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www.ildialogo.org Nonno cosa hai fatto?,di Michele Zarrella *

Otto domande, otto risposte l’otto ogni mese
Nonno cosa hai fatto?

di Michele Zarrella *

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L’ultima Conferenza delle Parti sul clima (COP25), tenutasi a Madrid lo scorso dicembre, si è chiusa senza accordo. È possibile continuare così?

Da 25 anni, i governanti dei Paesi delle Nazioni Unite si riuniscono per decidere come affrontare i cambiamenti climatici, ma sono 25 anni che tutto si chiude con tante parole e questa volta non si è trovato nemmeno l’accordo sul costo della tonnellata di anidride carbonica (CO2) immessa nell’atmosfera. I paesi europei hanno proposto di pagare 25,00 € a tonnellata di CO2 immessa in atmosfera. L’osservatorio internazionale suggerisce almeno 40,00 € a tonnellata di CO2 immessa in atmosfera, da aumentare a 100 € entro il 2050. Alcuni studi scientifici internazionali calcolano i danni sociali in oltre 400,00 $ per tonnellata di CO2 immessa in atmosfera. Ciononostante Arabia Saudita, Australia, Brasile, Cina, India e Stati Uniti, alla COP25, hanno ostacolato l’accordo. Sono i paesi che inquinano di più. Il Brasile ha proposto di far valere il costo stabilito dal Protocollo di Kioto del 1997: 2 centesimi di dollaro a tonnellata di CO2 immessa in atmosfera.

Ma, a parte la polemica sui costi, questo modo di comportarsi non punta a risolvere il problema.

Il problema della crisi climatica è che non possiamo più immettere gas serra in atmosfera. Pensare di fissare un prezzo alle tonnellate di CO2 è soltanto un escamotage che i politici potranno utilizzare fino a quando il clima non ci presenterà il conto. E sarà un conto salatissimo. Solo allora, quando saremo costretti – violentemente –, forse porremo qualche rimedio. Se sarà ancora possibile. I campanelli di allarme ne abbiamo fin troppi: lo scioglimento dei ghiacciai; l’innalzamento troppo veloce della temperatura media: l’ultimo ventennio è stato il più caldo da quando c’è disponibilità di dati a partire cioè dal 1880; l’aumento dell’acidità e della temperatura degli oceani; l’innalzamento del livello del mare; gli eventi climatici estremi: tempeste, alluvioni, siccità, l’inferno in Australia compreso.

L’economista, pacifista e poeta Kenneth Ewart Boulding (1910-1993), nel 1973, diceva: "Chi crede che la crescita esponenziale possa continuare all'infinito in un mondo finito è un folle oppure un economista." È così?

Non possiamo consumare, consumare sempre come certa pubblicità e certe teorie economiche dicono. Così facendo stiamo “consumando” il pianeta, nel senso che stiamo modificando l’equilibrio dinamico della biosfera e quindi del clima: quel clima che da 10.000 anni, per il suo pressoché costante equilibrio, ha consentito lo sviluppo della nostra società.

Nel maggio 2015 uscì l’enciclica LAUDATO SI’ di papa Francesco e nel dicembre fu firmato l’Accordo di Parigi: in quell’anno ci fu un po’ di ottimismo. Che fine ha fatto?

Nella LAUDATO SI’, nell’Accordo di Parigi, nei rapporti dell’IPCC (Gruppo intergovernativo dell’ONU per i cambiamenti climatici), nel grido di tanti scienziati (Flannery, Hansen, Mercalli, Gore, Rovelli, Klein, ecc.) e di ecclesiasti di altre religioni si attribuisce il caos climatico come conseguenza drammatica dell’attività incontrollata dell’essere umano. Quel po’ di ottimismo del 2015 cozza indiscutibilmente contro l’evidenza dei fatti e l’indifferenza dell’Homo sapiens sapiens a non voler - gattopardescamente -  modificare nulla. E invece dovremmo capire che siamo in un sistema ecologico chiuso e comportarci di conseguenza usando e riusando i materiali e le risorse con sobrietà.

Come fanno gli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale che riutilizzano tutto, perfino l’urina per estrarre l’acqua?

