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www.ildialogo.org LA CHIESA: CRISI E SPERANZA  ,di IOSEPH COMBLIN

LA CHIESA: CRISI E SPERANZA  

di IOSEPH COMBLIN

Questa interessante conferenza è stata pronunciata da José Comblin, teologo di 87 anni residente a Paraiba (Brasile), nel quadro del congresso di teologia organizzato in occasione del 30esimo anniversario dell’assassinio di Monsignor Romero. Era il 18 marzo 2010 all’Università centroamericana José Simeòn Canas (UCA), nella capitale della Repubblica di El Salvador, San Salvador. La registrazione audio è stata trascritta da Enrique A. Orellana F. e diffusa dapprima nei Cuadernos Opciòn por los pobres, del movimento cileno Teologi della liberazione. I sottotitoli sono di Dial.

Buongiorno a tutti e a tutte.

Non è la prima volta che sono invitato a parlare qui ma io desidero ringraziare ancora una volta Jon Sobrino per la sua amicizia. Noi ci conosciamo da tanto tempo e lo considero uno degli spiriti più lucidi della nostra epoca, grande rinnovatore della cristologia.

Le questioni poste ieri mi hanno dato l’impressione che la situazione che regna attualmente nella Chiesa destabilizzi un gran numero di persone: c’è un sentimento di insicurezza. Santa Teresa diceva “Che nulla li turbi, che nulla sia sorgente di paura”.

Quand’ero giovane, ho conosciuto una simile esperienza, se non peggiore. Eravamo sotto il pontificato di Pio XII. Il Papa aveva condannato tutti i teologi importanti di quell’epoca, tutti i movimenti sociali importanti, i movimenti dei preti operai in Francia, in Belgio… Noi seminaristi o giovani preti eravamo molto smarriti. Ci interrogavamo: “Avremo ancora un avvenire?”. Avevo letto una biografia di Papa Pio XII di un autore austriaco, il gesuita Leiber. Era il confessore del Papa e professore di storia della Chiesa all’Università Gregoriana di Roma. Ecco cosa diceva: “La situazione della Chiesa cattolica oggi è simile a quella di un castello medievale: circondata d’acqua, i ponti levatoi alzati, le chiavi gettate nell’acqua. Non c’è nessun mezzo di uscirne, la Chiesa è separata dal mondo: non c’è ormai nessuna possibilità di accesso”. Poi venne Giovanni XXIII e allora quelli che erano stati perseguitati divennero subito i lumi del Concilio; subito tutte le proibizioni sono tolte. E rinacque allora la speranza. Io racconto questo perché voi non siate nella confusione: avverrà qualche cosa, non si sa cosa, ma avviene sempre qualcosa. Come spiegare questa situazione?

La fase finale del cristianesimo

Ci avviciniamo alla fase finale del cristianesimo. Numerosi libri hanno già annunciato la morte del cristianesimo. Ma sono già 200 anni che è entrato in agonia. Quest’agonia può continuare ancora per qualche decennio. La Chiesa ha cessato d’essere la coscienza del mondo occidentale, ha cessato d’essere la forza dinamica che illumina e spiega la cultura e l’origine della politica, la sorgente dell’economia, la sorgente di ogni cosa: cioè ciò che è stato durante l’era cristiana. A poco a poco tutto quello si è sgretolato, da noi, dopo l’Indipendenza e la separazione dall’Impero spagnolo. Allora, sono apparsi progressivamente numerosi profeti che proclamavano: “Il cristianesimo ormai è morto”.

Ma la facciata è così robusta, resiste talmente che mantiene una tensione costante. Tuttavia, ora sì, io credo che il cristianesimo arrivi alla sua fase finale. Quello che è avvenuto con l’enciclica Caritas in veritate ne è un segno. Quante persone qui hanno letto l’enciclica? Che ripercussione ha avuto nel mondo. Silenzio impressionante e rispettoso forse, ma più probabilmente il silenzio dell’indifferenza. Ormai la dottrina sociale della Chiesa non ha più importanza per la gente. Ha cessato d’interessare a causa di ciò che avviene nella realtà terrena. Qualche anno fa un sociologo gesuita molto importante, padre Calvez, che ha avuto un grande ruolo come fondatore e sostenitore della dottrina sociale della Chiesa. Ha pubblicato un libro con questo titolo: I silenzi della dottrina sociale della Chiesa. Questo silenzio dilaga. La dottrina sociale ha cessato di vivificare con forza i problemi del mondo attuale e si mantiene su delle teorie talmente vaghe, terribilmente astratte, terribilmente generali. La lettera Caritas in veritate potrebbe essere sottoscritta senza problemi dal Fondo monetario internazionale o dalla Banca mondiale. Non c’è assolutamente nulla che possa imbarazzare queste istituzioni. Questo è un segno.

Altro segno. La Conferenza d’Aparecida (2007) si è pronunciata in modo chiarissimo su un gran numero di punti, e vuol fare della Chiesa una missione: passare da una Chiesa protettrice a una Chiesa missionaria. La Conferenza pensa tuttavia che la Chiesa missionaria si realizzerà attraverso le stesse istituzioni che non sono missionarie ma realizzano semplicemente il mantenimento della presenza della Chiesa: le diocesi, le parrocchie, i seminari, le congregazioni religiose… Sarebbe un miracolo se queste istituzioni si trasformassero in un solo attimo in missionarie. Tre anni son già passati: che cosa è avvenuto nelle vostre diocesi? Non so qual è la situazione qui, ma in Brasile io non vedo grandi trasformazioni. Questo significa che il cristianesimo progressivamente si dissolve.

