Il Dibattito sulla scomunica della comunità Viottoli di Pinerolo e di don Franco Barbero
Non condivido...Non condividiamo!

Gli articoli di Adriana Zarri contro don Barbero e le risposte dei lettori de Il Manifesto a sua difesa


Riportiamo di seguito un articolo di Adriana Zarri sulla vicenda di don Barbero e della Comunità Viottoli. In questo articolo Adriana Zarri prende posizione contro don Barbero e lo fa usando come argomento un’opinione su Cristo espressa da Pietro Ingrao che, con tutto il rispetto per lui e per la Zarri, non ci sembra un grande argomento nè Ingrao un grande esperto di cristologia. Nulla da dire sulle opinioni, sia su quelle della Zarri che su quelle di Ingrao. Tutti sono ovviamente liberi di esprimere opinioni su tutto. Nessuno però deve poi stupirsi delle reazioni di chi quelle opinioni non condivide.
Diciamo così anche noi che non siamo d’accordo con Adriana Zarri e lo diciamo dopo aver letto approfonditamente la risposta di Don Barbero e soprattutto dopo aver avuto con lui un lungo incontro personale proprio nei giorni scorsi. La nostra quindi non è un partito preso, nè un voler lanciare un anatema nei confronti di alcuno. Possiamo anzi confermare che lo stesso don Barbero non lo ha fatto e questo ci è sembrato vermanete un bel modo di vivere il proprio crisitianesimo, quello cioè di essere sinceramente dalla parte degli ultimi e perciò di non avere alcunchè contro chicchessia.
Dopo l’articolo di Adriana Zarri del 3 marzo scorso, riportiamo di seguito anche le lettere che gli sono pervenute e che lei ha pubblicato su Il Manifesto del 10 marzo. (Giovanni Sarubbi)





Da Il Manifesto del 03 Marzo 2002

Parabole


ADRIANA ZARRI
Visto da destra: non basa essere un vescovo per avere ragione. Visto da sinistra: non basta essere un vescovo per aver torto. Da ambo le parti lo si guardi il risultato è eguale e lo si può riassumere in un proverbio: "non è l’abito che fa il monaco", anche se il monaco, solitamente, porta l’abito che contrassegna la sua situazione. Così non è la carica che determina l’agire, anche se la carica solitamente propende per un determinato agire.
Lo stesso può dirsi per le pecore del suddetto pastore. Non basta essere un cattolico progressista per trovarsi nel giusto come non basta essere tradizionalista per sbagliare.
Don Barbero - il prete di Pinerolo di cui molto si parla in questi giorni - è indubbiamente un progressista (chiediamo scusa per l’uso di queste etichette approssimate) e, ciò nonostante, non è nel giusto. Così come il suo vescovo, benché vescovo e come tale portato all’intransigenza, l’ha - sì - deplorato ma a ragione.
Don Barbero non crede nella Trinità né nell’Incarnazione, né nella divinità di Cristo; e allora che cristiano è? Potrebbe egualmente essere una persona onesta e rispettabile come rispettabili sono tanti che non credono, a cominciare dagli amici del manifesto; ma non fanno i preti, non predicano il Vangelo. Magari lo praticano ma non lo predicano. Sono limpidamente non credenti, senza maschere. Don Barbero forse (spero) praticherà lui pure il Vangelo ma ha il torto di predicarlo senza crederlo, senza aderire alle verità che il Vangelo proclama. E allora cosa può fare un vescovo, se non dire che il cristianesimo è altra cosa? E che il suo prete ne è fuori? A questo vescovo va tutta la mia solidarietà; a don Barbero il mio dissenso

Non credenti e miscredenti


Quest’episodio mi richiama alla memoria un fatto che ebbe come protagonista l’amico Ingrao: un limpido e onesto non credente. E dico non credente e non miscredente perché la miscredenza ha una connotazione negativa e, di solito, non è limpida ma astiosa e presuntuosa (come son bravo, moderno, intelligente io che non credo!). Si era a Montegiove - un eremo di cui spesso, sul manifesto, si è parlato - e Ingrao aveva ascoltato una relazione piuttosto orizzontalista che presentava Cristo come una brava persona, impegnata nel predicare la giustizia sociale e non molto di più. Ingrao, da quell’onesto non credente che è, prese le distanze. "Che differenza c’è" chiese "tra me e voi? Anch’io stimo Cristo e la sua predicazione; ma voi gli attribuite una trascendenza che, in questa relazione non riscontro" e allora (questo non lo disse a parole ma credo lo pensasse) che cristiani siete?Dedicato a don Barbero

