La crisi delle chiese cristiane
Una questione di cui non si discute

di Giovanni Sarubbi

Preti che scappano, da soli o con la donna con cui hanno incontrato l’amore. Ma anche preti omosessuali o pedofili, o pastori protestanti che divorziano, o chiese dove si celebrano sempre più funerali invece che battesimi. Sono dati che chiunque viva una qualsiasi realtà ecclesiale tocca con mano ogni giorno. Per la Chiesa cattolica molti ritengono che il problema potrebbe risolversi aprendo il sacerdozio al matrimonio. Esiste anche un movimento che si prefigge tale scopo. Ma la crisi che vivono i preti cattolici non si risolverà così. Fra i pastori protestanti, che si sposano, i problemi non mancano: molto alta è la percentuale di divorzi, con tutto ciò che questo può comportare, come accade in tutti i divorzi, per i figli. Quello che è in crisi non è questa o quella forma di presbiterato, ma il presbiterato stesso e la chiesa nel suo complesso. Il prete che abbandona, o quello arrestato per pedofilia, o finito sulle pagine dei giornali per omosessualità, sono il sintomo che nella chiesa si vive senza amore. I preti interpretano un ruolo simile a quello di un supereroe dei fumetti. Sul prete, ma lo stesso dicasi per i pastori protestanti, si scarica di tutto: dalle messe o dal culto, al catechismo o agli studi biblici e quant’altro. Senza il prete o il pastore non esiste la chiesa, e questo perché le chiese hanno da tempo perso il loro essere comunità, dove tutti hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri. La vera crisi della chiesa è la perdita di quello che i riformatori del 1500 e il Concilio Vaticano II° hanno chiamato "sacerdozio universale dei credenti". Questo principio stenta a divenire vita vissuta delle chiese; prevale il clericalismo, la delega al prete o al pastore, salvo poi gridare allo scandalo quando il prete o il pastore vanno in crisi. Di questo e di altro ancora vorremmo discutere in queste pagine, fornendo notizie, ma anche raccogliendo idee e commenti.



Lunedì, 25 agosto 2003