E cosa succederà dopo? Il problema è dopo? E come? Da questo interrogativo nasce il sentimento d’insicurezza perché non sappiamo cosa avverrà in futuro. Appoggiamoci a quello che dice santa Teresa: non lasciamoci ingannare. Si è già prodotta spesse volte una simile situazione nella storia e probabilmente si produrrà ancora. E’ necessario imparare a resistere, a sopportare, a non lasciarsi scoraggiare, a non perdere la speranza per quello che sta avvenendo.

Quel che avviene è che, a Roma, non si arriva a convincersi della morte del cristianesimo. Si crede che le encicliche illuminino il mondo, si crede che le istituzioni ecclesiastiche guidino il mondo. E’ un mondo chiuso su se stesso che vive effettivamente in un castello del Medio Evo, circondato d’acqua. Che fare allora? Analizzeremo come interpretare e considerare quello che sta avvenendo e qual è di conseguenza il metodo teologico e pratico più conveniente.

Una distinzione di base: Vangelo e religione

Si deve partire da una distinzione di base già proposta da diversi teologi, tra il Vangelo e la religione. Il Vangelo viene da Gesù Cristo; la religione non viene da Gesù Cristo. Il Vangelo non è religioso: Gesù non ha fondato nessuna religione, non ha stabilito dei riti, non ha insegnato delle dottrine, non ha organizzato un sistema di governo. Nulla di tutto ciò. Gesù si è dedicato ad annunciare e a far conoscere il Regno di Dio, cioè un cambiamento radicale dell’umanità intera sotto tutti i suoi aspetti, un cambiamento di cui gli autori saranno i poveri. Gesù si rivolge ai poveri perché pensa che soltanto loro sono capaci di agire con quella sincerità necessaria per promuovere un mondo nuovo. C’é dunque in Gesù un messaggio politico, non politico nel senso che propone un piano, un metodo. No! L’intelligenza umana sarà sufficiente. Politico piuttosto nel senso della finalità, poiché si tratta di un orientamento dato all’umanità intera.

E la religione? Gesù non ha fondato nessuna religione. Ma i suoi discepoli sì. I suoi discepoli hanno creato una religione appoggiandosi su di lui. Perché la religione è qualche cosa d’indispensabile agli esseri umani: non si può vivere senza religione. Se la religione attuale, qui e ora, si disintegrasse, ci sono negli Stati Uniti 38.000 religioni recensite. Le religioni non mancano. L’essere umano non può vivere senza religione anche quando prende le sue distanze dalle grandi religioni tradizionali. La religione è quindi una creazione dell’essere umano.

La struttura è la stessa nella religione cristiana e nelle altre religioni. C’è una mitologia cristiana, come una mitologia hindu, scintoista, confuciana… E’ inerente alla natura dell’umanità nel suo insieme: si cerca di spiegare tutto ciò che è incomprensibile nella condizione umana, riguardo alla presenza di esseri, di entità soprannaturali esterne a questo nostro mondo e che in realtà ci dirigono e ci guidano.

In secondo luogo una religione è costituita da riti per allontanare le minacce e per aver accesso alle cose buone. In tutte le religioni ci sono persone che occupano un posto a parte per gestire i riti, insegnare la mitologia. E’ un fatto comune a tutte le religioni. E questo avviene anche presso i cristiani: come potrebbero vivere senza religione?

Gli inizi della religione cristiana

Com’è cominciata la nostra religione? E’ cominciata quando Gesù è diventato oggetto di culto. Questa mutazione è avvenuta abbastanza presto, in particolare tra i discepoli che non lo avevano conosciuto, che non avevano vissuto con lui, che non l’avevano avvicinato, la generazione seguente, quelli che hanno vissuto a distanza da lui nel tempo e nello spazio. Gesù è stato trasformato allora in oggetto di culto. E’ così che progressivamente Gesù si è disumanizzato. Il culto di Gesù si è sostituito così al fatto di “seguirlo”. Quello che Gesù voleva, questo sì, era una continuità di se stesso. Gesù non aveva mai chiesto ai suoi discepoli un atto cultuale, mai aveva chiesto che a lui si offrisse un rito. Questa dualità appare abbastanza presto, 30 o 40 anni dopo la morte di Gesù con sufficiente evidenza, tanto che Marco scrive il suo Vangelo. Marco di fatto ha scritto il suo Vangelo per protestare contro queste tendenze di disumanizzazione , cioè a fare di Gesù un oggetto di culto. Questo Vangelo infatti è la parola di un profeta che tende a ricordare ciò che Gesù era, quello che ha fatto, che ha vissuto in questo mondo, il nostro, che egli ha vissuto qui, su questa terra, la nostra terra.

