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www.ildialogo.org La vita dopo la morte quali prospettive?,di Patrizia Khadija Dal Monte

La vita dopo la morte quali prospettive?

di Patrizia Khadija Dal Monte

Riprendiamo questo dal sito www.islam-online.it

ott 10th, 2009

Il discorso della vita dopo la morte è molto presente nel Corano (oltre a far parte del credo islamico[1]), si può dire che intessa tutta la rivelazione coranica a partire dalla sure più antiche. In esso ci sono due punti essenziali, il primo è quello che collega la morte alla vita, ed entrambe a Dio: la vita infatti è creata da Dio e a Lui ritorna, come dice il musulmano quando muore qualcuno:  innâ lillahi wa innâ ilahì râjirun (in verità da Dio veniamo e a Lui ritorniamo) essenziale è dunque per capire l’altra vita la fede nel Dio creatore dell’universo, “E’ Lui che vi ha dato la terra come culla… Da essa vi abbiamo creati, in essa vi faremo ritornare e da essa vi trarremo un’altra volta” (XX,53-55), il secondo punto è il concetto di retribuzione, con la morte finisce un percorso e ognuno verrà retribuito per le opere che avrà fatto.  A queste, mi piace ricordare, presiede l’intenzione, come dice un famoso hadith: “Si tramanda che ‘Alqama ben Waqqâs Al-Laythî sentì ‘Umar ben Al-Khattâb dire dal pulpito: “Ho sentito l’Inviato di Dio (su di lui la preghiera e la pace divine) che diceva: ‘Le opere non sono che secondo le intenzioni (an-niyyât), e ad ogni uomo non va che ciò che si è proposto; dunque, colui che emigra per ottenere [qualcosa del] basso mondo, o per sposare una donna, la sua emigrazione sarà in effetti verso ciò per cui è emigrato’.”

Sentiamo attraverso le parole del Corano questo movimento ininterrotto di Dio che attraversa la creazione:

“Appartiene ad Allah tutto quello che c’è nei cieli e tutto quello che c’è sulla terra, sì che compensi coloro che agiscono male per ciò che avranno fatto e compensi coloro che agiscono bene con quanto ci sia di più bello. Essi sono coloro che evitano i peccati più gravi e le perversità e non commettono che le colpe più lievi. Invero il perdono del tuo Signore è immenso. Egli vi conosce meglio [di chiunque altro] quando vi ha prodotti dalla terra e quando eravate ancora embrioni nel ventre delle vostre madri. Non vantatevi di essere puri : Egli conosce meglio [di chiunque altro] coloro che[Lo] temono… Non è stato informato di quello che contengono i fogli di Mosè e quelli di Abramo, uomo fedele?  Che nessuno porterà il fardello di un altro,  e che invero, l’uomo non ottiene che il [frutto dei] suoi sforzi ;  e che il suo sforzo gli sarà presentato [nel Giorno del Giudizio] e gli sarà dato pieno compenso, e che in verità tutto conduce verso il tuo Signore,  e che Egli è Colui Che fa ridere e fa piangere,  e che Egli è Colui Che dà la vita e dà la morte,  e che Egli è Colui Che ha creato i due generi, il maschio e la femmina, da una goccia di sperma quand’è eiaculata,  e che a Lui incombe l’altra creazione ,  e che invero è Lui Che arricchisce e provvede.” (LIII)

Creato innocente, non c’è nella rivelazione coranica l’idea di peccato originale imperdonabile, poiché l’essere umano è debole e bisognoso di perdono:

“Già imponemmo il patto ad Adamo, ma lo dimenticò, perché non ci fu in lui risolutezza” (XX,115)

”In verità l’anima (nafs) è propensa al male a meno che il Signore per la misericordia non la preservi dal peccato. In verità il mio Signore è  perdonatore, misericordioso.” (XII,53)

l’uomo è chiamato però a rendere conto del suo operare, fondamentale abbiamo detto è l’idea di retribuzione,  Allah compenserà ogni anima per ciò che si è meritata…(XIV,51)

centrale  dunque la nozione di responsabilità:  “In verità abbiamo creato l’uomo perché combatta” (XC,4) Responsabile prima di tutto davanti a Dio: “E colui che avrà paventato di comparire davanti al Suo Signore e avrà  preservato l’anima sua dalle passioni …”(LXXIX,40)

