una lettera a Walter Binni del 26 agosto 1967, Capitini scrisse:
“C’è il bisogno che si delinei in Italia una certa consistenza della scelta pura nonviolenta, dal basso e rivoluzionaria in religione (…) Il mio compito mi pare sia stato e sia questo (se ce la farò! Se no, faranno altri)”.
***
Quante furono le difficoltà, le incomprensioni, quanti gli ostacoli che incontrò Capitini nella fase preparatoria della Marcia! Soprattutto tra i partiti politici, le amministrazioni comunali, la Chiesa cattolica. Incredibile!
Per conoscere le origini e le ragioni della Marcia della Pace serve ed è da consigliare la lettura del libro di Capitini che la documenta, In cammino per la pace, edito da Einaudi nel 1962, ora in:
Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Perugia, Protagon, 1992.
Leggiamo in Scritti sulla nonviolenza, pp. 236-37:
“Le gerarchie ecclesiastiche avevano dato ordine al clero di non partecipare, e nelle chiese era stato detto che quella era una marcia comunista e paracomunista da evitare”.
Quella dei cartelli fu “certamente una questione spinosa”.
“Mi parve che fossero da chiarire soltanto dei limiti: nessun cartello di tono violento, nessuna scritta contro la Chiesa e contro correnti ideologiche partecipanti alla marcia (per evitare incidenti), controllo dei cartelli stessi. (…)
Se fossimo stati in molti pacifisti a preparare la marcia, avremmo avuto centinaia e migliaia di cartelli, ma eravamo sopraffatti dal lavoro, non avevamo tanti soldi; aggiungo che molti prendevano volentieri i cartelli preparati da noi, anche se prima non erano del nostro gruppo. Solo che molti di quelli che sono nostri amici, ma non si muovono, avessero creduto più in noi e ci avessero aiutato di più con l’attività e con i denari (l’avvertimento vale per sempre), e avremmo avuto tanti cartelli quanti e più di quelli esclusivamente ‘politici’, il cui elenco mi era stato sottoposto per l’approvazione”.
Perché Assisi?
“Ci sono state critiche e rifiuti perché la meta era Assisi, come se noi facessimo concessioni al potere cattolico o compromessi con la religione tradizionale. Collegare san Francesco e Gandhi (avvicinamento che in Oriente si fa molto spesso) voleva dire sceverare l’orientamento nonviolento e popolare dei due dalle circostanze e dagli atteggiamenti particolari; ed era anche uno stimolo a far penetrare nella religione tradizionale italiana, come è sentita dal popolo e soprattutto dalle donne, l’idea che la “santità” è anche fuori del crisma dell’autorità confessionale: la marcia doveva anche servire a questa “apertura” (e difatti il nostro Centro ha diffuso il giorno della marcia tremila copie di un numero unico su Gandhi); quando tra il popolo più umile, e tanto importante, dell’Italia si arrivasse a mettere il ritratto di Gandhi in chiesa tra i santi, avremmo quella riforma religiosa che l’Italia aspetta dal Millecento, da Gioacchino da Fiore”.
(Ivi, pp. 225-226)
***
Capitini nel ricordo di Danilo Dolci
“Non ammazzava una mosca / ma era veramente un rivoluzionario, / miope ma profeta”.
(Danilo DolciPoema umano, Einaudi, 1974, p. 188)
“Poiché era profondamente vivo – malgrado la sua salute tutt’altro che erculea – sapeva riconoscere in un evento, in una notizia, in un timbro, quanto era di autentico valore, o poteva divenirlo.
In questo senso, nella callosa distrazione dei più, era profeta. Ma anche in un altro senso – interdipendente – lo era: per il suo acuto avvertire la necessità di tutti, e identificarsene (l’aveva affinato attraverso una vita di impegno, osservazione, studio, meditazione), aveva una notevole capacità di giudizio e previsione negli eventi.
Il non accettare la realtà come è, era una sua enorme forza. (…) la sua netta non accettazione del male, della morte, e il bisogno di portare più in là i limiti dell’uomo, i limiti della realtà, di fatto lo ponevano a vivere già nel futuro: che dovrà, prima o poi, fare i conti con lui”.
(Danilo Dolci, “Luce di prospettive vastissime”, in Il messaggio di Aldo Capitini, a cura di Giovanni Cacioppo, Lacaita editore, 1977, p. 505)
***
L’idea profetica della “Marcia della Pace per la fratellanza dei popoli”, del 1961
I tempi in cui Capitini concepì l’idea della Marcia della Pace erano i tempi della “guerra fredda” e della divisione del mondo in due blocchi militari dell’Est e dell’Ovest, con la minaccia incombente di un conflitto atomico. Nei cinquant’anni che sono trascorsi i tempi sono molto cambiati, ma le guerre non sono scomparse e il titolo “Marcia della pace per la fratellanza dei popoli” è rivelatore della sua grande attualità.