Questa tentazione è apparsa progressivamente sulla scia dello sviluppo della religione cristiana. Ci fu un inizio di dottrina: il simbolo degli apostoli. Che cosa dice di Gesù il simbolo degli apostoli? Che egli nacque e morì. Un punto solo. Come se tutto il resto non avesse importanza, come se la rivelazione di Dio non fosse la vita stessa di Gesù, i suoi atti, i suoi progetti, il suo destino terrestre: quel punto solo invece è la rivelazione. Questo purtroppo ormai si sta perdendo di vista. Stessa cosa nel simbolo di Nicea (325) e di Costantinopoli (380-381): “Cristo nacque e morì”. Il Concilio di Calcedonia (451) afferma che Gesù possiede la natura divina e la natura umana. Ma cos’è una natura? Un essere umano non è una natura; un essere umano è una vita, è un progetto, una sfida, è una lotta comune a tutti gli altri. Ecco cos’è fondamentale, se noi vogliamo assicurare la continuità di Gesù.

Progressivamente, dai primi concili, la distanza si approfondisce con la religione che prende forma. Con Nicea e Costantinopoli si costituisce un nucleo d’insegnamento e di teologia, e la Chiesa comincia a consacrarsi alla difesa, la promozione e lo sviluppo di questa teologia.

Di conseguenza si preparano grandi liturgie e viene organizzato un clero. Il clero, in quanto classe separata, è un’invenzione di Costantino (272-337), cioè sino a Costantino non c’era distinzione tra persone sacre e persone profane: tutti erano laici perché Gesù non aveva previsto altre cose … anzi aveva messo da parte i preti e non aveva in nessun caso previsto l’apparizione di un’altra classe sacerdotale perché tutti gli uomini sono uguali. Non ci sono delle persone sacre e delle altre non sacre, perché, per Gesù, non c’è differenza tra sacro e profano: tutto è sacro e tutto è profano. Nella religione c’è ora una distinzione fondamentale tra sacro e profano, in tutte le religioni c’è un clero che si dedica a ciò che è sacro, e tutti gli altri, che vivono nello spazio profano, sono dei riceventi e non degli attori, non hanno nessun ruolo attivo. Per svolgere un ruolo attivo è necessario essere consacrati. E’ all’epoca di Costantino che tutto questo comincia.

Vangelo e religione nella storia del cristianesimo

A questo punto si è prodotta l’evoluzione seguente: iniziano due tendenze nella storia del cristianesimo. Quelli che, come nel vangelo di Marco, hanno la convinzione che Gesù è venuto affinché il cammino resti nello spirito: è venuto inoltre perché noi lo seguiamo, Gesù è la base e il fondamento. Questa tendenza rinnova e applica nei diversi contesti storici la stessa vita di Gesù e il suo insegnamento. La possiamo seguire lungo tutto il cammino storico. Sicuramente non possiamo sapere tutto poiché la grande maggioranza di quelli che hanno seguito il cammino di Gesù sono stati i poveri, quelli di cui non si parla mai nei libri di storia. Non hanno quindi lasciato dei documenti. Tuttavia, alcune persone e istituzioni hanno lasciato, sì, dei documenti. Noi possiamo così seguire il loro cammino e vedere dove, nel corso della storia della Chiesa cristiana, appare il Vangelo e dove hanno cercato, progressivamente, un vissuto cristiano. Quelli che hanno cercato di seguire radicalmente il cammino del Vangelo sono stati minoritari, come diceva Helder Camara, “delle minoranze abramitiche”.

La maggioranza si situa al polo opposto, nella religione, cioè in quella parte che si consacra alla dottrina. Questa insegna e difende la dottrina contro gli eretici, contro le eresie. Questo fu uno dei compiti maggiori. Questa parte pratica i riti e costituisce la classe sacra, la classe sacerdotale.

Tutto questo conduce a una distinzione che sarà evidente per tutta la storia: il polo Vangelo è in lotta con il polo religione e il polo religione con il polo Vangelo. Tutta la storia della cristianità vive in una contraddizione permanente, costante, poiché ci sono quelli che si consacrano alla religione e quelli che si consacrano al Vangelo. Evidentemente ci sono delle situazioni intermedie e non c’è purezza assoluta né da una parte né dall’altra. Ci sono palesemente nella storia due storie, due gruppi ben precisi. La storia ufficiale, quella che ci hanno insegnato quando eravamo giovani, la storia dell’istituzione ecclesiastica: parlava solo di religione, nell’ipotesi che questa fosse l’introduzione al vangelo; ma non era che un’ipotesi. Si può pensare che tutto ciò che esiste e costituisce la religione nel sistema cattolico venga da Gesù, come si diceva nella teologia tradizionale nei tempi della cristianità: tutto nella Chiesa cattolica romana viene da Gesù? Ci vogliono parecchie acrobazie teologiche per dimostrare che tutto ha la sua origine in Gesù e non ha radici in altre religioni, in altre culture, come se i cristiani convertiti fossero totalmente liberati da ogni loro cultura e da ogni loro religione precedente. Tutti introducono nella loro vita cristiana degli elementi che vengono dalla loro religione e cultura anteriori. E’ per quello che la religione dei convertiti ha qualcosa di complesso; è inevitabile, poiché gli esseri umani che si integrano nella Chiesa non sono degli angeli, si integrano carichi di secoli e secoli di storia, di secoli e secoli di tradizioni culturali. Tutto questo avviene naturalmente.

