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www.ildialogo.org Il mio Amore un dì verrà…,di Daniela Zini

Il mio Amore un dì verrà…

NASCITA, VITA E MORTE DEL PRINCIPE AZZURRO


di Daniela Zini

Nelle fiabe di ieri e anche in molte di oggi emerge una figura che ha fatto e fa sognare milioni di donne: una creatura fantastica, bellissima, dotata di infinite virtù… e che non ha alcun corrispettivo nella realtà.


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a me

che non dico ti amo sovente, ma se lo dico è per sempre…

Che gli uomini non comprendano nulla della psicologia femminile è opinione di tutti gli iniziati a questa scienza, ma è stupefacente accorgersi quanto poco le stesse donne si conoscano. Tuttavia, la sorpresa deriva dall’ingenua convinzione che l’umanità conosca a fondo la propria anima. Conoscere e comprendere l’anima umana è il compito più difficile che possa presentarsi a una mente investigatrice. I più recenti sviluppi della psicologia dimostrano, sempre più chiaramente, non solo che non esistono formule semplici da cui si possa far derivare il mondo dell’anima, ma anche che non siamo ancora riusciti a delimitare, con sufficiente certezza, il campo dell’esperienza psichica. In verità, la psicologia scientifica, nonostante la sua immensa estensione in superficie, non ha neppure iniziato un processo di liberazione da quelle montagne di pregiudizi che sbarrano l’accesso alla conoscenza dell’anima nella sua verità. La psicologia, la più giovane delle scienze, è appena al principio del suo sviluppo e, pertanto, soffre di tutti quei disturbi infantili che hanno afflitto l’adolescenza delle altre scienze nel tardo Medioevo.

L’umanità sembra sia giunta a un punto in cui le interpretazioni, finora valide, non siano più sufficienti e l’uomo inizi a rendersi conto della presenza di un “ignoto”, il cui linguaggio non sia comprensibile. Noi viviamo in tempi in cui inizia a maturare la convinzione che il popolo, che vive dall’altro lato della montagna, non sia costituito soltanto da diavoli rossi, responsabili di tutti i mali. Un riflesso di questa profonda intuizione si può scorgere anche nelle relazioni tra i sessi: non siamo più tutti persuasi che “ogni bene è in me, ogni male in te”.

Le storie e i miti che ci vengono raccontati nell’infanzia sull’origine del mondo e del genere umano ci danno una visione generale della vita e del modo di condurci. È come se ci dicessero:

Così sono state poste in essere le cose, questa è la loro essenza e queste le loro relazioni.”

Questi racconti leggendari sono per la maggior parte antichi come l’uomo e il genere umano li ha uditi fino dall’infanzia. Il fatto che i punti di vista che esprimono siano, ancora oggi, in qualche modo validi, per noi, sta a indicare che debbano rappresentare qualcosa di profondamente radicato nella mente dell’uomo. L’uomo ha modificato e raffinato queste credenze in alcuni campi; in altri, rimangono forze che, dal profondo, determinano la sua condotta. Queste forze invisibili e sconosciute si manifestano, soprattutto, nell’atteggiamento generale dell’uomo verso la donna.

Secondo la Genesi “in principio Dio creò il cielo e la terra” con tutto ciò che contengono. L’apice della sua creazione fu il genere umano:

Poi Dio disse: “Facciamo l'uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra.” Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina.”

Genesi, 1, 26-27

Qui è espressa la credenza nell’origine divina della creazione, ma il racconto vuole affermare anche il fatto elementare che il genere umano sia, al tempo stesso, maschio e femmina. Il primo capitolo della Genesi ci dà, tuttavia, un’altra versione, che è, poi, quella più conosciuta, sulla creazione dell’uomo: è il racconto del sonno di Adamo e della creazione di Eva da una delle sue costole. La donna è concepita, qui, come una parte dell’uomo, ricavata dal suo fianco, senza che se ne accorga. È un mito, dunque, che rappresenta la donna come una parte inconscia dell’uomo, completamente dipendente da lui, senza uno spirito vivente e un’anima propria. Questo mito rappresenta un atteggiamento fondamentale dell’uomo verso la donna. Se il racconto fosse stato riferito da una donna, avremmo avuto una versione della creazione del tutto diversa…

Una volta, a esempio, in una scuola elementare fu dato un tema dal seguente titolo:

Narrate la creazione dell’uomo.”