La responsabilità dell’uomo è però una responsabilità limitata alle sue effettive capacità, la dimensione soggettiva si coniuga quella oggettiva, espressa dalla Legge. Dio è il  Giusto e chiama al bene la sua creatura, non impone dei pesi che essa non può portare:

“ Allah non impone a nessun’ anima un carico al di là delle sue capacità…” (II,286)

“Non imponiamo a nessuno  oltre le sue possibilità…” (VI,152)

 

L’idea di retribuzione chiama in causa due concetti di Dio, la misericordia e la giustizia:

“La misericordia è la base costitutiva dell’Islam. Ricordiamo che la Rivelazione coranica inizia con le parole Bismillahi r-rahmâni r-rahîm, «Nel Nome di Dio, il Compassionevole, il Misericordioso». Inoltre, nella Sura dei Profeti (XXI, v. 107) Dio dice chiaramente al Profeta (e con lui a tutta la comunità musulmana): «“Noi non ti abbiamo mandato se non come misericordia per i mondi (rahmatan li l-‘âlamîn).”»  In una delle principali raccolte di hadith (i detti e fatti del Profeta), il Sahîh di Muslim, si riportano queste parole profetiche: “Un giorno in cui faceva molto caldo, una prostituta vide un cane che girava attorno ad un pozzo, la lingua a penzoloni per la gran sete: allora si tolse una pantofola, la riempì d’acqua e la diede da bere al cane. Per questo a quella donna sarà perdonato.” La misericordia è anche una qualità divina, che è vista prevalere sempre sull’attributo opposto, quello del ‘rigore’ divino. Nel v. 156 della Sura delle Sommità (VII) Dio infatti dice: «“Con la Mia punizione punisco chi voglio: ma la Mia misericordia abbraccia ogni cosa”»… Misericordia che richiama il femminile.  Un  hadith della raccolta di al-Bukhari descrive come durante la conquista della Mecca compiuta dai musulmani una donna correva sotto al sole cocente alla ricerca di suo figlio. Lo trovò e stringendoselo al seno disse:”Figlio mio, figlio mio!” I Compagni del Profeta videro questo e piansero. Il Profeta fu deliziato di vedere la loro misericordia e disse: “Vi meravigliate della compassione (rahma) per suo figlio? Per mezzo di Colui nelle cui mani si trova la mia anima, nel Giorno del Giudizio, Allah mostrerà più rahma verso i Suoi fedeli servitori di quanta possa mostrarne questa donna verso suo figlio.” Un altro hadith parla della misericordia verso i piccoli insito nel mondo animale: Dio ha diviso la misericordia in cento parti. Egli ne ha fatto discendere una tra ijinn e gli esseri umani e le bestie e gli animali perché condividano reciprocamente i loro sentimenti; e per questo essi hanno misericordia l’un l’altro; e tramite essa gli animali selvatici provano affetto per i loro cuccioli. E Dio ha conservato novantanove misericordie con le quali avrà misericordia per i suoi servi il Giorno del Giudizio. (Sahih Muslim)

Da Abû Hurayrah, Allâh sia soddisfatto di lui, che disse: «L’Inviato di Allâh, la Grazia e la Pace divine siano su di lui, ha detto:  “Quando Allâh ha ultimato la creazione, Si è prescritto nel Suo Libro: ‘La Mia misericordia prevale sulla Mia collera’”». (Muslim,Bukhârî, Nasâ`î ed Ibn Mâjah).

La giustizia di Dio è collegata alla Sua misericordia, i due aspetti non sono in contraddizione, essa talvolta predomina per riequilibrare l’ingiustizia degli uomini, poiché Dio non vuole la corruzione della terra, come ad esempio nel diluvio universale: “Questi sono i segni di Allah che ti recitiamo sinceramente. Allah non vuole l’ingiustizia per il creato.” (III,108)

Se li facessimo oggetto della misericordia e allontanassimo la miseria che li affligge, certamente persevererebbero alla cieca nella loro ribellione” (XXIII,75)

