di Leonardo Boff
DOC-1002. RIO DE JANEIRO-ADISTA. "Con questo documento il
timido card. Ratzinger appare come lo sterminatore del futuro dell'ecumenismo": così
il teologo della liberazione Leonardo Boff commenta la dichiarazione del Prefetto
della Congregazione per la Dottrina della Fede, "Dominus Iesus" (v. Adista n.
64/00). La strategia del documento vaticano, spiega il teologo, è la stessa di tutti gli
altri totalitarismi: del nazi-fascismo, come dello stalinismo, come delle dittature
latino-americane. Il principio di fondo è: "la verità è solo dentro il
sistema", il metodo: "convertire gli altri o sottometterli, demoralizzarli o
distruggerli". "Questo metodo lo conosciamo bene in America latina, fu applicato
minuziosamente dai primi missionari spagnoli" che vennero a colonizzare le società
indigene, e le "distrussero con la croce unita alla spada".
Perché tanta arroganza? Dove ha radici questo fondamentalismo senza
pietà? Chiede Boff. Sicuramente non nel messaggio di Cristo. Piuttosto nella
manipolazione delle Sacre Scritture ad uso e consumo di questa ideologia totalitaria, su
cui la gerarchia vaticana, come mostra chiaramente "Dominus Iesus", ha costruito
il proprio "esclusivo edificio di salvezza". Di seguito il testo che ci ha
mandato Leonardo Boff, in una nostra traduzione dal portoghese.
Mentre si avvicina la
conclusione dei festeggiamenti per i duemila anni di cristianesimo, il card. Ratzinger ci
saluta con un documento dottrinario del quale dobbiamo ringraziarlo. In esso, senza
maschera né sotterfugi, si espone la visione che una parte della Chiesa, la gerarchia
vaticana, possiede circa la rivelazione, il progetto di Dio in Cristo, la natura della
Chiesa, il dialogo ecumenico e interreligioso.
Adesso tutti, uomini e
donne di buona volontà, persone religiose e spirituali, Chiese cristiane e tutti i fedeli
sanno quello che devono aspettarsi dalla Chiesa gerarchica vaticana rispetto al futuro del
dialogo micro e macroecumenico. Questo futuro è spaventoso, ma assolutamente coerente con
il sistema che la Chiesa gerarchica vaticana ha elaborato negli ultimi due secoli e che
ora ha raggiunto la sua più pietrificata espressione. È il sistema romano, ferreo,
implacabile, crudele e senza pietà.
1. L'inaudita
aggressività di un cardinale timido
In un'unica formula,
picaresca ma autentica, ecco il riassunto della sua opera: "Cristo è l'unica via di
salvezza e la Chiesa è il pedaggio esclusivo. Nessuno percorrerà il cammino se prima non
pagherà il pedaggio". Altrimenti formulato: "Cristo è il telefono ma solo la
Chiesa è la telefonista. Tutte le comunicazioni di corta e lunga distanza passano
necessariamente attraverso di lei". Chiesa e Cristo formano "un unico Cristo
totale" (n. 16), perché, "così come esiste un solo Cristo, esiste un solo
corpo e una sola sua Sposa, una sola Chiesa cattolica e apostolica" (n. 16). Fuori
della mediazione della Chiesa, tutti, inclusi "gli adepti di altre religioni,
oggettivamente si trovano in una situazione gravemente deficitaria" (n. 22).
Con enfasi, si dice,
citando il Catechismo della Chiesa Cattolica: "Non dobbiamo credere in nessuno se non
in Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo" (n. 7).
Perché questo
riduzionismo? Qui comincia ad articolarsi il sistema romano, il romanismo, a partire dal
"carattere definitivo e completo della rivelazione di Gesù Cristo" (n. 4).
Possono passare millenni, possono gli esseri umani emigrare in altri pianeti o galassie,
fino al giudizio finale la storia è ingessata, poiché non si avrà nessuna novità in
termini di rivelazione: "non si dovrà attendere alcuna nuova rivelazione pubblica
prima della manifestazione gloriosa di Nostro Signore Gesù Cristo" (n. 5).
Il sistema è
completo, chiuso e totale, tutto è proprietà privata della Chiesa (gerarchia vaticana)
che deve estenderlo al mondo intero. Che dirà agli esseri umani, anche fra milioni di
anni di evoluzione e di incontro spirituale con Dio, e agli altri cristiani che non sono
cattolici-romani?
