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www.ildialogo.org NORIMBERGA: LA STORIA E LE PECULIARITA' DI UN GRANDE PROCESSO DELLA STORIA,a cura di Carlo Castellini

NORIMBERGA: LA STORIA E LE PECULIARITA' DI UN GRANDE PROCESSO DELLA STORIA

IL MALE SOTTO ACCUSA, ROBERTO SCEVOLA, PREFAZIONE DI PIER LUIGI BATTISTA, CORRIERE DELLA SERA, A CURA DI CARLO CASTELLINI. COLLANA I GRANDI PROCESSI DELLA STORIA DI BARBARA BISCOTTI, LUIGI GAROFALO, ROBERTO SCEVOLA.


a cura di Carlo Castellini

CHI E' BARBARA BISCOTTI?
E' una storica dei diritti dell'antichità. Attualmente insegna Diritto romano e Storia del Diritto romano presso l'Università di Milano-Bicocca (Dipartimento di Girispudenza) e Istituzioni di Diritto romano presso l'Accademia degliallievi ufficiali della Guardia di Finanza a Bergamo. E' autrice di numerosi saggi e monografie in ema di Diritto pubblico e privato antico, anche in una prospettiva storico-comparatistica.
CHI E' LUIGI GAROFALO?
Insegna Diritto romano e Fondamenti del Diritto europeo presso l'Università di Padova.Autore di saggi e volumi che ruotano intorno al diritto antico e vigente, spaziando talora nell'arte e nella filosofia, dirige varie collane, tra le quali “L'arte del diritto”, e “Imago iuris”. Fa parte della Real Academia de Jiurisprudencia y Legislacion di Spagna e di altre istituzioni di alta cultura.
CHI E' ROBERTO SCEVOLA?
Docente di diritto romano presso l'Università di Padova, è laureato in Scienze politiche, Giurisprudenza e Storia, nonché dottore di ricerca. Autore di numerose pubblicazioni, ha trascorso lunghi soggiorni di studio a Monaco di Baviera,
L'ARGOMENTO IN QUESTIONE.
Il processo di NORIMBERGA ai criminali nazisti, è stato uno spartiacque non solo nella storia del Novecento, ma in quella di tutt'intera l'umanità, messa al cospetto di atrocità inenarrabili. E' il pregio fondamentale della ricostruzione che ne fa ROBERTO SCEVOLA, è di averci restituito ogni dettaglio nel suo racconto, senza omettere neanche un particolare, per rendere la complessità, l'atmosfera morale, e persino le ombre di una vicenda che eccede la normalità di altri processi meno sovraccarichi di significato e di epocalità.
C'è dentro, all'indomani dell'apocalittica sconfitta della GERMANIA hitleriana, tra i cumuli di macerie delle città tedesche e la montagna di cadaveri che ancora ne appesta l'aria, la CACCIA AI GERARCHI responsabili dello sterminio, quelli più importanti, anche dopo il suicidio di ADOLF HITLER e di JOSEPH GOEBBELS.
C'è la SCELTA DELLA CITTA' dove tenere il processo, in uno dei pochi edifici rimasti integri in Germania, in quella stessa NORIMBERGA che aveva conosciuto le grandi liturgie di massa in cui il regime aveva specchiato la sua forza schiacciante e dove vennero messe a punto le leggi per la persecuzione degli Ebrei.
C'è la composizione faticosa della G I U R I A , dei membri dell'ACCUSA e anche della DIFESA. C i sono le CELLE che dovranno ospitare per mesi e mesi, per tutta la durata del processo, i criminali messi alla sbarra e gli ALBERGHI DISSESTATI che dovranno ospitare le forze di sicurezza, gli studi di avvocati e giudici, le schiere di giornalisti, i testimoni, il pubblico.
I PARTICOLARI DELLA PREPARAZIONE.
C'è la problematica formulazione degli stessi CAPI DI IMPUTAZIONE. Ci sono le diverse fasi del DIBATTIMENTO, i volti di tutti i protagonisti principali: la baldanza luciferina di HERMANN GORING che riuscirà a scampare alla forca ingerendo una capsula di cianuro poche ore prima dell'esecuzione; la lucida e studiata follia di RUDOLF HESS; la “banalità del male di ALBERT SPEER, il grande architetto regista delle parate e dell'urbanistica del Terzo Reich che aveva venduto la sua anima a HITLER; il grottesco rituale esibizionistico di HANS FRANK, il “boia di Cracovia”, l'uomo che fu tra i demiurghi del sistema assassino di AUSCHWITZ-BIRKENAU, di TREBLINKA, di CHELMNO, di SOBIBOR e di tutti i lager dello sterminio, il feroce persecutore che voleva distruggere con “nessuna commiserazione gli Ebrei ovunque li troviamo”.
C'è lo sgomento di fronte alle immagini che dimostrarono il vertice di CRUDELTA' E DI SADISMO che i NAZISTI vollero raggiungere con fanatica spietatezza nell'annientamento del GHETTO EBRAICO DI VARSAVIA. C'è JOACHIM VON RIBBENTROP, che impazzisce alla lettura del verdetto che lo condanna a morte e che viene soccorso dai medici per placare la crisi isterica. C'è addirittura la preparazione a LONDRA, in un “laboratorio specializzato, di undici eleganti corde di canapa, ricoperte in parte di pelle scamosciata per renderle più scorrevoli”.
E poi la designazione del BOIA, il maresciallo statunitense JOHN C. WOODS. E infine i momenti immediatamente precedenti all'esecuzione dei condannati a morte: prelevati dalle celle, portati in una palestra, obbligati a salire tredici gradini prima di raggiungere il patibolo, dire nome e cognome, pronunciare una frase di addio prima che il cappio si stringa attorno al collo.