Disse [Noè]: “Signore, aiutami, mi trattano da impostore”. Rispose [Allah]: “Ben presto se ne pentiranno, è certo!”. Li colpì il Grido* in tutta giustizia e li rendemmo come detriti portati dalla corrente. Periscano per sempre gli ingiusti. Dopo di loro suscitammo altre generazioni.  Nessuna comunità anticiperà o ritarderà …” (XXXIX,41)

Però è sempre la Sua misericordia a prevalere verso il mondo,  l’instaurarsi definitivo della giustizia è rimandato al Giorno del Giudizio, anche l’essere giusto appare più riferito  alla condizione finale che a quella terrena o ad una grazia di Dio ai suoi “ravvicinati”:

“ In verità i giusti saranno nella Delizia, e in verità i peccatori nella Fornace in cui precipiteranno nel Giorno del Giudizio,  senza potervi sfuggire.”(LXXXII,13-14)

“Se una grazia del tuo Signore non lo avesse toccato, sarebbe stato gettato sulla riva deserta, reietto. Poi il suo Signore lo scelse e ne fece uno dei giusti….” (LXVIII,49-50)

La giustizia nella rivelazione coranica,  appare prima di tutto riferita a Dio, fa parte del Suo ineffabile Essere, Egli è Al-’Adil, Il  Giusto…

Invero Allah non commette ingiustizie, nemmeno del peso di un solo atomo. Se si tratta di una buona azione, Egli la valuterà il doppio e darà ricompensa enorme da parte Sua. (IV,40)

All’essere umano è chiesta una giusta misura, l’equità potremmo dire, in molti versetti la giustizia umana viene declinata in situazioni puntuali specifiche, “storiche”, secondo le possibilità individuali e sociali l’uomo deve agire con giustizia, verso se stesso, verso gli altri e verso ciò che possiede: “…  ai ragazzi oppressi e agli orfani dei quali dovete aver cura con giustizia. Allah conosce tutto il bene che operate” “ e riempite la misura e date il peso con giustizia. Non imponiamo a nessuno oltre le sue possibilità. Quando parlate siate giusti, anche se è coinvolto un parente. Obbedite al patto con Allah. Ecco cosa vi ordina. Forse ve ne ricorderete.”

La responsabilità della giustizia nel mondo incombe ad ogni essere umano, essa è fatta di misericordia, ma anche di lotta contro l’ingiustizia, l’indulgenza e la pazienza è la migliore disposizione per non cadere negli eccessi e quindi andare al di là dei propri diritti.

“ Quanto invece a chi è paziente e indulgente, questa è davvero la miglior disposizione.” (XLII,43)

La trasgressione  è una realizzazione falsa di se stessi,  è un andare contro la propria nafs, pensiamo di guadagnare invece perdiamo:

“ Chi è sulla retta via lo è per se stesso (nafs) e chi se ne allontana lo fa solo a suo danno…” (X,108)

Grande è la misericordia di Allah, però viene il Giorno in cui non si potrà più cambiare l’orientamento della propria nafs, la Scrittura ci mette in guardia dal pensare di avere sempre tempo e giocherellare con la vita:

“Siate generosi di quello che Noi vi abbiamo concesso, prima che giunga a uno di voi la morte ed egli dica: “Signore, se Tu mi dessi una breve dilazione, farei l’elemosina e sarei fra i devoti”. Ma Allah non concede dilazioni a nessuno che sia giunto al termine. Allah è ben informato a proposito di quello che fate.” ( LXIII,10-11)

 

La difficoltà di credere in un’altra vita è da sempre , il Corano testimonia ciò, e maggiormente oggi in una cultura centrata sul presente, sul cercare di crearsi un paradiso in terra:

“Dicono: « Non c’è che questa vita terrena: viviamo e moriamo; quello che ci uccide è il tempo che passa». Invece non possiedono nessuna scienza, non fanno altro che illazioni. Quando vengono recitati a loro i Nostri versetti espliciti, non hanno altro argomento eccetto: « Fate risorgere i nostri avi, se siete sinceri».” (LXV,24-25)

a cui risponde con  i segni della potenza creatrice di Dio che si mostra nel  creato, in cui morte e rinascita si succedono:

“Considera le tracce della misericordia di Allah, come Egli ridà la vita ad una terra, dopo che era morta. Egli è Colui che fa rivivere i morti. Egli è onnipotente.” (XXX,50)

e pensando alla propria creazione, al proprio inizio:

… Non vede l’uomo che lo abbiamo creato da una goccia di sperma?  Ed eccolo in spudorata polemica.  Ci propone un luogo comune e, dimentico della sua creazione, [dice] : « Chi ridarà la vita ad ossa polverizzate?»   Di’: « Colui che le ha create la prima volta ridarà loro la vita. Egli conosce perfettamente ogni creazione.”(XXXVI,77-80)

La resurrezione è rinascita in una forma diversa da quelle che conosciamo:

“… decretato per voi la morte e non potremo essere sopravanzati  nel sostituirvi con altri simili a voi e nel farvi rinascere [in forme] che ancora non conoscete .  Già conoscete la prima creazione! Perché non ve ne ricordate?    Non riflettete su quello che coltivate:   siete voi a seminare o siamo Noi i Seminatori?   Certamente se volessimo ne faremmo paglia secca e allora stupireste…” (LVI, 67-64)

Secondo il Corano se per capire  la morte si deve guardare alla vita,  la vita ha origine da Dio e a Lui ritorna, non è un evento casuale, non siamo stati creati per gioco:

“Non è per gioco che creammo il cielo e la terra e quel che vi è frammezzo.  Se avessimo voluto divertirci, lo avremmo fatto presso Noi stessi, se mai avessimo voluto farlo…” (XXI,16-17)

Egli è “Colui Che ha creato la morte e la vita per mettere alla prova chi di voi meglio opera, Egli è l’Eccelso, il Perdonatore; Colui Che ha creato sette cieli sovrapposti senza che tu veda alcun difetto nella creazione del Compassionevole. Osserva, vedi una qualche fenditura?” (LXVII,1-3)

C’è nella cultura contemporanea oltre al cercare di coprire la morte, di confinarla in case chiuse lontano dalla vita, delle riflessioni che la valorizzano come atteggiamento di autenticità, ad esempio in Heidegger:

“…esistere autenticamente significa assumere come possibilità-base la morte, la quale ha il compito di relativizzare le scelte particolari, di trascenderle continuamente…”[2]

Il tema della morte come momento di verità è presente anche nella rivelazione coranica, ma in  essa non appare come la fine di tutto, è insieme una fine ed un inizio di una vita che manifesta una continuità con le realtà di questo mondo, ma è di essa migliore dice il Corano e senza limiti:

“… In verità siamo stati Noi ad aver creato l’uomo e conosciamo ciò che gli sussurra l’animo suo. Noi siamo a lui più vicini della sua vena giugulare.  Quando i due che registrano* seduti alla sua destra e alla sua sinistra, raccoglieranno [il suo dire], [3] [l'uomo] non pronuncerà nessuna parola senza che presso di lui ci sia un osservatore solerte.  L’agonia della morte farà apparire la verità: ecco da cosa fuggivi…” (L,16-19)

Il profeta (pace e benedizione su di lui) invitava  a ricordare la morte e a prepararsi ad essa con le buone azioni.  Ibn ‘Umar riporta che il Messaggero di Âllâh(*) disse anche: “Dovete tenere a mente la realtà che mette fine alle gioie e ai piaceri mondani, cioè la morte” (riportato da At-Tabarânî).

Due sono i termini che designano nell’arabo  la morte: uno è mawt che indica specificatamente il decesso e l’altro è  wafât, più usato nel dettato coranico che indica proprio l’idea del compimento di un percorso. Tra la vita di qua e quella di là  il Giorno del giudizio finale:

“Quando il cielo si squarcerà

e saranno dispersi gli astri

e confonderanno le loro acque i mari

e saranno sconvolti i sepolcri,

ogni anima conoscerà quel che avrà fatto e quel che avrà trascurato!

…No, voi tacciate di menzogna il Giudizio,

nonostante [veglino] su di voi dei custodi,

nobili scribi,

ben consci di quello che fate.

In verità i giusti saranno nella Delizia,

e in verità i peccatori nella Fornace,

in cui precipiteranno nel Giorno del Giudizio,

senza potervi sfuggire.

