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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org VOCE DI POPOLO, VOCE DI DIO<br />MA QUALE POPOLO? QUALE DIO?<br />QUALE CHIESA NEL PROGRAMMA DI PAPA FRANCESCO?,di Raffaello Saffioti

VOCE DI POPOLO, VOCE DI DIO
MA QUALE POPOLO? QUALE DIO?
QUALE CHIESA NEL PROGRAMMA DI PAPA FRANCESCO?

di Raffaello Saffioti

Pubblichiamo con grande piacere l'ultimo lavoro del nostro carissimo amico Raffaello Saffioti che continua a riflettere sul senso del pontificato di Papa Francesco, sviluppando e approfondendo quanto già scritto nei documenti precedenti, studiando, in prevalenza i testi che sono citati nel documento stesso.
Il tema centrale di questo nuovo documento è la teologia politica di Papa Francesco nel suo rapporto tra religione e politica. Nella seconda parte il documento assume un carattere interrogativo sulla riforma della Chiesa ribadendo il sostegno che abbiamo già dichiarato all'azione riformatrice di Papa Francesco. Grazie all'amico Raffaello per questo ulteriore suo sforzo di approfondimento.Per gli altri documenti di Raffaello Saffioti vedi la sezione Editoriali
Vox populi, vox Dei”
Vox populi, vox Dei” (Voce di popolo, voce di Dio) è una locuzione che risale al libro di Isaia (66,6):
“Uno strepito esce dalla città, un clamore viene dal tempio. E’ la voce del Signore, che dà la retribuzione ai suoi nemici”.
Ma la locuzione ha poi assunto un significato diverso.
Quale popolo? Quale Dio?
Serve richiamare la Lumen Gentium, costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Ecumenico Vaticano II, del 21 novembre 1964.
In essa si legge:
L'unico popolo di Dio è universale”
“13. Tutti gli uomini sono chiamati a formare il popolo di Dio. Perciò questo popolo, pur restando uno e unico, si deve estendere a tutto il mondo e a tutti i secoli, affinché si adempia l'intenzione della volontà di Dio, il quale in principio creò la natura umana una e volle infine radunare insieme i suoi figli dispersi (cfr. Gv 11,52). A questo scopo Dio mandò il Figlio suo, al quale conferì il dominio di tutte le cose (cfr. Eb 1,2), perché fosse maestro, re e sacerdote di tutti, capo del nuovo e universale popolo dei figli di Dio. Per questo infine Dio mandò lo Spirito del Figlio suo, Signore e vivificatore, il quale per tutta la Chiesa e per tutti e singoli i credenti è principio di associazione e di unità, nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere (cfr. At 2,42).
In tutte quindi le nazioni della terra è radicato un solo popolo di Dio, poiché di mezzo a tutte le stirpi egli prende i cittadini del suo regno non terreno ma celeste. E infatti tutti i fedeli sparsi per il mondo sono in comunione con gli altri nello Spirito Santo, e così «chi sta in Roma sa che gli Indi sono sue membra» [23]. Siccome dunque il regno di Cristo non è di questo mondo (cfr. Gv 18,36), la Chiesa, cioè il popolo di Dio, introducendo questo regno nulla sottrae al bene temporale di qualsiasi popolo, ma al contrario favorisce e accoglie tutte le ricchezze, le risorse e le forme di vita dei popoli in ciò che esse hanno di buono e accogliendole le purifica, le consolida ed eleva. Essa si ricorda infatti di dover far opera di raccolta con quel Re, al quale sono state date in eredità le genti (cfr. Sal 2,8), e nella cui città queste portano i loro doni e offerte (cfr. Sal 71 (72),10; Is 60,4-7). Questo carattere di universalità, che adorna e distingue il popolo di Dio è dono dello stesso Signore, e con esso la Chiesa cattolica efficacemente e senza soste tende a ricapitolare tutta l'umanità, con tutti i suoi beni, in Cristo capo, nell'unità dello Spirito di lui [24].
In virtù di questa cattolicità, le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, in modo che il tutto e le singole parti si accrescono per uno scambio mutuo universale e per uno sforzo comune verso la pienezza nell'unità. Ne consegue che il popolo di Dio non solo si raccoglie da diversi popoli, ma nel suo stesso interno si compone di funzioni diverse. Poiché fra i suoi membri c'è diversità sia per ufficio, essendo alcuni impegnati nel sacro ministero per il bene dei loro fratelli, sia per la condizione e modo di vita, dato che molti nello stato religioso, tendendo alla santità per una via più stretta, sono un esempio stimolante per i loro fratelli. Così pure esistono legittimamente in seno alla comunione della Chiesa, le Chiese particolari, con proprie tradizioni, rimanendo però integro il primato della cattedra di Pietro, la quale presiede alla comunione universale di carità [25], tutela le varietà legittime e insieme veglia affinché ciò che è particolare, non solo non pregiudichi l'unità, ma piuttosto la serva. E infine ne derivano, tra le diverse parti della Chiesa, vincoli di intima comunione circa i tesori spirituali, gli operai apostolici e le risorse materiali. I membri del popolo di Dio sono chiamati infatti a condividere i beni e anche alle singole Chiese si applicano le parole dell'Apostolo: «Da bravi amministratori della multiforme grazia di Dio, ognuno di voi metta a servizio degli altri il dono che ha ricevuto» (1 Pt 4,10).
