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Pio XI: il pontefice degli equilibri difficili , di Rosario Amico Roxas

Pio XI: il pontefice degli equilibri difficili

di Rosario Amico Roxas

Achille Ambrogio Damiano Ratti, divenuto pontefice il 6 febbraio 1922, solo alla XIV votazione, visse e operò in tempi ambigui, nell’immediato dopo guerra della prima guerra mondiale, nell’affermarsi del fascismo in Italia e del nazismo, poi, in Germania, che provocarono la seconda guerra mondiale.
Non fu un pontificato facile, dentro il quale bisogna cogliere i segni positivi, che non vennero sminuiti da talune decisioni che si prospettarono come necessarie.
Impartì la prima apostolica benedizione dalla loggia esterna della basilica di San Pietro, realizzando un “atto dovuto” alla storia, in quanto sanciva una riconciliazione dopo la “breccia di Porta Pia”.
Ciò accadeva perché Pio XI era convinto che la fine del potere temporale, sia pure in maniera "violenta" era, per la missione della Chiesa nel Mondo, la liberazione dalle catene delle passioni umane.
Ma dovette accogliere i Patti Lateranensi come un male minore e dovette anche esaltare Mussolini, in un discorso del 14 febbraio del 1929 come «l’Uomo che la Provvidenza ci ha fatto incontrare» (forse poco opportunamente, visto come si svilupparono gli eventi). L’idea di essere “uomo della Provvidenza” resterà come un virus non debellato, che, periodicamente, aggredisce personaggi che ritengono di poter riproporre forme politiche personalistiche e autoritarie.
Il fascismo seppe condizionare la Chiesa attraverso notabili all’interno dello stesso Vaticano che mal sopportavano l’esclusione dal “giro del potere” della Chiesa; così, attraverso i Patti Lateranensi il Vaticano divenne “Stato Città del Vaticano”, apparentemente dilatando e affermando la propria autorità, ma riducendo (e anche di molto) l’autorevolezza morale come centro irradiante della parola di Cristo.
Fu la tecnica di coinvolgimento nel potere temporale, da parte del regime fascista, che dilatò gli interessi economici del Vaticano, compromettendone la libera e autonoma capacità decisionale nella sfera di propria competenza; sotto l’impulso del cardinale Bernardino Bogara, lo Stato fascista garantì il trasferimento di ingenti somme di denaro, che investite dalla stesso cardinale Bogara in immobili nella città di Roma, servì a costituire le basi della struttura economica del Vaticano.
Dovette, contemporaneamente, essere il pontefice dei Patti Lateranensi e l’oppositore dei regimi dittatoriali: con l’enciclica “Mit brennender Sorge” (Con viva ansia) del 1937, eccezionalmente scritta in tedesco perché giungesse direttamente a Hitler e al popolo tedesco, condannò con decisione l’ideologia nazista e con la successiva enciclica “Divini Redenptoris” dilatò la condanna all’ideologia comunista.
Dovendo gestire un difficilissimo equilibrio per non compromettere le sorti dei cattolici nei paesi dominati da regimi dittatoriali; il suo pontificato fu uno dei più difficili dello scorso secolo, difficile anche da interpretare se non si mette nella dovuta luce la componente sociale che si espresse nell’enciclica “Quadragesimus Annus” del 1931, con la quale gettò le basi per il successivo approfondimento della Dottrina Sociale della Chiesa, che si svilupperà successivamente alla tragedia della seconda guerra mondiale.
Mi pare opportuno riportare in questa sede un passo di questa enciclica, che può, a ben ragione, essere considerata il viatico della “Populorum Progressio” di Paolo VI.

«Nel nostro tempo è ormai evidente che la ricchezza e un immenso potere sono stati concentrati nelle mani di pochi uomini. Questo potere diventa particolarmente irresistibile se esercitato da coloro i quali, poiché controllano e comandano la moneta, sono anche in grado di gestire il credito e di decidere a chi deve essere assegnato. In questo modo forniscono il sangue vitale all’intero corpo dell’economia. Loro hanno potere sull’intimo del sistema produttivo, così che nessuno può azzardare un respiro contro la loro volontà.» (Papa Pio XI, Quadragesimus Annus 106-9, 1931)



Martedì, 23 ottobre 2007
 
 
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