- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (863) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Punto di non ritorno,di Michele Zarrella *

Otto domande, otto risposte l’otto ogni mese
Punto di non ritorno

Non manca molto


di Michele Zarrella *

L’accordo di Parigi indica il 2030 come punto in cui le emissioni di CO2 nell’atmosfera devono diminuire del 45 per cento e dopo si devono azzerare entro il 2050 per mantenere l'aumento della temperatura sotto i 2 gradi. Ma perché si è scelto 2 gradi è un punto di non ritorno?     

No. I due gradi è il frutto di studi raffinati che tengono conto di costi e impatti ancora accettabili economicamente. Ma possiamo anche pensarlo come  punto di non ritorno perché i disastri potrebbero essere molto molto importanti per la vita di tutte le specie viventi. Quando spiegavo ai miei alunni il punto di non ritorno facevo l’esempio della caffettiera. Per preparare il caffè si accende il gas sotto la caffettiera. Dopo un po’ l’acqua sale dalla camera inferiore a quella superiore a causa della aumentata pressione nella camera inferiore dovuta al calore del gas acceso. Quando la macchinetta inizia a gorgheggiare si spegne il gas. Però l’ultima parte di acqua rimasta nella camera inferiore continua a salire. Ecco quello è il punto di non ritorno: anche spegnendo il gas l’acqua dalla camera inferiore continua salire.

Cosa succederà se continuiamo a inquinare con questa tendenza e superassimo i due gradi?

La stessa cosa della caffettiera. Anche se a quel punto “spegnessimo il gas”, cioè smettessimo tutto d’un tratto di inquinare l’atmosfera – cosa impossibile – il calore accumulato in essa per effetto serra continuerà a produrre un clima troppo cattivo per la nostra forma di vita con fenomeni climatici estremi più frequenti e più violenti. 

Per quanto durerà?

Per decine e decine di anni. Più o meno per tanti anni quanti sono i secondi che intercorrono tra lo spegnimento del gas e la fine dell’ultimo borbottio della caffettiera.

Che mondo ci potremmo immaginare alcuni decenni dopo?

Un mezzo mondo desolato con terreni neri, spogli o con erba secca. Interi boschi di tronchi mozzi, arsi e anneriti uno dietro l’altro a perdita d’occhio. E l’altro mezzo con terre allagate con acqua sporca, pudrita, piena di detriti e isole di plastica galleggianti. Fiumi senza vita, di color metallo, con qualche pezzo di legno e di plastica galleggianti e che ti fanno capire che scorre, che si muove ma non porta la vita con sé.  

E poi?

Un’aria scura irrespirabile con polvere e ceneri dappertutto. Un orizzonte limitato. Montagne e nuvole invisibili. Un Sole pallido, un disco nel cielo appena visibile. Giorni uggiosi sempre più grigi di quelli precedenti. Acqua (non) potabile color tè. Una enorme desolazione. Senza uccelli. Senza confini, senza staccionate. Nessuna proprietà. Nessuno Stato. Rovine dappertutto. L'evidenza costante della fragilità delle cose di questa terra. Ma anche dei tanti valori in cui si credeva. Lentamente tutto scivola nell'oblio. Morte  e sepolte tutte quelle cose che prima avevano una "grande" importanza per l'Homo sapiens-sapiens e per le quali si è lottato fino ad ammazzarsi per le stesse. Finito un mondo. Tutto è appiattito. Perfino il tempo. Tutto vive all'istante per sé stesso, tutto al presente: niente passato né futuro. Tutto ridotto all'essenziale. Uniche preoccupazioni: cosa mangiare, come coprirsi e dove dormire.

E le notti?

Notti buie e fredde che più buie e più fredde non le abbiamo mai vissute. Un cielo senza stelle e un’oscurità feroce che nemmeno la Luna piena può scalfire. Il silenzio. Assoluto. Da far venire i brividi. Terribile. Da far male. Un dolore che ti preme forte il cuore come l'oscurità. Unico assordante rumore il battito del cuore. La vita che pulsa. Ancora. In un uomo ripiegato su sé stesso in posizione fetale che cerca di riposare. Adesso sì, impegnato con tutte le sue forze a preservare la vita sua e quella futura.

E dell’Uomo?, dell’Homo sapiens-sapiens cosa ne sarà?

Immagino uomini con barbe lunghe, inermi e impotenti, che vagano senza meta su una terra "malata". Affamati, in cerca di cibo e di prede, impauriti, incattiviti, senza fede, senza sentimenti, senza emozioni, violenti e che, quando le riserve di cibo si saranno esaurite, si ammazzano fino a diventare cannibali. Madri con maschere davanti alla bocca e al naso, prendere in braccio i loro bambini per portare “in salvo” la cosa più preziosa al mondo: la vita che continua.

In salvo?, ma dove?

Verso il mare. Verso il mistero nel quale siamo immersi.

Gesualdo 8 aprile 2019

*Ingegnere e astrofilo

Per contatti

zarmic@gmail.com

 

Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario dei redattori e si sostiene con i contributi dei lettori. Sostienici!

 

Torna alla sezione Ambiente

 

Vai alla sezione Astronomia



Lunedì 08 Aprile,2019 Ore: 08:24
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Ambiente

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info