Di conseguenza chiaramente si manifesta un’opposizione di natura politica. Il Vangelo emana da Dio e quindi non può cambiare. La religione è una creazione umana, quindi può e deve cambiare secondo l’evolversi della cultura, delle condizioni di vita dei popoli in generale. Se la religione rimane arroccata al suo passato, a poco a poco la si abbandona per un’altra meglio adattata o più comprensibile. Il Vangelo si vive nella vita concreta, materiale, sociale. La religione vive in un mondo simbolico. Tutto è simbolico: dottrina, riti, preti. Sono tutte entità simboliche che non partecipano della realtà materiale. La realtà del Vangelo è universale poiché non è associata a nessuna cultura e religione.

Le religioni sono sempre collegate a una cultura, la religione cattolica per esempio è legata alla sotto-cultura clericale romana che la modernità ha marginalizzato, che è in piena decadenza perché i suoi membri non hanno voluto accedere alla cultura moderna. Il Vangelo è una rinuncia al potere e a tutti i poteri che esistono nella società. La religione cerca il potere e il suo appoggio, attraverso tutte le sue forme; questa è un’evidenza. Ai tempi della prigionia dei vescovi a Riobamba (1976) il nunzio diceva: “Se la Chiesa non ha l’appoggio dei governanti, non potrà evangelizzare”. Ma è più vero il contrario: se la Chiesa ha l’appoggio dei potenti, le sarà difficile di evangelizzare. La mentalità del potere è un residuo di quel cristianesimo secondo il quale la Chiesa si fondava su un’unità politico-religiosa. Evidentemente tutte le autorità erano unite: il clero e il governo, il clero e l’esercito, tutti uniti. E’ molto difficile rinunciare ad associarsi al potere. Faccio un esempio: il mio vescovo attuale, nello Stato di Bahia, in Brasile, è un francescano; si chiama Luis Flavio Carpio. Si è fatto conoscere in Brasile per uno sciopero della fame, due scioperi della fame, che egli ha fatto per protestare contro un progetto faraonico del governo, basato su un’ enorme menzogna… L’anno scorso egli è stato invitato dalla Chiesa tedesca. In tale occasione ha parlato in diverse città tedesche. Un gruppo si avvicinò a lui e dice che veniva a dargli un dono al fine di aiutare le sue opere. Era una bella somma, circa 100.000 dollari. Egli chiese da dove veniva quel denaro. Gli risposero che veniva da diverse imprese e da qualche dirigente. “Io non accetto, non posso accettare il denaro che è stato rubato ai lavoratori, che è stato sottratto a coloro che dirigono la produzione”. Egli non accettò nessuna alleanza con il potere economico. Io non so quanti non avrebbero accettato tra il clero… Questo Vescovo è fatto a immagine di San Francesco: la sua vita intera è stata così. E’ per questo motivo che io sono andato a vivere in quella terra, per santificarmi un po’al contatto di una persona dalle caratteristiche così evangeliche.

La nascita della Chiesa

Come è nata la Chiesa? Quella di cui si parla, la realtà storica concreta, costituita essenzialmente dal papa dai vescovi, dai preti, dalle religiose, i religiosi, l’insieme istituzionale che è all’origine di una grande precarietà. Evidentemente Gesù non ha fondato nessuna Chiesa. Lui, con i suoi discepoli si considerava come un giudeo; con i primi discepoli erano il nuovo popolo di Israele: i dodici apostoli sono i patriarchi della Chiesa, del nuovo Israele. Il primo pensiero era di continuare, di correggere, di perfezionare Israele.

Ma quando il Vangelo penetrò nel mondo greco, Israele in quel mondo non significava gran che. Allora Paolo inventò un nuovo nome: egli dona alle comunità che fonda nelle città il nome di “ecclesia” che si traduce con “chiesa”. Cos’è la chiesa? In greco il suo unico significato è l’assemblea del popolo riunito che governa la città. Il popolo riunito era nella pratica ciò che c’era di più potente. Infine, l’idea era che il popolo, nelle città greche, si governa da solo, e lo fa in riunioni che sono l’ecclesia. In altre parole Paolo non dà alle comunità nessun nome religioso. Le considera come un gruppo destinato ad animare, con un messaggio di trasformazione in tutte le città, in modo tale che queste danno origine a una umanità nuova, un’umanità nella quale tutti sono uguali, tutti governano tutti. Poi arriva la lettera agli Efesini: in questa si tratta di una Chiesa come espressione del nuovo Israele. L’ecclesia è il nuovo Israele, cioè tutti i discepoli di Gesù riuniti in numerose comunità ma non in senso istituzionale. Unite in una medesima fede tutte formano la Chiesa, la grande Chiesa che è il corpo di Cristo. Non esiste ancora istituzione.

