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www.ildialogo.org CHI FU MARIA GIUDICE,di Sebastiano SaglimbenI

CHI FU MARIA GIUDICE

di Sebastiano SaglimbenI

Maria Giudice nasce a Voghera nel 1880. Cura, giovanissima, “Donna che piange”, in appendice a “L'uomo che ride”, una rivista dei socialisti. Fertile di scritture, in nome della condizione umana e sociale muliebre, fertile di prole, avendo avuto 8 figli, di cui 7 da un libero rapporto con Carlo Civardi, l' ultimo, una donna, Goliarda, che diverrà una scrittrice e un'attrice di notevole valore, con il socialista di Catania, dove si trasferirà, con il socialista Giuseppe Sapienza, fondatore di “Unione” e direttore di “Idea”.

Ho inteso il nome di questa singolare donna, da alcune cronache di epoca che parlano di Francesco Lo Sardo, mentre in giro per la Sicilia, nel 1920, infiamma la gente perché deplori la guerra che mille e mille come lui avevano subito. La donna, al seguito di Lo Sardo, a Casalvecchio Siculo, il 7 luglio, e il 12 agosto, a Tortorici, comunità della provincia di Messina, l' una tanto distante dall'altra. Entrambi, fervidi oratori, erano seguiti dalla polizia. Il comizio di Lo sardo a Tortorici, venne interrotto da 300 avversari politici.

Maria Giudice, mentre nasce il primo figlio, si trova esiliata in Svizzera, dove aveva fondato, assieme ad Angelina Balabanoff, il giornale “Su compagne!” Quando rientra Italia, l'assillo della fede socialista e della scrittura, come mezzo di comunicazione, sono la sua ragione di esistere. E' la stagione deprimente e avvilente della prima guerra mondiale e Maria Giudice - gli uomini sono al fronte- funge da capo della Sezione socialista provinciale e della Camera del lavoro di Torino. Qui dirige, prima di Antonio Gramsci, il giornale “Il grido del popolo”. Rivolge un appello appassionato alle masse perché si oppongano alla guerra e alle donne perché non si prestino a lavorare per il sostegno degli uomini in armi. Quella sua costante condanna delle armi e della guerra le cagiona, per disfattismo, tre anni di carcerazione. Ne sconterà solo uno per un' amnistia del 1918. Una maestra elementare, come Ada Negri, poetessa socialista. Una maestra elementare che logicamente rigettava tutta la falsa morale e la retorica dei libri destinati ai ragazzi. Parlava, come se parlasse ai ragazzi, alla gente incolta lavoratrice e pure a chi possedeva gli strumenti della cultura. Un'idealista onesta e rivoluzionaria', dalle luci e dalle ombre, come è stato scritto, imponente, con in testa la caparbia convinzione che l'uomo sul pianeta terra non fosse più lupo all'uomo e, conseguentemente, finissero le ingiustizie e scomparissero i tiranni. Mentre la donna in Sicilia, terra delle lupare dalle canne mozze, vengono uccisi il sindacalista Giuseppe Rumore e il capolega Nicolò Aloni, Vive a Catania con cinque dei suoi sette figli nella casa di Sapienza. In due più forti le azioni politiche per circa 4 anni. Maria si rivide in carcere per 8 mesi dopo la rivolta del 1922 a Lentini. Durante gli anni del fascismo razzista e dittatoriale, Maria Giudice è una sorvegliata costretta a rimanere in casa a Catania. Nella cattività casalinga, studia, legge e si carica di volontà per apprendere la lingua latina. Intanto la sua fama si è espansa per tutta la penisola, viene considerata un'autentica socialista. La sua casa è frequentata da uomini del pensiero e della politica. Per lei, se può essere un monito per una pletora di donne odierne di un opportunismo abietto, l'agiatezza era una vergogna. Vedeva la grande responsabilità delle tragedie non solo nei capi come Mussolini e Hitler ma in coloro che si impestavano dei morbi di costoro. Parlava di vere riforme sociali fondate sul lavoro, di fratellanza e di solidarietà. Una pura socialista diventata tale a sue spese e, qualche volta, non condivisa dalle medesime persone del suo partito. Le cronache raccontano che quando inviò un suo servizio alla nuova redazione dell' “Avanti”, venne censurato. Il testo diceva di una donna disperata, senza lavoro, che si era uccisa e, l'autrice attribuiva a tanti la responsabilità. Muore a Roma nel 1953, all'età di 73. Nella sua povera casa si recano, fra tanti, Sandro Pertini, Umberto Terracini e Giuseppe Saragat. Per concludere questo nostro contributo per la memoria di Maria Giudice rifletto sulla forza d'animo di questa “grande” donna e come, con i mezzi di allora, avesse sopportata la estenuante fatica di quegli spostamenti, dal nord dell 'Italia al sud dell'Italia. Per l'amore verso il prossimo sofferente.



Mercoledì 12 Agosto,2020 Ore: 07:03
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
domenico stimolo catania 13/8/2020 12.51
Titolo:In ricordo di Maria Giudice

Ottimo scritto in memoria di una delle donne più rappresentative e combattive nella lotta per i diritti sociali e dei lavoratori del novecento italiano. La sua azione fu repressa e perseguita dalla dittatura fascista.
Il marito, il catanese socialista Peppino Sapienza, era da tutti indicato come l’avvocato dei poveri, difendeva gratuitamente le persone delle classi più umili.
Fu la mamma di Goliarda, scrittrice emerita che profuse nei sui tanti libri il pensiero civile, inibito per tanto tempo dalle strutture politiche e dai poteri oscurantisti che volevano tenere ancora in catene il libero pensiero dei cittadini e l’emancipazione delle donne.
Maria Giudice, assieme alla famiglia si trasferì a Roma agli inizio degli anni quaranta. Partecipò attivamente, assieme al marito e alla figlia Goliarda, alla Resistenza romana in lotta contro l’occupazione dei nazifascisti. Fece parte della Brigata “ I vespri”, coordinata da Peppino Sapienza.
Ricordarla è un dovere di tutti i democratici.

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