Chi mai ti farà comprendere cos’è il Giorno del Giudizio?

E ancora, chi mai ti farà comprendere cos’è il Giorno del Giudizio?

Il Giorno in cui nessun’ anima potrà giovare ad un’[altra] anima in alcunché.  In quel Giorno [tutto] il potere apparterrà ad Allah.” (LXXXII)

 

E ricordiamo come il tema del Giudizio finale sia comune alle tre tradizioni religiose, descritto nell’Apocalisse  con termini molto simili a quelli del Corano:

Vidi poi un grande trono bianco e Colui che sedeva su di esso. Dalla sua presenza erano scomparsi la terra e il cielo senza lasciar traccia di sé. Poi vidi i morti, grandi e piccoli, ritti davanti al trono. Furono aperti dei libri. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati in base a ciò che era scritto in quei libri, ciascuno secondo le sue opere. Il mare restituì i morti che esso custodiva e la morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere. Poi la morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco. E chi non era scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco…Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più.” (XX-XXI)

Nel   Corano, il Paradiso viene espresso con Jannah, (giannatun, algiannatu) che significa Giardino, termine che esprime anche una continuità di significati  con le rivelazioni precedenti, specie col NT, aggiungendo nello stesso tempo una ricchezza di particolari e specificazioni. “La parola paradiso è probabilmente di derivazione persiana e significa originariamente un parco reale o di piacere. Nell’Antico Testamento si trova solo in un secondo momento, col termine Pardês, che è stato senza dubbio preso in prestito dal persiano… L’associazione del termine con la dimora dei nostri primi genitori non si verifica nel Vecchio Testamento ebraico… La sua origine risale nel fatto che la parola paradeisos è stata approvata, anche se non esclusivamente, dalla traduzione dei Settanta…  Nel Nuovo Testamento la parola paradiso appare in un nuovo e più ampio significato. Con  lo sviluppo dell’ escatologia ebraica, che contraddistingue l’epoca del post-esilio, il paradiso o la parola “giardino di Dio”, fino ad allora principalmente associata con l’originale dimora della prima coppia di progenitori, è stata assunta per indicare la futura dimora di riposo e di felicità, ricompensa da parte di Dio ai giusti, dopo la morte. Il termine si trova solo tre volte nel Nuovo Testamento, anche se l’idea che essa rappresenta è spesso espressa in altri termini, ad esempio nel  “seno di Abramo” (Lc 16,22)…” (mb-soft.com/believe/tihm/eden.htm)

Il Corano, come abbiamo sottolineato altre volte,  mantiene sempre un grande senso di unità dell’essere umano, tanto che anche le raffigurazioni dell’aldilà non vedono l’uomo liberato dal corpo, ma invece riconciliato con se stesso, con gli altri e con la terra:  Giardino, Jannah,  dice prima di tutto, nella nostra esperienza terrena  una terra fertile, ricca di acque e alberi e frutti, in cui l’essere umano trova ristoro.

“[Ecco] la descrizione del Giardino che è stata promessa ai timorati [di Allah]: ci saranno ruscelli di un’acqua che mai sarà malsana e ruscelli di latte dal gusto inalterabile e ruscelli di un vino delizioso a bersi, e ruscelli di miele purificato. E ci saranno, per loro, ogni sorta di frutta e il perdono del loro Signore. Essi sono forse simili a coloro che rimangono in perpetuo nel Fuoco e che verranno abbeverati di un’acqua bollente che devasterà le loro viscere?” (XLVII,15)

Nell’uso di questo termine nella rivelazione coranica, sia per dire la dimora iniziale della prima coppia umana, sia il luogo finale dei giusti, c’è l’evidenziazione dell’inscindibile legame tra uomo e mondo. La promessa fatta ai credenti è il ritorno ad un  Giardino, ad una situazione di  abbondanza di beni,  di immediatezza, di riappacificazione con  se stessi e con gli altri:

Quanto a coloro che credono e compiono il bene – ché non obbligheremo nessuno oltre le sue possibilità – essi saranno i compagni del Giardino e vi rimarranno in perpetuo. Cancelleremo il rancore dai loro petti , mentre ai loro piedi scorreranno i ruscelli e diranno: « La lode [appartiene] ad Allah, Che ci ha guidati a ciò! Non saremmo stati guidati, se Allah non ci avesse guidato.” (VII,42-43)

Il paradiso è riconciliazione dell’uomo con la natura, in altre parole con la materia. Da qui l’origine della profusione materiale che caratterizza il Janna.” (Bouhdiba, op. cit.)