Ma tutto ciò non poteva continuare così. Tra i giudei che accettavano il cristianesimo, non tutti abbandonavano il giudaismo. Quando il numero dei cristiani e il numero delle comunità aumenta, cominciano ad introdursi della strutture. Al tempo di Paolo non c’erano preti, anche se Luca dice il contrario, ma san Luca non ha nessun valore storico, questo tutti lo sanno. Egli attribuisce a Paolo quello che si faceva alla sua epoca e immagina quindi che Paolo ha fondato dei consigli presbiterali con la presenza di preti: come giustificare l’esistenza di un vescovo se egli non ordina dei preti? E’ evidente che si produce un inizio di separazione, ancora molto sottile, poiché nulla è ancora sacralizzato: i preti non sono sacri così come i preti delle sinagoghe non lo erano; avevano semplicemente una funzione, una missione di gestione, d’amministrazione, ma non una funzione rituale, una funzione di insegnamento di una dottrina.

Poi apparvero i vescovi. Alla fine del secondo secolo si pensa che lo schema episcopale sia generalizzato, ma ci volle un po’ di tempo per arrivare a questa situazione. Clemente di Roma, quando pubblica la sua lettera ai Corinti dice “preti” e non “vescovi”. Non c’è ancora vescovo a Roma. Ma la realtà episcopale è stata organizzata. Probabilmente, per lottare contro le eresie e contro lo gnosticismo, era necessaria un’autorità rafforzata per poter affrontare lo gnosticismo e tutte le nuove religioni sincretiste che nascevano allora.

E la Chiesa in quanto istituzione universale quando ha fatto la sua apparizione? Nel terzo secolo, ci furono dei concili regionali: vescovi di diverse città si riunivano. Ma un’entità che avesse il potere di istituzionalizzare il tutto non esisteva. Chi inventò la Chiesa universale fu l’imperatore Costantino. Egli riunì tutti i vescovi del mondo romano: viaggi e incontri a sue spese, e il concilio fu organizzato e diretto dall’imperatore e i suoi delegati. Questo fatto costituisce un precedente storico. Sino a oggi noi non ci siamo liberati dalla Chiesa universale in quanto istituzione nata dalla volontà dell’imperatore.

Poi nella storia dell’Occidente l’imperatore romano cadde e così progressivamente il papa arrivò a svolgere la funzione imperiale. Nel Medio Evo ci furono numerose lotte tra il papa e l’imperatore, ma il papa si considerava sempre superiore all’imperatore. Durante le crociate, il papa era il generalissimo di tutti gli eserciti cristiani; era una personalità militare, il comandante in campo dell’armata cristiana. E nella tradizione dello Stato pontificio tutto ciò si mantenne.

Quando il papa perse il potere temporale, rafforzò il suo potere sulle Chiese: governò la Chiesa come un imperatore, tutti i poteri sono centralizzati nelle mani di uno solo e con tutti gli aspetti di una corte: non c’è la minima democrazia nella Chiesa. Chi guidava il papa? La corte, i cortigiani, il suo ambiente. Evidentemente egli non può fare tutto da solo, ma la corte era separata dal popolo dei cristiani! Noi ne portiamo ancora le conseguenze. Papa Paolo VI un giorno ha detto che era necessario realmente cambiare la funzione attuale del papa, cioè di tutto quanto egli deve fare. Giovanni Paolo II nella Unum sint indica ugualmente che bisogna prendere coscienza che questa concentrazione di poteri nelle mani del papa è un grande ostacolo nel mondo d’oggi. Bisognerebbe trovare altre modalità d’esercizio del potere. Tutto questo fa parte della religione.

Il compito della teologia

In seguito a quanto appena detto, qual è il compito della teologia? La teologia è complessa perché ha una funzione rispetto al Vangelo e una funzione rispetto alla Chiesa. Per molti secoli la teologia è stata l’ideologia ufficiale della Chiesa. Il suo ruolo è stato di giustificare tutto quello che la Chiesa dice e fa, con degli argomenti biblici, legati alla tradizione, la liturgia e tutte quelle cose che ho imparato quando ero in seminario. Evidentemente io non ci credevo, ma la grande maggioranza ci crede ancora. Allora che si deve fare?

Il primo lavoro da fare è porsi la questione: che cosa dice il Vangelo? Cos’è che viene da Gesù? Che cosa risente dell’influenza del giudaismo, dell’influsso di un’altra religione? Secondo il Nuovo Testamento, che cosa deriva da Gesù? Il Nuovo testamento nel suo complesso non viene da Gesù. Le lettere pastorali che parlano per esempio dei preti non vengono da Gesù. Il lavoro della teologia consisterà dunque nell’evidenziare ciò che viene da Gesù, nel dire quello che egli ha voluto realmente, che egli ha realmente fatto, nel dire ciò che ha realmente voluto e fatto, in che cosa consiste realmente la continuazione di Gesù.

Se si considera la storia, quali sono state le manifestazioni nelle quali, sotto forme differenti poiché le situazioni culturali erano differenti, possiamo identificare la continuazione della linea evangelica? Se noi vogliamo avere un impatto sul mondo di oggi, proporre il cristianesimo al mondo d’oggi, tutto quello che è religione non interessa. Quello che può interessare è precisamente il Vangelo e la testimonianza evangelica. Nessuno verrà convertito dalla teologia: per corrette che siano le lezioni che voi fate, nessuno diverrà cristiano sotto l’effetto della teologia. Per questo io mi interrogo: per quali ragioni nei seminari si crede che la formazione sacerdotale consista nell’insegnare la teologia? Non capisco veramente, non capisco. Per questo motivo ho deciso trent’anni fa, sotto lo sguardo di Dio, di non lavorare mai più nei seminari.