Il nostro astronauta Luca Parmitano ha dichiarato: “Quando sei lassù apprezzi la Terra in modo incredibile, la vedi davvero sotto un altro punto di vista. Ti rendi conto della sua fragilità”. Con le dovute proporzioni, fatte salve le differenze e le circostanze, dobbiamo vedere la Terra come un'astronave che “viaggia” nell'Universo.

L’IPCC indica alcuni obiettivi necessari e urgenti. “Limitare il riscaldamento globale a un grado e mezzo non è impossibile – recita l’ultimo rapporto – ma richiede sforzi senza precedenti, da portare avanti in tutti gli aspetti della società”.

Per restare sotto un grado e mezzo, l’Accordo di Parigi prevedeva che entro il 2030 dobbiamo ridurre le emissioni di anidride carbonica del 45 per cento rispetto al 2010, e entro il 2050 azzerarle del tutto.  Se continuiamo con questa tendenza, cosa molto probabile, se non prendiamo delle decisioni immediate, raggiungeremo un grado e mezzo nel 2040 e i 2 gradi intorno al 2060. Il 2040 è letteralmente domani, dal punto di vista anche delle decisioni politiche che possiamo prendere.

Ma che impatto provocherà l’aumento di 1,5 gradi?

1,5 gradi sono tanti, e l’impatto sarà rovinoso: scioglimento delle calotte polari e dei ghiacciai, aumento del livello del mare, fenomeni climatici estremi più violenti e più frequenti con dissesti idrogeologici e incendi, aumento della temperatura e dell’acidità degli oceani, scomparse di alcuni ecosistemi, di alcune specie e aumento di altre, scomparsa di alcuni atolli, alcune isole e di città costiere, emergenze sanitarie, morti, ecc.  Non è certo da trascurare il danno economico che, secondo il prof. Luciano Floridi, docente all’Università di Oxford, sarà di 55mila miliardi di dollari per un aumento di 1,5 gradi e di 70.000 miliardi di $ per un aumento di 2 gradi, fino a 550.000 miliardi di $ se arriveremo a 3,7° (la Repubblica D del 26 ottobre 2019 pag.78). Per capire queste enormi cifre si paragonino al Pil italiano del 2018 che è stato di 2.048 miliardi di euro.

Cosa fare?

Ognuno di noi contribuisce al riscaldamento globale e ognuno di noi può e deve fare qualcosa: non sprecare, ridurre i consumi, fare la raccolta differenziata. Sobrietà è la parola che deve guidare tutti i nostri comportamenti, evitando le trappole della pubblicità e far di tutto per contribuire alla riduzione di emissione di gas ad effetto serra. Ognuno deve fare la sua parte, ma solo insieme si potrà vincere la sfida. Tutto questo si tramuterà in una vera rivoluzione. Una rivoluzione culturale necessaria ad affrontare la complessità del mondo attuale e che ci faccia capire i gravi rischi a cui la nostra specie sta andando incontro. Dobbiamo convincerci che siamo alle soglie di un’epoca nuova: la Terza Rivoluzione Industriale. E il Green New Deal (Nuovo Patto per l’Ecologia), la sfida epocale non sarà impossibile. La possiamo vincere. Questa società – imperfetta – è suscettibile di luminosi miglioramenti. Però non possiamo delegare il problema alla tecnologia o alla scienza. Né alla politica. Lo dobbiamo risolvere prima di tutto in ognuno di noi. In ogni nostro piccolo o grande comportamento. Quindi usare il meno possibile le fonti fossili preferendo le rinnovabili. Usare meno l’auto, evitare viaggi aerei e mangiare poca carne. Non investire i propri risparmi in società petrolifere. Partecipare alle manifestazioni ambientaliste. Piantare alberi, tanti alberi, che assorbono la CO2 ed emettono ossigeno. Votare chi approva leggi che rispettano l’ambiente. Anche la politica è rinnovabile. Fare tutto il possibile ora che siamo ancora in tempo. Tenendo conto che i tempi per intervenire sono strettissimi: al 2030 mancano 10 anni. Siamo l’ultima generazione che lo può fare. Non possiamo più aspettare. Ne va del futuro dei nostri nipoti i quali ci chiederanno: “Ma nonno cosa ha fatto?”.

Gesualdo, 8 febbraio 2020

 

*Presidente di Astronomia Moderna

Per contatti

zarmic@gmail.com


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