Tutti gli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale; a questa unità in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia infine tutti gli uomini senza eccezione, che la grazia di Dio chiama alla salvezza”.
I non cristiani e la Chiesa”
“16. Infine, quanto a quelli che non hanno ancora ricevuto il Vangelo, anch'essi in vari modi sono ordinati al popolo di Dio [32]. In primo luogo quel popolo al quale furono dati i testamenti e le promesse e dal quale Cristo è nato secondo la carne (cfr. Rm 9,4-5), popolo molto amato in ragione della elezione, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (cfr. Rm 11,28-29). Ma il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale. Dio non e neppure lontano dagli altri che cercano il Dio ignoto nelle ombre e sotto le immagini, poiché egli dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa (cfr. At 1,7,25-26), e come Salvatore vuole che tutti gli uomini si salvino (cfr. 1 Tm 2,4). Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll'aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna [33]. Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta. Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo [34] e come dato da colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita. Ma molto spesso gli uomini, ingannati dal maligno, hanno errato nei loro ragionamenti e hanno scambiato la verità divina con la menzogna, servendo la creatura piuttosto che il Creatore (cfr. Rm 1,21 e 25), oppure, vivendo e morendo senza Dio in questo mondo, sono esposti alla disperazione finale. Perciò la Chiesa per promuovere la gloria di Dio e la salute di tutti costoro, memore del comando del Signore che dice: «Predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15), mette ogni cura nell'incoraggiare e sostenere le missioni”.
Raniero La Valle ha scritto:
Il popolo di Dio: la Chiesa o l’umanità stessa?”
“Nei testi del Concilio c’è un’ambivalenza, se non un’ambiguità: il popolo di Dio ora è particolare, e identificato con la Chiesa, ora è universale, e identificato con gli uomini tutti”.
E prosegue richiamando, oltre il n. 13 della Lumen gentium, la Evangelii gaudium di Papa Francesco.1
La novità di Papa Francesco nella scelta del nome
Dal discorso di Papa Francesco dopo la sua elezione ai rappresentanti dei media, nell’Aula Paolo VI il 16 marzo 2013:
Alcuni non sapevano perché il Vescovo di Roma ha voluto chiamarsi Francesco. Alcuni pensavano a Francesco Saverio, a Francesco di Sales, anche a Francesco d’Assisi. Io vi racconterò la storia. Nell’elezione, io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il Clero, il cardinale Claudio Hummes: un grande amico, un grande amico! Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, viene l’applauso consueto, perché è stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: “Non dimenticarti dei poveri!”. E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi. E’ per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? E’ l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero … Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”. 
Altro segno di novità di Papa Francesco: la scelta della dimora nella Domus Sanctae Marthae, anziché nell’appartamento papale del Palazzo Apostolico.
E nella cappella di Santa Marta che il Papa celebra la Messa, frequentata da ospiti e persone diverse e tiene l’omelia.
Ha scritto Raniero La Valle:
“Ed è lì che si dipana il suo discorso su Dio e progredisce il suo pontificato. […] sono meditazioni ad alta voce sulle Scritture che diventano pubbliche passando attraverso le coscienze, come faceva san Gregorio Magno con le sue «Omelie sui Vangeli» al popolo romano.
E’ questa la scelta che ha fatto Francesco: aprire il Vangelo e raccontarlo alla Chiesa. Ogni mattina, sette giorni alla settimana, trecentosessantacinque giorni all’anno. Come aveva detto papa Giovanni nel Giornale dell’anima: «Al di sopra di tutte le opinioni e i partiti che agitano e travagliano l’umanità intera, è il Vangelo che si leva; il papa lo legge e poi coi vescovi lo commenta». Francesco lo fa ogni mattina, e con quello governa la Chiesa e gli uomini. Parla con il Vangelo, ma non è fuori tema, entra nel merito”.2
Altro segno di novità: il programma del pontificato nella Evangelii gaudium, “Esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale”, del 24 novembre 2013.
In questo documento, pubblicato alla fine dell’anno della fede, Papa Francesco vuole “indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni”.
In essa leggiamo:
25. Non ignoro che oggi i documenti non destano lo stesso interesse che in altre epoche, e sono rapidamente dimenticati. Ciononostante, sottolineo che ciò che qui intendo esprimere ha un significato programmatico e dalle conseguenze importanti. Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una semplice «amministrazione».
Costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno «stato permanente di missione».