Le risposte sono
chiare e senza titubanze, autentiche stilettate di pugnale nel petto dei destinatari: a
voi, persone religiose del mondo, membri di religioni anche più antiche del nostro
cristianesimo (come il buddismo o l'induismo), annuncio questa desolante verità: voi non
avete "fede teologale", a mala pena possedete "credenza"; le vostre
dottrine non sono cosa dello Spirito ma sono cose che "l'uomo nella sua ricerca della
verità ha ideato". Se possiedono degli elementi positivi, "ad essi non può
essere attribuita l'origine divina", né sono vostri, sono nostri perché
"ricevono dal mistero di Cristo gli elementi di bontà e di grazia in essi
presenti" (n. 8).
E voi, Chiese
ortodosse che possedete gerarchia e eucarestia, voi siete appena "Chiese particolari,
senza la piena comunione perché non accettate il primato del Papa" (n. 16).
E voi, Chiese
evangeliche, uscite dalla Riforma, e le altre sorte in un secondo tempo, ascoltate bene
questa sentenza: "non siete Chiese in senso proprio" (n. 17), siete
"comunità separate", "il cui valore deriva dalla stessa pienezza della
grazia e della verità che fu affidata alla Chiesa cattolica" (n. 17).
E ora ascoltate tutti
quello che il Concilio Vaticano II ha sentenziato e noi riaffermiamo: l'"unica vera
religione sussiste nella Chiesa cattolica e apostolica, alla quale il Signore Gesù ha
affidato il compito di diffonderla tra tutti gli uomini" (n. 23). Sappiate che
unicamente in questa è la verità. Tutte le persone sono obbligate a cercare la verità
che altro non è se non Cristo e la Chiesa. Una volta conosciuta, voi siete obbligati ad
aderire ad essa, perché al di fuori di questa verità tutti voi siete irrimediabilmente
nell'errore.
In fondo, questo
documento, espressione suprema di totalitarismo, dirà a tutti, in modo crudele e
impietoso: senza Cristo e la Chiesa voi tutti non possedete niente di vostro; se, per
ventura, avete qualche elemento positivo, non è vostro ma di Cristo e della Chiesa. A voi
non resta altra strada se non la conversione. Fuori della conversione c'è solo il rischio
oggettivo della perdizione.
Dopo tale
pronunciamento, per noi mortali, impegnati nel micro e nel macro ecumenismo, una cosa è
chiara: qualsiasi iniziativa del Vaticano in quest'area nasconde una farsa e prepara
un'esca. Gli appelli che il documento fa alla continuità del dialogo non sono
propriamente sui contenuti religiosi, ma sul rispetto delle persone, uguali in dignità,
ma assolutamente disuguali in termini di condizioni oggettive di salvezza. Con queste tesi
il timido cardinal Joseph Ratzinger è apparso come lo sterminatore del futuro
dell'ecu-menismo.
Come si è giunti a
questo sistema totalitario, il romanismo, che fa tante vittime e che produce un discorso
di esclusione e di disperazione?
2) Il capitalismo
gerarchico romano
Questo tipo di
discorso non è specifico del romanismo ma di tutti i totalitarismi contemporanei: del
nazi-fascismo, dello stalinismo, del settarismo religioso, dei regimi latino-americani di
sicurezza nazionale, del fondamentalismo del mercato e del pensiero unico neoliberista. Il
sistema è totalitario e chiuso in se stesso, nel caso della Chiesa gerarchica vaticana,
un "totatus" ("totalitarismo") come dicevano i teologi cattolici
critici verso l'assolutismo dei papi. La realtà comincia e termina là dove comincia e
termina l'ideologia totalitaria. Non esiste nulla oltre il sistema. Ad esso tutti devono
sottomettersi, come dice il documento di Ratzinger, in "pieno ossequio
dell'intelletto e della volontà", "dando il proprio assenso volontario"
(n. 7). La verità è solo "intrasistemica". Solo quelli che obbediscono al
sistema partecipano dei benefici della verità che è la salvezza. Tutti gli altri sono in
errore. Chi pretende di possedere da solo la verità assoluta è condannato
all'intolleranza verso tutti gli altri che non sono in essa. La strategia è sempre la
stessa, in tutti questi totalitarismi: convertire gli altri o sottometterli,
demoralizzarli e distruggerli.
