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www.ildialogo.org IL LIBRO DELL'INCONTRO; VITTIME E RESPONSABILI DELLA LOTTA ARMATA A CONFRONTO; A CURA DI GUIDO BERTAGNA, ADOLFO CERETTI, CLAUDIA MAZZUCATO, ED. IL SAGGIATORE, 2017,A CURA CARLO CASTELLINI

IL LIBRO DELL'INCONTRO; VITTIME E RESPONSABILI DELLA LOTTA ARMATA A CONFRONTO; A CURA DI GUIDO BERTAGNA, ADOLFO CERETTI, CLAUDIA MAZZUCATO, ED. IL SAGGIATORE, 2017

A CURA CARLO CASTELLINI

CHI E' GUIDO BERTAGNA?
È gesuita, e ha compiuto studi di arte e teologia. Dal 1997 al 2009 ha lavorato al Centro Culturale San Fedele e nel carcere di San Vittore. Collabora a itinerari di giustizia riparativa e prosegue la sua attività come scultore e pittore.
CHI E' ADOLFO CERETTI?
E' professore ordinario di criminologia all'università Milano-Bicocca. Tra i suoi libri ricordiamo COSMOLOGIE VIOLENTE (Cortina, 2009; con L. Natali) e OLTRE LA PAURA (Feltrinelli 2013; con R. CORNELLI).
CHI E' CLAUDIA MAZZUCATO?
E' professore associato di Diritto penale all'Università Cattolica, dove coordina le ricerche su “GIUSTIZIA RIPARATIVA e GIUSTIZIA E LETTERATURA, del Centro Studi FEDERICO STELLA sulla Giustizia Penale e la Politica criminale.
P R O L O G O.
I libri, tutto sommato, sono delle promesse.
Questo libro promette un “incontro difficile”, che forse alcuni riterranno impensabile, altri indigesto, altri ancora scandaloso. La promessa, in qualunque modo il lettore riterrà legittimo definirla, non verrà disattesa. Nelle diverse parti di cui si compone – un libro “tradizionale” corredato da un e-book di materiali aggiuntivi -, quest'opera racconta degli incontri avvenuti, nell'arco di oltre sette anni, tra alcune vittime (e loro familiari)e alcuni responsabili della lotta armata che ha segnata l'Italia negli anni settanta e ottanta del secolo scorso.
Le forme più radicali e cruente di lotta politica si sono manifestate toccando “nodi cruciali” per la convivenza civile in uno stato di diritto: da un lato il rapporto tra l'azione politica e la legge; dall'altro la relazione - da sempre storicamente e filosoficamente molto controversa – ora gesto di DIFESA e gesto di OFFESA, tra iniziativa di autotutela e iniziativa di aggressione , tra resistenza passiva e strategia di attacco nel perseguire i propri obiettivi strategici e politici.
Questo periodo rappresenta nella “, nella storia della nazione, nelle sue memorie, nella sua coscienza, un fatto (…) che ha cambiato nel profondo la nostra giustizia, la nostra democrazia”.
E che ancora fa sentire i suoi effetti in termini di ferite, divisioni non composte e ancora tanto dolore.
All'interno della grande STORIA, le storie personali ci chi h scelto la lotta armata e di chi ne ha subito le conseguenze esprimono molti altri “nodi cruciali”, non meno rilevanti per la convivenza civile. Il tema della giustizia unisce le due dimensioni , pubblica e personale: è prevalentemente attorno a questo problema – la domanda di giustizia e le risposte all'ingiustizia – che si è concentrato il lavoro narrato in queste pagine.
Per ragioni estremamente complesse, nell'arco dei decenni i protagonisti di questi tragici eventi, hanno avuto solo sporadiche occasioni per potersi incontrare o non hanno potuto incontrarsi affatto. La mancanza di possibilità e proposte, di uno spazio e di un tempo in cui una rilettura profonda di quegli anni potesse realizzarsi attraverso una necessaria polifonia di voci, non ha certo favorito avvicinamenti e possibilità di contatto tra le parti.
Poi le cose, sono andate per alcuni, in modo diverso. Noi raccontiamo di questo incontro, ad un certo punto divenuto possibile; un incontro che, nel nostro caso si è ben presto esteso oltre il cerchio immediato delle persone direttamente coinvolte nei fatti di quegli anni per abbracciarne uno più ampio, composto di persone (di cittadini) di diversa età e provenienza, primi testimoni del cammino compiuto.
Il libro che avete tra le mani allarga ulteriormente il cerchio, includendo i lettori, a cui rivolge l'invito – scomodo ma, appunto, promettente – di entrare a far parte della storia “aperta” dell'incontro accaduto, computo ma non concluso.
Di questo incontro noi tre siamo stati mediatori, ma gli artefici e i protagonisti sono decine di uomini e donne incommensurabili tra loro e quanto mai diversi. Siamo perfettamente consapevoli che le parole scritte non saranno mai capaci di descrivere pienamente e tanto meno di spiegare quanto tra noi tutti è realmente avvenuto.
Occorrerebbe invece immergersi nelle voci e nei silenzi, ritrovare le lacrime e le risate, i luoghi e i “climi”, interiori ed esteriori, dei momenti trascorsi assieme; soprattutto occorrerebbe restituire la potenza dei volti e degli sguardi di chi ha partecipato nell'istante stesso dell'incontro.
