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In Austria dal 10 al 12 ottobre l’incontro dei movimenti dei preti autorganizzati

In Austria dal 10 al 12 ottobre l’incontro dei movimenti dei preti autorganizzati
Pubblicato il 18 ottobre 2013
Resoconto da Bregenz (Austria) dell'incontro del movimento dei preti cattolici (10-12 ottobre 2013) di Cristine Shenk
Tra il 10 e 12 ottobre ho partecipato qui al primo raduno internazione dei leader del movimento dei preti riformisti provenienti da sei paesi. L'evento ha rappresentato un'opportunità per creare un network internazionale, per esplorare i problemi comuni e creare nonché condividere strategie per meglio orchestrare la nuova ondata di critiche e richieste di rinnovamento che oggi sfidano la chiesa.
Questo include la mancanza di preti, la difesa dell'integrità delle parrocchie, la necessità di un dialogo autentico, la responsabilizzazione dei laici, le strategie per gestire gli abusi d'autorità e la leadership delle donne nella chiesa.
Indetto del carismatico P. Helmut Schüller, fondatore della Pfarrer Initiative austriaca e dal diacono Markus Heil, portavoce della Iniziativa delle Parrocchie in Svizzera, l'incontro, entusiasmante e ben guidato, ha radunato circa 30 persone. Tra queste c'erano i leader dei movimenti laici e delle associazioni di preti provenienti da Stati Uniti, Germania, Irlanda, Australia, Svizzera e Austria.
Ho partecipato in qualità di rappresentante delle 10 organizzazioni riformiste statunitensi che hanno sponsorizzato il famoso tour "Catholic Tipping Point" (il punto di non ritorno dei cattolici) che ha toccato 15 città nella scorsa estate. Questa coalizione si è impegnata nello sviluppo di un network internazionale di preti e di fedeli che operano per i diritti fondamentali nella chiesa. Martha Heizer del movimento internazionale We Are Churh, Deborah Rose-Milavec, direttore esecutivo di FutureChurch e Hans Peter Hurka del movimento We Are Church in Austria hanno prospettato interessanti scenari provenienti dai movimenti riformisti dei laici a livello internazionale, nazionale e locale.
Una preoccupazione condivisa dai partecipanti è stata la difficoltà del ministero nell'ambito di progressiva diminuzione del numero dei preti.
"Questi sono preti sinceri, preparati dotati di compassione e responsabilità verso il ministero ... che vivono per la gente delle loro comunità", ha dichiarato P. Dan Divis dell'Association U.S. Catholic Priests, che conta al suo interno oltre 1.000 preti. "Conosco preti che sono spaventati per il futuro se non verranno affrontati temi quali la chiusura delle parrocchie, la carenza di preti e la partecipazione attiva delle donne nella leadership della chiesa".
"Per favore non mollate, perché ci riempite di speranza oltre che di conoscenza" - un donatore da Seetonk, MA.
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Sono emerse istantanee interessanti riguardo alle sfide del ministero che le associazioni dei preti dei vari paesi stanno affrontando.
Analogamente agli Stati Uniti, un problema importante in Germania riguarda l'accorpamento in mega-parrocchie, qualcosa che molti preti tedeschi affermano non sia d'aiuto alla gente, che invece si sente confortata dal senso di comunità proprio delle realtà più piccole. Le associazioni dei preti tedeschi contano membri provenienti da sei diocesi: una ha più di quarant'anni e rappresenta 160 preti, altre due affiliate con il ramo tedesco del movimento We Are Church, e le ultime tre ispirate alla Pfarrer Initiative austriaca, che si sono formate negli ultimi sei anni. Ciò premesso i movimenti dei preti in Germania rappresentano circa 700 preti.
