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www.ildialogo.org Breve vita, lunga fama del poeta Andrea Chénier,di Sebastiano Saglimbeni

Breve vita, lunga fama del poeta Andrea Chénier

di Sebastiano Saglimbeni

Creativa, rivoluzionaria e breve l’esistenza del poeta Andrea Chénier, ma ricompensata dalla fama che dura dal 1794, anno della sua morte tragica. Chénier morì ghigliottinato all’età di 32 anni, essendo nato nel 1762 a Costantinopoli da madre di origine greca e da padre francese. Morì da poeta, non più da attivista della Rivoluzione francese, alla quale, nella sua esplosione giustizialista, aveva creduto ed offerto il suo pensiero. Travolto da un profondo sconcerto per gli eccessi del Terrore denunciò con la sua scrittura quelle sommarie giustizie eseguite con colpi di pene capitali. E piovvero sul poeta, autore delle Elegiés, delle Bucoliques e di altre piccole opere, gravi accuse di cospirazione, che portarono alla prigione e alla ghigliottina. Uno, fra i tanti, morto in quel modo, come il re Sole e la moglie Antonietta, grandi responsabili di ingiustizie sociali, e subito passato sotto silenzio il suo ritratto di uomo e di poeta. Fiorirono di attenzioni, di studi e di notorietà, qualche tempo dopo, nel 1819, le sue opere a sfondo umanistico. Successivamente, la critica vide nel poeta Chénier il solo autore francese tra Pierre Ronsard e gli autori del romanticismo. Con l’avvento di questa straordinaria rivoluzione culturale, il poeta che la rivoluzione aveva stroncato, poté assurgere ad autore considerevole e, in qualche modo, annoverato tra i classici francesi. Quanto fosse stato eccessivamente denigratorio, mi pare di considerare, il suo pensiero di poeta e di autore di servizi sui giornali di quell’epoca, nei confronti della Rivoluzione che non risparmiò, subito dopo, l’altro famosissimo rivoluzionario Robespierre, non è agevole poterlo delineare. Si può certamente scrivere che egli, avversario di un potere assolutistico regio ed aristocratico, chiuse i giorni della sua fresca esistenza vittima di quella stessa libertà, assurta a potere, cui aveva creduto.
Si diceva sopra delle sue opere. Vennero vagliate e tardivamente generarono gusti nella nuova generazione che seguì al tramonto dell’astro napoleonico. Ma il tributo più alto venne reso al poeta, che incominciava ad essere considerato il simbolo della purezza e della libertà, dal librettista piacentino Luigi Illica che compose l’omonima opera Andrea Chénier musicata da Umberto Giordano. Il protagonista, il poeta librettista e il musicista, oscuri sino alla fine del 1800, di colpo, brillarono di un’ aureola di notorietà per le rappresentazioni che seguirono ad iniziare da quella che venne eseguita alla Scala di Milano nel 1896. Una rappresentazione strepitosa che poté, dopo, ripetersi con l’impiego di maestri della lirica, come, per fare qualche esempio, Borgatti e Del Monaco.
L’efficacia poetica di Chènier può emergere da questa sua proposizione che recita: “Intinta nel sangue dei vinti ogni spada è innocente”. O, meglio, risiede nelle opere sopra accennate, nelle altre: Il cieco (L’aveugle), Giambi (Iambes), che sono i versi satirici scritti in carcere, mentre era in attesa della condanna a morte, e nei quali c’è tutto fermato il suo furioso disprezzo nei confronti dei suoi compagni rivoluzionari, dei suoi amici vigliacchi e del carnefice. Ed ancora nei poemetti filosofici rimasti incompiuti Ermete (L’Hermès) e L’America (L’Amérique), che inneggiano ai miti di quel secolo della ragione. Tutta la sua scrittura poetica altro non è che il nobile tentativo di riscoprire il mondo classico del passato, con riguardo a quello ellenico ma con una flessione di abbandono nostalgico ad una chimera di amore e di esistenza pastorale. Come, d’altro canto, in certi puri poeti contemporanei che ripudiano questa èra evolutiva ed involutiva.
Oggi con le abbondanti ricchezze, che da sempre detengono gli uomini infami, mentre persiste l’indigenza e la sofferenza generatrice di tragicità, c’ è chi si attende una rivoluzione, come quella francese e sovietica. Il mio amico scrittore dimenticato, Carlo Bernari, l’autore di Tre operai e di altri lodevoli romanzi, fra questi, uno dal titolo Tanto la rivoluzione non scoppierà, ne aveva, a proposito, parlato durante una mattinata in una sala della Gran Guardia, strapiena dei miei alunni e di quelli dei miei colleghi dell’Istituto Einaudi di Verona.



Venerdì 17 Agosto,2018 Ore: 07:42
 
 
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