Il Primo dei cinque “Principi” della “Mozione del popolo per la pace”, letta da Capitini dal palco sul prato della Rocca di Assisi, recitava:
“Nell’idea di “fratellanza dei popoli” si riassumono i problemi urgenti di questo tempo: il superamento dell’imperialismo, del razzismo, del colonialismo, dello sfruttamento: l’incontro dell’Occidente con l’Oriente asiatico e con i popoli africani che aspirano con impetuoso dinamismo all’indipendenza; la fratellanza degli europei con le popolazioni di colore; l’impianto di giganteschi piani di collaborazione culturale, tecnica, economica”.3
Le ultime parole profetiche di Capitini
Pochi giorni prima della morte, avvenuta il 19 ottobre 1968, nell’ultima “Lettera di religione” (la numero 63, col titolo “La forza preziosa dei piccoli gruppi”, del 6 ottobre 1968) Capitini scrisse:
“Le frontiere vanno superate, e la parola “straniero” è da considerare come appartenente al passato. Ogni comunità vive nell’orizzonte di tutti, e perciò non è troppo grande, ed è collegata con le altre federativamente. Ma se vi sono spostamenti di genti, esse non sono da sterminare, ma da accogliere, tenendo pronte strutture e provvedimenti che rendano possibile questa apertura”.
(Aldo Capitini, Il potere di tutti, La Nuova Italia, 1969, p. 446)
Come non essere colpiti oggi da queste parole, pensando al fenomeno tragico dei migranti che scappano dalla guerra, dalla fame, dalla tortura nei paesi africani, e trovano la morte nel Canale di Sicilia che diviene così la loro tomba?
La tensione profetica caratterizzò la vita e l’opera di Capitini, anche quella educativa.
Il tema del “maestro-profeta” lo troviamo anche nella Lettera ai giudici di don Milani. L’incontro di questi due educatori-profeti non fu certo casuale.
Capitini ha scritto come si è conclusa la Marcia del 1961.
Leggiamo in Scritti di Aldo Capitini, già citato:
“La marcia, accolta con tanto entusiasmo dai partecipanti e da tanti altri aderenti, ha provato che non bastano gli attuali organi di informazione e di espressione, che la gente voleva e vuol dire qualche cosa direttamente, ‘esprimere’, e se ciò è un rimprovero alle limitazioni e tendenziosità dei giornali e della radio, è anche un rafforzamento di quella opinione pubblica, che è la base della democrazia e che in Italia è alquanto incerta.
… C’è stato chi ha detto che la marcia Perugia-Assisi era così bella che è irripetibile. Ma come si potrebbe non correre il rischio di farne di meno belle se esse devono adempiere ad un compito importante?” (p. 241).
Dopo i saluti e i discorsi sul prato della Rocca, Capitini, prima di proporre all’approvazione dei convenuti una Mozione per la pace, chiese di fare due minuti di silenzio per ricordare i caduti in tutte le guerre e per causa delle guerre.
La Mozione si componeva di Cinque Principi e Dieci Applicazioni concrete che esprimevano la profezia della Marcia.
“Dopo la lettura e l’approvazione popolare della Mozione, Aldo Capitini invitò i convenuti a portare nelle loro case, a ricordo della giornata e degli amici e compagni intervenuti, i cartelli” (p. 246).