In Austria nelle parrocchie gira la voce che non ci saranno preti a rimpiazzare i parroci che vanno in pensione. Lo stesso vale per la parrocchia di Schüller, cosa che lo ha spinto a preparare i suoi parrocchiani sulle responsabilità che dovranno assumersi per le loro vite da cristiani-cattolici una volta che lui non ci sarà più. Alcuni preti austriaci prestano servizio in 4 parrocchie e viene chiesto loro di prenderne almeno un'altra. Questa situazione ha portato alla fondazione della iniziativa dei preti nel 2006. Nel 2011 i preti hanno
pubblicato "l'Appello alla Disobbedienza" che rivendicava l'apertura del presbiterato alle delle donne e agli sposati, un maggior coinvolgimento dei laicato e una maggiore trasparenza nella governance della chiesa. Se l'organizzazione conta ufficialmente 400 preti (l'Austria ha un totale di 1.000 preti), un sondaggio indipendente effettuato dopo l'Appello alla Disobbedienza ha dimostrato che il 70 per cento dei preti austriaci ne ha apprezzato il contenuto.
Nell'arco dell'intera conferenza è spesso ricorso il tema della parrocchia come "soggetto che si autodetermina". Un'importante strategia emergente ha individuato la necessità di preparare i fedeli al discernimento sul destino delle proprie parrocchie di appartenza, specie alla luce del fallimento della chiesa istituzionale di fronte alla carenza dei preti.
Alcuni gruppi in Austria, Svizzera e Germania si sono impegnati ad utilizzare il variegato materiale informativo di FutureChurch sui diritti dei parrocchiani, come fare appello di fronte alle chiusure della chiesa, ed altri strumenti di tutela per lo sviluppo delle proprie specifiche risorse.
In Svizzera l'Iniziativa delle Parrocchie ha avuto inizio nel settembre 2012 quando un gruppo di preti e di laici ha firmato una dichiarazione di 10 punti sul modello dell'Appello alla Disobbedienza dei preti austriaci.
La dichiarazione dell'Iniziativa delle Parrocchie Svizzera è stata controversa poiché ha pubblicamente affermato l'attuale insolita prassi pastorale. Il portavoce Heil ha dichiarato: "la rete di iniziative esiste per condividere nuovi diversi modelli di ministero per una possibile discussione in altri paesi".
Il gruppo svizzero conta qualcosa come 100 preti e 400 laici. Molte parrocchie svizzere sono guidate da diaconi o laici, e il prete va solo la domenica per i sacramenti.
Ute van Appeldorn, amministatore laico e membro del consiglio dell'iniziativa svizzera, guida il suo gruppo parrocchiale di 13 persone e porta avanti tutte le funzioni pastorali, compresa la celebrazione di battesimi o la convalida degli occasionali matrimoni. Predica tutte le domeniche, lavora con le famiglie giovani per la preparazione sacramentale, guida i servizi della Parola e Comunione al mercoledì e accompagna spiritualmente gli adulti singoli.
"Costruire le relazioni è il ruolo più importante. Trascorro molto tempo nell'ascolto delle persone e nella comprensione di ciò che le muove", ha affermato Ute. "In questi incontri sento che Dio è al lavoro. Questa riunione mi ha fatto capire quale privilegio eccelso io abbia. Non ho mai dovuto lottare per svolgere il ministero in Svizzera, anche se soffro perché non sono realmente ordinata".
Se ci sono circa 500 amministratori parrocchiali negli Stati Uniti, solo pochi tra loro amministrano il battesimo, o la convalida di un matrimonio o predicano regolarmente la domenica.
Un tema ricorrente è stato quello dei diritti nella chiesa, compreso il diritto delle donne e di tutto il laicato alla partecipazione al processo decisionale.
Rose-Milavec e Heiser hanno moderato le discussioni su come aiutare il Vaticano ad includere famiglie vere nel prossimo Sinodo sulla Famiglia, previsto per Ottobre 2014.
"Vorrei che tutte le donne, sposate, singole, giovani o vecchie, potessero participare alle decisioni nella chiesa", ha detto Rose-Milavec. "Vorrei delle donne al Sinodo sulla Famiglia, e vorrei che le donne partecipassero all'elezione del prossimo papa".