Una bambina, che voi conoscete molto bene, scrisse:

Dio creò prima Adamo. Poi, guardandolo, si disse: “Credo che se provassi di nuovo potrei fare meglio.” Quindi, creò Eva.”

Una ingenua versione del mito, del tutto femminile!

In tempi, in cui la frequenza dei divorzi ha raggiunto un record e il problema dei rapporti tra i sessi genera crescente perplessità, un articolo come questo mi sembra di grandissimo aiuto. Senza dubbio, non fornisce ciò che tutti si aspettano, vale a dire una ricetta valida per ognuno, che risolva, in modo semplice e pratico, questo spaventoso complesso di questioni, cosicché non sia più necessario tormentarsi su di esse, ma dà, in larga misura, qualcosa di cui, oggi, si sente un grande bisogno: la comprensione.

Oggi, che i sostegni esterni, nei quali l’uomo aveva riposto la sua fede, sembrano vacillare, è tanto più necessaria una interiore certezza per sostenere ogni urto che possa venire dal di fuori. Le forze della decadenza si fanno sentire ovunque: il conto in banca non è più un pensiero rassicurante; troppo spesso, si costruisce una fortuna come un bambino costruisce un castello di sabbia prima del sopraggiungere della marea; ogni sicurezza esterna sembra compromessa.

Dove rifugiarsi?

L’uomo religioso, nei periodi oscuri, si è sempre rifugiato nel regno dello spirito, disprezzando i beni mondani. Ma questa fuga dal mondo non soddisfa l’uomo moderno che aspira a una vita più completa e piena sulla terra. Desidera realizzare la propria spiritualità durante la vita, piuttosto che in un problematico Aldilà. Anche, l’interesse esclusivo per il mondo esterno si è dimostrato tanto insoddisfacente quanto la sua rinuncia. Oggi, noi assistiamo al sorgere di un assai diverso metodo di valutazione, basato sulla comprensione psicologica della natura umana la quale, forse, può trovare in sé l’equilibrio tra i due estremi, il materialismo e la fuga dal mondo.

La comprensione è un bene inestimabile; ma per molti, in particolare per le donne, deve accompagnarsi a una pratica operante, se non si vuole vivere invano la propria vita. L’uomo crea l’idea e la donna la trasforma in realtà vivente.

A coloro che cercano una simile pratica di vita, dedico questo mio articolo.

Buon 2013 e… come terminano, per tradizione, le fiabe, possiate tutti vivere, per sempre, felici e contenti…

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Daniela

di

Daniela Zini

Quale donna non sogna il suo Principe Azzurro?

Noi non siamo più bambine e, tuttavia, confessiamolo, continuiamo ad attenderlo e a cantare:

Il mio Amore un dì verrà… [http:]”

Ma il Principe Azzurro esiste veramente?

Dalla nostra infanzia, non sentiamo parlare che di lui.

È lui, che sveglia la Bella addormentata nel bosco, è lui, che salva Biancaneve dalla morte. È lui, che appare, con la sua immagine levigata e irreprensibile, dappertutto: sui muri delle città, nelle pubblicità televisive, nei romanzi rosa, sulle riviste patinate…

Ma ciò che ci stupisce, è che nessuno degli uomini che incontriamo gli somigli!

È difficile scardinare dalla mente stereotipi che hanno strutturato e nutrito l’immaginario fino dalla nostra più tenera infanzia!

Tuttavia, anche se il sogno del Principe Azzurro può apparire universale, la sua immagine è ben lungi dall’essere stereotipata e si adatta all’inconscio di ogni donna.

Oggi, in tempi di femminismo sempre più maturo, in cui le donne sempre più aprono gli occhi e guardano in faccia la realtà, sono, sempre meno, quelle che sono disposte a credere nelle favole, consapevoli che dagli uomini possono attendersi, forse, una modesta protezione, talvolta, uno scarso aiuto, spesso, molti guai.

Insomma questo mitico Principe Azzurro che, infilandoci al dito l’anello nuziale, ha il potere magico di fare di noi delle “vere donne”, sta stendendo le cuoia.

