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www.ildialogo.org IL CROCEFISSO “SIMBOLO DI UGUAGLIANZA”,di Sebastiano Saglimbeni

IL CROCEFISSO “SIMBOLO DI UGUAGLIANZA”

di Sebastiano Saglimbeni

Crocifissione (Antonello da Messina Anversa)

Apprendiamo dalla storia antica che circa seimila uomini, al seguito dello schiavo ribelle Spartaco, vincitore, ma sconfitto per sempre dal potente esercito romano, vennero crocifissi a ludibrio della loro ribellione. La croce, per quegli schiavi, resistenti in nome della libertà e dei diritti umani, fu uno degli strumenti atroci di supplizio.
Più tardi, come apprendiamo dalla scrittura del Vangelo, il figlio di Dio, Gesù Cristo, incarnato e fatto uomo ad opera dello Spirito Santo, per la redenzione del genere umano, subì, assieme a due ladroni, il supplizio della croce, il medesimo che subirono quegli schiavi. Da qui, da due millenni, l’immagine di Cristo continua ad essere fonte di suggestioni profonde, riscontra risonanze nel cuore e nell’immaginazione dell’uomo. E, per questo, si spiega il proliferare di scritture, di opere musicali, di configurazioni nel campo dell’arte. In quella, di casa nostra e straniera, ad iniziare dall’VIII al XX secolo, la crocifissione è assurta a valore estetico ed etico. I libri, a proposito, non si contano. Tra questi, uno dal titolo accattivante, La bellezza del Crocifisso, divulgato, qualche tempo fa, dall’editrice Ancora di Milano, con un lungo saggio introduttivo di Alberto Cozzi. Un lavoro probabilmente motivato dalle recenti vicende polemiche riguardanti l’esistenza o no del simbolo del Cristianesimo nelle aule delle nostre Scuole o in altri luoghi pubblici. Il libro, osserviamo, mentre elenca sedici grandi artisti di varie epoche, autori di Crocifissioni, non ricorda l’artista Cimabue, che il suo contemporaneo Dante ricordò nella cantica del Purgatorio (XI, 94-96), contribuendo a metterlo in ombra. Di Cimabue vanno ricordate due Crocifissioni, tanto riprodotte, tanto imitate. Una si conserva ad Arezzo, l’altra a Firenze.
Tutte le riproduzioni delle Crocifissioni nel sopraddetto libro si leggono limpide, come osservate dal vero, precedute da commenti efficacemente brevi. Tra i sedici artisti, come esempio, Antonello da Messina e Marc Chagall. Di Antonello da Messina viene descritta “La Crocifissione”, un olio su tavola (cm 52,5x42,5) del 1475, che si conserva ad Anversa, nel Museo Reale di Belle Arti. L’opera è una creazione “splendida” del soggiorno veneziano. Risale ad un anno prima che l’artista fosse ritornato per sempre nella sua Messina, e ce lo fa pensare giovanissimo, intimo, ripiegato su se stesso, sereno, come il paesaggio dentro il quadro, pure preso da certa passione o sofferenza, espressa nel vestimento delle due immagini di donne oranti ai piedi della croce, e presago della morte dell’artista 1479.
Di Marc Chagall, del nostro tempo, viene descritta la “Crocifissione bianca”, un olio su tela (cm 154,3 x 139,7) del 1938, che si conserva al The Art Institute di Chicago. Qui un Cristo, coperto da un perizoma, che è “un talled, lo scialle rituale della preghiera ebraica”. Un’opera di un racconto raro, tragico. Chagall intese parecchio il tema religioso. Ben 450 dipinti “rappresentano scene della Bibbia e molte volte tra i suoi soggetti compare la figura del Cristo crocifisso”.
A parte il sopraddetto libro. Una scrittrice di spicco del secolo scorso, Natalia Ginzburg, scrisse in un suo denso testo che il crocifisso è il “simbolo di uguaglianza, di sofferenza e carità… è l’immagine della rivoluzione cristiana”. Questo simbolo, per concludere, esprime la sofferenza e l’amore umani di sempre. Per questo ha ed avrà ampia trattazione.




Venerdì 04 Gennaio,2019 Ore: 09:55
 
 
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