Un altro punto chiave per i preti e i laici riformisti sono le difficoltà riscontrate nel coinvolgere i vescovi in un dialogo aperto. "Da diverse conversazioni con vescovi o conferenze episcopali, non tutto ciò che viene definito "dialogo" in realtà è discussione aperta al cambiamento", afferma Heil. Secondo lui sarebbe importante che "le Iniziative lavorassero e promuovessero una lista di regole per un dialogo onesto e proficuo con i vescovi".
Per il futuro, "la rete delle reti", come il neonato gruppo internazionale di preti e laici ama definirsi, sceglierà cinque o sei membri del team internazionale per la pianificazione degli incontri futuri e delle iniziative. Larga priorità è riservata alla comunicazione regolare, attraverso tutti gli strumenti resi disponibili dalla tecnologia contemporanea.
Ho chiesto a Divis cosa potrebbe rappresentare questo incontro per l'Associazione dei Preti Cattolici Statunitensi.
"L'organizzazione non deve avere paura, i laici non hanno avuto paura. Sono stati alla guida. Sono stati più sicuri e coraggiosi. I preti non hanno nulla da temere. Io credo che ciò che ci preoccupa sia anche ciò che preoccupa i vescovi. I vescovi hanno bisogno del nostro aiuto. Ci potrebbe essere maggiore apertura nella discussione su molti argomenti grazie a papa Francesco", ha risposto Divis.
Mentre le varie iniziative riformiste condividono l'entusiasmo verso un cambiamento positivo della cultura ecclesiastica sotto il pontiricato di Francesco, hanno anche sottolineato che le speranze e le aspettative del popolo di Dio per un cambiamento strutturale sono perfino accresciute.
Come poter spalleggiare e sostenere il desiderio di riforma e rinnovamento nella chiesa di papa Francesco è stato argomento principe di alcuni piccoli gruppi di discussione, in particolare l'auspicio del papa affinché i pastori puzzino delle loro pecore, il suo approccio di speranza per i gay, e la sua convinzione che la curia, i vescovi e i cardinali siano chiamati a servizio del popolo di Dio.
La solidarietà con le vittime degli abusi di potere nella chiesa, dalla parrocchia al Vaticano, ha rappresentato un tema per la riflessione per molti. La presenza del Redentorista P. Tony Flannery, il fondatore dell'Associazione di Preti Cattolici d'Irlanda, escluso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede dal ministero nel 2012 per via di alcuni suoi scritti, rappresentava un costante reminder del fatto che le strutture della chiesa, come anche la congregazione per la dottrina, hanno urgentemente bisogno di riforme.
La neonata "rete delle reti" conta di sviluppare strategie per far fronte all'abuso di potere nella chiesa, prevedendo sostegno legale ed economico a coloro che ne sono vittime.
"Ancor più importante sarà condividere l'esperienza di ciascun conflitto, specialmente con i vescovi o con il Vaticano, così da poter imparare dal passato e contenere gli abusi", sostiene Heil.
Quando Flannery ha pacatamente fatto notare che "finché le strutture non cambieranno non ci sarà alcun cambiamento possibile", ha colto nel segno. Se da un lato le recenti affermazioni di papa Francesco sono piene di speranza e rappresentano certamente un inizio, i preti e i fedeli nel mondo cominciano a sentire bisogno di qualcosa che vada oltre le parole.
Nel frattempo le associazioni di preti riformisti a livello internazionale e i loro partner laici stanno delineando un percorso verso il riconoscimento dei fondamentali diritti umani nella chiesa.
[Sorella dell'ordine di San Giuseppe, Sr Christine Schenk è co-fondatrice e direttore esecutivo di FutureChurch, dove ha lavorato per 23 anni.]
Testo Originale
Reperimento testi di Patrizia Vita
Traduzione di Stefania Salomone
Il movimento austriaco Pfarrer-Initiative si è fatto promotore di un network dei preti che nel mondo mettono in discussione l’attuale organizzazione della Chiesa. Leggi il resoconto in inglese. In Italia non esiste ancora un movimento di preti simile a quello degli altri paesi.