Questo metodo lo
conosciamo bene in America Latina. Fu applicato minuziosamente dai primi missionari
spagnoli che vennero in Messico, nei Caraibi e in Perù con l'ideo-logia assolutista
romana. Considerarono false le divinità delle religioni indigene e una pura invenzione
umana le loro dottrine. E li distrussero con la croce unita alla spada.
I lamenti dei saggi
aztechi riecheggiano fino ad oggi: "Avete detto che i nostri dei non erano veri. È
nuova questa parola che dite. A causa sua siamo danneggiati, a causa sua siamo molestati.
Ascoltate, signori: non fate al nostro popolo cosa che gli rechi disgrazia e che lo faccia
morire, non possiamo stare tranquilli" (Miguel León Portilla, "La conquista
dell'America Latina vista dagli indios", Vozes, Petrópolis 1987, 21-22). I maya
piangevano singhiozzando: "Addoloriamoci, perché sono arrivati (gli spagnoli
cristiani). Sono venuti a far marcire i fiori. Perché vivesse il loro fiore hanno
distrutto e inghiottito il nostro fiore. Castrare il sole: questo sono venuti a fare qui.
Questo Dio "vero" che viene dal cielo parlerà solo di peccato, solo sul peccato
sarà il suo insegnamento. Ci hanno insegnato la paura" (León-Portilla, op. cit.
60-62).
Il card. Ratzinger
potrà immaginare quello che un pio presbiteriano, che lavora con gli indigeni all'interno
della selva amazzonica, o un monaco taoista, immerso nella sua contemplazione, proveranno
quando, in un qualsiasi incontro interreligioso, verrà detto loro che non hanno fede o
che non sono Chiesa, che in sé non possiedono nulla di divino e di positivo, e se lo
possiedono è solo a causa di Cristo e della Chiesa? Così umiliati e offesi hanno motivo
di piangere come gli aztechi e i maya. Il loro lamento arriverà fino al cuore di Dio che
sempre ascolta il grido degli oppressi, senza la mediazione non necessaria della Chiesa.
Ma poiché sono giusti e saggi, di sicuro sorrideranno solamente di fronte a tanta
arroganza, a tale mancanza di rispetto e tale assenza di spiritualità riguardo ai
percorsi di Dio nella vita dei popoli.
La strategia del
documento vaticano obbedisce alla stessa logica dei citati totalitarismi: va dalla
demoralizzazione e dalla svalutazione fino alla completa negazione del valore teologico
delle convinzioni degli altri. Distrugge tutti i fiori del giardino non-cattolico e
religioso perché resti, sovrano e solitario, solo il fiore della Chiesa cattolica romana.
E tutto con l'invocazione di Dio, di Cristo e della rivelazione divina, peccando
allegramente contro il secondo comandamento della Legge di Dio che proibisce di usare il
santo nome di Dio invano, o per coprire interessi meramente umani.
Come si è giunti a
questa rigidità fondamentalista e senza pietà? Non vogliamo riassumere l'indagine
storica, fatta dai migliori storici ed esegeti cattolici che il card. Ratzinger conosce
bene avendoli studiati a Frisinga, Bonn, Tubinga e Regensburg: dalla comunità fraterna
degli inizi del cristianesimo si è arrivati per ragioni storiche, comprensibili ma non
giustificabili, alla società ecclesiastica piramidale e disuguale. Nei primi secoli, fino
a dopo l'anno mille, il popolo cristiano partecipava del potere della Chiesa-comunità dei
fedeli nelle decisioni e nell'elezione dei suoi ministri secondo l'antico adagio:
"tutto quello che riguarda tutti deve essere da tutti discusso e deciso". In
seguito il popolo cominciò ad essere a malapena consultato, ed infine totalmente
emarginato ed espropriato della capacità che in origine possedeva. Così nella Chiesa è
sorta una innegabile divisione e disuguaglianza: una gerarchia che tutto sa, tutto
insegna, tutto discute e tutto decide al di sopra di una massa di fedeli depotenziata e
destituita, che deve obbedire e aderire totalmente alla gerarchia.