Disse il profeta Muhammad, pace e benedizione su di lui: “All’uomo più miserabile del mondo, tra quelli destinati al Paradiso, una volta immerso nel Paradiso, sarà chiesto: “Figlio di Adamo, hai mai visto la miseria? Hai mai provato le difficoltà?” Così dirà: “No, mio Dio, mio Signore! Non ho mai visto miseria e non ho mai provato le difficoltà.”

La strada per accedervi passa per la fede, il pentimento, il fare il bene e avere pazienza nelle prove:

O voi che credete! Cercate aiuto nella pazienza e nella preghiera, perché Dio è con i pazienti. …Vi metteremo alla prova con la paura e la fame, con la perdita dei beni, della vita e dei frutti della terra; tu però dà il lieto annuncio della felicità eterna ai pazienti i quali, quando sono colpiti da una sventura, dicono: «In verità, a Dio apparteniamo e a Dio ritorniamo». (Corano 2,153.155-156)

In che modo il Giardino che attende i timorati e le timorate, con tutte le sue delizie assomiglia a ciò di cui abbiamo esperienza?

Nella riflessione islamica troviamo diverse posizioni, che vanno da un’interpretazione tradizionale completamente letterale, a una puramente simbolica, soprattutto in ambiente sufi, per cui gli elementi descritti sarebbero solo dei simboli… Ci sembra che il Corano stesso stabilisca il senso delle raffigurazioni usate nei versetti che indicano una continuità, in cui ci possiamo riconoscere, ma anche una dissomiglianza e una novità perenne…

 

“E annuncia a coloro che credono e compiono il bene, che avranno i Giardini in cui scorrono i ruscelli. Ogni volta che sarà loro dato un frutto diranno: “Già ci era stato concesso!”. Ma è qualcosa di simile (mutashabih) che verrà loro dato; avranno spose purissime e colà rimarranno in eterno.” (II,25)

 

Perché le cose di là appartengono al ghayb, hanno le latitudini dell’immensità, dell’abbondanza…

Nessuno conosce la gioia immensa che li attende, ricompensa per quello che avranno fatto.” (XXXII,17)

La rivelazione al profeta Muhammad, è quella del Dio infinitamente misericordioso, ma anche giusto e severo  nel castigo:

[O Muhammad], annuncia ai Miei servi che, in verità, Io sono il Perdonatore, il Misericordioso,  e che il Mio castigo è davvero un castigo doloroso. (XV,49-50)

Nella  mentalità popolare e nella riflessione dei sapienti islamici l’inferno mantiene tutta la sua consistenza e serietà, moltissimi i versetti coranici che parlano di esso, diversi i nomi con cui viene indicato, ma che ruotano tutti intorno all’immagine di un luogo dominato da fuoco bruciante, violento e distruttore, una voragine, uno sprofondare giù… Il termine con cui viene indicato perlopiù l’inferno è Jahannam, (77 versetti) nome che  ha radici nelle rivelazioni precedenti (gê-hinnôm biblico -Geenna), e che già nei Vangeli ha lo stesso uso di quello che ne fa la rivelazione coranica. Usato moltissime volte anche al-nâr, il fuoco,  che diventa così sinonimo dell’inferno. Compaiono anche altri termini  come al-jahîm (26 versetti), fornace,il cui significato è sempre legato al fuoco, al-sa´îr in 19 versetti, fiamma, vampa ardente… al-saqar in 4 versetti, che si riferisce pure ad un calore insopportabile,  alhotamah in 2 versetti,  la cui radice significa distruggere, fare a pezzetti, fracassare, da cui fuoco divorante, alhâwiyah in  un versetto, in cui significa baratro, abisso, cadere dall’alto, inferi, Ade, e infine ladhaa, avvampare fiamma, al-harîq (l’incendio), as- sijjin, (laprigione). Per questo nel Corano troviamo delle invocazioni a Dio per essere salvati dal castigo del fuoco:

«Allah osserva i Suoi servi  che dicono: “O Signor nostro, abbiamo creduto; perdona i nostri peccati e proteggici dal castigo del Fuoco”; Questi i pazienti, i veritieri, gli uomini pii, i generosi, quelli che implorano perdono nelle ultime ore della notte. O Signore nostro, abbiamo creduto; perdona i nostri peccati e proteggici dal castigo del fuoco» (III,16 -17)

Il Calore è uno dei segni più grandi, monito per gli uomini, non va edulcorato, l’uomo nel suo cammino ha bisogno della paura del dolore come del  desiderio del bene, entrambi sono dinamiche fondamentali dell’uomo:

“No, per la luna,

per la notte quando volge al termine,

e per l’aurora quando si mostra,

[il Calore] è davvero uno dei segni più grandi,

un monito per gli uomini,

per chi di voi vuole avanzare [nella fede] o indietreggiare.” (LXXIV)

L’ inferno è realtà certa, dice Dio nel Corano, non è solo uno spauracchio:

Chi si presenterà empio al suo Signore, certamente avrà l’Inferno dove non morirà, né vivrà. Chi [invece] si presenterà a Lui credente, e avrà compiuto opere buone… ecco coloro che avranno l’onore più grande,  i Giardini di Eden dove scorrono i ruscelli ...” (XX,74-76)

Il combattimento per la salvezza è forte, poiché alla fragilità dell’uomo, alla sua poca fermezza, si aggiunge il “sussurratore furtivo”, che là li vuole condurre in sua compagnia, lui che è creato dal fuoco:

“Disse [Allah]: « Cosa mai ti impedisce di prosternarti, nonostante il Mio ordine?». Rispose: «Sono migliore di lui, mi hai creato dal fuoco, mentre lui lo creasti dalla creta» …

“Disse: « Dal momento che mi hai sviato, tenderò loro agguati sullaTua Retta via

e li insidierò da davanti e da dietro, da destra e da sinistra, e la maggior parte di loro non Ti saranno riconoscenti ».

«Vattene – disse [Allah] – scacciato e coperto di abominio.

Riempirò l’Inferno di tutti voi, tu e coloro che ti avranno seguito». (VII, 12-18)

Ma cosa conduce a questo castigo terribile?

Cosa mai vi ha condotti al Calore che brucia?”. (Ma Salakakum Fi Saqara)

Risponderanno: “Non eravamo tra coloro che eseguivamo l’orazione,

né nutrivamo il povero,

e chiacchieravamo vanamente con i chiacchieroni

e tacciavamo di menzogna il Giorno del Giudizio,

finché non ci pervenne la certezza”.

Non gioverà loro l’intercessione di intercessori.” (LXXIV,42-48)

Mancanza di fede, di preghiera, mancanza di solidarietà verso i poveri, superficialità sono la strada verso la perdizione. Per l’uomo che ha fede, c’è sempre una speranza di salvezza: ma anche a lui saranno contate le opere sulla bilancia: Si tramanda da Anas che il Profeta (su di lui la preghiera e la pace divine) disse: “Chi avrà detto ‘Non v’è divinità all’infuori di Dio’ (lâ ilâha illâ Allah) avendo nel cuore il peso d’un chicco d’orzo di bene, uscirà dal fuoco [infernale]. Chi avrà detto ‘Non v’è divinità all’infuori di Dio’ avendo nel cuore il peso d’un chicco di frumento di bene, uscirà dal fuoco. E uscirà dal fuoco chi avrà detto ‘Non v’è divinità all’infuori di Dio’ avendo nel cuore il peso di una particella di pulviscolo di bene.” In un’altra versione del hadith, si tramanda sempre da Anas, ma con un’altra catena dei trasmettitori, che il Profeta avrebbe detto “…di fede”, invece che “…di bene”.