Primati


Giovanni Paolo II ha proclamato 470 santi più 1300 beati: più di quanti non ne abbiano canonizzati tutti gli altri suoi predecessori messi insieme: un vero Guiness dei primati. E non si dica che non è serio accostare la santità a quello stupido elenco perché non è seria nemmeno una tale moltiplicazione di santi. Porta ad un’inflazione del concetto di santità ed un inevitabile abbassamento di livello. Per non dir poi di santi discutibili o francamente indecenti. La già denunciata canonizzazione dell’Escrivà de Balaguer ne è un esempio scandaloso. E spero che qualcuno, in Vaticano, faccia sapere al papa che una quantità di cattolici sono profondamente scandalizzati. Magari non servirà a fermarlo ma è bene almeno che lo sappia. Così avrà materia per un’altra richiesta di perdono.



Da Il Manifesto del 10 Marzo 2002

PARABOLE

Don Barbero epistolare


ADRIANA ZARRI

Mi accorgo di aver parlato male di Garibaldi; e non so se chiedere scusa a Garibaldi per averlo accostato a don Barbero o a don Barbero per averlo accostato a Garibaldi che (ne abbiamo accennato su il manifesto) un gran galantuomo pare che poi proprio non fosse. Dire che non può ritenersi cristiano chi non crede nella divinità di Cristo (come non può ritenersi mussulmano chi non crede nella profezia di Maometto) mi pareva affermazione piuttosto ovvia; e invece no. A stare al parere dei miei critici sembra che invece sia assurda e scandalosa.
Non credo di avere - pur nel dissenso - mancato di rispetto a don Barbero; fatto di cui mi accusa una delle lettere di protesta giunta al manifesto, ("La Zarri manca di rispetto alla persona, il che mi sembra grave sulla bocca di chi parla tanto di chiesa e di Vangelo"). Senonché nella stessa lettera mi sembra proprio che si manchi di rispetto a me: "che donna è questa Zarri che pretende di dare lezioni di Vangelo mentre avrebbe bisogno di imparare gli elementari principi della correttezza e della buona creanza... ecc."
Se involontariamente e al di là delle intenzioni ho mancato di rispetto a don Barbero me ne dolgo e me ne scuso. Spero che si scusi anche l’autrice della citata lettera. O la diversa pesatura dipende dal fatto che don Barbero è (altra missiva) "un testimone autentico della fede" mentre io sono "questa Zarri che pretende...ecc"? Sicché a don Barbero (com’è giusto) non si può mancare di rispetto e invece a me sì?

Fede e dogmi


Scrive un altro lettore: "Conoscendo il pensiero della Zarri, che sul terreno dogmatico è sempre sostanzialmente allineata con il magistero ufficiale della chiesa, non mi ha stupito... ecc." Non ho mai nascosto, anzi ho sempre chiaramente dichiarato di esser cattolica (anzi diciamo cristiana di tradizione cattolica) il che significa aderire alle verità della fede, non essere necessariamente allineati con le posizioni vaticane. In Vaticano infatti credo proprio di essere vista come il fumo negli occhi, e il mio ultimo libro è una difesa della legge 194 sull’aborto, in contrasto radicale con le posizioni di Roma. Non che sia necessario conoscere i miei libri, per carità; ma lo dico al mio lettore a puro titolo informativo, così come gli ricordo, se non lo sapesse (come probabilmente non sa), che, a suo tempo, feci la campagna referendaria a favore della 194. Come si vede, rispetto a un supino allineamento, sgarro parecchio. Il mio lettore poi prosegue dicendo che certe mie affermazioni "fanno rabbrividire per chi abbia una certa familiarità con la ricerca teologica (...)". Il problema che don Barbero solleva è ben altro: egli nei suoi scritti si domanda se non sia eccessivo far coincidere la verità del Vangelo con le formulazioni dogmatiche. Non si tratta di negare i cardini della fede ma di ripensare come fanno molti teologi e teologhe, le formulazioni. Magari sarà presunzione ma penso di esser tra quelle teologhe poiché io pure, contrariamente a quanto il mio critico sembra credere, so fare le opportune distinzioni tra la fede e la teologia, il dogma e la sua formulazione; e sul problema, detto in questi termini, non ho nulla da eccepire. Senonché don Barbero mi sembra vada al di là (o al di qua).