26. … Il Concilio Vaticano II ha presentato la conversione ecclesiale come l’apertura a una permanente riforma di sé per fedeltà a Gesù Cristo: «Ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in una accresciuta fedeltà alla sua vocazione […]. La Chiesa peregrinante verso la meta è chiamata da Cristo a questa continua riforma, di cui essa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno». Ci sono strutture ecclesiali che possono arrivare a condizionare un dinamismo evangelizzatore; ugualmente, le buone strutture servono quando c’è una vita che le anima, le sostiene e le giudica. Senza vita nuova e autentico spirito evangelico, senza ‘fedeltà della Chiesa alla propria vocazione’, qualsiasi nuova struttura si corrompe in poco tempo.
Un improrogabile rinnovamento ecclesiale
27. Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di ‘uscita’ e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia”.
La riforma del ruolo del Papato
32. Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare a una conversione del papato. A me spetta, come Vescovo di Roma, rimanere aperto ai suggerimenti orientati a un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione. […] Siamo avanzati poco in questo senso. Anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale hanno bisogno di ascoltare l’appello ad una conversione pastorale. Il Concilio Vaticano II ha affermato che, in modo analogo alle Chiese patriarcali, le Conferenze episcopali possono «portare un molteplice e fecondo contributo, acciocché il senso di collegialità si realizzi concretamente». Ma questo auspicio non si è pienamente realizzato, perché ancora non si è esplicitato sufficientemente uno statuto delle Conferenze episcopali che le concepisca come soggetti di attribuzioni concrete, includendo anche qualche autentica autorità dottrinale. Un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria”.
Modo d’intendere la Chiesa
L’annuncio del Vangelo”
I. Tutto il Popolo di Dio annuncia il Vangelo”
111. L’evangelizzazione è compito della Chiesa. Ma questo soggetto dell’evangelizzazione è ben più di una istituzione organica e gerarchica, poiché anzitutto è un popolo in cammino verso Dio. Si tratta certamente di un mistero che affonda le sue radici nella Trinità, ma che ha la sua concretezza storica in un popolo pellegrino ed evangelizzatore che trascende sempre ogni pur necessaria espressione istituzionale. Propongo di soffermarci un poco su questo modo d’intendere la Chiesa, che trova il suo ultimo fondamento nella libera e gratuita iniziativa di Dio”.
114. Essere Chiesa significa essere Popolo di Dio, in accordo con il grande progetto d’amore del Padre. Questo implica essere il fermento di Dio in mezzo all’umanità. Vuol dire annunciare e portare la salvezza di Dio in questo nostro mondo, che spesso si perde, che ha bisogno di avere risposte che incoraggino, che diano speranza, che diano nuovo vigore nel cammino. La Chiesa dev’essere il luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo”.
Dall’omelia di Papa Francesco nella Messa della prima Domenica della Parola (26 gennaio 2020):
Cominciamo dal Vangelo: teniamolo aperto sul comodino di casa, portiamolo in tasca con noi o nella borsa, visualizziamolo sul cellulare, lasciamo che ogni giorno ci ispiri. Scopriremo che Dio ci è vicino, che illumina le nostre tenebre, e che con amore conduce al largo la nostra vita”.
Religione e politica
Gli incontri di Papa Francesco coi movimenti popolari
Non era avvenuto per duemila anni”
Papa Francesco ebbe tre incontri coi movimenti popolari:
  • il primo, il 28 ottobre 2014, a Roma nell’Aula Vecchia del Sinodo;
  • il secondo, il 9 luglio 2015, in Bolivia a Santa Cruz de la Sierra;
  • il terzo, il 5 novembre 2016, a Roma nell’Aula Paolo VI.
Raniero La Valle ha scritto:
“Il discorso del papa nell’aula del Vecchio Sinodo si è concluso con un’investitura, che a questo punto non era più solo dei movimenti popolari, ma della Chiesa stessa e di tutti quelli che non riescono più a tollerare questo sistema e si spendono per un cambiamento. […] Ma certo l’evento che si è verificato in Vaticano il 28 ottobre 2014, nel cinquantesimo anniversario dell’elezione al pontificato di Giovanni XXIII, era fuori dell’ordinario. Ha detto Joao Pedro Stédile, […] uno dei principali organizzatori dell’incontro mondiale di Roma:«La cosa importante è la simbologia: in duemila anni nessun papa aveva mai organizzato una riunione di questo tipo con dei movimenti sociali»”.3
I tre discorsi di Papa Francesco ai movimenti popolari “sono una novità assoluta”.
Gianni La Bella ha scritto:
“La principale novità di Francesco non è costituita dalla sua provenienza extra-europea, ma dalla sua visione post-occidentale e dalla sua prospettiva mondialista e non globalista.
[…] La sua visione del mondo è al contempo integrata e pluralista. Bergoglio non vede il mondo come una piramide, come rappresentata dal pensiero marxista, e nemmeno come una sfera, suggerita dalla narrazione metaforica della globalizzazione liberale. La sua visione è articolata e ha come riferimento un mondo interconnesso, senza un centro dominante, in cui tutte le comunità umane sono limitrofe e periferiche. Il suo modello è com’è noto quello del poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità.