La linea evangelica è data da San Francesco. San Francesco era un estremista. Egli non voleva che i suoi frati avessero dei libri: nessun uso dei libri. Il Vangelo bastava. Non si ha bisogno di nient’altro. Egli stesso diceva: “Quello che io insegno non l’ho appreso da nessuno, nemmeno dal papa; l’ho appreso direttamente da Gesù attraverso il Vangelo”. Ebbene è quello che può convincere il mondo d’oggi che è totalmente turbato e che si allontana ogni giorno di più dalle Chiese antiche, tradizionali. Tutte le grandi religioni sono nate, più o meno, tra il 1000 e il 500 prima di Cristo, ad eccezione dell’Islam che è apparso in seguito; ma questo è una specie di branca della tradizione giudeo-cristiana. Questo è il primo punto.

In secondo luogo che fare della religione? Bisogna esaminare complessivamente nel sistema della religione ciò che aiuta realmente a scegliere, a comprendere, ad agire secondo il Vangelo. Qualcosa può esser nato presso dei monaci per ispirazione dello Spirito? Se considerate la vita dei monaci del deserto in Egitto, non la si può considerare un messaggio e non viene assolutamente dal Vangelo. Molte cose hanno origine da non si sa quale tradizione, potrebbe essere il buddismo o altre cose simili. Bisogna dunque valutare quel che resta valido oggi, e realizzarlo con obiettività.

Gesù non ha istituito 7 sacramenti. Sino al dodicesimo secolo si dibatteva sul numero, 10, 7, 5, 9, 4? Non c’era accordo; finalmente è stato deciso che ce n’erano 7. Probabilmente a causa dei 7 giorni della Genesi, dei sette pianeti, del numero sette… ma, visibilmente, ci sono delle cose che non dicono più nulla al mondo attuale , per esempio la confessione presso un prete e il sacramento della penitenza. Quanti sono quelli che si confessano attualmente? Vent’anni fa, durante la Settimana Santa, in una parrocchia popolare io ascoltavo in confessione 2000 parrocchiani, e il curato altri 2000. Oggi: 20 e 30, il che significa che la gente non è più interessata. E’ qualcosa che è stata stabilita nel dodicesimo, tredicesimo secolo: perché mantenere qualcosa che non ha più senso e che al contrario provoca un netto rigetto. Che uno abbia bisogno di parlare con qualcuno, che il peccatore senta il desiderio di aprirsi a qualcuno è vero, ma non precisamente a un prete: ci sono molte persone, molte donne che possono adempiere questo ruolo e anche meglio, con maggior ponderazione, senza terrorizzare come avviene con i preti. E’ un punto importante.

Ma c’è una montagna di cose che bisognerebbe rivedere perché non hanno avvenire. E’ inutile voler difendere o mantenere qualcosa che ormai è un ostacolo all’evangelizzazione e che non serve assolutamente a nulla. Nelle liturgie molte cose sono da cambiare. La teoria del sacrificio è stata evidentemente introdotta dai giudei. Nel tempio si offrono dei sacrifici, i preti sono delle persone sacre che offrono il sacrificio. Questa teoria non significa assolutamente nulla oggi. Viene forse da Gesù che il prete sia votato al sacro per offrire il sacrificio e che l’Eucarestia sia un sacrificio? Tutto questo non viene da Gesù. Bisogna dunque vedere se ciò ha un valore o no. Perché mantenere qualcosa che non ha valore?

Bisogna poi vedere anche l’altra faccia del problema, cioè ciò che non aiuta e che s’è infiltrato da altre tradizioni, da altre correnti. Prendiamo per esempio la via ascetica dei monaci irlandesi. L’Irlanda è stata l’isola dei monaci. Là, i vescovi non avevano autorità, servivano per ordinare dei preti; ma per tutto il resto erano in riposo. Chi dirigeva erano i monaci: tutto era centralizzato sui monasteri che erano l’equivalente delle diocesi attuali. Questi monaci irlandesi avevano una vita d’ascesi così fortemente disumana per noi, che è impossibile che ci possa aiutare, poiché là gli uomini erano dei superuomini e non ce ne sono dei simili oggi. Per esempio un esercizio di penitenza che loro facevano consisteva nell’entrare nel fiume - e in Irlanda i fiumi sono freddi – per restarvi, nudi, per recitare tutti i salmi… non si deve pensare che essere cristiani sia concepire la vita in questo modo. Non è così che si manifesta la santità. Tutto quello che viene da questa tradizione è da rivedere.

Tutte le congregazioni femminili sanno quanto bisogna lottare per cambiare i costumi e le tradizioni che non sono evangelici. Quanti dibattiti! Conosco un gran numero di congregazioni femminili che hanno perso tempo in discussioni e in dibattiti tra quelle che volevano conservare tutto e quelle che volevano abbandonare ciò che non é più utile e trovare un altro modo di vita più adattato alla situazione attuale.