Pace all’anima sua!

Ma quando è nato questo Principe?

Chi lo ha inventato?

Molti, ignorando ciò che al riguardo ha scritto il noto psicologo Bruno Bettelheim [1903-1990], si affretteranno a rispondere:

Lo hanno inventato i fratelli Grimm.”;

Niente affatto!”,

replicheranno altri,

L’autore è Giambattista Basile [1566-1632], quello del Pentamerone, o semmai Hans Christian Andersen [1805-1875].”

Ma, a questo punto, si leverà la voce autorevole del Signor Sotutto che sentenzierà:

Charles Perrault [1628-1703] è l’autore e l’inventore del Principe Azzurro, prova ne sia che fu lui, tra il 1628 e il 1703 a scrivere, pare per divertire il Re Sole fanciullo, La Bella addormentata nel bosco, Biancaneve e tante altre splendide fiabe.”

E sbaglia due volte: in primis, perché, al tempo di Perrault, il Principe Azzurro era, già, vecchio decrepito, dopo aver vissuto in racconti anonimi, tramandati, per secoli, di generazione in generazione. In secundis, perché molte favole di Perrault, in realtà, furono scritte, e prima di lui, da una donna, sua nipote Mademoiselle Marie-Jeanne L’Héritier de Villandon [1664-1734]. L’editore stimò opportuno pubblicarle con la firma del celebre zio e aveva le sue buone ragioni.

In un’epoca, in cui le donne contavano zero ed erano considerate macchine buone al più per cucinare, pulire la casa, procreare e allevare figli, chi avrebbe mai preso sul serio e acquistato un libro scritto da una donna?

Quanto all’antichissima origine del Principe Azzurro e della fiaba in genere, è proprio Mademoiselle Lhéritier, la nipote di Perrault, che ne informa le sue contemporanee, scrivendo:

Non metto in dubbio che questo racconto [Finetta, N.d.R.] sia alquanto famoso, ma non so se siate informate di ciò che la tradizione riferisce sulla sua antichità. Si tramanda che i trovatori o narratori di Provenza avessero inventato Finetta molto prima che Abelardo o il celebre Thibaud, conte di Champagne, dessero alla luce i loro romanzi.”

Inoltre, nel suo racconto La gatta bianca, Madame Marie-Catherine, baronessa d’Aulnoy, nata Le Jumel de Barneville [1650-1705], descrive un castello, sulle cui pareti di porcellana sono raffigurate le famose avventure di Pelle d’Asino, di Finetta, del Melarancio, di Graziosa e della Bella addormentata nel bosco.

Mademoiselle Lhéritier non fu l’unica donna, in quel periodo, a scrivere fiabe e racconti di Fate, ovviamente pullulanti di Principi di tutti i colori; vi erano anche Madame d’Aulnoy, Madame de Murat, Henriette-Julie de Castelnau, [1670-1716], Mademoiselle Charlotte-Rose de Caumont La Force [1650-1724] e Madame Jeanne-Marie Leprince de Beaumont nata Vaimboult [1711-1780], tutte donne colte, “preziose” che, poi, in parte, Molière [1622-1673], mise in ridicolo in una sua celebre commedia [non a caso, appuntando i suoi strali sulle donne “preziose” e trascurando di fare altrettanto con gli uomini altrettanto “preziosi”, che, altrettanto, appartenevano a quella scuola letteraria francese].

Queste autrici di fiabe furono donne colte, che, più o meno, ruotarono intorno alla corte del Re Sole, e i loro racconti ne portano i chiari riflessi, sia nelle lunghe, pressoché ossessionanti descrizioni di costumi fastosissimi, grondanti oro, perle e pietre preziose nonché piume rare, sia nelle non infrequenti critiche alla corruzione, che a corte imperava.

Madame d’Aulnoy, normanna, fu la più prolifica di queste narratrici e anche la più dotata. Trovò, come le altre, del resto, fonte di ispirazione nelle sue personali sventure. Maritata a quindici anni, per volere della famiglia, con un uomo tre volte più vecchio di lei, sopportò il ruolo dell’angelo del focolare fino a quando restò vedova. E, in quel momento, iniziò a vivere la sua vera vita. Si stabilì in un convento, dove fu, finalmente, libera di esprimere quanto voleva: in tredici anni, scrisse ventisei volumi.