[…] Ciò che Bergoglio auspica è, in sintesi, la formulazione di un nuovo umanesimo, capace come lo fu il primo, quello del XV secolo, di aiutare l’umanità a vivere un passaggio d’epoca altrettanto radicale, quello dalla società moderna a quella post-moderna. Francesco ha aggiornato e approfondito il senso dell’opzione preferenziale per i poveri, affermando che questa non implica solo solidarizzare con loro, ma riconoscerli come soggetto sociale e politico, promuovendo la loro partecipazione attiva in tutti gli ambiti, accompagnandoli sempre, partendo dalla loro stessa realtà e mai da schemi ideologici astratti, operando in questo senso una rivisitazione profonda della dottrina sociale della Chiesa. I discorsi rivolti ai movimenti popolari sono un’enciclica a puntate, con cui Bergoglio ha scritto il nuovo manifesto della Rerum Novarum per il XXI secolo”.4
Raniero La Valle ha scritto:
Dallo sfruttamento all’esclusione”
“Mai, dopo la critica marxiana al capitalismo, era stata espressa un’opposizione così forte al sistema economico vigente, alla sua ideologia, alla sua matrice antropologica, anche se il nome con cui viene chiamato l’oggetto del rifiuto non è «il capitale», ma «il governo del denaro». Senonché la situazione non è più quella analizzata da Marx, è diventata ancora peggiore:« Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione» dice il papa «ma di qualcosa di nuovo»; si tratta dell’esclusione, e «con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nelle periferie, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono ‘sfruttati’ ma rifiuti, ‘avanzi’». E allora chi combatterà per la loro liberazione?”.5
Papa Francesco nel primo incontro ha detto:
Questo nostro incontro risponde a un anelito molto concreto, qualcosa che qualsiasi padre, qualsiasi madre, vuole per i propri figli […]: terra, casa e lavoro. E’ strano, ma se parlo di questo per alcuni il papa è comunista. Non si comprende che l’amore per i poveri è al centro del Vangelo. Terra, casa e lavoro, quello per cui voi lottate, sono diritti sacri. Esigere ciò non è affatto strano, è la dottrina sociale della Chiesa.
[…] Noi cristiani abbiamo qualcosa di molto bello, una linea di azione, un programma, potremmo dire, rivoluzionario. Vi raccomando vivamente di leggerlo, di leggere le beatitudini che sono contenute nel capitolo 5 di san Matteo e 6 di san Luca (cfr. Matteo 5,3 e Luca 6,20), e di leggere il passo di Matteo 25.6
[…] So che tra di voi ci sono persone di diverse religioni, mestieri, idee, culture, paesi e continenti. Oggi state praticando qui la cultura dell’incontro, così diversa dalla xenofobia, dalla discriminazione e dall’intolleranza che tanto spesso vediamo. Tra gli esclusi si produce questo incontro di culture dove l’insieme non annulla la particolarità. Perciò a me piace l’immagine del poliedro, una figura geometrica con molte facce diverse. Il poliedro riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso conservano l’originalità. Nulla si dissolve, nulla si distrugge, nulla si domina, tutto si integra, tutto si integra. Oggi state cercando la sintesi tra il locale e il globale.
[…] Siamo in questa sala, che è l’Aula Vecchia del Sinodo, ora ce n’è una nuova, e sinodo vuol dire proprio «camminare insieme»: che questo sia un simbolo del processo che avete iniziato e che state portando avanti!
I movimenti popolari esprimono la necessità urgente di rivitalizzare le nostre democrazie, tante volte dirottate da innumerevoli fattori. E’ impossibile immaginare un futuro per la società senza la partecipazione come protagoniste delle grandi maggioranze e questo protagonismo trascende i procedimenti logici della democrazia formale. La prospettiva di un mondo di pace e di giustizia durature ci chiede di superare l’assistenzialismo paternalista, esige da noi che creiamo nuove forme di partecipazione che includano i movimenti popolari e animino le strutture di governo locali, nazionali e internazionali con quel torrente di energia morale che nasce dal coinvolgimento degli esclusi nella costruzione del destino comune. E ciò con animo costruttivo, senza risentimento, con amore.
Vi accompagno di cuore in questo cammino”. 7
Per “l’annuncio del Vangelo” come “nuova evangelizzazione”: processo e durata
Dalla Evangelii gaudium:
“Il tempo è superiore allo spazio”
222. Vi è una tensione bipolare tra la pienezza e il limite. La pienezza provoca la volontà di possedere tutto e il limite è la parete che ci si pone davanti. Il ‘tempo’, considerato in senso ampio, fa riferimento alla pienezza come espressione dell’orizzonte che ci si apre dinanzi, e il momento è espressione del limite che si vive in uno spazio circoscritto. I cittadini vivono in tensione tra la congiuntura del momento e la luce del tempo, dell’orizzonte più grande, dell’utopia che ci apre al futuro come causa finale che attrae. Da qui emerge un primo principio per progredire nella costruzione di un popolo: il tempo è superiore allo spazio.
223. Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. […] E’ un invito ad assumere la tensione tra pienezza e limite, assegnando priorità al tempo. […] Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione. Significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli. Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce. Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci.
[…] 225. Questo criterio è molto appropriato anche per l’evangelizzazione, che richiede di tener presente l’orizzonte, di adottare i processi possibili e la strada lunga. Il Signore stesso nella sua vita terrena fece intendere molte volte ai suoi discepoli che vi erano cose che non potevano ancora comprendere e che era necessario attendere lo Spirito Santo (cfr. Gv 16, 12-13). La parabola del grano e della zizzania (cfr. Mt 13, 24-30) descrive un aspetto importante dell’evangelizzazione, che consiste nel mostrare come il nemico può occupare lo spazio del Regno e causare danno con la zizzania, ma è vinto dalla bontà del grano che si manifesta con il tempo”.
***
Per tornare alla fonte del Vangelo, e riformare la Chiesa, quanto tempo sarà necessario?
Il Vangelo non è stato tradito o distorto dalla Chiesa nella sua storia bimillenaria?
La Chiesa della Lumen gentium è istituzione gerarchica, maschilista e clericale: si può considerare evangelica?
Quanto tempo ci vorrà per renderla coerente coi principi evangelici della fraternità e dell’eguaglianza nei rapporti tra uomini e donne, tra clero e laicato?
Sul clericalismo Papa Francesco ha detto nell’incontro coi Gesuiti nel suo viaggio in Mozambico:
Il clericalismo è una vera perversione nella Chiesa. Il pastore ha la capacità di andare davanti al gregge per indicare la via, stare in mezzo al gregge per vedere cosa succede al suo interno, e anche stare dietro al gregge per assicurarsi che nessuno sia lasciato indietro. Il clericalismo invece pretende che il pastore stia sempre davanti, stabilisce una rotta, e punisce con la scomunica chi si allontana dal gregge. Insomma: è proprio l’opposto di quello che ha fatto Gesù. Il clericalismo condanna, separa, frusta, disprezza il popolo di Dio”.
Non dimentichiamo che il Papa non è solo il Capo, gerarchico-monarchico, della Chiesa cattolica, è anche il capo dello Stato della Città del Vaticano (SCV).
La Chiesa cattolica in Italia, nei rapporti con lo Stato italiano, gode di vari privilegi in forza del Concordato, in contraddizione non solo con il Vangelo, ma anche con la Costituzione.
Quanto tempo ci vorrà perché la Chiesa rinunci ai privilegi concordatari, come auspicato dal Concilio con la costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, del 7 dicembre 1965?
In essa è scritto:
Cap. IV – La vita della comunità politica”
76. La comunità politica e la Chiesa”
“È di grande importanza, soprattutto in una società pluralista, che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunità politica e la Chiesa e che si faccia una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in proprio nome, come cittadini, guidati dalla loro coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori.
[…] La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio campo. Ma tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace, quanto più coltiveranno una sana collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo. L'uomo infatti non è limitato al solo orizzonte temporale, ma, vivendo nella storia umana, conserva integralmente la sua vocazione eterna.
[…] Gli apostoli e i loro successori con i propri collaboratori, essendo inviati ad annunziare agli uomini il Cristo Salvatore del mondo, nell'esercizio del loro apostolato si appoggiano sulla potenza di Dio, che molto spesso manifesta la forza del Vangelo nella debolezza dei testimoni. Bisogna che tutti quelli che si dedicano al ministero della parola di Dio, utilizzino le vie e i mezzi propri del Vangelo, i quali differiscono in molti punti dai mezzi propri della città terrestre.
Certo, le cose terrene e quelle che, nella condizione umana, superano questo mondo, sono strettamente unite, e la Chiesa stessa si serve di strumenti temporali nella misura in cui la propria missione lo richiede. Tuttavia essa non pone la sua speranza nei privilegi offertigli dall'autorità civile. Anzi, essa rinunzierà all'esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso può far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero altre disposizioni.
Ma sempre e dovunque, e con vera libertà, è suo diritto predicare la fede e insegnare la propria dottrina sociale, esercitare senza ostacoli la propria missione tra gli uomini e dare il proprio giudizio morale, anche su cose che riguardano l'ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime. E farà questo utilizzando tutti e soli quei mezzi che sono conformi al Vangelo e in armonia col bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle situazioni”.
Comunità cristiane di base”: un “Comunicato” del 7 novembre 2015
“Fin dall’inizio del loro cammino, le Comunità di Base hanno ripetutamente denunciato la ricchezza delle strutture clericali e i privilegi concordatari tra i principali ostacoli all’azione di evangelizzazione della Chiesa cattolica.
Oggi perciò esse sono pienamente d’accordo con papa Francesco quando afferma che ‘il credente non può parlare di povertà e vivere da faraone’. Questo vale in particolare per coloro che hanno responsabilità nel governo della Chiesa e che, mentre il papa abita in forma semplice e austera a Santa Marta, continuano a praticare, accanto a lui, modi di vita principeschi e a vivere con stili di comportamento sfarzosi che tolgono credibilità a chi deve annunciare la parola del Signore.