Dunque che compito attiene alla teologia? Bisogna cambiare. La tradizione deve cessare d’essere l’ideologia di tutti i sistemi romani: questo non deve più avvenire. Questo tipo di teologia è stata progressivamente abbandonata già da lungo tempo.

Un nuovo francescanesimo latino-americano

In America latina qualcosa di nuovo è nato: abbiamo conosciuto un nuovo francescanesimo, cioè una nuova tappa, molto radicale, di vita evangelica. Quando situarne l’origine? Ho parlato dei vescovi che hanno partecipato e animato Medellìn e della scelta dei poveri: questi sono i Santi Padri dell’America latina. Se si vuol datare l’origine del nuovo evangelismo della Chiesa latino-americana, io direi, non lo dimenticate, il 16 novembre 1965. In quel giorno, in una catacomba di Roma, 40 vescovi , in maggioranza latino-americani, dietro la spinta di Helder Camara, si sono riuniti e hanno firmato quello che viene chiamato “Il Patto delle catacombe”. Quei vescovi si impegnavano a vivere nella povertà, che si trattasse di nutrimento, di trasporti, di alloggio. Non dicono quello che si deve fare, si impegnano ed effettivamente lo hanno fatto una volta ritornati nelle loro diocesi. Hanno dato la priorità ai poveri in tutte le loro attività, cosa che comportava lasciar da parte molte cose per consacrarsi prima di tutto ai poveri e a tutto un insieme di elementi che vanno in quella direzione. Questi vescovi furono gli animatori della Conferenza di Medellìn. In quel momento e in quel luogo è nata la nuova svolta.

Essi beneficiarono di un contesto favorevole: in quel periodo lo Spirito Santo aveva ispirato numerose personalità evangeliche. Le comunità di base avevano già intrapreso il loro cammino. C’erano già delle religiose integrate nelle comunità popolari, ma poco numerose e quindi si sentivano marginalizzate in mezzo agli altri. Medellìn ha dato alle comunità una specie di legittimità e allo stesso tempo un dinamismo maggiore e le comunità si sono moltiplicate. Queste novità tuttavia non hanno toccato tutta la Chiesa Latino americana, evidentemente si trattava di una minoranza. Un giorno, mi ricordo, è stato chiesto da un giornalista al cardinal Arns – un santo, noi abbiamo avuto eccellenti relazioni d’amicizia – : “Signor cardinale, qui a San Paolo siete sicuramente fortunati, tutta la Chiesa è diventata la Chiesa dei poveri, le religiose sono tutte al servizio dei poveri: che meraviglia!” E Dom Paolo ha risposto: “E si, qui a San Paolo il 20% delle religiose sono inserite nelle comunità dei poveri; ma purtroppo l’80% sono restate presso i ricchi”. Erano tante. Oggi non c’è più il 20%.

Fu un’epoca di creazione, una di quelle epoche, come avviene talvolta nella storia, segnata per un’empatia molto forte con lo Spirito. A noi spetta di vivere quell’eredità da mantenere e da conservare poiché nulla di simile sta rinascendo. A volte mi interrogo: “Perché i vescovi non sono simili a quelli di quell’epoca?”. Perché quel’epoca nella storia della Chiesa era eccezionale: ogni tanto capita che lo Spirito Santo invii delle eccezioni.

L’evangelizzazione

Chi andrà allora a evangelizzare il mondo d’oggi? Dal mio punto di vista sono i laici. Già sono nati numerosi piccoli gruppi di giovani che praticano giustamente un modo di vita molto più povero, liberi da ogni organizzazione esteriore, in contatto permanente con il mondo dei poveri. Ne esistono già, ce ne sarebbero di più se fossero meglio conosciuti. Questo potrebbe essere un compito ausiliare della teologia: far conoscere cosa avviene nella realtà, dove si trova in questo momento il Vangelo vissuto affinché lo si sappia, affinché questi gruppi si conoscano reciprocamente, diversamente si potrebbero scoraggiare o sbagliare le prospettive. Una volta riuniti, costituiscano delle associazioni nel rispetto delle tendenze e dei modelli spirituali. Io non mi aspetto grandi cose dal clero. Noi possiamo quindi essere in una situazione storica nuova.

Ciò che avviene in questo momento è che i laici hanno cessato di essere analfabeti e già da tanto tempo: hanno una formazione umana, una formazione culturale, una formazione della loro personalità che è molto superiore a quello che si insegna nei seminari. Quindi i laici sono meglio preparati ad agire nel mondo, anche se non sanno molto di teologia. Si potrebbe dare loro un po’ più di teologia, ma questo è un altro problema. Non dobbiamo certo pensare che quelli che domani realizzeranno il programma di Aparecida saranno i preti. Non li conosco tutti, ma i seminari che conosco, le diocesi che conosco avrebbero bisogno di 30 anni per formare un clero nuovo: e chi lo formerebbe?

Per quanto riguarda i laici le cose sono differenti: sono numerosi a essere pronti e sono delle persone con una formazione umana, con delle capacità di pensiero, di riflessione, per stabilire delle relazioni e dei contatti, dirigere dei gruppi e delle comunità. Ma molti non osano ancora. Tuttavia essi sono l’avvenire.

