33737. ROMA-ADISTA. Dal "per molti" allorientamento del prete durante la messa, dalle voci sul ritorno della messa tridentina alle nuove traduzioni in lingua moderna dei sacri riti: la liturgia è sempre più spesso argomento di attualità nella Chiesa e nel dialogo tra le Chiese. Un fenomeno solo allapparenza sorprendente. Se infatti le questioni di liturgia possono sembrare a prima vista squisitamente tecniche anche ai credenti, la messa e i Sacramenti sono – è proprio il caso di dirlo – il "pane quotidiano" del cristiano: quando cè qualcosa che non va, oppure quando viene introdotto qualche elemento nuovo, i credenti se ne accorgono subito, sulla loro pelle. Per questo motivo, Adista ha deciso di intervistare – nel corso delle prossime settimane – alcuni importanti studiosi ed esperti di liturgia, italiani e non. Per capire ‘cosa succede e ‘dove va la liturgia oggi. Per cominciare, ci siamo rivolti a p. Keith Pecklers, gesuita, professore di Liturgia alla Pontificia Università Gregoriana e professore di Storia della liturgia al Pontificio Istituto Liturgico. Per lanno accademico 2006-2007 è titolare della cattedra ‘Gasson di Teologia al Boston College. Ha pubblicato 5 libri e numerosi articoli e recensioni. Il suo ultimo libro, Worship (2003), ha vinto il premio per il miglior libro liturgico della Catholic Press Association ed è in corso di traduzione presso Queriniana. Ultimamente è stato eletto tra i direttori della nordamericana Catholic Academy of Liturgy.
D: Prof. Pecklers, quali sono i trend della liturgia oggi? R: Uno dei più grandi doni del Concilio Vaticano II è stato il recupero della liturgia al cuore della vita e della missione della Chiesa ("fonte e culmine") insieme a quello del rapporto intrinseco tra la liturgia e il servizio (diakonia). Ora che sono passati quarantanni dal Concilio, capiamo in maniera più profonda quello che aveva già detto SantAgostino nel IV secolo: che è il corpo di Cristo (la Chiesa) a celebrare il corpo di Cristo (leucaristia). Così la liturgia – la linfa vitale, il cuore del corpo mistico di Cristo (la Chiesa) – sottintende una responsabilità sociale nel mondo – quella che il gesuita cileno recentemente canonizzato Alberto Hurtado chiamava "il prolungamento della messa nella vita quotidiana". Per dirla diversamente, il Vaticano II ha aiutato la Chiesa a capire più pienamente che Eucaristia e Missione sono inseparabili. Detto questo, molto rimane ancora da fare. Un primo trend, quindi, è la necessità di una maggiore attenzione alla formazione degli adulti e dei laici nel campo della liturgia. Un altro trend è il riconoscimento dellimportanza che ha il contesto culturale sul modo in cui celebriamo. Linculturazione non è una novità introdotta dal Concilio Vaticano II ma risale ai primissimi tempi del cristianesimo. Il fatto che abbiamo quattro vangeli invece di uno solo attesta già da sé il bisogno di un adattamento culturale del messaggio evangelico: il contesto culturale di Matteo era differente da quello di Luca, entrambi avevano un pubblico differente e problemi sociali diversi da affrontare. Ai giorni nostri, i problemi liturgici posti dal popolo Yoruba in Nigeria sono diversi da quelli del Belgio post-cristiano. Basta pensare alla carenza di preti nellEuropa occidentale e per contrasto al gran numero di vocazioni in Africa, ma ci sono anche differenze culturali che richiedono la nostra attenzione in ogni angolo del globo – anche se celebriamo lo stesso rito romano. In Italia, per esempio, è forte la presenza di movimenti laicali come SantEgidio, i Focolarini, i Neocatecumenali, Comunione e Liberazione, ecc. Ciascuno di questi movimenti di solito ha una sua particolare maniera di celebrare che, se ha una sua logica in un contesto particolare e in un determinato momento, sarebbe probabilmente molto meno efficace se trapiantato tout court in una parrocchia media. Al Monastero ecumenico di Bose, i fratelli e le sorelle della Comunità hanno sviluppato uno stile ed un ritmo liturgico molto belli per la loro preghiera comunitaria quotidiana, eucaristica e non, che riflettono in maniera appropriata la saggezza e il contesto culturale di quella realtà. Il Vaticano II ci ha insegnato limportanza del contesto nella celebrazione. In gran parte dellEuropa Occidentale, nelle due Americhe e in Oceania, un altro trend è lattenzione data a cosa fare per evitare lemorragia di cattolici che ogni anno lasciano la Chiesa per scegliere comunità più piccole e fondamentaliste. È un problema particolarmente forte in America Latina ma non è sconosciuto al resto del mondo cattolico. Ci si deve chiedere, per esempio, cosa può fare la nostra liturgia per raggiungere queste persone. Si tratta di un problema che riguarda direttamente la credibilità e lautenticità della nostra celebrazione: il nostro modo di celebrare è credibile? È ricco di preghiera? Nutre la vita e la fede della persone? Lomelia risponde alle speranze, alle lotte, ai problemi nella vita delle persone, in modo che i fedeli escano dalla messa stimolati a seguire il Vangelo più da vicino nella settimana che viene?