Ma questo non deve valere solo per i singoli preti, vescovi, monsignori, cardinali.
E l’intera struttura vaticana che deve decidere di spogliarsi di una ricchezza scandalosa, spesso gestita a vantaggio di chi ne ha meno bisogno e in sinergia con potentati economici occulti. Che ha a che fare con il Vangelo di Gesù una Curia diventata struttura finanziaria di potere economico planetario dotata di patrimoni che le recenti inchieste dimostrano smisurati.
Ben venga dunque l’azione di bonifica e di trasparenza voluta da papa Francesco se essa prelude a una radicale conversione dell’intero apparato curiale vaticano e a un processo di liberazione anche della chiesa italiana da proprietà immobiliari e finanziarie che devono essere destinate al servizio dei poveri, sempre più numerosi anche nel nostro paese.
Solo così sarà efficace la insistente richiesta di maggiore giustizia sociale di papa Francesco, che gli ha alienato tanti benpensanti e che ha provocato irritazione, fastidio e scandalo fra i tanti impegnati a minarne la credibilità anche tra coloro che occupano i vertici della struttura ecclesiastica.
E ancor più importante diviene l’urgenza di una riforma profonda delle modalità di riscossione dell’8 X 1000 e della destinazione sociale, e non clericale, di questi cospicui fondi pagati dal popolo italiano.
Consapevoli dell’importanza storica dello scontro in atto nella Chiesa, è fondamentale, a nostro parere, non lasciare solo Papa Francesco e fare appello a tutto il Popolo di Dio perché faccia sentire la propria voce a favore della Chiesa delineata dal Concilio”.
“Segreteria Tecnica Nazionale”
Successivamente, nel XXXVI Incontro nazionale che ha avuto luogo a Verona, dal 23 al 25 aprile 2016, col titolo Vino Nuovo in otri vecchi: Novità e contraddizioni nelle comunità e nella società al tempo di Francesco”, hanno detto nel dibattito riportato dal mensile “Confronti”8:
“Non possiamo lasciare che il dibattito si monopolizzi e si appiattisca intorno alla figura di Francesco. Non basta un papa nuovo per cambiare la chiesa. Né i cambiamenti possono imporsi dall’alto, perché avrebbero vita breve. Dalla società nascono nuove emergenze: le migrazioni dei popoli, la crisi dei modelli rappresentativi delle democrazie occidentali, la crisi sulle grandi questioni etiche: l’eutanasia, la maternità surrogata, i limiti dell’obiezione di coscienza in campo medico e non solo”.
Noi Siamo Chiesa”
In occasione del 90° anniversario dei Patti Lateranensi (11 febbraio 2019), la Sezione italiana del Movimento internazionale Noi Siamo Chiesa (NSC) ha scritto per la modifica del Concordato:
“Siamo consapevoli che, per un verso, oggi parliamo nel deserto, ma per l’altro gettiamo semi per un futuro non prossimo. Quanto proponiamo è la raccolta di messaggi già espressi da noi in passato e suppone indirettamente un riconoscimento degli errori della Chiesa nel passato. Queste proposte concrete auspichiamo che siano almeno discusse. Siamo consapevoli che sono lente da accettare e ancor più da realizzare”:
Il Movimento, tra l’altro, ha proposto:
“l’insegnamento della religione cattolica, come attualmente regolamentata, si trasformi in insegnamento obbligatorio di storia delle religioni a gestione pubblica”;
“nelle università statali si aprano delle Facoltà di teologia e degli Istituti di Scienze Religiose”;
“invece di ostacolarla, si promuova in coerenza con la Costituzione una legge sulla libertà religiosa che dia dignità e diritti a tutte le confessioni religiose, ora sottoposte ancora alla normativa fascista”;
“da parte ecclesiale e da parte delle istituzioni si punti a una modifica del sistema dell’otto per mille che porti alla sua progressiva eliminazione nell’arco di dieci anni”.
“… È un programma di lungo periodo che esige una riforma interna alla Chiesa, che coinvolga le menti, le sensibilità e i comportamenti per avviare un percorso coraggioso, ma coerente con l’Evangelo. Gli appuntamenti con la storia bisogna saperli cogliere. Lo Spirito soffia in modo imprevisto e ora più di prima al di fuori delle ingessate strutture ereditate dal passato. Sì, perché una nuova Chiesa è possibile”.
Tra i privilegi, è da ricordare anche quello riguardante i cappellani militari, che sono inquadrati nelle Forze Armate, con i gradi e gli stipendi pagati dallo Stato. E’ da molti anni, ormai, che da varie parti nella Chiesa viene chiesta la smilitarizzazione.
Le donne e Francesco”
E’ il titolo del numero 85, di gennaio 2020, dell’inserto mensile “Donne Chiesa Mondo” dell’Osservatore Romano.