Gianni Rodari e la Marcia della Pace “Perugia-Assisi”
Gianni Rodari così descrive, quella storica giornata:
“… Settecento anni sono passati, da quando il più umile e il più grande figlio dell’Umbria, Francesco, lanciava da questi colli, all’Italia e al mondo, il suo messaggio di umana fratellanza, di amore per la vita e le sue creature… Si conclude ad Assisi, poco prima del tramonto, la Marcia della Fratellanza e della Pace: venti, trentamila persone sono partite stamattina da Perugia; hanno percorso a piedi i lunghi e faticosi chilometri che separano il capoluogo dell’Umbria verde dalla città di san Francesco… Il professor Aldo Capitini, che ha ideato e organizzato la marcia, prende la parola per primo: «Questa marcia – egli dice – era necessaria ed altre marce saranno necessarie nel nostro e negli altri paesi, per porre fine ai pericoli della guerra, per liberare i popoli dai mali dell’imperialismo, del colonialismo, del razzismo, dello sfruttamento economico» … c’è gente d’ogni condizione sociale; il deputato cammina fianco a fianco al mezzadro, lo scrittore famoso accanto al professionista, al contadino umbro, allo studente romano. Professori universitari, artisti, dirigenti sindacali si mescolano alle famiglie venute al completo, con la borsa per la merenda, alle ragazze in costume, agli sportivi. Vedremo apparire un grande ritratto di Lumumba, l’eroe dell’indipendenza congolese, tra quello di Dag Hammarskjold e quello di Gandhi, l’apostolo della nonviolenza… Il cielo umbro risponde con un azzurro sorriso. Due giovani e già famosi scrittori, Italo Calvio e Giovanni Arpino, aprono il corteo… Dopo cinque ore giunge ai piedi di Assisi; rimangono da affrontare gli ultimi chilometri fino alla Rocca, la salita stretta e ripidissima fra le antiche case. Il passo è sempre fermo e sicuro, ma più lento; quando la testa del corteo raggiungerà la cima della collina e l’ombra degli ulivi, la sua coda serpeggerà ancora lontano, in basso, nella dolce valle del Subasio…».
***
La riforma del ruolo del Papato e la riforma della Chiesa.
Il programma del pontificato di Papa Francesco nella Evangelii gaudium“Esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale”, del 24 novembre 2013.
In questo documento, pubblicato alla fine dell’anno della fede, Papa Francesco vuole “indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni”.
In esso leggiamo:
25. Non ignoro che oggi i documenti non destano lo stesso interesse che in altre epoche, e sono rapidamente dimenticati. Ciononostante, sottolineo che ciò che qui intendo esprimere ha un significato programmatico e dalle conseguenze importanti. Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una semplice «amministrazione».
Costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno «stato permanente di missione».
26. … Il Concilio Vaticano II ha presentato la conversione ecclesiale come l’apertura a una permanente riforma di sé per fedeltà a Gesù Cristo: «Ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in una accresciuta fedeltà alla sua vocazione […]. La Chiesa peregrinante verso la meta è chiamata da Cristo a questa continua riforma, di cui essa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno». Ci sono strutture ecclesiali che possono arrivare a condizionare un dinamismo evangelizzatore; ugualmente, le buone strutture servono quando c’è una vita che le anima, le sostiene e le giudica. Senza vita nuova e autentico spirito evangelico, senza ‘fedeltà della Chiesa alla propria vocazione’, qualsiasi nuova struttura si corrompe in poco tempo.
Un improrogabile rinnovamento ecclesiale
27. Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di ‘uscita’ e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia”.
La riforma del ruolo del Papato
32. Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare a una conversione del papato. A me spetta, come Vescovo di Roma, rimanere aperto ai suggerimenti orientati a un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione. […] Siamo avanzati poco in questo senso. Anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale hanno bisogno di ascoltare l’appello ad una conversione pastorale. Il Concilio Vaticano II ha affermato che, in modo analogo alle Chiese patriarcali, le Conferenze episcopali possono «portare un molteplice e fecondo contributo, acciocché il senso di collegialità si realizzi concretamente». Ma questo auspicio non si è pienamente realizzato, perché ancora non si è esplicitato sufficientemente uno statuto delle Conferenze episcopali che le concepisca come soggetti di attribuzioni concrete, includendo anche qualche autentica autorità dottrinale. Un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria”.
Modo d’intendere la Chiesa
L’annuncio del Vangelo”
I. Tutto il Popolo di Dio annuncia il Vangelo”
111. L’evangelizzazione è compito della Chiesa. Ma questo soggetto dell’evangelizzazione è ben più di una istituzione organica e gerarchica, poiché anzitutto è un popolo in cammino verso Dio. Si tratta certamente di un mistero che affonda le sue radici nella Trinità, ma che ha la sua concretezza storica in un popolo pellegrino ed evangelizzatore che trascende sempre ogni pur necessaria espressione istituzionale. Propongo di soffermarci un poco su questo modo d’intendere la Chiesa, che trova il suo ultimo fondamento nella libera e gratuita iniziativa di Dio”.
114. Essere Chiesa significa essere Popolo di Dio, in accordo con il grande progetto d’amore del Padre. Questo implica essere il fermento di Dio in mezzo all’umanità. Vuol dire annunciare e portare la salvezza di Dio in questo nostro mondo, che spesso si perde, che ha bisogno di avere risposte che incoraggino, che diano speranza, che diano nuovo vigore nel cammino. La Chiesa dev’essere il luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo”.
