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www.ildialogo.org I sacramenti del cristianesimo e i pilastri dell’Islam.,di Rosario Amico Roxas

I sacramenti del cristianesimo e i pilastri dell’Islam.

di Rosario Amico Roxas

Il 26 luglio 2016, nella parrocchia di Saint-Etienne-du-Rouvray, veniva brutalmente sgozzato da due giovinastri disperati, l’anziano parroco Padre Jacques Hamel. Delitto efferato, compiuto in nome di un sedicente stato islamico. La domenica successiva in molte parrocchie europee, cristiani  e musulmani si sono riuniti in preghiera per implorare la pace all’unico Dio.
Tale evento mi ha suggerito l’esigenza di analizzare, in maniere chiara e molto succinta, ciò che unisce le due religioni, senza esaltare ciò che divide.
Il cristianesimo ha le sue colonne portanti nei Sacramenti, che hanno una caratteristica più individuale, mentre i musulmani  si basano sui cinque capisaldi della religione (Fede nell’Unico Dio, elemosina, la preghiera cinque volte al giorno, il digiuno del Rahmadan e il pellegrinaggio alla Mecca, da compiersi almeno una volta nella vita).
Analizziamo insieme i rapporti tra i sacramenti cristiani e i pilastri dell’Islam
I sacramenti cristiani e i pilastri della religione islamica.
Il Battesimo cristiano e la Professione di Fede nell’unico Dio
Il battesimo è sempre stato considerato come il primo sacramento che viene impartito all’uomo e segna l’ingresso nel mondo di Cristo, sotto la protezione di Cristo, nella dimensione umana e soprannaturale predicata da Cristo.
E’ stato così per 2000 anni, ad di fuori e al di sopra delle gerarchie vaticane, specie di quelle gerarchie medievali che non hanno onorato la fede né i sacramenti; è  stata la fede popolare che ha sancito la continuità simbolica con il battesimo che Gesù ricevette da Giovanni.
Ma oggi è ancora così ?
Non mi sento di confermarlo, perché le gerarchie vaticane esigono il diritto di un intervento che altera la struttura spirituale del sacramento e la trasformano in un momento distante dalla sua stessa vocazione spirituale.
Due gli esempi che hanno caratterizzato questo sconvolgimento: il battesimo plateale di Magdi Allam e il capitolo dedicato al Battesimo di Gesù nel libro di Benedetto XVI “Gesù di Nazaret”.
Nel primo caso si è trattato di una provocazione studiata  all’intero mondo musulmano, per esibire una conquista, che poi conquista non è, uno schiaffo al mondo islamico con la implicita condivisione alle fantasiose interpretazioni dell’apostata Magdi Hallam. Sarebbe stata una grande conquista se il battesimo fosse avvenuto nel silenzio di una parrocchia  e somministrato da un parroco aduso alla confessione e a contatto con le miserie umane, senza le luminarie, senza canti gregoriani, o incensi, bensì nel silenzio della propria coscienza. Ma in mondovisione, la notte che ci ricorda la Resurrezione di Cristo, nella Basilica più importante del cattolicesimo, somministrato dallo stesso pontefice, non è più il simbolo di una resurrezione intima, ma diventa  una esposizione mediatica, nella quale il pontefice è stato ridotto al rango di “spalla” del prim’attore.
Nel secondo caso il battesimo di Cristo viene letto sulla persona di Gesù, che viene strattonata per attirarla nel mondo della sua origine terrena e cioè nel mondo ebraico. Certo c’è uno studio  analogico e anagogico, molto indottrinato, ma non c’è nulla di significativo in quel  sacramento impartito da Giovanni al Figlio di Dio se non l’insistenza del Suo “albero genealogico”, di cui sono piene le pagg. 29-45 . E’ il tentativo di privilegiare l’ebraicità di Gesù che non la Sua universalità, infatti a pag. 32 , emerge il tentativo di formulare la persona di Cristo come un momento della storia, quasi un fenomeno antropologico; infatti nella premessa, a pag. 11  l’A. afferma: “Se dunque la storia, la fatticità, in questo senso appartiene essenzialmente alla fede cristiana, quest’ultima deve esporsi al metodo storico. E’ la fede stessa che lo esige”: La fede, quindi, deve sottoporsi al metodo storico, come un qualunque fenomeno antropologico che caratterizza una tribù; è da qui allora che nasce la volontà di identificare “Le radici cristiane dell’Europa”, trascurando di cercare e affermare le radici dell’uomo e di tutti gli uomini, nella sua interezza e nella sua globalità.
