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www.ildialogo.org “Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,<br />Silenziosa luna?”,Michele Zarrella *

LUNA ATTRAZIONE PERENNE
“Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
Silenziosa luna?”

UN PICCOLO PASSO PER UN UOMO UN ENORME BALZO PER L’UMANITÀ


Michele Zarrella *

https://www.ildialogo.org/foto2/MicheleZarrella250.jpg  Il primo passo dell’uomo sulla Luna di oltre mezzo secolo fa non le ha certo tolto il fascino che dona agli innamorati, a chi la guarda incantato e nemmeno il candore che Leopardi splendidamente mise in poesia. È il 16 luglio 1969. Sono le ore 13:32 del tempo universale. Parte Apollo 11 una capsula ogivale posizionata sul razzo più grande, pesante e potente che il mondo abbia mai visto: il Saturno V, alto 110 m – quanto un palazzo di 34 piani – e costituito da 3 stadi. Consuma 3 tonnellate al secondo di carburante per dare la spinta necessaria affinché il tutto raggiunga la velocità di fuga: 11,2 km/s, cioè 40.320 km/h. Una spinta del genere provoca un aumento di peso degli astronauti fino a 7 o 8 G. Il primo stadio funziona per due minuti e mezzo. A bordo tre coetanei, tutti nati nel 1930: il comandante Neil Armstrong, il pilota del modulo di comando Michael Collins e il pilota del modulo lunare Buzz Aldrin. Per tutti e tre è il secondo e ultimo volo nello spazio. Solo Armostrong è un civile. Gli altri due sono militari.

La probabilità di successo della missione non superava il 50%, una percentuale di rischio altissima che oggi è inaccettabile. Lo sapevano benissimo alla NASA, perché trenta anni dopo, nel 1999, si è ufficialmente saputo del discorso che il presidente Nixon avrebbe dovuto leggere in caso di insuccesso: “Il destino ha deciso che gli uomini che sono andati a esplorare in pace la Luna, resteranno sulla Luna per riposare in pace. … Questi uomini coraggiosi Neil Armstrong e Buzz Aldrin, sanno che non c’è speranza di salvezza. Ma sanno anche che il loro sacrificio dà speranza al genere umano. …” E si concludeva con: “Ogni essere umano che alzerà gli occhi verso la Luna nelle notti a venire saprà che lì, in un altro mondo, da qualche parte ci sarà sempre l’umanità.” Per fortuna, Nixon non dovette leggerlo. La missione fu un successo mondiale e quando il Lunar Excursion Module (LEM), denominato Eagle, si posò sul suolo lunare Armstrong pronunciò la frase: “Houston, Tranquility Base here. The Eagle has landed. [“Houston qui Base della Tranquillità. Aquila è atterrata”.] Sono le 20.17 del tempo universale (UTC), in Italia le 22.17, di domenica 20 luglio 1969.

Però i rischi non mancarono. Né mancarono momenti drammatici. I peggiori si ebbero al momento dell’allunaggio a causa dell’oscuramento del monitor del computer del LEM per il sovraccarico dei dati che doveva tenere sotto controllo. Allora, a 90 secondi di autonomia, il comandante Neil Armstrong dovette allunare a vista. Operazione già preparata ed eseguita con qualche rischio a Terra. Lo fece quando vide una pianura sufficiente allo scopo. Chiaramente andò lungo perdendo il punto di allunaggio programmato. Quando spensero i motori erano rimasti solo una manciata di secondi di autonomia: 8 secondo alcuni, 15 secondo altri. Una manciata di secondi che fecero la differenza tra la vita e la morte.

Dopo l’allunaggio il programma prevedeva alcune procedure – tra cui anche quella di un immediato rientro – e qualche ora di riposo per gli astronauti. Ma come fare a riposare, quando ci si è posati per la prima volta sul suolo del nostro satellite naturale? Come fare a resistere alla voglia di mettere piede su di esso? Persino delle persone preparatissime e rispettose del programma come gli astronauti, di fronte alla possibilità di realizzare il sogno dell’intera umanità chiesero uno strappo al protocollo: poter compiere subito la storica passeggiata. La NASA, comprendendo che comunque non avrebbero potuto chiudere occhio per la grande eccitazione, e che probabilmente si sarebbero stressati ancor più se avessero aspettato, diede il permesso. Allora gli astronauti iniziarono a indossare le tute. La vestizione è complicata e richiede ore per completarla.