***
Dall’omelia di Papa Francesco nella Messa della prima Domenica della Parola (26 gennaio 2020):
Cominciamo dal Vangelo: teniamolo aperto sul comodino di casa, portiamolo in tasca con noi o nella borsa, visualizziamolo sul cellulare, lasciamo che ogni giorno ci ispiri. Scopriremo che Dio ci è vicino, che illumina le nostre tenebre, e che con amore conduce al largo la nostra vita”.
***
Il 4 ottobre 2020 e il 4 novembre 2020
Abbiamo visto il sorvolo delle Frecce Tricolori su Assisi il 4 ottobre, festa di San Francesco. E il 4 novembre su Roma per la Festa delle Forze Armate.
***
Tre frati francescani, provenienti da Assisi, ora nella Città del Vaticano:
Frate Enzo Fortunato, organizzatore con Flavio Lotti della Catena Parigi-Assisi, già Direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, è diventato Responsabile della Sala Stampa Vaticana.
Frate Giulio Cesareo, teologo, è dal 2017 Responsabile editoriale della Libreria Editrice Vaticana.
Il 18 ottobre 2020 nell’Angelus, Papa Francesco ha dato l’annuncio della nomina a cardinale, con altri, di Frate Mauro Gambetti, già Custode del Sacro Convento di Assisi.
E’ semplicistico pensare che la nomina a cardinale di frate Mauro Gambetti sia stato un semplice incidente di percorso, nel cammino di Papa Francesco.
Il Papa ha anche un ruolo di governo della Chiesa, come capo della istituzione che ha rapporti con la comunità politica.
La “questione romana” è stata risolta coi Patti Lateranensi del 1929 e i rapporti con lo Stato italiano sono regolati dal Concordato, pur riformato nel 1984.
Ma la Via della Conciliazione non è la Via della Croce.
***
Geremia 7, 1-11:
E’ vano confidare nel Tempio senza migliorare la propria condotta”
La parola del Signore fu rivolta a Geremia in questi termini: ‘Sta’ sulla porta del Tempio di Dio e là proclama quest’invito: Ascoltate le parole del Signore, voi tutti, o uomini di Giuda, che entrate per questa porta e venite a prostrarvi davanti al Signore. Così parla il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Migliorate i vostri costumi e le vostre opere e vi lascerò dimorare in questa terra. Non abbiate fiducia nelle assicurazioni menzognere, che vi danno, dicendo: Il Tempio del Signore, il Tempio del Signore, il Tempio del Signore è lì. Se voi migliorerete la vostra condotta e le vostre azioni, se amerete la giustizia fra voi e il prossimo, se non opprimerete lo straniero, l’orfano e la vedova; se non spargerete in questo luogo sangue innocente, se non andrete dietro a divinità straniere, per vostra sventura, allora vi farò dimorare in questo paese, nella terra che ho dato ai vostri padri già dai secoli passati e per i secoli futuri. (…) Come! Rubate, uccidete, commettete l’adulterio, giurate il falso, sacrificate a Baal, correte dietro a dèi stranieri che vi sono sconosciuti e poi venite a presentarvi davanti a me, in questa casa che porta il mio nome e dite: Eccoci al sicuro! Per continuare ancora a commettere tutte quelle abominazioni?’.
Ma ditemi: Ai vostri occhi è una spelonca di ladri questo Tempio che porta il mio nome? Anch’io lo vedo, - dice il Signore’.”.
***
Due domande conclusive, ricordando il Concilio Ecumenico Vaticano II
Prima domanda.
La novità del nome del Papa e gli atti che sono segni profetici del suo pontificato sono sufficienti per la riforma della Chiesa in senso evangelico?
Sul tema “La comunità politica e la Chiesa”, leggiamo nella Costituzione pastorale del Concilio Ecumenico Vaticano II “Gaudium et spes”, Parte II, Capitolo IV (7 dicembre 1965):
76. La comunità politica e la Chiesa”
È di grande importanza, soprattutto in una società pluralista, che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunità politica e la Chiesa e che si faccia una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in proprio nome, come cittadini, guidati dalla loro coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori.
La Chiesa che, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico, è insieme il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana.
La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio campo. Ma tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace, quanto più coltiveranno una sana collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo. L'uomo infatti non è limitato al solo orizzonte temporale, ma, vivendo nella storia umana, conserva integralmente la sua vocazione eterna.
Quanto alla Chiesa, fondata nell'amore del Redentore, essa contribuisce ad estendere il raggio d'azione della giustizia e dell'amore all'interno di ciascuna nazione e tra le nazioni. Predicando la verità evangelica e illuminando tutti i settori dell'attività umana con la sua dottrina e con la testimonianza resa dai cristiani, rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini.