Ben diverso è l’approccio musulmano alla professione di fede nell’unico Dio, che viene intesa come la purificazione che introduce la Jihad (le tensione umana che spinge alla ricerca di Dio)
Il sacramento della Comunione e la Preghiera islamica
Un uomo politico in vista, molto in vista  ebbe a chiedere ad un vescovo: “Perché noi divorziati non possiamo fare la comunione (il minuscolo è voluto)”, documentando , ove ce ne fosse stato bisogno, una ignoranza abissale, tale da confondere il sacramento della Comunione con D1O          ,  con un aperitivo con tartina al salmone e flut di champagne . “Fare la comunione” è un errore teologico, sia nella forma che nel contenuto, e chiarisce come venga interpretata come una esibizione da offrire al mondo cattolico per tentare un riconoscimento che, invece, diventa sempre più remoto.
Nella cena pasquale, che viene indicata come “L’ultima cena” ma che preferisco identificare come “La prima cena del popolo di Cristo”,  Gesù invitò i discepoli e con loro il mondo intero, alla Comunione, ma si trattava di comunione con Dio (essere in Comunione e non “fare” ) , non certo di un antipasto da trangugiare privato della Fede
Le parole che pronuncia il sacerdote “Hoc est enim corpus meus” non  rappresentano una formula magica che trasforma l’ostia e il vino nel corpo e nel sangue di Cristo, nel mistero della transustansazione , sono solo il ricordo di quel momento nel quale venne innalzata al cielo l’esigenza di essere “in comunione con Dio”.
Raccogliere la particola senza la fede, anche le parole del sacerdote vengono vanificate e il tutto si riduce in un gesto blasfemo.
La Comunione non è un atto temporale che si conclude con l’assunzione di un’ostia e un sorso di vino; la comunione è un modo di vivere nella continuità, è un modo di essere, un modo di pensare, un modo di partecipare; come gesto isolato rimane solo un gesto assimilabile all’aperitivo nella piazzetta di Ischia, con la visibilità offerta dai paparazzi di turno.
E’ questa la distinzione fra la Comunione del fedele e la comunione nella quale si cerca la visibilità e l’esibizionismo. Ma questo Vaticano non sembra molto attento a queste considerazioni, fornendo una immeritata credibilità a chi del sacramento ha fatto scempio; ero a Tunisi nella cattedrale durante il funerale di Craxi ed ho visto quel politico guardarsi bene intorno e dirigersi verso l’altare a carpire la particola, badando bene di essere notato; ma si recò dal sacerdote coadiutore, non dall’arcivescovo Père Foued,  Twall perché, riconoscendolo gli avrebbe negato la particola.
Un gesto di amore, fatto senza l’attesa di una ricompensa è Comunione; la solidarietà verso i più bisognosi, senza esibizionismi, è Comunione; amare il prossimo e provare com-passione per le altrui disgrazie è Comunione.
L’Islam ha compreso tutto ciò e impegna tutti i pilastri della religione per raggiungere la Jiad, cioè la tensione umana verso l’Altissimo.
E’ Comunione nell’Islam la professione di fede, perché segna l’inizio dell’itinerario verso Dio; è Comunione l’elemosina in quanto segno di com-passione verso il prossimo più bisognoso; è Comunione il Ramahdan perché mortifica il corpo e per un mese tutto l’Islam è assimilato nella parità della sofferenza; è Comunione il pellegrinaggio alla Mecca, in quanto nella città santa non esiste il ricco e il povero, tutti assimilati nella comunione con Dio.
Ma è la preghiera ripetuta  cinque volte al giorno che maggiormente ci ricorda il desiderio di  Comunione; interrompere gli impegni della quotidianità per rivolgere il pensiero all’Altissimo (sia sempre venerato il Suo nome), è Comunione costante, dalla quale il cattolicesimo cristiano ha molto da imparare.
Rosario Amico Roxas



Martedì 02 Febbraio,2021 Ore: 21:28
 
 
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