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www.ildialogo.org LA SERA DEL DI’ DI FESTA - Dal diario di un parroco di campagna,di Beppe Manni

LA SERA DEL DI’ DI FESTA - Dal diario di un parroco di campagna

di Beppe Manni

( Gaettazza di Modena lunedì 18 giugno 2018)
L’ultima sera di maggio finita la sagra della Madonna, il parroco si mette a sedere nella sua chiesa dedica a Maria. I suoi occhi si posano sulle pareti affrescate. Maria abbraccia teneramente il bambinello appena nato. Nella fuga in Egitto con Giuseppe suo sposo gioca con Gesù sorridente sotto una palma. Giuseppe e Gesù lavorano al banco di falegname, Maria seduta fila. Giuseppe muore assistito dalla moglie e dal figlio. Queste tenere immagini familiari allagano il cuore del vecchio prete con i ricordi della sua infanzia, di sua madre, di suo padre, dei suoi fratelli e sorelle. Maria sempre vergine, immacolata, purissima (e qui gli sovvenivano tutte le litanie del rosario), ha avuto una sua famiglia, uno sposo, un piccolo bambino da abbracciare, allattare, vezzeggiare. Altri figli e figlie che l’hanno aiutata e le sono stati vicini nella malattia e nella vecchiaia. “Io sono vecchio, riflette il prete, e dovrò ritirarmi nella Casa del Clero. Solo. Sarò sì assistito ma senza il calore e la tenerezza di una sposa e di una figlia. O i buffi vezzi dei nipotini. Dei miei vecchi parrocchiani per i quali ho speso la vita, pochi verranno a cercarmi. Quando starò per morire non avrò come san Giuseppe ‘patrono della buona morte’, una mano amorosa che mi accarezza e che tiene stretta la mia.
Questa sera sono solo e triste. Ognuno è tornato a casa nel tepore della sua famiglia. Io ho speso tutta la mia vita per il Signore e per gli altri. Ora che sono ormai vecchio mi chiedo se valeva la pena, a cosa è servito tutto questo. Sembra proprio che al popolo del mio paese importi solo la festa, ricevere i sacramenti per i loro figli, molti si sposano in chiesa ma solo come bella cerimonia, pochi sono interessati a costruire una comunità cristiana nella parrocchia. Lavoro e lavoro, per vedere i miei ragazzi sparire dopo la cresima. La gente sempre più indifferente alla mia predicazione del vangelo. Quando cinquantanni anni fa sono diventato prete i nostri superiori ci avevano spinto a dare la nostra vita per la salvezza delle anime. Poi ho capito che i miei parrocchiani avevano maggiormente bisogno di aiuto per il loro corpo ma specialmente per il loro spirito. Una vicinanza e una parola per il loro dolore e sofferenze quotidiane.
Cosa è servita la mia vita? Non so più chi sono, la veste da prete è stata la mia seconda natura di uomo sacro che mi allontanava dalla gente. Una specie di stregone che gli uomini e le donne cercavano ogni tanto per una benedizione. Perché anch’io come Maria e Giuseppe non ho potuto godere dell’abbraccio di una sposa, della tenerezza di un figlio e di una nipotina, di una casa mia dove rifugiarmi lontano dalla richiesta insistente dei parrocchiani? Quale legge crudele ci ha proibito di farci una famiglia tutta nostra”.
Questi pensieri tristi accompagnavano il parroco la sera della sagra, mentre rivolgeva un’ultima preghiera alla bella madonna che stringeva tra le braccia il bimbetto Gesù sgambettante fuori dal quadro.


Giovedì 21 Giugno,2018 Ore: 18:37
 
 
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