Gli apostoli e i loro successori con i propri collaboratori, essendo inviati ad annunziare agli uomini il Cristo Salvatore del mondo, nell'esercizio del loro apostolato si appoggiano sulla potenza di Dio, che molto spesso manifesta la forza del Vangelo nella debolezza dei testimoni. Bisogna che tutti quelli che si dedicano al ministero della parola di Dio, utilizzino le vie e i mezzi propri del Vangelo, i quali differiscono in molti punti dai mezzi propri della città terrestre.
Certo, le cose terrene e quelle che, nella condizione umana, superano questo mondo, sono strettamente unite, e la Chiesa stessa si serve di strumenti temporali nella misura in cui la propria missione lo richiede. Tuttavia essa non pone la sua speranza nei privilegi offertigli dall'autorità civile. Anzi, essa rinunzierà all'esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso può far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero altre disposizioni.
Ma sempre e dovunque, e con vera libertà, è suo diritto predicare la fede e insegnare la propria dottrina sociale, esercitare senza ostacoli la propria missione tra gli uomini e dare il proprio giudizio morale, anche su cose che riguardano l'ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime. E farà questo utilizzando tutti e soli quei mezzi che sono conformi al Vangelo e in armonia col bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle situazioni.
Nella fedeltà del Vangelo e nello svolgimento della sua missione nel mondo, la Chiesa, che ha come compito di promuovere ed elevare tutto quello che di vero, buono e bello si trova nella comunità umana (164) rafforza la pace tra gli uomini a gloria di Dio (165)”.
Da sottolineare il seguente passo:
Tuttavia essa non pone la sua speranza nei privilegi offertigli dall'autorità civile. Anzi, essa rinunzierà all'esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso può far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero altre disposizioni.”
Seconda domanda.
Nel Pontificato di Papa Francesco ci sarà la rinuncia ai privilegi concordatari?
***
Roma, 7 novembre 2020
Raffaello Saffioti
Centro Gandhi – PALMI (RC)
raffaello.saffioti@gmail.com
 
NOTE
1 https://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/editoriali/autorivari_1603887055.htm
2 In: Aldo Capitini, La mia nascita è quando dico un tu, a cura di Lanfranco Binni e Marcello Rossi, Il Ponte Editore, Firenze, 2017, pp. 55-56.
3 In: Aldo Capitini, La mia nascita è quando dico un tu, cit., p. 115.



Sabato 07 Novembre,2020 Ore: 17:18
 
 
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Autore Città Giorno Ora
CENTRO GANDHI ONLUS Pisa 07/11/2020 20.34
Titolo:Severità religiosa per i  Francescani di Assisi e per Papa Francesco
Frutto di una lunga indagine sulle aperture riformatrici di Papa Francesco il saggio, ricco di citazioni, passa al vaglio l'operato concreto della Chiesa sul temma della  pace e individua alcune palesi inconguenze dovute a un retaggio concordatario ancora non superato. 
Autore Città Giorno Ora
CENTRO GANDHI ONLUS Pisa 09/11/2020 07.11
Titolo:No alla  religione concordataria: si abolisca l'istituto dei cappellani
Raffaello Saffioti di Palmi è rimasto nel panorama della nonviolenza italiana  uno dei pochi a denunciare instancabilmente, sulla scia di Capitini, l'eredità  della religione concordataria, con la nefasta commistione tra Stato e Chiesa. Dopo lo scandalo di Assisi, ampiamento documentato nel suo precedente articolo sulle Frecce tricolori, prosegue ora la  sua disamina del magistrero di Papa Francesco, ritenendo che il sorvolo degli aerei militari su Assisi il 4 ottobre con il beneplacito del Custode del Sacro convento, mons. Mauro Gambini, successivamemte elevato al soglio cardinalizio, non sia un semplice incidente, un errore di percorso, ma frutto di una concezione pervertita del cristianesimo, tuttora perdurante nella Chiesa romana, che ancora una volta si fa puntello della politica di potenza degli Stati, a sostegno  della guerra e dell'industria bellica. 
Come Capitini applicò a Giovanni XXIII la sua severità di giudizio, ritenendo ancora insufficiente il cambiamanto conciliare, lo stesso viene ora riproposto difronte alla Chiesa di Papa Francesco, perchè il suo benemerito proposito  riformatore non resti vano e senza frutti. Aver dichiarato come ha fatto Papa Francesco, anche nella sua ultima Enciciclica, che "la guerra è follia", non può più consentire la legittimazione della retorica militare, la propaganda bellica, la perdurante presenza nella Chiesa dei cappellani militari.   

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