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www.ildialogo.org UN SOMARELLO E LA SUA STORIA,di Franco Casati

UN SOMARELLO E LA SUA STORIA

di Franco Casati

La mia conoscenza e frequentazione con don Ferdinando Rancan, sacerdote veronese ( Tregnago,14 giugno1926- Verona,10 gennaio2017), è sempre stata segnata da un profondo senso di rispetto e quasi di timore, di fronte a una persona che dallo sguardo e dal perpetuo sorriso emanava la presenza di una spiritualità forte e intensa, di una purezza nel corpo e nell’anima che metteva a dura prova la mia natura sensuale. Fortuna che da parte sua non è mai venuta meno la fiducia di poter coinvolgere anche me nelle spire del suo pensiero ispirato al trascendente. A un anno circa dalla sua scomparsa è uscita in questi giorni, postuma per suo stesso desiderio, l’autobiografia’ UN SOMARELLO E LA SUA STORIA’ edita da Verona Fedele Editrice. Nel leggerla è stato come se avessi scoperto una persona affatto diversa da quella che avevo conosciuto (una sorta di angelo caduto dal cielo) trovando invece un uomo di sofferenza, un tenace combattente per la fede, uno che procede quasi alla cieca fidando esclusivamente sul progetto di Dio, la cui presenza egli percepiva fin dalla più giovane età. Una vita contrassegnata fin da bambino dalla malattia, che lo ha visto come paziente fra cliniche e ospedali, dalla morte del padre all’ età di due anni e mezzo, da una vita di duro lavoro e di stenti portata avanti dalla madre rimasta precocemente vedova con due figli da crescere, dagli studi nel Seminario Vescovile di Verona che vide bruscamente interrotti, alla soglia dell’Ordinazione come suddiacono, dal suo Vescovo che lo giudicò ancora immaturo, dopo avere ascoltato alcune poesie che egli stesso gli aveva dedicato. Ma egli ebbe la forza di superare tutti questi ostacoli pienamente convinto che facessero parte di un disegno di Dio che a lui non era ancora dato di conoscere. Fu così che, anni dopo, nel 1953, fu ‘riabilitato’ dallo stesso Vescovo mons. Girolamo Cardinale che lo ordinò sacerdote, mentre nel 1955 conseguì la laurea in Scienze Naturali presso La Sapienza di Roma. Da allora in avanti la sua vita si divise fra l’insegnamento e l’impegno di Parroco, nonché l’attività di apostolato nell’ambito dell’Opus Dei della quale fu il primo testimone a Verona, dopo essere entrato in contatto, a Roma, con il suo fondatore Josemaria Escrivà.
Fu amante della natura, in particolare della montagna (nonché della bicicletta); uno scrittore fecondo e un sensibile e moderno poeta. Cito soltanto alcune fra le sue opere, che ho avuto modo di leggere negli anni: ‘Il tempo e l’eternità. Riflessioni sulla vita’ Edizioni Futuro, Verona 1995. ‘Fiori di melograno. Poesie’ Società Editrice Athesis, Verona 1999. ‘In quella casa c’ero anch’io. C’è un posto anche per te nella vita di Gesù’ Edit. Fede & Cultura, Verona 2005. Opere, queste parziali da me citate, che hanno avuto un’importanza rilevante nel mio personale cammino di fede.
Già dal titolo dell’ autobiografia si capisce come don Ferdinando Rancan altro non si considerasse che un modesto ausilio dell’opera redentrice del Cristo, del quale si caricava il peso come un umile somarello. Egli trovò nell’Opus Dei uno spirito di azione a lui congeniale nella diffusione della parola del Vangelo e, soprattutto, nell’applicazione della sua dottrina nella vita ordinaria e in ogni genere di ambiente. A tale scopo a Verona fondò dei centro-studi assai frequentati, dove tuttavia si dimostrò come un sacerdote portato più all’ascolto che alla parola. Forse poté colmare quel vuoto lasciato nella sua vita dalla prematura scomparsa del padre affidando tutto se stesso alla grande figura carismatica di Josemaria Escrivà, al punto che questi divenne per lui come il ‘Padre’ spirituale, sentendosi con lui in una vera comunione di santi.
Di questa autobiografia postuma, ricca di umanità e di fede, per dare voce al suo autore, voglio citare una pagina dove don Ferdinando racconta in un modo del tutto naturale come egli prese coscienza della prima Persona della Santissima Trinità:
“ Fu durante il mio soggiorno estivo in Val di Fassa. Stavo salendo da Soraga a Sameda, un piccolo insediamento a mezza costa nella valle, ed ero immerso nei miei pensieri quando, improvvisamente, mi si rivelò nell’intimo dell’ anima la prima Persona della Santissima Trinità. Fino ad allora il centro della mia devozione era stata la Persona di Gesù, la sua figura, la sua vita, la sua presenza così vicina nell’Eucaristia. La Persona del Padre, pur presente, era però rimasta nella sua infinita trascendenza; sentivo il Padre come esterno alla mia persona, circondato dal nimbo della sua onnipotenza e gloria. Lo sentivo, sì, come Padre e mi consideravo figlio suo, ma senza quell’intimità profonda che elimina ogni distanza e ogni mediazione tra l’Amante e l’amato. In quel momento sentii spegnersi in me ogni moto e ogni attività dell’anima, la quale non poté fare altro che lasciarsi afferrare da questa presenza che la inondava di pace e di silenzio. Fu come un lampo di luce che squarciava gli orizzonti abituali dell’anima e apriva davanti a me nuove profondità del mistero di Dio.
In questa luce vidi con evidenza nuova il mio essere creatura, creatura piccola che nulla poteva dare perché tutto aveva ricevuto, germogliata come un dono nelle mani onnipotenti di Dio Padre. Mani grandi e forti ma calde di tenerezza e di amore paterno, mani che mi avvolgevano come un grembo dove creatura e Creatore non avevano bisogno di parole per dirsi ‘meus es tu’” (op. cit, pagg. 279, 280).
Altre epifanie precedono questa nel libro, in riferimento al Sacro Cuore di Gesù e alla presenza protettrice della Madonna, al suo sguardo di compassione. La testimonianza postuma che ci ha lasciato don Ferdinando Rancan è come un raggio di luce che illumina la strada di chi si trova ancora nel buio della vita.
Ho goduto del privilegio di avere avuto don Ferdinando come insegnante di religione al liceo scientifico: ricordo la sua affabilità verso noi studenti, il tratto gentile nel porgerci la parola, la dialettica convincente con la quale sapeva rispondere alle nostre obiezioni. Negli anni seguenti sono andato spesso a trovarlo nella sua casa lungo il fiume Adige, che cinge nel suo meandro il centro storico di Verona, dal cui balcone egli poteva ammirarne il panorama e, ogni mattina, rivolgere a tutta la Diocesi la sua personale benedizione. Sottoponevo alla sua attenzione i miei primi modesti scritti letterari, ricevendone in cambio un sorriso di incoraggiamento e di paterna comprensione con lusinghiere parole, senza sospettare quanto fosse costata a lui la vocazione poetica ai fini della sua aspirazione sacerdotale.
Franco Casati



Sabato 26 Gennaio,2019 Ore: 11:46
 
 
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