 TUTASPAZIALE.bmp  

Immagine tratta da Internet

In effetti la tuta è costituita dal casco col sistema di comunicazione, dal sistema di supporto vitale primario, ossigeno di riserva, batteria, guanti, gambe e calzari, borraccia … Praticamente la tuta è un veicolo a misura che gli astronauti si portano addosso, che permette loro di sopravvivere e li protegge dai raggi cosmici. La tuta deve riprodurre le condizioni terrestri essenziali per la vita. In particolare ossigeno, pressione e temperatura. L’ambiente lunare non è adatto alla vita. È privo di atmosfera, caldissimo se al Sole e freddissimo se all’ombra con una escursione termica di circa 350 gradi centigradi ogni giorno. Inoltre è bombardato dai raggi ultravioletti e dal flusso di particelle di energia detto “vento solare”. Sulla Terra la tuta pesa circa 80 chilogrammi mentre sulla Luna, a causa della minore forza di gravità che è circa un sesto, pesa 13 chilogrammi e mezzo circa.

Una volta indossata la tuta, si può passare alla fase di depressurizzazione del LEM. Solo ora si può aprire il portello che dà sulla scaletta. Gli astronauti la dovranno scendere per toccare il suolo. Il primo sarà il comandante. Dopo sei ore e mezzo dall’allunaggio, Neil Armstrong apre il portello, con qualche difficoltà perché ghiacciato, e aziona il meccanismo che mette in posizione la telecamera che immortalerà e trasmetterà a Terra i suoi passi storici. Armstrong lentamente comincia a scendere i gradini. Giunto all’ultimo che è più alto degli altri è costretto a fare un salto per toccare il suolo. In effetti l’ultimo gradino era stato progettato più alto degli altri perché non si sapeva quanto le zampe del LEM sarebbero affondate nel suolo lunare. Ma le zampe del LEM non affondarono e l’ultimo gradino restò più alto degli altri.

LUNA? Sì, ci siamo andati!: 8.15 Come mai le impronte degli ...

 Immagine tratta da Internet – poiché sulla Luna non c’è atmosfera si ritiene che le impronte possano rimanere impresse per tre milioni e mezzo di anni.

La Luna è coperta da una sabbia finissima, la regolite, che è tossica e si attacca dappertutto per le forze elettrostatiche. Giunto sul suolo Armstrong pronuncia la famosissima frase: “Questo piccolo passo per un uomo è un enorme balzo per l’umanità”. Sono le ore 2.56 del tempo universale (UTC), le 4.56 in Italia, del 21 luglio 1969. Nixon era presidente negli Stati Uniti, Saragat era presidente in Italia e Paolo VI era il papa.

Nell’attesa del compagno, Neil comincia a prendere familiarità col suolo lunare saltellando avanti e indietro. Sì saltellando. Perché a causa della minore forza di gravità la spinta dei piedi a cui siamo abituati a dare al nostro corpo sulla Terra deve essere ridotta di molto – cosa che Armstrong sapeva benissimo – per ottenere un passo regolare. Quindi occorreva un po’ di pratica per prendere dimestichezza col nuovo campo gravitazionale ed ottenere dei passi regolari.

19 minuti dopo Buzz Aldrin, secondo uomo al mondo, toccò il suolo lunare. La sua prima frase fu: “Magnifica desolazione”. La passeggiata sul suolo lunare durò due ore e mezzo. In questo tempo gli astronauti eseguirono il programma previsto: piazzarono la bandiera americana, un sismografo, un sensore per misurare il vento solare, uno strumento per studiare il suolo, un rivelatore di polvere lunare, posizionarono una valigetta con degli specchi retroriflettori, simili ai catarifrangenti che si trovano lungo le strade, raccolsero 21 chilogrammi e mezzo di materiale da portare a Terra. La valigetta con i retroriflettori, con buona pace del movimento che nega il primo sbarco sulla Luna, consente a tutt’oggi di misurare con precisione altissima la distanza della Luna. La prima vittima di tale precisione fu la teoria di due scienziati, Robert Dicke e Carl Brans, che postulava una discordanza tra la massa inerziale: quella che si oppone alla variazione di stato e la massa gravitazionale: quella che risponde alla gravità. Tale discordanza sarebbe stata dimostrata misurando una oscillazione della distanza lunare di una dozzina di metri nell’arco di un anno. Di contro, gli specchi retroriflettori furono e sono tuttora una conferma della teoria della relatività generale di Einstein con un esperimento, che dura da 51 anni, al quale partecipa l’Italia con il Centro di Geodesia Spaziale che si trova a Matera.

Rientrati nel LEM, Armstrong e Aldrin si liberano della tuta, si rifocillano e si riposano. Tutto ciò che non serve più viene buttato fuori per liberare spazio nell’angusto abitacolo e per ridurre il peso al decollo. Dopo sette ore vengono svegliati per la partenza. Le zampe del LEM diventano la rampa di lancio. Il terzo astronauta, Michael Collins, li attendeva in orbita lunare a circa 110 chilometri dalla Luna, e ha raccontato il suo stupore di avere di fronte a sé un oggetto gigantesco, brillante e a tre dimensioni. Data la limitatezza dei nostri sensi siamo abituati a vedere i corpi lontani, come la Luna, come un piccolo disco piatto a due dimensioni e nessun uomo lo aveva potuto vedere prima da distanza così ravvicinata e quindi gigantesca e tridimensionale. Di contro è la Terra che si vede da lì come un piccolo disco piatto bidimensionale sopra l’orizzonte curvo – facilmente apprezzabile, date le sue dimensioni – della Luna.

