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www.ildialogo.org Festa della donna,Michele Zarrella

Otto domande, otto risposte l'otto ogni mese
Festa della donna

Riflettiamo su alcuni dettagli


Michele Zarrella

Il fatto che vi sia un giorno dedicato a tale festa è emblematico.

Significa che occorre ancora accendere i riflettori su un determinato problema. Pertanto questo giorno dedicato alla donna deve servire a far riflettere su quanto si è fatto e su quanto resta da fare sulle disparità che ancora oggi esistono fra i generi, senza spegnere i riflettori il giorno dopo.

 

Quali sono le disuguaglianze più importanti e insopportabili.

Parità, libertà, lavoro, retribuzione, … diritti che in gran parte del mondo ancora non sono stati ottenuti dalle donne, e in alcune aree sono ignorati o peggio calpestati. Per esempio, in alcuni Paesi le donne non possono guidare l’auto. Poi risultano insopportabili gli ambigui usi del corpo femminile come attrattore pubblicitario a sfondo sessuale o come attrattore di programmi televisivi insulsi e arroganti.

 

Ma degli importanti cambiamenti ci sono stati. Oggi le donne hanno più libertà.

Se volgiamo lo sguardo al passato è evidente che oggi le donne godono di maggiore libertà, ma spesso è una libertà di facciata e non sostanziale. Alcune tradizioni tribali rimangono: come l’infibulazione, la scelta del marito a bambine appena adolescenti, l’imposizione di alcuni percorsi specifici, ecc. Pregiudizi e alcune usanze continuano ad imperversare e non vengono scalfiti. E che dire delle violenze perpetrate sulle donne, persino nel bozzolo della famiglia, da chi dovrebbe e professa di amarle… fino a… violentarle e a… ucciderle? “Ti uccido perché ti amo”: un’aberrazione. Un ossimoro. Una immensa bugia. È raro che la gente pensi a che cosa stanno provando effettivamente gli altri. Abituarsi a fare qualcosa del genere significa iniziare un procedimento destinato a diventare un metodo e quindi a continuare nel tempo. Se la gente dedicasse un po’ di tempo a concentrarsi su questo modo di percepire le cose, se la gente coltivasse le emozioni sane e positive (l’affetto, la compassione, la solidarietà, il rispetto, ecc.) avrebbe un’esperienza diversa delle emozioni distruttive e si avrebbe una fioritura umana e un grande miglioramento verso una società pacifica.

 

Quindi c’è ancora tanto da fare.

Eh sì, e il percorso non è scorrevole. Un’altra cosa da fare è utilizzare il genere appropriato. Per esempio, sindaca. Quanti giornalisti fanno fatica ad usarlo. Eppure a mio avviso anche questo piccolo dettaglio può essere importante. Servirebbe a far capire che le donne sono come gli uomini. Non vi è alcuna differenza sul piano sociale. Oggi molte donne hanno ruoli che prima erano prevalentemente maschili.

 

Ma molti giornalisti dicono che suona strano usare il genere femminile e dire “La Presidente”, “La Ministra”, “La Direttrice”.

Un paio di anni fa, la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha fatto benissimo a richiamare i giornalisti e i parlamentari all’uso del genere appropriato quando si parla di una donna. Ma la cosa strana è che spesso perfino le donne si firmano “Il Presidente”, o “Il Direttore”, o “Il Ministro”. In Germania quando la cancelliera Angela Merkel assunse la carica di cancelliere nessuno si scandalizzò che tutti dicessero “La Cancelliera”. Ritengo che l’uso del femminile nel linguaggio sia un segnale molto importante, perché significa rispetto del genere; al contrario, non metterlo in atto significa continuare ad affermare la disparità e può anche esprimere sottomissione o, in alcuni casi, violenza. Sembrerebbe rispettoso del genere dire “Il Cancelliere Angela Merkel”?

 

Ma questi sono solo dettagli.

C’è un proverbio che dice: “Il demonio si nasconde nei dettagli”. Altro “dettaglio” che ritengo importante è l’intitolazione di aule, teatri, istituti, strade, piazze... Nella stragrande maggioranza sono intitolati a uomini: Teatro Carlo Gesualdo, Istituto Ettore Majorana, Piazza Garibaldi, Piazza Leopardi, Via Mazzini… quanti sono intitolati a donne? Che tipo di messaggio può inviare una tale serie di dati? Nelle scuole quante aule sono intitolate a donne? Nel 2015 risultava che a Torino su oltre 1000 strade solo 27 erano intitolate a donne. Questi non sono più “dettagli” ma “segnali” forti che affermano la supremazia maschile. Ogni intitolazione in più a una donna ci ricorderà della donna tutti i giorni dell’anno – ogni volta che lo scriveremo, lo leggeremo o lo udiremo – e non solo l’8 marzo.

 

Se vogliamo cambiare anche i dettagli c’è molto da fare. Occorrerebbe quasi una rivoluzione?

Nessuna rivoluzione. Diciamo che se badiamo ai minuti, le ore baderanno da sole a se stesse. Allora badiamo alle piccole cose e cambieranno anche le grandi. Il primo cambiamento deve avvenire dentro noi stessi. Il concetto di parità, di rispetto deve maturare prima di tutto in ognuno di noi. Cambieranno a cascata le istituzioni, i poteri forti, la politica, la burocrazia, i violenti … È così che si otterranno atti concreti come la parità, l’uguaglianza dei salari, gli aiuti alle famiglie, un maggior numero di asili nido e di centri antiviolenza, gli orari flessibili sul lavoro, un maggiore welfare, ... un mondo migliore.

Un messaggio conclusivo.

Riflettere e capire che rispettare la donna – l’altra metà del cielo – significa rispettare la vita, significa credere in un mondo migliore. Se aspiriamo a dare un contributo per migliorare la società, affinché si apra a una nuova visione delle cose, dobbiamo cominciare da noi stessi. Dobbiamo decidere di trasformarci e ciò può avvenire soltanto con l’addestramento, non con idee effimere. Badare ai “dettagli” … può essere un primo passo che possiamo fare da subito.

Auguri.

Gesualdo, 8 marzo 2017

Michele Zarrella

Per contatti zarmic@gmail.com

sito web: http:

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Mercoledì 08 Marzo,2017 Ore: 08:23
 
 
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