D: Sembra imminente un indulto papale che concerebbe un ritorno alluso della messa tridentina: cosa significa per la Chiesa nel suo complesso? R: Anche se ci sono state molte voci su un possibile indulto universale per la messa tridentina "di San Pio V", non cè ancora stato nessun pronunciamento ufficiale sul tema ed ogni discussione rimane quindi squisitamente ipotetica. Detto questo, so che vari cardinali europei e molti vescovi da ogni parte del mondo hanno personalmente parlato con il papa di questo argomento, esprimendo le loro profonde preoccupazioni per quello che avevano letto sui giornali. Credono che un indulto universale potrebbe esser facilmente letto come una completa negazione del Concilio Vaticano II – un Concilio ecumenico della Chiesa cattolica i cui decreti sono altrettanto vincolanti di quelli del Concilio Vaticano I o di quelli del Concilio di Trento.
D: Si è tornato anche a discutere dellorientamento del celebrante durante la messa... la riforma liturgica del Concilio Vaticano II è fallita? R: Nella sua prefazione ad un recente studio storico sullorientamento del celebrante verso est ("ad orientem") dello studioso oratoriano Michael Lang, il cardinale Joseph Ratzinger aveva fatto notare che il Vaticano II non aveva mai esplicitamente ordinato che gli altari venissero girati verso lassemblea. Molti studiosi conservatori – soprattutto inglesi e francesi – hanno scritto in termini simili su come la liturgia post Vaticano II abbia perso il suo senso di mistero - il prete è diventato troppo centrale nellatto liturgico - e su come perciò sarebbe più appropriato se tornasse a essere rivolto verso oriente insieme allassemblea. Questi studiosi, naturalmente, offrono anche una motivazione simbolica e teologica per questo cambiamento (lorientamento a est, ovvero verso il luogo della risurrezione ecc.) ma la critica fondamentale è che con il Vaticano II il celebrante è diventato troppo ‘invadente nella liturgia. Sono sicuramente daccordo nellammettere che cè un grave problema – e che il senso di mistero non può nascere – quando il prete diventa troppo simile al presentatore di un talk show televisivo o ad un attore e non è invece qualcuno che prega. Ma, prescindendo dal principio conciliare che Cristo è presente anche nellassemblea riunita nella liturgia, credo sarebbe troppo semplicistico ‘girare il prete e basta, cosicché i suoi tic e i suoi modi smettano di distrarre la gente. La vera sfida, credo, è insegnare ai celebranti a presiedere la liturgia con grazia e semplicità – essere devoti e trasparenti, quasi iconici – senza ostacolare latto liturgico con laggiunta di una sequela senza fine di parole e commenti che distruggono lintegrità della liturgia. Il primo passo in questa direzione è la contemplazione e la preghiera che il celebrante effettua ogni giorno. In altre parole, se preti e vescovi devono guidare la preghiera dellassemblea, è loro compito essere assidui nella pratica della preghiera quotidiana perché il loro ministero sia credibile. Altrimenti, sarà solo un superficiale adempimento dei loro compiti clericali.
D: Una domanda più ‘americana: le liturgy wars - sono finite o appena cominciate? R: Le cosiddette "guerre liturgiche" si sono concentrate soprattutto sul tema della traduzione dei testi liturgici dal latino, in seguito allIstruzione del 2001 Liturgiam Authenticam che richiede oggi come oggi una trasposizione letterale dal latino nella lingua moderna, costi quel che costi. Non si tratta di un problema solo americano, dato che le Conferenze episcopali in molte altre parti del mondo hanno le loro tensioni – le loro "guerre liturgiche". Potrei citare Paesi dellEuropa Occidentale, dellAsia e del Sud America che hanno visto respinti dalla Congregazione per il Culto divino e Disciplina dei Sacramenti i testi liturgici da loro preparati. Quando ho parlato con i vescovi di queste regioni mi hanno confidato la loro frustrazione. Vedono la tensione non tanto come un problema di liturgia ma di ecclesiologia. In questione è infatti il principio conciliare della collegialità. I vescovi si chiedono: "Se il Santo Padre ci ha affidato la cura pastorale di una particolare diocesi o regione, perché ce ne riteneva capaci, comè mai possibile che testi che noi giudichiamo degni di una celebrazione cattolica, dottrinalmente solidi e proclamabili da unassemblea, la Congregazione per il Culto Divino li respinga, annullando il nostro giudizio – soprattutto in quei casi in cui nessuno, tra i funzionari della Congregazione, parla la lingua locale?". Per questi vescovi, il dibattito sulle traduzioni liturgiche verte in realtà sulla loro competenza come vescovi e sulle competenze delle loro conferenze episcopali.