Un aneddoto per terminare: sono stato interpellato a Fortaleza, a nord-est del Brasile. Fortaleza attualmente è una grande città: un milione di abitanti. La Santa Sede aveva allontanato e marginalizzato il cardinale Aloiso Lorscheider, inviandolo in esilio ad Aparecida che è un luogo di punizione per i vescovi che non sono graditi. Arrivò allora un successore, Dom Claudio Humes che ora è cardinale a Roma. Claudio Humes soppresse tutto ciò che aveva un carattere sociale nella diocesi, allontanò 300 persone che avevano una lunga esperienza di servizio, pieni di capacità umane; il tutto senza esitazioni. Un giorno queste persone allontanate mi hanno contattato: erano 300 in lacrime, piangevano: “ora non possiamo più fare niente; cosa mai possiamo fare?”. Ho detto loro: “Ma voi siete delle persone profondamente umane, acculturate e con una forte personalità. Avete avuto successo nella vostra vita familiare, nelle vostre carriere, nella vostra vita professionale. Vi preoccupate ora di sapere se il vescovo vuole o non vuole? Se il parroco vuole o non vuole? Voi possedete tutta la formazione sufficiente e le capacità: perché non agite voi stessi, non costituite voi un’associazione, un gruppo in modo autonomo? Infatti il diritto cattolico – molti dei cattolici non lo sanno – permette la costituzione di associazioni indipendenti dal vescovo, indipendenti dal parroco. E’ una realtà che giustamente è importante sapere. Voi potete quindi raggrupparvi serenamente tra 4 o 5 persone per organizzare un sistema di comunicazione, un sistema di spiritualità, un sistema di organizzazione per una presenza nella vita pubblica, nella vita politica, nella vita sociale: siete 300 persone di valore! Se quest’operazione costa denaro, se è necessario pagare 5 persone, ciascuno metta a disposizione appena il 2% di quello che guadagna. Si può tra l’altro far vivere 5 persone che si dedicano a quello. Queste persone sono da scegliere tra i 25-30 anni perché quello è il momento della creatività. Sino a 25 anni l’essere umano è in ricerca. Terminati gli studi, in possesso di un lavoro, egli vuole dare un senso alla sua vita: tra questi si trovano quelli che hanno capacità di inventare. Perché non l’avete fatto? Perché tanta timidezza? Voi nel mondo avete tutte queste capacità, nell’ambito della Chiesa invece nulla. Non si sentivano capaci, avevano bisogno del vescovo, dei preti che dicessero loro quello che bisogna fare. Se avviene questo è perché non è stato loro insegnata l’autonomia: ci si può comportare da adulti nella vita civile ed allo stesso tempo nella vita religiosa.

Ma noi possiamo agire in questo modo in tutte le regioni. L’avvenire dipende dai gruppi di laici simili tra loro anche se sono molto dispersi. In questo c’è l’avvenire: tutti dobbiamo assolvere questo compito, cominciando dai giovani. In Brasile ci sono in questo momento 6 milioni di studenti universitari; 2 milioni vengono da famiglie povere – i poveri sono quelli che guadagnano meno di tre volte il minimo vitale perché con meno di tre volte il minimo vitale non si può vivere decentemente – 2 milioni. E in che cosa consiste la presenza del clero? E’ minima: qualche religioso. E la presenza delle diocesi? Non ce ne sono. E su questa linea c’è l’avvenire. Ci sono dei giovani che scoprono il mondo. Alcuni si fanno tentare dalla droga, si lasciano corrompere, ma sono una minoranza, nell’insieme sono delle persone che vogliono fare qualcosa nella vita. Se non hanno conoscenza del Vangelo non potranno vivere da cristiani: bisogna spiegarlo, ma non con dei corsi di teologia, ma con l’azione, partecipando a delle azioni che sono realmente dei servizi resi ai poveri. E’ possibile.

Il compito della teologia… Bisognerà cambiare un po’: essere meno accademici, più orientati verso il mondo esteriore, verso quelli che non sono nel giro d’influenza della Chiesa, quelli che non servono. Bisogna essere una presenza. Offrire una teologia leggibile senza avere una formazione scolastica, infatti nel passato se non si aveva una formazione aristotelica non si poteva comprendere nulla della teologia tradizionale. La filosofia aristotelica è morta, cioè i filosofi del XX secolo l’hanno sotterrata. E necessario che noi ora inventiamo: come possiamo noi aprirci al mondo?

Nato nel 1923, prete della diocesi di Malines-Bruxelles, dottore in teologia, collaboratore di dom Helder Camara, Joseph Comblin fu professore all’Istituto di teologia a Recife in Brasile. Dopo aver pubblicato La Résurrection de Jesus-Crist (1958), si fece conoscere per la sua Théologie de la paix (2 volumi, 1960-1963) e la sua Théologie de la ville (1968) nella linea della teologia delle realtà terrestri inaugurata dal teologo domenicano, Marie-Doninique Chenu (1895-1990)

Dial – Diffusion d’information sur l’Amerique latine – D 3123

Traduction d’Annie Damidot pour Dial

alterinfos.org/spip.php?article4606

(traduzione dal testo francese al testo italiano di Mario Arnoldi

e-mail: mario.arnoldi3@virgilio.it)




Giovedì 29 Agosto,2013 Ore: 16:32
 
 
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