La fede non sostituisce le opere:

“… In verità coloro che consumano ingiustamente i beni degli orfani non fanno che alimentare il fuoco nel ventre loro, e presto precipiteranno nella Fiamma. .. (IV,10)

“… Colà ogni anima subirà le conseguenze di] quello che già fece. E saranno ricondotti ad Allah, il loro vero Padrone, mentre ciò che avevano inventato li abbandonerà.” (X,30)

E le opere non sostituiscono la fede, l’uomo è chiamato a riconoscere il suo Creatore e ad adorarlo, incombe sull’uomo un dovere di ricerca dell’Uno, di cui porta le tracce nella fitra[4], la rivelazione però specifica “per superbia”, ponendo così sia il dovere dell’adorazione sia una distinzione dei motivi che stanno alla base della non adorazione:

Il vostro Signore ha detto: “InvocateMi, vi risponderò. Coloro che per superbia non Mi adorano, entreranno presto nell’Inferno, umiliati”. (XL,59-60)

 

Tutti, ancora ci dice la parola di Dio, passeranno per l’inferno, ma quelli che Lo temono da Lui saranno salvati:

Dice l’uomo: “Quando sarò morto, chi mi riporterà alla vita?”

Non si ricorda l’uomo che fummo Noi a crearlo quando ancora non era nulla?

Per il tuo Signore, li riuniremo insieme ai diavoli e poi li condurremo, inginocchiati, attorno all’Inferno.

Quindi trarremo da ogni gruppo quello che fu più arrogante verso il Compassionevole,

ché meglio di tutti conosciamo coloro che più meritano di bruciarvi.

Nessuno di voi mancherà di passarvi: ciò è fermamente stabilito dal tuo Signore.[5]

Salveremo coloro che Ci hanno temuto e lasceremo gli ingiusti in ginocchio. “ (XIX-66-72)

Importanza primaria del timor di Dio:

“E’ stato chiesto il rendiconto ad un uomo di quelli che sono venuti prima di voi; e non è stato trovato niente di buono a suo favore se non che si associava alla gente (per affari) ed era ricco, ed aveva ordinato ai suoi commessi di lasciare impunito (per la propria insolvenza nei pagamenti) chi fosse ridotto in miseria”. “Allâh ha detto: ‘Noi abbiamo maggior diritto di te di fare ciò. Lasciatelo impunito’”».

La salvezza è un dono di Dio, nessuno può vantarsi di essere giusto,  nel Più Misericordioso sperano i credenti e a Lui chiedono la pienezza della luce e perdono.

“O credenti, preservate voi stessi e le vostre famiglie, da un fuoco il cui combustibile saranno uomini e pietre e sul quale vegliano angeli formidabili, severi, che non disobbediscono a ciò che Allah comanda loro e che eseguono quello che viene loro ordinato. …O credenti, pentitevi davanti ad Allah d’un pentimento sincero. Forse il vostro Signore cancellerà i vostri peccati e vi introdurrà nei Giardini in cui scorrono i ruscelli, nel Giorno in cui non imporrà umiliazione alcuna al Profeta e a coloro che avranno creduto insieme con lui. La loro luce correrà innanzi a loro e sulla loro destra ed essi diranno: “Signore, completa la nostra luce e perdonaci. In verità tu sei l’Onnipotente”. (LXVI,6-8)

Wa  Allahu  a’lam


[1] “Il Credo islamico (Imàn) consiste nel fatto che tu abbia fede in Allàh, nei Suoi Angeli, nei Suoi Libri, nei Suoi Apostoli, nella vita futura e che tu creda che il bene e il male provengono da un decreto divino”

[2] www.homolaicus.com/teorici/heidegger/heidegger.htm

[3] *[“i due che registrano”: lett. “i due che raccolgono”. Gli angeli incaricati di annotare le azioni degli uomini oppure i due angeli che procederanno all'esame che subiremo nella tomba subito dopo la nostra morte terrena]

[4] Fitra, natura originario dell’essere umano in relazione con l’Unico

[5] *[Disse l'Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) che nel Giorno del Giudizio ogni uomo dovrà passare su di un ponte gettato sull'Inferno. La facilità e la rapidità di questo transito sull'abisso infernale dipenderà dal carico di peccati di ognuno: ci sarà chi passerà in un lampo, chi come un colpo di vento, chi come cavalcando un veloce destriero, chi camminando, chi ginocchioni. I peggiori saranno afferrati dagli angeli e saranno precipitati negli Inferi]



Marted́ 13 Ottobre,2009 Ore: 15:42
 
 
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