D: Una recente direttiva vaticana ordina di abrogare linnovazione introdotta nella formula della consacrazione eucaristica dalla riforma liturgica conciliare. Il prefetto vaticano del Culto Divino, mons. Francis Arinze, chiede cioè di ripristinare la vecchia espressione del Messale di Pio V, "per molti", che la riforma aveva cambiato con lespressione "per tutti". Secondo lei è solo un problema terminologico oppure si tratta del tentativo di vanificare lecclesiologia scaturita dal Concilio? R: Sì, la liturgia dirà che Cristo ha versato il suo sangue "per molti" piuttosto che "per tutti". Da una parte, era un cambiamento auspicato da lungo tempo dai lefebvriani, che ne saranno contenti; daltra parte, però, molti vescovi sono preoccupati dallinterpretazione che riceverà questo cambiamento da parte di coloro che sono al di fuori della Chiesa. La dottrina cattolica ci dice chiaramente che Cristo ha versato il suo sangue per tutti, ma questo cambiamento potrebbe venire facilmente frainteso da chi è fuori dalla Chiesa nel senso che Cristo ha versato il suo sangue solo per i cattolici. Questa errata interpretazione difficilmente comporterebbe un passo avanti – anzi – nel dialogo ecumenico ed interreligioso.
D: Che effetto avranno le novità nella traduzione inglese dellOrder of Mass? R: È opinione pressoché unanime tra gli studiosi di liturgia che la traduzione del 1973 del Messale romano era in un inglese imperfetto e ben poco elegante. Si trattava di un primo tentativo di traduzione in inglese, preparato in fretta e che non aspirava ad essere niente di più di un primo tentativo. Tuttavia, diversamente da altre lingue (italiano, francese, tedesco) che hanno avuto la possibilità di preparare una traduzione nelle lingue nazionali migliorata nel corso degli anni 80 sulla base della seconda edizione del Messale romano, il mondo anglofono non ha mai avuto questa possibilità – per diverse ragioni. Adesso cè una terza edizione del Messale romano che verrà presto tradotta in inglese, e i testi proposti (per la traduzione, ndr) sono stati ampiamente criticati anche dai vescovi e dagli studiosi più conservatori.
D: Quali problemi pongono questi testi? R: Prima di tutto, non sono facilmente ‘proclamabili in inglese. Poi, i testi adoperano un linguaggio arcano, che non è più comprensibile nel mondo anglosassone. E infine, cè una sincera preoccupazione per le implicazione ecumeniche di questa nuova traduzione. Per 40 anni abbiamo lavorato insieme, ecumenicamente, al rinnovamento liturgico. Il risultato di questo sforzo è stato che le principali Chiese cristiane (anglicani, luterani, metodisti, presbiteriani ecc.) hanno adottato in larga misura i testi e il lezionario romani per i loro nuovi libri liturgici.
D: ‘Riforma della riforma liturgica o ‘controriforma liturgica? R: Come già accennavo prima, il vero problema qui non è la liturgia ma, piuttosto, lecclesiologia. Il cardinal Danneels, arcivescovo di Bruxelles, ha detto qualcosa del genere recentemente, quando ha affermato che il vero problema è il motore che fa muovere la macchina. La liturgia in sé allude sempre a qualcosa di molto più profondo, il cuore della Chiesa e della sua vita. Sono convinto che i critici della riforma liturgica conciliare (coloro che vogliono "riformare la riforma") non hanno mai completamente - e forse nemmeno parzialmente - accettato lecclesiologia introdotta dal Vaticano II. Se si pensa a documenti come Lumen Gentium, Gaudium et Spes, Ad Gentes, il rinnovamento liturgico conciliare si inserisce perfettamente allinterno di questa cornice, della Chiesa che si apre al mondo, legge i segni dei tempi, si fa pellegrina… Se, tuttavia, questa cornice resta inaccettabile, allora lo sarà anche la sua liturgia, che ne è la linfa e il cuore. (alessandro speciale)
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Martedì, 30 gennaio 2007
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