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www.ildialogo.org Il Sud Sudan, un puzzle da monitorare,di Ibrahim Abdel Salam

ANBAMED - L'approfondimento
Il Sud Sudan, un puzzle da monitorare

di Ibrahim Abdel Salam

Questi sono giorni impegnativi per la diplomazia e la politica nel Sud Sudan, giovane paese nato nel 2011 quando ha deciso di separarsi dal Sudan. Dopo due guerre civili all'interno del paese madre (1955-1972, poi 1983-2005), milioni di morti e sfollati, ancora conflitti al suo interno dopo l’indipendenza, tanta povertà e un processo di sviluppo che parte da zero, trovare la quadra è tutt'altro che facile.
Il dialogo nazionale, che vorrebbe includere tutte le forze politiche locali e nazionali, si è concluso. Il presidente Salva Kiir ne accetta le risoluzioni da inserire nella Costituzione permanente. Le raccomandazioni presentate dai delegati includono l'approvazione del sistema di governo federale, con oltre 32 stati costituiti da governi statali che sono amministrativamente e politicamente autonomi dal governo federale. Tuttavia, l’SPLM-IO, il principale gruppo di opposizione guidato da Riek Machar, non ha preso parte al dialogo, sostenendo che l'accordo di pace del 2018 offre già i propri meccanismi di risoluzione dei conflitti. Intanto, nel contesto dei colloqui bilaterali tra il vice presidente Machar e il governo, l'IGAD – la regione che racchiude Djibouti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia, South Sudan, Sudan and Uganda – ha accettato di revocare le restrizioni di viaggio allo stesso Machar, che adesso può andare nuovamente a visitare i suoi siti militari.
La questione dei 32 Stati è stata centrale per arrivare all’accordo, ma questo sembra un passo indietro per la mancanza di coinvolgimento del principale partito di opposizione. La reazione probabilmente arriverà a breve, e speriamo sia pacifica.
Riguardo l’altro conflitto interno, al momento a bassa intensità, continuano senza fretta a Roma i colloqui tra il governo del paese e il gruppo di opposizione armata “South Sudan Opposition Movements Alliance” (fazione SSOMA-Thomas Cirillo). Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha comunque approvato un prestito di 52,3 milioni di dollari per il Sud Sudan. Si tratta del primo caso di finanziamento approvato da parte dell'FMI da quando il paese ha aderito al Fondo nel 2012.
Martedì 17 novembre il portavoce della Missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan (UNMISS) ha dichiarato di voler creare basi temporanee per il mantenimento della pace nella regione di Jonglei, per contribuire a porre fine alle scaramucce interetniche. Quindi le forze ONU presenti nel paese potrebbero essere autorizzate a intervenire in questioni di conflitto armato; questo fatto potrebbe cambiare la percezione della comunità nei confronti delle Nazioni Unite, e magari anche delle ONG umanitarie.
In conclusione, il governo provoca l’opposizione prendendo decisioni in netto contrasto, l'opposizione è di nuovo autorizzata a muoversi per il paese, con il rischio forte di andare di nuovo a mobilitare risorse militari. In questo contesto, l'agenzia dell'ONU potrebbe diventare un “corpo di pace”, quindi “parte integrante” nel conflitto, mentre il FMI mette in circolo soldoni. Questi, positivamente, possono aiutare a risolvere problemi (già vediamo lavori importanti sulle strade), ma anche, negativamente, potrebbero dare una buona ragione alle parti in causa per competere con più forza per il potere e, quindi, il controllo di queste risorse.
È un quadro da monitorare costantemente e, per la sua complessità, con sempre maggiore attenzione.
Ibrahim Abdel Salam
Giuba, 29/11/2020.



Lunedì 30 Novembre,2020 Ore: 20:35
 
 
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