Questa realtà è in
sé perversa e contraria al significato originario del messaggio di Gesù. Per renderla
accettabile entrano in funzione i meccanismi di legittimazione. La gerarchia vaticana
elabora una corrispondente teologia con l'obiettivo di giustificare, rafforzare e
socializzare il suo potere. Per rendere questo potere irriformabile, intoccabile e
assoluto gli attribuisce un'origine divina, quando in verità è una produzione storica e
frutto di un processo implacabile di espropriazione. Per ottenere tale
"faraonismo" la gerarchia vaticana mise mano alla manipolazione di decreti e
alla falsificazione del famoso Testamento di Costantino, fino ad istituire con Gregorio
VII nel 1075, con il suo "Dictatus Papae" (la Dittatura del Papa), il potere
assoluto del papato in formule come queste: "Il papa è l'unico uomo al quale tutti i
prìncipi baciano i piedi (questo valeva fino alla metà di questo secolo, con Pio XII);
la sua sentenza non deve essere corretta da nessuno e lui solo può correggere quella di
tutti; egli non deve essere giudicato da nessuno". Alla fine con Pio IX,
infelicemente beatificato di recente, il papa fu proclamato infallibile nel suo magistero,
potendo decidere tutto "da sé e senza il consenso della Chiesa".
A partire da questa
ideologia totalitaria si leggono le Scritture e si estrapola da queste ciò che serve a
fondamento di questa dottrina ideata dalla sete di potere, spiritualizzando prospettive
contrarie o semplicemente riducendole al silenzio. Anche le più essenziali. Il documento
del card. Ratzinger continua questo metodo senza una benché minima sottigliezza, come ci
si sarebbe potuto aspettare da uno che è stato un tempo un teologo di riconosciuta
competenza.
Occorre ricordare che
il Gesù storico fu vittima di un sistema assolutista simile, architettato da scribi e
farisei che, in nome di quell'assolutismo, rigettarono Gesù come falso profeta, nemico
della verità, belzebù, traditore delle tradizioni e seduttore del popolo. Gesù replica
loro, e lo stesso diremo al card. Ratzinger: "in verità, annullate così la Parola
di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte"
(Mc 7,13); "a causa delle tradizioni voi non insegnate il precetto di Dio" (Mt
15,3).
Cosè che il
card. Ratzinger non insegna in nome di tradizioni spurie?
3) Errori teologici
che rendono inaccettabile il documento vaticano.
Il card. Ratzinger non
insegna l'essenza del cristianesimo, senza la quale nulla si sostenta e vana è l'intera
argomentazione del documento. Tra le altre cose essenziali, due sono le più gravi: non
annuncia la centralità dell'amore, né predica l'importanza decisiva dei poveri. Sono
completamente assenti dal suo documento.
Per Gesù e per tutto
il Nuovo Testamento l'amore è tutto (Mt 22, 38-39) perché Dio è amore (1 Gv 4,8-16) e
solo lamore salva (Mt 25,34-37), amore che deve essere incondizionato (Mt 5,44).
Niente di questo si legge nel documento cardinalizio. Parla solo di verità rivelate e
della fede teologale come piena adesione ad esse. E sa bene il cardinale che la fede da
sola non salva, poiché come dicono tutti i Concilii, salva solo la fede "informata
d'amore" (fides caritate informata). È un silenzio clamoroso, comprensibile
solo in chi non possiede un'esperienza spirituale, non si incontra con il Dio-comunione di
persone divine, non ama Dio né il prossimo, ma aderisce solo pigramente alle verità
scritte e astratte. Per il fatto che il testo non rivela nessun amore, mostra anche di non
amare nessuno che non sia il proprio sistema. Anzi, senza compassione o sforzo di
comprensione, offende e distrugge il credo degli altri.
Più ancora, come
aggravante, in nessun momento si riferisce ai poveri. Per Gesù e per tutto il Nuovo
Testamento il povero non è un tema fra gli altri. È il luogo a partire dal quale si
scopre il vangelo come buona notizia di liberazione ("beati i poveri") e
funziona come criterio finale di salvezza o di dannazione. A nulla vale appartenere alla
Chiesa romano-cattolica, possedere l'intero arsenale degli strumenti di salvezza,
sottomettersi con mente e cuore al sistema gerarchico, accogliere tutte le verità
rivelate. Se non avessi l'amore "non sarei niente" (1 Cor 15,2). Se non avessimo
amore per gli affamati, gli assetati, gli ignudi, i forestieri e i prigionieri nessuno,
né io, né il card. Ratzinger potremmo udire le parole delle Beatitudini: "Venite,
benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi fin dalla
fondazione del mondo" (Mt 25,34); perché "ogni volta che non avete fatto queste
cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me" (Mt 25,45).