In Austria dal 10 al 12 ottobre l’incontro dei movimenti dei preti autorganizzati
Pubblicato il 18 ottobre 2013
Report from Bregenz (Austria) of meeting of movement of catholic priests (10-12 october 2013) by Cristine Shenk
I spent Oct. 10-12 here for the first international meeting of leaders of reformist priest organizations from six countries. The event provided rich opportunities for international networking, exploration of common problems and sharing of creative strategies for addressing an array of critical renewal issues facing the church. That included the international priest shortage, defending the integrity of parishes, the need for genuine dialogue, lay empowerment, strategies to address abuses of authority, and women’s leadership in the church.
Convened by the charismatic Fr. Helmut Schüller of the Austrian Priests’ Initiative and Deacon Markus Heil, spokesman for Parish Initiative: Switzerland, the high-energy, professionally facilitated gathering drew about 30 people. Among them were leaders of lay movements and priest associations from the United States, Germany, Ireland, Australia, Switzerland and Austria.
I attended as a representative of the 10 U.S. reform organizations that sponsored Schüller’s highly successful 15-city “Catholic Tipping Point” tour over the summer. This coalition has committed itself to developing an international network of priests and people working for fundamental rights in the church. Martha Heizer of the International Movement We Are Church; Deborah Rose-Milavec, executive director of FutureChurch; and Hans Peter Hurka of the We Are Church movement in Austria brought important perspectives from lay reform movements at the international, national and local levels.
An important underlying commonality for participants was the shared struggle of ministering in the midst of a steadily worsening priest shortage.
“These are grounded, sincere priests with compassion and a sense of ministry … who live for the people in their churches,” said Fr. Dan Divis of the Association of U.S. Catholic Priests, whose membership includes 1,000 priests. “I see priests who are frightened about the future if issues such as parish closings, the priest shortage and participation of women in church leadership, etc., aren’t attended to.”
“Please do not let up, as you fill our cups with hope as well as knowledge.”
- A donor from Seetonk, MA
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Interesting snapshots emerged about ministerial challenges facing priest associations in each country.
As in the U.S., a major problem in Germany concerns the consolidation of into megachurches, something many German priests say is not helpful for their people, who thrive within the strong sense of community provided by smaller parishes. The German priest associations hail from six dioceses: one more than 40 years old representing 160 priests, two others affiliated with the German We Are Church movement, the last three inspired by the Austrian Priests’ Initiative and formed over the last six years. All told, the German priest movements represent about 700 priests.
In Austria, parishes are told there will be no priest to replace an outgoing pastor. That includes Schüller’s own parish, leading him to prepare his parishioners to take over responsibility for their Catholic-Christian lives while he is gone. Some Austrian priests serve as many as four parishes, and some have been asked to take on more. These conditions led to the founding of the priests’ initiative in 2006.
In 2011, the priests issued a “Call to Disobedience,” calling for the admission of women and married people to the priesthood as well as greater lay leadership and transparency in church governance. While the organization counts 400 priests among its members (Austria has a total of about 1,000 priests), an independent poll taken shortly after the “Call to Disobedience” found more than 70 percent of Austria’s priests positively received the call.
Throughout the conference, the topic of the parish as a self-determining “subject” recurred. An important emerging strategy named the need to empower parishioners to discern the destiny of their parish homes themselves, especially in light of the failure of the institutional church to address the priest shortage. Groups in Austria, Switzerland and Germany committed to using various educational brochures from FutureChurch addressing parishioner rights, how to appeal church closings and other advocacy tools as models for developing their own resources.
In Switzerland, the Parish Initiative: Switzerland began in September 2012, when a group of priests and lay ministers developed a 10-point sign-on statement modeled on the Austrian Priests’ Initiative’s “Call to Disobedience.”