Due articoli significativi aprono e chiudono il numero:
  • “L’urgenza di superare una Chiesa monocolore”, di Stefania Falasca;
  • “Rompere il muro della diseguaglianza”, di Romilda Ferrauto, Adriana Masotti, Gudrun Sailer.
Stefania Falasca:
“Bisogna riconoscere che la questione femminile non è superficialmente di pari opportunità perché non nasce da una rivendicazione ma da una ricchezza da recuperare, quella di una Chiesa-comunione”
“La prospettiva aperta da Francesco presuppone che anche nella Chiesa certo maschilismo strisciante sia ‘sanato con il Vangelo’ E sia sanato il clericalismo che risponde a logiche di potere inteso come dominio”
“Il Sinodo sull’Amazzonia ha messo in asse come per il Papa nella questione delle donne passi una questione profondamente ecclesiale. Che è quella di una rinnovata consapevolezza ecclesiale”
Romilda Ferrauto, Adriana Masotti, Gudrun Sailer:
“Non di ordinazione sacerdotale c’è da parlare, ma dell’urgenza di rompere il muro della diseguaglianza fra donne e uomini nella Chiesa: E’ urgente suscitare un cambiamento profondo delle mentalità, ma ancora di più, come raccomanda Papa Francesco, sviluppare il concetto di reciprocità per vincere la subordinazione, promuovere la corresponsabilità, e il camminare insieme le une accanto agli altri.
Ha detto il Pontefice: L’alleanza dell’uomo e della donna è chiamata a prendere nelle sue mani la regia dell’intera società. Questo è un invito alla responsabilità per il mondo… e anche nella Chiesa”.
Sul tema-donna, dopo quanto Papa Francesco ha scritto nella Evangelii gaudium, dopo le sue successive e reiterate dichiarazioni, dopo il dibattito e le voci che si sono levate dall’interno stesso della Chiesa, quando avremo, almeno, un atto del magistero di Papa Francesco, che favorisca il processo di riforma della Chiesa?
L’abolizione dei titoli onorifici nella Chiesa”
Un documento del “Movimento per la Società di Giustizia e per la Speranza – Lecce”
“Pensiamo che bisognerebbe iniziare la riforma della Chiesa secondo il progetto e modello evangelico. E un primo passo semplice potrebbe essere l’abolizione dei titoli onorifici.
Così com’era stata prevista nel famoso Schema XIV del Concilio Vaticano II, proposto da cinquanta vescovi e condiviso da cinquecento, ma non accettato da papa Montini, e quindi non entrato nella discussione.
Il titolo Santità, che nella sua sostantivizzazione è quasi blasfemo, perché a rigore può dirsi solo di Dio.
I titoli Eminenza, Eccellenza, Monsignore, Reverendo o Reverendissimo.
Titoli che non rispondono certo al modello e progetto evangelico, alla semplicità del Cristo e della comunità apostolica; la cui prassi deve considerarsi non solo esemplare ma prescrittiva per la comunità ecclesiale che a quella apostolica è succeduta.
L’unico appellativo presente nella comunità apostolica è fratello, ed è il più significativo e profondo – la legge dell’amore che tutto comprende, la comunità fraterna.
Il titolo di padre, a rigore, è escluso dal Cristo.
Urge che la Chiesa, dopo due millenni, si conformi al progetto evangelico.
Lecce, ottobre 2016
Per il Movimento il Responsabile
Prof. Arrigo Colombo”
Per concludere
Papa Francesco va sostenuto nel suo programma di riforma, delineato nella Evangelii gaudium.
Possiamo comprendere quali siano i suoi i suoi avversari, dai quali si sente “assediato”, come disse nell’incontro privato con un gruppo di 24 gesuiti, il 5 settembre dell’anno scorso, durante il viaggio in Mozambico.
Ricordiamo l’Appello di Adolfo Pérez Esquivel, il Premio Nobel per la Pace argentino (pubblicato da “il dialogo” del 24 ottobre 2019).
In esso si legge:
“Papa Francesco segna un cammino chiaro e preciso: tornare alla fonte del Vangelo, alla spiritualità, all’impegno coi poveri e a porre l’‘Amore in azione’. Ci chiede ‘pregate per me’, perché conosce la responsabilità dell’essere il successore di Pietro, sa quali sono le sfide e sa che è necessario il dialogo e l’unità nella diversità. La Chiesa cammina per il mondo tra luci e ombre, angosce e speranze (GS, 1). Sappiamo che è sottomessa a conflitti e interessi politici, sociali ed economici di gruppi di potere che sono dentro e fuori dal Vaticano. Questi gruppi non sono disposti a perdere privilegi e spazi di potere e per questo portano avanti un’intensa campagna contro Papa Francesco. Papa Francesco ha assunto il proprio ruolo per affrontare e risolvere questi numerosi conflitti che vive la Chiesa nell’attualità”.