Madame de Murat disse di lei:

Non ci si annoiava mai in sua compagnia… Scriveva come faccio io, per fantasia, in mezzo al frastuono e a tutta la gente che la andava a trovare.”

Va detto che, a quel tempo, i conventi non somigliavano, esattamente, a carceri, e, certamente, erano luoghi, in cui le donne potevano vivere meglio che nelle case di origine o di spose.

Anche Mademoiselle de la Force era una donna dell’alta società e scrisse, anche lei, per rifarsi della durezza della sua esistenza di donna: la sua vita fu “una costrizione perpetua” e ne evadeva solo scrivendo fiabe, fiabe così belle che furono definite “fiabe più fiabe delle altre”.

Opere indubbiamente interessanti, queste favole scritte da donne e non solo per la particolare ricchezza di fantasia e di inventiva delle autrici, ma anche perché, in vari modi, rispecchiano la condizione femminile, del tempo. A esempio, la bellezza aveva una importanza immensa ed era, sempre, sinonimo di bontà.

E non meravigli!

Mai come allora una donna veniva venduta bene, sul mercato del matrimonio, solo – quando non vi era una buona dote – se era bella. In questi racconti, il Principe Azzurro costituiva lo scopo supremo cui la donna tendeva con tutte le sue forze. L’amore era, sempre e soltanto, sinonimo di matrimonio; in molti casi, lei amava lui, ma gli resisteva fuggendolo, perché ne temeva la volubilità in quel secolo di farfalloni, particolarmente, virulenti. Queste dame, deluse dal matrimonio, non ebbero, dunque, la forza necessaria per denunciare altrimenti l’imbroglio che il matrimonio celava, ma difesero l’amore, anzi l’AMORE, questo sì. E ciò ha la sua grande importanza, poiché, come la storia di Madame d’Aulnoy insegna, una ragazza non aveva nessuna possibilità di scegliere e sposare, liberamente, l’uomo del quale si fosse, per caso, innamorata. In questo mare, talvolta, di stucchevoli descrizioni di meraviglie, di fate, di cocchi, di abiti splendidi e di gioielli a pioggia, troviamo segni che rivelano le pieghe segrete dell’animo femminile, ottima materia di studio per gli analisti, che volessero prendersi la pena di studiare a fondo questi racconti. Solo dalle pesanti repressioni, che le donne subivano, potevano, a esempio, avere origine certe fantasie sadiche, quali quelle, descritte in una di queste fiabe, in cui Principi, trasformati, per magia, in gatti, sono appesi al soffitto per la coda, con, a un palmo dai loro baffi, grossi topi, i quali non sono che Principesse condannate a vivere, per un certo numero di secoli, in quella forma, inchiodate al un tavolo, con, anche loro, a breve, ma irraggiungibile distanza, grossi pezzi di formaggio sotto il naso.

Sadismo, dunque, presente in dosi maggiori, si direbbe, di quanto le fiabe siano solite propinarne. Vi troviamo madri e padri sadici, quali il padre di Graziosa che, vedovo, sposa una orrenda megera, per amore del suo danaro, e abbandona la sua propria figlia ai perversi maltrattamenti della matrigna. Le matrigne, inutile dirlo, sono tutte sadiche e altrettanto pessime e nefaste sono, spesso, anche zie, sorelle, sorellastre e affini.

Insomma, traspare quale inferno dovesse essere la vita delle donne, se, come ci narrano, neppure la protezione delle Fate bastasse, giacché vi era, sempre, qualche altra Fata più potente e più cattiva da qualche altra parte.

Così, nel finale di Graziosa e Persinetto, di Madame d’Aulnoy, al matrimonio dei due:

Da mille leghe intorno arrivarono tutte le Fate in sontuosi equipaggi: alcune in cocchi tirati da cigni, altre da draghi, trasportate sulle nuvole, o anche in globi di fuoco. Venne perfino quella che aveva aiutato Brontolona a tormentare Graziosa; quando la riconobbe rimase di stucco per la sorpresa e la scongiurò di voler dimenticare quel che era accaduto, dicendole che avrebbe cercato, in ogni modo, di riparare tutti i mali che le aveva fatto soffrire. Sta di fatto che non osò partecipare al banchetto e, risalita sul suo cocchio tirato da due orribili serpenti, volò al palazzo del padre di Graziosa, vi cercò Brontolona e le tirò il collo senza che le sue guardie e le sue ancelle potessero impedirglielo.”