La questione del povero è così essenziale all'eredità di Gesù che quando Paolo andò a
Gerusalemme a definire la sua dottrina con gli apostoli, questi gli ricordarono
l'attenzione verso i poveri (Gal 2,10).
La tradizione
teologica della Chiesa ha sempre argomentato correttamente: dove sta Cristo, lì sta la
Chiesa; Cristo è nei poveri; quindi la Chiesa è (deve essere) nei poveri. Non solo nei
poveri laboriosi e buoni, ma nei poveri puramente e semplicemente per il solo fatto che
sono poveri. Essendo poveri, hanno meno vita e perciò sono i primi destinatari del
Vangelo e dell'intervento liberatore del Dio della vita. Nessuna risonanza di questo
annuncio di libertà e di compassione troviamo nel vile documento vaticano. Sulla
questione dei poveri si potrebbe inaugurare un ecumenismo aperto e fecondo con tutte le
Chiese, le religioni, le tradizioni spirituali e le persone di buona volontà.
Nell'amore
incondizionato e nei poveri si trova la centralità del messaggio di Gesù e non nel
ragionamento ideologico messo su dal documento del cardinale. Cè nel documento una
forma di negazione del Dio vivo che solo gli ecclesiastici realizzano: parlare di Dio,
della sua rivelazione e della sua grazia senza mostrare nessuna compassione verso i poveri
e verso gli offesi. Non parlano del Dio di Gesù che ascolta il grido degli oppressi e
scende per liberarli (Esodo 3,4), ma di un feticcio ecclesiastico che l'uomo "ha
ideato" (n. 7) nella sua brama di potere. Non senza motivo limmagine di Dio che
emerge dal documento è quella di un Dio funereo che è morto da molto tempo ma che ha
lasciato come testamento frasi, raccolte nel Nuovo Testamento, con le quali la gerarchia
vaticana costruisce un edificio di salvezza esclusivo per che vi vuole entrare.
Ma ci sono altre
insufficienze gravi di teologia che occorre denunciare:
Il documento offende
il Verbo che "illumina ogni persona che viene al mondo" (Gv 1,9) e non solo i
battezzati e i romano-cattolici.
Il documento bestemmia
contro lo Spirito che "soffia dove vuole" (Gv 3,8) e non solo sopra coloro che
sono legati agli schemi del cardinale. Gesù enfatizza che "i veri adoratori che il
Padre desidera, devono adorarlo nello Spirito e nella verità" e non solo in Roma
(Gerusalemme) o Garizim (Cracovia) (Gv 4,21-23), vale a dire tutte le persone aperte alla
dimensione spirituale e sacra dell'universo, manifestazione della presenza del Mistero
divino, il cui culmine è l'incarnazione.
Il documento si fa
gioco degli esseri umani negando loro l'essenza del messaggio di Gesù, cioè l'amore
incondizionato e la centralità dei poveri e degli oppressi. Al suo posto, offre loro un
indigesto menù di citazioni arrangiate per giustificare le discriminazioni e le
disuguaglianze prodotte contro la volontà manifesta di Gesù che ha proibito a chiunque
di farsi chiamare maestro o padre (papa è l'abbreviazione di padre dei padri: pater-patrum
= papa) o di considerarsi il più grande o di mettersi al primo posto, "perché voi
siete tutti fratelli e sorelle" (Mt 23,6-12).
La gerarchia romana ha
bisogno urgentemente di conversione perché possa trovare il suo posto nella totalità del
popolo di Dio e come servizio dentro la comunità di fede. Essa non è una fazione, ma una
funzione della Chiesa-comunità di fedeli e di servizi. Il documento è anni luce
dall'atmosfera di giovialità e di benevolenza propria dei Vangeli e della gesta di
Cristo. È un testo di scribi e farisei e non di discepoli di Gesù, un testo privo di
virtù umane e divine più destinato a giudicare, a condannare e ad escludere che a
valorizzare, comprendere ed includere come nella prima alleanza che Dio ha stabilito con
la vita e l'umanità, simbolizzata dall'arcobaleno. Ratzinger non vuole la molteplicità
dei colori nell'unità dello stesso arcobaleno, ma solo il predominio imperativo del
colore nero, quello della triste gerarchia vaticana.
