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www.ildialogo.org Separazione coniugale e tutela della genitorialità,di Giuseppe P. Fazio

Separazione coniugale e tutela della genitorialità

La mediazione familiare, un percorso possibile...


di Giuseppe P. Fazio

Il difficile compito a cui sono chiamate le coppie che si separano è quello di portare in salvo la genitorialità al di là del conflitto e della rottura coniugale. In questo caso può esserci d’aiuto il mediatore familiare. La mediazione familiare nasce difatti come un intervento che ha, tra le altre, la finalità di proteggere la funzione genitoriale; l’obiettivo è cioè quello di consentire ai figli di avere una continuità di relazione con coloro che svolgono le funzioni genitoriali e, attraverso essi, di conservare una relazione significativa con le famiglie d’origine.

Del resto a nessuno sfugge quanto l’elaborazione della rottura coniugale sia un processo estremamente doloroso, difficile e complesso, come pure che “solo se ciascuno dei partner giunge ad accettare la propria parte di responsabilità nell’aver contribuito al fallimento del matrimonio la crisi potrà infatti dirsi affrontata e superata”[1] e, di conseguenza, madre e padre potranno dedicarsi serenamente alla crescita dei figli, senza tralasciare di occuparsi anche del percorso evolutivo personale. Una mediazione, difatti, potrà considerarsi riuscita se gli accordi saranno vantaggiosi e proficui sia per i figli che per i due genitori.

La mediazione familiare non ha certo il compito di aiutare la famiglia ad elaborare il proprio dolore, essendo questo un compito che attiene più propriamente ad un approccio psicoterapico, ma favorisce tale elaborazione attraverso il recupero di una serenità nell’affrontare scelte e decisioni fondamentali per la crescita armonica dei figli.

E’ necessario spostare l’attenzione dalla dimensione coniugale su quella genitoriale, una delle questioni che assumono particolare rilevanza è quella della lotta per il possesso dei figli: ottenerne l’affidamento esclusivo, in alcune circostanze, significa sottolineare la vittoria sull’altro, come se l’affido congiunto avesse a che fare non tanto con un impegno condiviso e compartecipe di crescere i figli, bensì con l’idea che ciò che si finisce per condividere siano le responsabilità, le “colpe” del fallimento. Nella mente di coloro che si trovano implicati in un processo di separazione chi ha prodotto la rottura, o ha creato le condizioni perché sopraggiungesse, deve infatti pagarne il prezzo: si chiede pertanto alla Giustizia che, definendo vittime e colpevoli, stabilisca anche assoluzioni e condanne. Il possesso dei figli per alcuni diventa così ciò che, sancendo il risarcimento per il danno subito, sottolinea soprattutto da che parte stanno le colpe.

Il mediatore dovrà fare in modo che i genitori prendano consapevolezza delle proprie capacità, delle proprie risorse e delle modalità per superare gli eventuali momenti di impasse e di conflitto. Il mediatore non dovrà però fornire soluzioni preconfezionate, ma dovrà far emergere e far sviluppare, facendo leva sull’amore che i genitori comunque e sempre sentono verso i loro figli, la capacità di ognuno di assumersi fino in fondo le responsabilità che gli competono in quanto genitore e che sono state attenuate dalla sofferenza legata alla separazione.

Questo obiettivo nel corso della mediazione viene realizzato attraverso varie tappe, ma il nucleo centrale è rappresentato dal percorso effettuato per raggiungere gli accordi conclusivi attraverso una riflessione attenta, minuziosa, puntuale su tutti i problemi possibili, così da cogliere le sfumature, i dettagli e soprattutto il rapporto tra affinità e differenze delle varie posizioni. Tutto ciò perché la riflessione su ogni minimo aspetto che riguardi la separazione e la gestione dei figli e dei beni consente un’apertura mentale a persone che, a causa del profondo dolore, si sono rinchiuse in meccanismi rigidi, stereotipati e automatici. La stesura degli accordi è così un’occasione per recuperare fiducia nelle proprie capacità e risorse e per percepire che vi è uno spazio interiore per far emergere il dolore senza che questo distrugga, in modo invasivo, tutte le altre aree di vita.


[1] Cigoli, Galimberti e Mombelli, 1988; Cigoli, 1991.


20 ottobre 2009
 
 
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O Ruofolo - Periodico della Comunita' di fede di Sant'Angelo a Scala (Av)

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