Conformismo


Spero che chi scrive "conoscendo il pensiero di Adriana Zarri" non conosca soltanto i miei articoli...Mi rendo conto di aver assunto una posizione impopolare; ma occorre anche avere la franchezza dell’impopolarità, pur di seguire quella coscienza alla quale tutti giustamente si appellano; magari anche sbagliando. Posso sbagliare io come Barbero come il vescovo di Barbero, come tutti, compresi i miei benevoli e malevoli critici. Ai quali vorrei suggerire di guardarsi da un certo conformismo dell’anticonformismo.

Per problemi di spazio, pubblichiamo qui accanto solo alcune delle lettere, giunte in redazione, di critica alla rubrica Parabole del 3 marzo scorso. Ci hanno scritto anche: L. De Paoli, V. Panzé, A.Gagliumi, A. R. Pignata, Comunità cristiana di base di Chieri, L. Bruno e Gruppo di controinformazione ecclesiale, Roma.



Da Il Manifesto del 10 Marzo 2002

LETTERE
Risposte ad Adriana Zarri



Non solo chiesa


La lettera della Comunità dell’Isolotto di Firenze (inviata alla comunità cristiana di base di Pinerolo e a don Franco Berbero e pubblicata qui di seguito, ndr), sebbene scritta il 17 febbraio, cioè prima che apparisse l’articolo di Adriana Zarri, ha già in sé gli elementi che consentono di valutare il carattere anacronistico della presa di posizione della Zarri stessa. Non è una baruffa nell’acquasantiera. C’è di mezzo tutta la problematica sociale e politica, drammatica e angosciante in cui siamo immersi. Lo scontro di civiltà che incombe è frutto della cultura dell’esclusione. La globalizzazione liberista nasce dalla cultura dell’esclusione. La guerra del "bene" contro "il male" si fonda sull’esclusione e all’esclusione planetaria conduce. Prima ancora di lotte politiche, o meglio insieme ad esse, il pacifismo ha bisogno di un impegno intransigente per diffondere universalmente la cultura dell’inclusione. La tendenza ad assolutizzare la verità, a renderla esclusiva, chiusa in una logica dogmatica senz’anima e senza speranza, soffocante e mortifera, sigillata nel sepolcro di cui il potere e i suoi chierici hanno la chiave, la chiave della verità, la quale consente loro di giudicare chi ha ragione e chi ha torto, chi è dentro e chi è fuori, è il succo velenoso della necrofilia generatrice di violenza. Se non fosse per queste connessioni inquietanti con la situazione sociale e politica generale, verrebbe proprio voglia di dire a don Barbero e alla Comunità di Pinerolo e a noi stessi: "lasciate che i morti seppelliscano i loro morti"..
Enzo Mazzi, Firenze



Lettera aperta


Nell’assemblea eucaristica abbiamo letto la vostra lettera e il resto della documentazione che ci avete inviato a proposito del vostro confronto col vescovo di Pinerolo. [...] Quello che state vivendo riteniamo che sia uno di questi. Siamo chiamati ad accoglierci valorizzando e intrecciando le differenze. Non siamo chiamati ad escluderci reciprocamente a causa delle differenze ma a confrontare le diversità per tendere a una comunione sempre più grande. Questo è lo spirito e il messaggio che abbiamo ricevuto dal Vangelo e dalle testimonianze ed esperienze più incisive e positive della umanità. Ma è anche la lezione che ci viene, sebbene per contraddizione e con pesanti carichi di sofferenza, dalla distruttività delle esperienze negative di contrapposizione ed esclusione. Da tale spirito di comunione che fonda sul primato delle relazioni l’intera società, che pone il "sabato" a servizio dell’uomo e non viceversa, è scaturita la novità di papa Giovanni e del Concilio Vaticano II, in quanto hanno gettato un piccolo seme appena percettibile, ma fecondo, hanno cercato di mettere in evidenza ciò che unisce piuttosto che ciò che divide, l’aspetto misericordioso della Chiesa piuttosto che il suo carattere di istituzione che, per salvare gli eletti, esclude e condanna, il carattere di inclusività della verità in perenne divenire sotto la spinta dello Spirito piuttosto che quello della esclusività. Da un tale spirito sono nate anche le comunità cristiane di base. Attualmente viviamo un momento assai difficile. La cultura dell’esclusione riprende alla grande perché ha oggi strumenti di una potenza mai vista: i media, il danaro e il mercato elevati a divinità, gli arsenali militari capaci di incenerire la terra. E anche la novità del Concilio è un po’ oscurata e disattesa. Ma ci sono anche segnali di speranza. Nascono nuovi movimenti di socialità e solidarietà planetaria e lo stesso evento di Assisi, pur nella sua non esaltante spettacolarità, sembra tendere verso una cultura dell’accoglienza. L’abbraccio fra esponenti di religioni tanto diverse non rende forse anacronistica la esclusione all’interno della stessa confessione religiosa o chiesa? E’ la speranza nella trepidazione che anima questo nostro messaggio. Le stesse comunità di base hanno forse da fare un riorientamento del loro cammino verso la stella polare, nel senso della reciproca accoglienza nel rispetto e nella valorizzazione delle differenze. E’ il dibattito che si è aperto dopo il Convegno di Chianciano Terme. Conviene continuare a parlarne. Un abbraccio a voi e a don Barbero.
Comunità dell’Isolotto di Firenze