Senza questa dimensione “in presa diretta”, senza questa esperienza, è certo molto difficile comprendere fino in fondo chi siamo, come abbiamo proceduto, e, soprattutto le ragioni per cui abbiamo deciso di continuare ad incontrarci, senza interruzioni, per oltre sette anni. Si tratta di un tempo considerevole, sotto ogni profilo – nella vita di qualsiasi persona. E' un tempo che nessuno di noi aveva scelto e pensato, all'inizio, come necessario o adeguato per compiere l'itinerario, che, al contrario, è da subito apparso privo di tappe e obiettivi prestabiliti.
A tenerci uniti è stato sempre e solo un impegno reciproco, sorretto da una tenace motivazione personale, che non di rado ci ha sorpreso. Abbiamo così mosso i primi passi del nostro esodo: all'inizio sapevamo unicamente con chi e da che cosa volevamo fuggire. Detto senza paura: dall'idea, di cui abbiamo costatato il fallimento che un'esperienza di giustizia significhi per i responsabili soltanto “pagare” le proprie con anni di carcere; e per le vittime e i loro parenti trovare invece conforto e soddisfazione , in primo luogo, nell'espiazione di quella pena.
Al di là di questa certezza “in negativo” - maturata per esperienza di vita prima che corroborata da teorie o da indicazioni costituzionali -, sostenere che avevamo in mente una meta da raggiungere, una terra promessa da conquistare, sarebbe falso.
Il nostro proposito era, ed è tuttora, quello di compiere un tragitto insieme, noi mediatori “nel mezzo”, tra persone che avevano subito un male terribile e chi quel male lo aveva causato, tutti uniti da qualcosa di tanto misterioso, , e per molti versi inspiegabile, quanto forte, ineludibile, decisivo: la domanda, o la ricerca, di giustizia. Durante questo percorso abbiamo incontrato quesiti, domande, nodi che solo l'”altro difficile” avrebbe potuto sciogliere, e dubbi che solo la fiducia proprio nell'”altro difficile” avrebbe potuto dissipare. E così è stato.
Nessuna vetta è stata conquistata, nessun traguardo è stato tagliato. Ma il tragitto compiuto insieme da questo gruppo, nato in sostanza in modo spontaneo, ci ha da subito rapiti dai mondi che abitavamo, ci ha ri-direzionati, ci ha radicalmente trasformati.
Il tempo del quale si parla nel libro è un tempo che ha assunto, nelle vite di ciascuno di noi, una sua autonoma pulsazione. Quasi sospeso, eppure al centro delle esistenze, di chi, a mano a mano. Entrava nel Gruppo. (Guido Bertagna, Adolfo Ceretti, Claudia Mazzucato, a cura di Carlo Castellini)
LA TESTIMONIANZA DI AGNESE MORO.
“Prima di mettermi a scrivere la lettera per voi ex ho voluto ritornare per un momento all'origine di tutto questo.
Volevo essere certa di non avere dimenticato, di non avere annacquato il passato e quello che è successo a mio padre.. Così ho riletto il referto della susa autopsia, perché è quel corpo – sono quei corpi – l'unico fatto inequivocabile, e, in maniera scarna e definitiva, la nostra realtà. Ho riletto, e pensato tanto, ai quindici minuti che gli sono rimasti da vivere dopo i vostri spari., o che gli sono serviti per morire. Leggendo mi sono chiesta che cosa fosse successo in quei minuti; se avete aspettato che morisse per trasportarlo, o , se è morto “cullato” dal movimento della. Ho ricordato che la feritina a mezzaluna, lì dove gli mancava un pezzetto di pollice portato via da una pallottola, ma anche il suo volto assolutamente sereno. Ho pensato a qualche altra cosa che mi ha ferita, come l'inutile cattiveria di averci privato delle sue parole di addio per dodici anni, anni nei quali, nelle nostre vite è successo di tutto.Dopo queste letture e dopo questi ricordi, sono stata davvero sicura di non avere annacquato nulla; che il mio cammino verso di voi – come il vostro verso di noi -è stato fatto senza semplificare, e senza mettere niente tra parentesi. (AGNESE MORO).
LA TESTIMONIANZA DI ADRIANA FARANDA.
“Abbiamo già percorso molti tratti di strada insieme, abbiamo vissuto con sofferenza e fatica momenti Ma abbiamo vissuto anche, con gratitudine e stupore momenti di serenità, di commozione, di conoscenza profonda, di aiuto e affetto reciproco, di gioia, di intimità, di ricerca comune.
Voi ci avete accolti, confortati persino, strattonati quando era giusto e ci avete mostrato perfino a che punto eravamo stati ciechi e crudeli. Ci avete insegnato molto, ci avete stupiti, commossi, ci avete messi fino in fondo in discussione, e ci avete spaccati in mille pezzi, ma ci avete testo sempre la mano. Non mi sono mai sentita sola”. (ADRIANA FARANDA), a cura di Carlo Castellini.



Venerdì 10 Maggio,2019 Ore: 21:36
 
 
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