The Parish Initiative: Switzerland statement was controversial because it stated publicly the current unusual pastoral practice. Said its spokesman Heil, “the network of initiatives is a place to share different new models of ministry for possible discussion in the other countries.”
The Swiss group numbers some 100 priests and 400 lay ministers. Many Swiss parishes are led by deacons or lay administrators, with priests coming in on Sundays for sacramental ministry.
Ute van Appeldorn, a lay administrator and a board member of the Swiss initiative, leads a parish team of 13 people and performs all pastoral functions, including baptisms and witnessing the occasional marriage. She preaches every Sunday, works with young families in sacramental preparation, leads services of the Word and Communion on Wednesdays, and accompanies individual adults on their spiritual journeys.
“Building relationships is my most important role. I make a lot of time to listen to the people and see what is moving them,” van Appeldorn said. “In those meetings, I feel God at work. [This gathering] made me realize what an excellent privilege I have. I have never had to fight to minister in Switzerland, though I do suffer because I’m not really ordained.”
While there are approximately 500 parish administrators in the United States, few routinely baptize, witness marriages or preach regularly on Sunday.
A recurring topic was that of rights in the church, including the rights of women and all laity to participate in church decision-making. Rose-Milavec and Heiser led discussions about how to help the Vatican include real families in the upcoming Synod on the Family, scheduled for October 2014.
“I want all women — married, single, young, old — to be able to participate in church decision-making,” Rose-Milavec said. “I want women at the Synod on the Family, and I want women to help elect the next pope.”
Another key issue for reformist priests and laity alike is difficulties experienced in engaging bishops in genuine dialogue.
“From the different conversations with bishops and bishops conferences, not everything that is called ‘dialogue’ is really a conversation open for results,” Heil said. For him, an important outcome is that “the initiatives will work on and promote an outline of rules for successful and honest dialogue with bishops.”
For the future, the “network of networks,” as the new international priest-lay group now calls itself, will select a five- or six-member international team to plan for future meetings and initiatives. A high priority is regular communication using all the tools available to current technology.
I asked Divis for his views about what this meeting might mean for the Association of U.S. Catholic Priests.
“The organization needs not to be afraid,” Divis said. “The laity hasn’t been afraid. They have been leading. They have been bolder and more courageous. The priests have nothing to fear. I believe the issues we are concerned about are also the ones the bishops are concerned about. [The bishops] need our support. There may be new openness to talking about many things because of Pope Francis.”
While the various reform initiatives share in the enthusiasm about the positive change in church culture under Francis, they also noted that the hopes and expectations of the people of God for structural change have grown even larger.
How to get behind and support Pope Francis’ desire for church renewal and reform animated several small group discussions, particularly the pope’s call for the pastor to smell like the sheep; his hopeful outreach to gays; and his belief that the Curia, bishops and cardinals are called to serve the people of God.
Solidarity with those experiencing abuses of power in the church, from the parish to the Vatican, was a sobering topic to many. The presence of Redemptorist Fr. Tony Flannery, the founder of the Irish Association of Catholic Priests who the Congregation for the Doctrine of the Faith barred from ministry in 2012 for some of his writings, proved a constant reminder that structures in the church, such as those at the doctrinal congregation, are in grave need of reform.
The new international “network of networks” plans to develop a range of strategies addressing abuse of power in the church, including financial and legal support for those experiencing it.
“Even more important will be to share experiences in each conflict, especially with bishops or the Vatican, so that there is mutual learning and less abuse,” Heil said.
When Flannery quietly noted that “unless the structures are changed, no real change will happen,” this carries weight. While Pope Francis’ recent words are hopeful and a good start, priests and people around the world will soon need more than words.
Meanwhile, the reform-minded international priests’ associations and their lay partners are forging a creative pathway toward basic human rights in the church.
[A Sister of St. Joseph, Sr. Christine Schenk is a co-founder and executive director emerita of FutureChurch, where she worked for 23 years.]



Lunedì 21 Ottobre,2013 Ore: 17:52
 
 
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