Gli intellettuali non esistono, sono un'ìnvenzione dei poter

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Gli intellettuali non esistono, sono un'ìnvenzione dei poter

Messaggioda Mario Ragagnin » 19/02/2010, 20:17

Sul sito www.marioragagnin.net
è uscita la Quarta Parte de "I Volontari e il Potere",
dal titolo: Gli intellettuali non esistono,
sono un'invenzione dei poteri
Ringrazio chi vorrà collaborare.
Mario Ragagnin
mario.ragagnin@virgilio.it

Qui sono riportati alcuni paragrafi del I° Capitolo



GLI INTELLETTUALI NON ESISTONO,
SONO UN’ INVENZIONE DEI POTERI

1. La categoria degli intellettuali viene creata ad arte
La categoria (odierna forma di nobiltà, classe, casta) degli intellettuali viene creata ad arte dai poteri ai propri fini.
Le Università (sorte anzitutto come depositarie e dispensatrici del Diritto) sono state istituite per dare ragione agli Imperatori; che in tal modo si liberavano dalla dipendenza dal potere spirituale, dai Papi.
Le opinioni pubbliche non si sono rese conto finora che è inutile prendersela con i politici, che non sanno niente di responsabilizzazione e di razionalità, e cascano dalle nuvole a sentire tali parole “senza senso”.
Ci sono i “J’accuse” di giornalisti che vogliono essere considerati intellettuali (e che fanno tanto sperare, ma inutilmente) e le critiche “contro gli intellettuali” (di destra o di sinistra, oppure di questa o di quella religione) a fare credere alla gente che essi esistano.
Oggi ogni partito e religione alleva e indottrina i suoi "intellettuali", nei seminari e nelle scuole; e poi li gestisce al servizio della propria ideologia, ossia della forza, il contrario della ragione e della giustizia.
Essi sono fatti "esistere" e presentati come tali dai partiti e dalle chiese. Che, dopo averli allevati ed "educati" (anzitutto ad obbedire), anche li impongono al pubblico come “intellettuali”.
E provi qualcuno a dire che non lo sono !
Essi "detengono la Ragione", autoreferenziandosi.

Risulta impensabile alla gente che uno prima di tutto ragioni
e poi eventualmente si schieri da una parte o dall'altra. E' invalso l'uso che "la filosofia debba essere l’ancella della fede”...; e tutti accettano come naturale tale punto di vista, a cominciare dagli "intellettuali".
Perciò è inutile rivolgersi “agli intellettuali” in quanto "maestri del pensiero" se non esiste una tale categoria. Bisognerà rivolgersi, a chi si fregia del titolo, in altro modo: chiedendogli spiegazioni su quello che è e che fa. Ma poi essere pronti anche a sostenerlo, come fanno oggi i poteri.
Nessuno ha risposto al “Tradimento dei Chierici” di Julien Benda in maniera positiva e costruttiva, per scoprire le cause dell’assenza degli intellettuali dal mondo reale e delle loro omissioni, perché non esiste finora un obiettivo comune per gli scribi dei Faraoni, a cominciare da quello di uscire dal nido di partenza per essere sé stessi e liberarsi dai padroni.
Solo unendosi di sopra delle posizioni ideologiche che li hanno prodotti, gli intellettuali scopriranno cosa sono veramente, e come possono e devono valorizzare le stesse collettività di partenza (etniche o ideologiche, politiche e religiose); che li hanno creati per incantare e spaventare la gente, in modo che non interferisca e stia zitta e buona.
Essi sono i nuovi sacerdoti di una realtà che non è più esprimibile in atteggiamenti di sottomissione, come è sempre avvenuto finora, ma in forma di impegno e di consapevolezza di quello che gli uomini sono chiamati a fare in questo mondo.



2. Gli scribi e i cortigiani dei Faraoni usciranno dal nido

Gli scribi e i cortigiani dei Faraoni usciranno dal nido,
che li nutre e li gratifica a patto che ne celebrino l'eccellenza,
diventino parte integrante (pagliuzze) del nido
e rinuncino a sé stessi (vendendo l'anima...)
Anche uno poco colto viene valorizzato dal punto di vista esistenziale e culturale quando partecipa e serve alle decisioni del gruppo di cui fa parte (empiricamente e per caso) e a cui "appartiene": che vengono percepite come superiori a qualsiasi altro criterio di discriminazione e di giudizio.
O si è di quel partito e di quella confessione (dove ci siamo arrivati per sbaglio) o non si è niente. Ci sono alcuni che non saprebbero neppure parlare se non nell'ottica e negli interessi della comunità a cui appartengono, e dentro cui hanno sviluppato anche il loro linguaggio oltre alla mentalità.
Risulta impensabile alla gente che uno prima di tutto ragioni e poi eventualmente si schieri da una parte o dall'altra ("la filosofia deve essere l’ancella della fede”...).
Le persone del pubblico si chiedono anzitutto da che parte sta colui che parla o scrive in quel momento: se è di destra o di sinistra, e di quale religione. Non “sopportano” l’idea che uno non appartenga a nessuno, ma solo a sé stesso, e stia parlando da un punto di vista nuovo, razionale, e stia spiegando come comporre i diversi ed opposti punti di vista.
Hanno bisogno di catalogarlo dentro gli attuali schemi; così si sentono rassicurate e orientate a giudicarlo pregiudizialmente, unico modo conosciuto di comportarsi, e rassicurante punto di riferimento e di stabilità, sociale e psicologica.
Hanno bisogno di incasellarlo nei propri schemi e preconcetti, per sapere come giudicarlo in funzione della propria appartenenza (se è pro o contro, ossia se è utile o dannoso); e in tal modo archiviarlo e non pensarci più (dato che il pensare costa fatica).
La costruzione di un progetto razionale al di sopra dei partiti e delle chiese, delle correnti politiche e delle ideologie religiose, che coordini queste e le unisca (senza interferire con i contenuti e senza prendere posizione per nessuno) richiede un'autonomia di pensiero e di carattere.
E’ difficile “azzardarsi” a decidere in proprio in questo mondo di greggi. Ed è perfino rischioso fidarsi di sé e delle idee razionali; mentre è più rassicurante lasciarsi trasportare dall’ondata emotiva di maggioranza, che ci gratifica di fronte ai circostanti e ci deresponsabilizza di fronte a noi stessi, permettendoci sempre di dare la colpa a qualcun altro.
Perciò è inutile rivolgersi “agli intellettuali” ritenendoli oracoli e "maestri del pensiero", se non esiste una tale categoria. Bisognerà rivolgersi, a chi si fregia del titolo, in altro modo: chiedendogli spiegazioni su quello che è e che fa.
Però parecchi di loro, anche se non sono stati preparati a ragionare per giudicare criticamente chi li preparava (e che poi li sostiene materialmente e psicologicamente, per strumentalizzarli), si chiedono spesso se quello che stanno facendo è giusto o no. Provano il bisogno di consultarsi, e proprio con i loro omologhi delle parti opposte, per sentire il parere di questi a proposito dei rapporti fra idee e fatti, fra pensiero e realtà (e non più fra un partito e l’altro).
L’incontro, al di fuori da polemiche e doppi fini, li eleverebbe al di sopra degli schieramenti e li libererebbe dai paraocchi, dagli schemi mentali derivanti dalle situazioni che li hanno prodotti, al proprio servizio. Permetterebbe loro di riprogettare da un punto di vista personale e originale la ricostruzione sistematica dell’insieme, collegando fra loro in unità (dal di fuori e dal di sopra) le diverse idee.

Mario RAgagnin
www.marioragagnin.net
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