Mancanza di rispetto


Ho provato una forte indignazione nel leggere le dichiarazioni rispetto a don Franco Barbero da Adriana Zarri. A parte le questioni teologiche, di cui né io né la Zarri siamo esperte, mi domando "che donna è" questa Zarri che pretende di dare lezioni di Vangelo mentre avrebbe bisogno di imparare gli elementari principi della correttezza e della buona creanza oltre alle basilari regole di una onesta comunicazione. Il dissenso sulle idee è una cosa costruttiva, ma alla Zarri in questo caso manca il rispetto della persona. Il che mi sembra grave sulla bocca di chi parla tanto di chiesa e di Vangelo.
Fiorentina Charrier, Pinerolo



Una solenne cantonata


Quando è troppo è troppo. Sulla querelle Barbero-vescovo di Pinerolo (ossia Vaticano) si possono dire molte cose, si possono fare distinguo, si può esprimere del dissenso rispetto al pensiero teologico di Barbero. L’articolo di Adriana Zarri pubblicato su il manifesto di domenica scorsa, mi sembra francamente fuori dalle righe. La teologa, in sostanza, afferma che Franco non è cristiano perché non crede "nella trinità, nell’incarnazione, ecc" e perché non "aderisce alle verità di fede che il Vangelo proclama". Non fuori dalla chiesa cattolica romana ( e si potrebbe discutere), ma fuori dalla fede cristiana, come se l’adesione ai dogmi rappresentasse il criterio ultimo per concedere la patente di cristiano a chicchessia. Neanche il vescovo di Pinerolo, nel suo articolo sulla Stampa, era arrivato a sostenere tesi di questo genere. Cara Adriana, questa volta hai preso una cantonata solenne...se c’è oggi in Italia un testimone autentico della fede questo è proprio Franco, con il suo essere vicino agli ultimi tra gli ultimi, la sua esistenza quotidiana fatta di preghiera e di studio della Parola, il suo rigore morale. Sul resto è da duemila anni che si discute e così sarà anche per i prossimi duemila.
Fausto Caffarelli, Torino



Non sono stupito


Conoscendo il pensiero di Adriana Zarri, che sul terreno dogmatico è sempre sostanzialmente allineata con il magistero ufficialedella chiesa, non mi ha stupito più di tanto la "parabola" comparsa su il manifesto di domenica 3 marzo. Certo la Zarri pronuncia sentenze su don Franco Barbero andando ben oltre le "critiche" vaticane firmate dal vescovo di Pinerolo. Ci vuole davvero del fegato a scrivere che "don Barbero ha il torto di predicare il Vangelo senza crederlo, senza aderire alle verità che il Vangelo proclama". E si noti: "Barbero non è nel giusto". "Che cristiano è?". Se lo dice Adriana Zarri ... Simili affermazioni perentorie, per chi abbia una certa familiarità con la ricerca teologica, fanno rabbrividire. In più dice che don Barbero avrebbe perso il senso della trascendenza! Il problema che don Barbero solleva è ben altro: egli nei suoi scritti si domanda se non sia eccessivo far coincidere le verità del Vangelo con le formulazioni dogmatiche. Non si tratta di negare i cardini della fede, ma di ripensare, come fanno molti teologi e teologhe, le formulazioni. Ciò a tutto vantaggio della fede e della predicazione.
Paolo Sales

Sabato, 16 marzo 2002