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/a/a8/NASA-Apollo8-Dec24-Earthrise.jpg/310px-NASA-Apollo8-Dec24-Earthrise.jpg  

Immagine tratta da Internet: Earthrise – Sorgere della Terra. Immagine che ci fa intuire la dinamicità del sistema solare ma anche l’idea di Terra-casa.

Dopo 21 ore e 36 minuti dal distacco i tre astronauti si riuniscono. Il modulo di ascesa viene abbandonato in orbita lunare che lentamente, dopo qualche mese, si schianterà sul suolo lunare. Collins pilota il modulo di comando Columbia verso la Terra. Il rientro in atmosfera terrestre comporta dei rischi. L’angolo di impatto con l’atmosfera, alla velocità di 11,2 km/s, non deve essere né piatto rispetto all'orizzonte terrestre, cioè quasi radente, né molto acuto, o peggio, perpendicolare. Il primo crea un urto con rimbalzo, come quando lanciamo un sasso sull’acqua. Il secondo troppo attrito con conseguente surriscaldamento, fino al rischio di frantumarsi quanto più si avvicina ad una incidenza perpendicolare: sarebbe come sbattere contro un muro. Alle ore 16:51 UTC del 24 luglio, ammararono nell’Oceano Pacifico. Per timori di contagi gli astronauti furono tenuti in quarantena fino al 10 agosto. Solo dopo, constatato l’ottimo stato di salute, il 13 agosto, iniziarono i festeggiamenti che dagli Stati Uniti proseguirono in tutto il mondo fino al 5 novembre.

A questo punto, non poeticamente – ce ne guarderemmo bene – ma in maniera pragmatica, possiamo azzardare una nostra risposta alla ripetitiva domanda del pastore errante leopardiano: la Luna sta lì per farci vedere che la Terra è un pianeta piccolo e sferico. La Terra vista dalla Luna è una piccola biglia blu che può essere nascosta dietro al pollice verso l’alto del braccio proteso. Ecco cosa ci fa in ciel la Luna: ci permette di vedere la Terra da un’altra prospettiva e scoprire che il mondo che ci è vicino lo comprendiamo meglio solo se visto da lontano: l'umanità non può continuare a vivere pensando di sfruttare un pianeta infinito, con risorse inesauribili e pertanto eternamente e stoltamente consumabile. Ora nessuno può ignorare la nostra fragile realtà. Il primo sbarco sulla Luna, questo evento incredibilmente arduo dato al 50% di probabilità di successo, il superamento di un altro limite da parte di questo perenne Ulisse proteso sempre verso il nuovo, ci ha fatto vedere che la Terra è una piccolissima biglia bianca e blu nel sistema solare, un granello di sabbia nell’immensità della Via Lattea che è una delle centinaia di miliardi di galassie dell’Universo. Il primo e i successivi viaggi sulla Luna ci hanno fatto vedere quello che sapevamo: la nostra casa è una piccola biglia dispersa come un relitto nell’universo, come ha detto il filosofo Günther Anders, e ci hanno fatto capire visivamente la sua unità e unicità.

    

    Immagine tratta da Internet.

Foto scattata da Harrison Schmitt nel dicembre 1972 da una distanza di 50.000 km durante il viaggio verso la Luna di Apollo 17, ultima missione scesa sulla Luna.

Pertanto presa coscienza dell’unità e dell’unicità del nostro pianeta, dobbiamo aver cura dell’equilibrio dinamico raggiunto dalla nostra biosfera che è l’unico in grado di tutelare la vita umana e permettere all’uomo di affrontare la lunga traversata verso il futuro e la possibilità di continuare ad averlo. E per averlo dobbiamo riuscire a eliminare gli sprechi, ridurre la insostenibile impronta umana sul pianeta, l’inquinamento degli ecosistemi, il riscaldamento globale, la sovrappopolazione e riuscire a immaginare nuovi equilibri e nuova attenzione ai valori umani e alla sostenibilità, con un mix di cultura, di solidarietà, di innovazione tecnologica e di energie rinnovabili che permetta di risolvere l’equazione di sviluppo e modernizzazione.

Presidente di Astronomia Moderna

Ha collaborato Nicola Prebenna

Per contatti

zarmic@gmail.com

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Lunedì 20 Luglio,2020 Ore: 18:58
 
 
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