4) L'ecumenismo
passa per Ginevra e non per Roma
Con questo documento
il card. Ratzinger ha costruito la tomba per l'ecumenismo nella prospettiva della
gerarchia vaticana. Possiede il merito di distruggere tutte le illusioni. A partire da ora
non possiamo contare sulla gerarchia vaticana per cercare la pace spirituale e religiosa
dell'umanità. Al contrario, per il suo capitalismo accentratore della verità divina, per
l'arroganza con cui tratta tutti gli altri, il cristianesimo gerarchico romano costituisce
il più grande bastione reazionrio, maschilista e di totalitarismo ideologico oggi
esistente. Ma la gerarchia romana non è l'intera Chiesa né rappresenta l'intera
gerarchia ecclesiastica mondiale. In seno alla gerarchia ci sono cardinali, arcivescovi,
vescovi e presbiteri che seguono il cammino evangelico del reciproco apprendistato, del
dialogo aperto e della sincera ricerca della pace religiosa, che risiede nell'esperienza
radicale del Mistero che si vela e rivela lungo tutta la storia dell'universo e
dell'umanità e prende corpo, ogni volta in modo singolare, nelle religioni e nel
cristianesimo. Ma questo non è il cammino sostenuto da Roma. Al contrario, è sospettato
di relativismo e condannato.
Se il Vaticano
continua nel suo atteggiamento escludente, l'ecumenismo cristiano non passerà più per
Roma, ma per Ginevra, sede del Consiglio Mondiale delle Chiese. Lì si perpetua l'eredità
di Gesù, aperta alle dimensioni dello Spirito che riempie la terra e scalda i cuori dei
popoli e delle persone.
Poiché il documento
di Ratzinger è frutto di un sistema chiuso e ferreo, non mostra nessuna sensibilità
verso la realtà che va al di là di esso. È il rospo che vive nel fondo del pozzo e non
sa nulla degli universi che ci sono al di fuori. Un documento che guarda al dialogo
religioso mondiale dovrebbe mostrare la pertinenza e la rilevanza che tale dialogo ha per
la drammatica situazione che attraversano la Terra e l'umanità. Niente di questo rientra
nel piano del documento.
Il senso del dialogo
ecumenico ed interreligioso non si esaurisce nella gestazione della pace religiosa. Esso
è ordinato alla costruzione della giustizia e della pace tra i popoli e alla salvaguardia
di tutto il creato. Stiamo camminando verso un'unica società mondiale. Questa geosocietà
ha il volto del Terzo mondo perché quattro miliardi di persone su sei, secondo i dati
della Banca mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, vivono al di sotto della linea
di povertà. Chi asciugherà le lacrime di questi milioni di vittime? Chi ascolta il grido
che viene dalla terra ferita e dalle tribù della terra, affamate ed escluse?
Il documento non ha
orecchie per queste tribolazioni. Chi è sordo al grido degli oppressi non ha niente da
dire a Dio e niente da dire in nome di Dio. Il cristianesimo rappresentato dal card.
Ratzinger non è globalizzabile, è espressione della faccia più oscura dell'Occidente
che sempre più diventa danno. Il suo documento chiude il secondo millennio in un tipo di
cristianesimo che non deve essere prolungato se si crede nel Mistero di Dio che si rivela
nella storia, nellamore di Gesù Cristo il cui significato e messaggio non vuole
escludere né sminuire nessuno, nella comunione con le altre Chiese cristiane che portano
avanti la memoria di Gesù e nel rispetto degli altri cammini religiosi e spirituali
attraverso cui Dio ha sempre visitato tutti gli esseri umani nella salvezza e nella
grazia.
Nel millennio che si
inaugura, si farà un nuovo ecumenismo cattolico come quello che si sta facendo in
importanti settori della gerarchia che si sono convertiti al suo significato evangelico di
servizio e animazione della fede, nella base della Chiesa e nelle comunità cattoliche e
cristiane; ecumenismo fondato sulla spiritualità e sulla mistica dell'incontro vivo con
lo Spirito e il Risorto, a servizio degli uomini e delle donne, cominciando dai più
poveri e penalizzati, in comunione e in dialogo con altri portatori di spiritualità. È
missione di tutti suscitare ed animare la fiamma sacra del Divino e del Mistero che arde
dentro ogni cuore e nell'universo intero. Senza questa fiamma sacra non salveremo la vita
né garantiremo un futuro di speranza per la famiglia umana e la casa comune, la Terra.
Per questo motivo ogni ecumenismo è desiderabile, ogni sinergia imprescindibile. E Roma
dovrà un giorno, post Ratzinger locutum, unirsi a questo compito messianico. |