Questo il racconto, narrato attraverso una miriade di flash che danno al lettore la sensazione di stare proprio lì, grazie ad un resoconto minuzioso, ma sempre animato dal pathos di chi sta assistendo, sia pure attraverso i documenti, ad un evento di portata storica universale.
INTERROGATIVI DEL PROCESSO SU CHE COSA?
Ma il Processo di Norimberga suscitò interrogativi, controversie e polemiche che il racconto di Scevola non minimizza e anzi spiega nei suoi aspetti anche più appassionanti dal punto di vista etico e giuridico. Interrogativi sulla opportunità stessa di tenere un processo. E chi ha avuto modo di vedere un film straordinario come VINCITORI E VINTI, di STANLEY KRAMER, con un cast eccezionale formato da SPENCER TRACY, MAXIMILIAM SCHELL, MONGOMERY CLIFT, BURT LANCASTER, RICHARD WIDMARK ha potuto capire e decifrare i tormenti di uomini e giuristi saldamente ancora ti ai valori della democrazia, dell'umanesimo, dello Stato di diritto, di basico ma indispensabile sentimento della giustizia diverso dall'accanimento contro il vinto,e che pure dovevano svolgere un ruolo così importante per la storia umana come la punizione esemplare di criminali,che avevano oltrepassato ogni soglia di ordinaria PIETAS, non con irrazionale brutalità animalesca, ma sulla base di un PROGETTO CONSAPEVOLE DI STERMINIO E DI ANNIENTAMENTO DI INTERI POPOLI.
I SOVIETICI, per esempio, volevano che si optasse per un'esecuzione di massa dei GERARCHI FASCISTI, attuata attraverso delle condanne sommarie, senza nemmeno la forma di un processo ”giusto”: esattamente la replica della giustizia sommaria con cui nell'URSS di STALIN (ma prima di lui anche di LENIN), venivano annichilite migliaia e centinaia di migliaia di persone innocenti. E fu con notevole fatica che AMERICANI E INGLESI, riuscirono a imporre le procedure e i metodi di un processo basato sulle forme, le leggi, i crimini del diritto moderno.
Poi emerse il tema della LEGITTIMITA' stessa del collegio giudicante dei vincitori, dei titoli morali oltre che legali in senso stretto con cui le potenze si arrogavano il diritto di giudicare le colpe altrui, cancellando così le eventuali responsabilità storiche dei singoli giudici. E anche in questo caso la presenza dell'Unione sovietica pose problemi di coerenza per chi nel proprio territorio aveva promosso lo sterminio di interi gruppi sociali come i KULAKI, condannati non per quello che avevano concretamente fatto per il fatto stesso di esistere, e adesso era chiamata a giudicare crimini altrui, addossando ai vinti, nell'istruttoria di Norimberga, persino la colpa del massacro di migliaia di UFFICIALI POLACCHI nella foresta di KATYN, responsabilità degli stessi sovietici. Senza considerare il tocco di assurdo sfiorato dalla presenza nel banco degli imputati di RIBBENTROP, l'allora ministro degli Esteri hitleriano che nel 1939 aveva siglato assieme al suo omologo sovietico MOLOTOV i protocolli segreti di un patto di spartizione tra URSS e GERMANIA che durò per quasi due anni, fino alla scelta di HITLER di invadere l'Unione Sovietica nel giugno del 1941 e che ora veniva giudicato per i suoi crimini proprio da un giudice vicino a Molotov.
E poi, questione suprema, affiorò il tema della possibilità stessa di giudicare un imputato secondo un principio di retroattività sconosciuto in tutti i sistemi giuridici fondati sul motto classico NULLA POENA SINE LEGE, nessuna pena senza una legge, che fosse in vigore al momento in cui si suppone sia stato commesso un reato.
Ma la nozione di CRMINI CONTRO L'UMANITA', diversi da ogni altro crimine condotto in tempo di guerra e ben conosciuto dalla storia, diede la possibilità di stabilire una “prima volta” anche nel sistema giuridico internazionale, contribuendo a dare una piattaforma di norme alla nuova stagione delle Nazioni Unite.
Senza considerare inoltre che proprio il carico di significati morali connesso al giudizio di Norimberga non avrebbe potuto che produrre un risultato scontato, perchè una SENTENZA di ASSOLUZIONE sarebbe inevitabilmente apparsa come un'ASSOLUZIONE per tutta l'esperienza nazista: ma un processo con un esito obbligato che processo giusto è mai?
I GIUDICI erano perfettamente consapevoli dell'insieme di problemi e di contraddizioni che il PROCESSO DI NORIMBERGA suscitava come prova indesiderata della provvidenza di un GIUSTIZIA DEI VINCITORI, e lo stesso procuratore nella sua Requisitoria, ebbe a dire con grande onestà intellettuale: “Se voi, Signori della Corte, doveste dire che questi uomini non sono colpevoli, sarebbe come dire che non c'è stata una guerra, non ci sono i cadaveri, non c'è stato delitto”.
Un OBBLIGO MORALE prima ancora che GIURIDICO.
Una prima volta che metterà il suo marchio sulla storia a venire.
Uno spartiacque, appunto, nella storia dell'umanità. (PIERLUIGI BATTISTA, a cura di Carlo Castellini).



Sabato 03 Agosto,2019 Ore: 07:17
 
 
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