A Milano in piazza XXIV maggio l’ultimo lavoro di Maurizio Cattelan, un’installazione provocazione: tre bambini a occhi aperti impiccati all’albero più vecchio della città

Milano - Tra gli artisti italiani viventi Maurizio Cattelan è il più quotato in assoluto. Un suo lavoro, la Nona ora, che raffigura il Papa schiacciato da un meteorite, tre anni fa è stato venduto da Christie’ s per un milione di euro.
E’ per l’artista, che ha 44 anni, che è originario di Padova ma che vive a New York, il segno più eclatante del successo che nell’ultimo decennio ha accompagnato la presentazione di ogni suo lavoro, sempre preceduto e seguito da un tam tam che ha raggiunto il museo del Louvre (dove nel mese di ottobre realizzerà un’ installazione) e gli ambienti universitari. Trento gli ha concesso una laurea ad honorem in sociologia a cui Cattelan ha risposto con un ironico intervento, un asino, dal titolo Un asino tra i dottori.
Ora Cattelan arriva a Milano, in piazza XXIV maggio, dove dal giorno 5, anniversario della morte di Napoleone, e fino al 6 giugno presenta un’ opera realizzata per la Fondazione Nicola Trussardi. Un lavoro pubblico, quasi una sfida e una provocazione: tre bambini a occhi aperti appesi a un albero della piazza, albero che è il più vecchio di Milano. E’ un lavoro carico di pathos e di significati, contro la guerra, la morte, le torture che i bambini subiscono durante l’infanzia. Ma anche pesantemente scioccante per la veridicità con cui sono stati riprodotte le immagini e il corpo dei fanciulli impiccati a un ramo di un albero.
Nel corso di un’intervista che ha rilasciato al quotidiano la Repubblica Cattelan ha spiegato: “Non è un lavoro monumentale ma susciterà paura e probabilmente sarà giudicato eccessivo. E’ un intervento sul tema dell’infanzia, che è per me uno spazio di libertà e al contempo un posto di soprusi e violenze. Ma è anche il futuro e quindi è una riflessione su quello che ci sta accadendo intorno. è una specie di gogna che rappresenta il senso di violenza che sento dappertutto”.
C’era molta attesa per quest’opera che entra a far parte del teatro artistico di Cattelan - dove figurano, oltre al Papa, anche Hitler, animali impagliati, bambini meccanici - e dalle quotazioni di mercato, che tra il pubblico suscitano attenzione e discussioni. Maurizio Cattelan ne è ben cosciente e ha raccontato: “Le riflessioni sulle quotazioni del tuo lavoro cerchi di tenerle fuori dalla testa perché ti intrappolano. Sei responsabilizzato perché ogni volta che presenti una cosa nuova hai una pressione: devi essere all’altezza. Ma se pensi solo a questo non vai più avanti. Devi essere libero da qualsiasi cosa, i soldi, lo stile. La sfida è liberarsi di se stessi”.
I suoi lavori nascono quindi da una riflessione intellettuale.
Sono pessimo con le parole, la scrittura. Parto dalle immagini. Ho delle immagini che ho visto o che mi frullano in testa. Inizio a pensarci, cerco di attaccarle e di limarle. Cerco una sintesi dell’ immagine, sintesi che al contempo deve essere complessa.
Perché ha lasciato l’Italia? Quant’è importante per lei New York?
Vivere a New York è per me molto importante. Quasi tutti i lavori nascono in questa città. C’ è qualcosa... forse le dimensioni della città. è un posto dove tendenzialmente mi sento molto piccolo perché tutto è gigantesco. Questo mi influenza e lavoro per ritagliarmi un angolo, anche se poi vivo come fossi in una qualsiasi altra città. Dopo l’attentato dell’11 settembre, la situazione è abbastanza oscurantista. Ma è la stessa cosa ovunque. Oggi comunque siamo tutti più vicini e forse non ha più senso dire vivo a New York o a Kabul. La farfalla che batte le ali a Tokio genera un terremoto a Los Angeles e viceversa. Si può fare una cosa in un posto e ottenere risultati altrove. Abbiamo molte più possibilità.
Insomma è un artista inserito nella comunicazione totale.
Forse. Ma non è colpa mia. Mi ci hanno messo. Non è una cosa che pensi a tavolino. Genera anche paura perché le responsabilità si moltiplicano ma, ripeto, ci sono più possibilità.
Le sue mosse però, così si dice, sono pensate a tavolino.
Non ho mai pensato a tavolino. Con il tempo si imparano delle cose ma, se avessi studiato delle mosse, le cose non sarebbero andate così bene. Certo, mi dicono che sono un giullare, che sono il bluff... Io faccio il mio lavoro.
Quali sono i suoi riferimenti artistici? Ci sono dei maestri del passato a cui si sente legato?
I riferimenti me li cerco nel passato, nel presente. Mi guardo continuamente intorno. C’è chi dice che copio. Io posso anche guardare come gli altri affrontano i miei stessi problemi. Ma non penso mai: questa è una cosa che esce da Warhol, da Koons... Quanto all’idea di maestro... è una parola che mi mette a disagio. A scuola non ero tra i migliori. Per me maestri sono tutti compagni di classe. A volte li puoi sbeffeggiare, altre volte copi i compiti o fai un lavoro di gruppo. Tutto è lì fuori e sarebbe un errore non guardarlo.
Ma perché ha accettato una laurea in sociologia?
Dovevo rifiutarla? è una cosa che mi ha lusingato e imbarazzato. è stato un bel modo per mettermi in scacco. Non ho i biglietti da visita con la scritta Maurizio Cattelan, sociologo. Ma che l’ arte sia legata alla società non sono io a dirlo.
E cosa sta accadendo nel mondo dell’arte?
E’ un tempo da termiti. Le termiti sono minuscole, ma tutte insieme possono creare degli agglomerati affascinanti. Non è un momento di grandi individualità. C’ è però un gran brulicare, a volte minaccioso, ma a volte trasmette buone vibrazioni. E’ interessante anche questo. Vengono usati tutti i mezzi, senza più problemi.



Lunedì, 10 maggio 2004