***
Roma, 7 febbraio 2020
Raffaello Saffioti
Centro Gandhi – PALMI (RC)
raffaello.saffioti@gmail.com

NOTE
1 RANIERO LA VALLE, Chi sono io, Francesco? Cronache di cose mai viste, Ponte alle Grazie, 2015, pp. 88-95.
2 RANIERO LA VALLE, Chi sono io, Francesco?, cit. p. 59.
3 RANIERO LA VALLE, Chi sono io, Francesco?, cit., pp. 142-143, 146.
4 GIANNI LA BELLA, Prefazione, in: Papa Francesco, Terra Casa Lavoro, Ponte alle Grazie, 2017, pp. 6, 12, 14.
5 RANIERO LA VALLE, Chi sono io, Francesco? Cronache di cose mai viste, cit., p. 55.
6 PAPA FRANCESCO nella “Catechesi sulle Beatitudini”, nell’udienza generale del 29 gennaio 2020, ha detto:
Iniziamo oggi una serie di catechesi sulle Beatitudini nel Vangelo di Matteo (5,1-11). Questo testo che apre il “Discorso della montagna” e che ha illuminato la vita dei credenti, anche di tanti non credenti. È difficile non essere toccati da queste parole di Gesù, ed è giusto il desiderio di capirle e di accoglierle sempre più pienamente. Le Beatitudini contengono la “carta d’identità” del cristiano - questa è la nostra carta d’identità -, perché delineano il volto di Gesù stesso, il suo stile di vita.
[…] Anzitutto è importante come avvenne la proclamazione di questo messaggio: Gesù, vedendo le folle che lo seguono, sale sul dolce pendio che circonda il lago di Galilea, si mette a sedere e, rivolgendosi ai discepoli, annuncia le Beatitudini. Dunque il messaggio è indirizzato ai discepoli, ma all’orizzonte ci sono le folle, cioè tutta l’umanità. È un messaggio per tutta l’umanità.
Inoltre, il “monte” rimanda al Sinai, dove Dio diede a Mosè i Comandamenti. Gesù inizia a insegnare una nuova legge: essere poveri, essere miti, essere misericordiosi… Questi “nuovi comandamenti” sono molto più che delle norme. Infatti, Gesù non impone niente, ma svela la via della felicità – la sua via – ripetendo otto volte la parola “beati”.
Ogni Beatitudine si compone di tre parti. Dapprima c’è sempre la parola “beati”; poi viene la situazione in cui si trovano i beati: la povertà di spirito, l’afflizione, la fame e la sete della giustizia, e via dicendo; infine c’è il motivo della beatitudine, introdotto dalla congiunzione “perché”: “Beati questi perché, beati coloro perché …” Così sono le otto Beatitudini e sarebbe bello impararle a memoria per ripeterle, per avere proprio nella mente e nel cuore questa legge che ci ha dato Gesù.
Facciamo attenzione a questo fatto: il motivo della beatitudine non è la situazione attuale ma la nuova condizione che i beati ricevono in dono da Dio: “perché di essi è il regno dei cieli”, “perché saranno consolati”, “perché erediteranno la terra”, e così via.
Nel terzo elemento, che è appunto il motivo della felicità, Gesù usa spesso un futuro passivo: “saranno consolati”, “riceveranno in eredità la terra”, “saranno saziati”, “saranno perdonati”, “saranno chiamati figli di Dio”.
Ma cosa vuol dire la parola “beato”? Perché ognuna delle otto Beatitudini incomincia con la parola “beato”? Il termine originale non indica uno che ha la pancia piena o se la passa bene, ma è una persona che è in una condizione di grazia, che progredisce nella grazia di Dio e che progredisce sulla strada di Dio: la pazienza, la povertà, il servizio agli altri, la consolazione … Coloro che progrediscono in queste cose sono felici e saranno beati. Dio, per donarsi a noi, sceglie spesso delle strade impensabili, magari quelle dei nostri limiti, delle nostre lacrime, delle nostre sconfitte. È la gioia pasquale di cui parlano i fratelli orientali, quella che ha le stimmate ma è viva, ha attraversato la morte e ha fatto esperienza della potenza di Dio. Le Beatitudini ti portano alla gioia, sempre; sono la strada per raggiungere la gioia. Ci farà bene prendere il Vangelo di Matteo oggi, capitolo quinto, versetto da uno a undici e leggere le Beatitudini - forse alcune volte in più, durante la settimana - per capire questa strada tanto bella, tanto sicura della felicità che il Signore ci propone”.
7 PAPA FRANCESCO, Terra Casa Lavoro, cit., pp. 18, 29-31.



Venerdì 07 Febbraio,2020 Ore: 15:02
 
 
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Autore Città Giorno Ora
CENTRO GANDHI ONLUS Pisa 07/2/2020 16.27
Titolo:La novità di Papa Francesco 
Una presentazione completa ed esuastiva della novità di Papa Francesco. Riuscirà il Papa a portare a compimento  la sua straordiraria opera di rinnovamento della Chiesa ? 
Un grazie sincero al grande sforzo realizzato da Raffaello, nonostante le indubbie difficoltà procurategli in questi giorni dall'operazione agli occhi

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