Non abbiamo mai incontrato il Principe Azzurro?

Non sentiamoci disperate per questo.

È normale essere esigenti e non concedersi al primo venuto.

Tuttavia, se iniziamo ad averne abbastanza della condizione di single e sentiamo che è tempo di incontrare qualcuno, mettiamo in campo tutte le nostre chances per trovare il Principe Azzurro.

Soprattutto, non attendiamolo passivamente.

Attendiamo, forse, il Principe Azzurro, ma non siamo chiuse in una torre!

Come lo immaginiamo, questo Principe Azzurro?

Naturalmente, lo immaginiamo, raramente, con una spada e su un cavallo bianco!

L’immagine del Principe Azzurro evolve con il tempo e si è, se non altro, modernizzata.

Al di là del suo aspetto fisico, che si immagina perfetto ai nostri occhi, il Principe Azzurro deve possedere qualità morali essenziali per riuscire a conquistare il cuore delle donne. Per alcune, il partner ideale è, innanzitutto, qualcuno di leale, di onesto, di intelligente e di sincero. Per altre, può, al contrario, avere l’immagine di un avventuriero ed essere un amante appassionato e pieno di sorprese.

Intelligenza, bellezza, carattere, charme, sex-appeal, lealtà, empatia, tenerezza, humour, la lista delle caratteristiche del Principe Azzurro può divenire ben lunga!

Prestante, occhi azzurri o neri, di una sincerità assoluta, in piena forma, sempre pronto per l’avventura o per la vita familiare semplice, si prenderà cura di noi, asciugherà le nostre lacrime, ci difenderà contro il mondo intero, se occorre.

Forse, lo riveleremo a se stesso!

Fino ad allora, svolazzava di donna in donna?

Con noi, eccolo pronto a impegnarsi seriamente!

Méfions-nous des images d'Epinal!

Seriamente!

Crediamo, davvero, che lo stesso uomo standard convenga a tutte?

Queste belle immagini, di cui noi sogniamo tutte, sono artificiali!

L’uomo ideale e l’uomo reale fanno 2!

In verità, noi abbiamo, proprio, dimenticato un dettaglio: un uomo, non è solo una figura di cera che si modella a volontà. È, innanzitutto, un corpo vivo, che si trasforma, nel corso dei giorni e degli anni, che ha un odore, una barba che spunta e che punge, che perde i capelli e che, talvolta, ha desideri e bisogni dei più fisici.

Questo uomo, di cui noi sogniamo tanto, lo abbiamo mai immaginato stanco o di cattivo umore, dopo una giornata estenuante?

E, poi, crediamo si possa essere il Principe Azzurro di una Principessa che non è, neppure lei, sempre Rosa?

Perché riconosciamolo, anche noi, abbiamo i nostri umori, i nostri momenti di egoismo, i nostri scoraggiamenti, le nostre impennate!

Allora, vogliamo, realmente, incontrare il Principe Azzurro?

Il Principe Azzurro è, certamente, un bell’ideale, ma, in fondo, in una relazione, amiamo l’Altro per ciò che è e lo accettiamo con le sue qualità e i suoi difetti.

L’uomo che cerchiamo non ha, certo, bisogno di essere perfetto per piacerci!

Allora, non inganniamoci!

Non rigettiamo tutti gli altri uomini, con il pretesto che non somigliano all’uomo ideale. Giorno verrà che uno di loro, semplicemente perché sarà innamorato di noi e noi di lui, inizierà a somigliare, terribilmente, all’uomo dei nostri sogni, con una qualità in più: esisterà!

Stretta è la soglia, larga è la via, dite la vostra che ho detto la mia…

Assunta Daniela Veruschka Zini

Copyright © 1° gennaio 2013 ADZ




Venerdì 04 Gennaio,2013 Ore: 16:54
 
 
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