Personaggi famosi dell'Irpinia
CARLO MUSCETTA

di Nino Lanzetta

Carlo Muscetta è stato un illustre avellinese, un famoso critico letterario, un divulgatore di cultura e sicuramente uno degli intellettuali protagonisti del secolo scorso.
Nacque ad Avellino, al borgo ferrovia, da famiglia della piccola borghesia il 22.8.1912. Dopo aver frequentato il liceo Colletta si iscrisse alla facoltà di Lettere all’università di Napoli. Durante la sua permanenza giovanile frequentò Guido Dorso, conosciuto al celebre Caffè Roma, De Capraris, Maccanico e altri. A Napoli conobbe e frequentò Benedetto Croce. Lasciò Napoli per laurearsi a Firenze con Luigi Russo, che lo iniziò alla critica letteraria, perché non gli andava l’insegnamento di Toffanin, noto anticrociano. A Firenze frequentò strinse fraterna amicizia con Leone Ginsburg.
Dopo la laurea insegnò per pochi anni nei licei di Molfetta, Bari e Pescara, ma la vita di provincia gli stava stretta. Partecipò ai littoriali del 1939, che vinse allo sprinter su Giaime Pintor che conobbe in quella circostanza e divenne suo amico. L’improvvisa notorietà gli facilitò l’inserimento a Roma dove insegnò per qualche tempo all’Accademia di Santa Cecilia e cominciò a lavorare alla Casa editrice Einaudi, fino ad assumere la direzione della sezione romana. Furono anni d’intenso lavoro e di salde amicizie. Veniva dal partito di Azione e la sua attività letteraria si intrecciava con quella politica. Antifascista, curava la stesura di un giornale clandestino, e attorno a lui si venne a formarsi un bel gruppo di giovani intellettuali, da Alicata, a Trombadori, ad Antonicelli. Fu arrestato insieme con l’amico Ginsburg che ospitava a casa sua. A regina Coeli fu con Rossi Doria e Pertini. Ginsburg morì in carcere e lui riuscì ad evadere con gli altri evitando, fortunatamente, le fosse ardeatine. S’iscrisse nel 1947 al partito comunista divenendone uno degli intellettuali di spicco. Amico di Togliatti, non può comunque essere considerato un intellettuale organico al partito , perché conservò sempre la sua autonomia di giudizio. Partecipò attivamente alla campagna elettorale del 1946 ad Avellino in favore della Repubblica e di quella del 1948. Di lui Giglia Tedesco scrisse che aveva “ l’eticità della politica vissuta come dare senza chiedere, sentita come militanza sempre generosa”. Fu un marxista critico, un dissidente in contrasto con i teorici del marxismo ufficiale e non esitò ad entrare in polemica con Togliatti, una prima volta dopo l’acquiescenza del Pci all’inserimento del concordato nella Costituzione, e poi con la stroncatura del “ realismo di favola” del Metello di Vasco Pratolini, uno scrittore molto caro a Togliatti. Uscì dal partito dopo dieci anni, nel 1957, dopo la rivolta d’Ungheria. Promosse, infatti, e redasse con altri il famoso manifesto dei 101 intellettuali. Scrive ne “ L’Erranza”: “ dopo i fatti d’Ungheria io ero uscito dal partito comunista, ma da sinistra, e senza mettere a profitto la mia posizione di ex, come fecero in tanti, restavo un comunista eretico, non per nulla di ascendenza azionista vicino ai socialisti come Raniero Panzieri e attratto dalla lezione di Mao”.
Dopo il 1960 cessò di fare politica attiva; si concentrò sugli studi. Scrisse il saggio “Cultura e poesia di Giuseppe Gioacchino Belli” che pubblicò con Feltrinelli nel 1962. Con Einaudi, con il quale aveva diretto varie collane tra cui Parnaso, la collaborazione venne meno nel 1959. Passò a dirigere l’universale e la collana periodici stranieri per Feltrinelli. Vinse il concorso per la cattedra di letteratura italiana a Catania nel 1963 e si trasferì in quella città dove vi rimase per dodici anni, fino al 1975. Insegno anche alla Sapienza di Roma.
Negli anni ’70 aveva cominciato a lavorare con Laterza, alla “Letteratura italiana: storia e testi”. Nel 1975 si trasferì a Parigi dove insegnò per due anni. alla Sorbona. Intanto aveva pubblicato un saggio sul Boccaccio nel 1972, che precede quello del 1980, uno su Leopardi nel 1976 e uno, nello stesso anno, su “Realismo, neorealismo, controrealismo.
Avrebbe poi ancora pubblicato “gli studi su De Sanctis” del quale avrebbe curato la pubblicazione delle opere complete nel 1980, poi nel 1984 “Pace e guerra nella poesia contemporanea da Alfonso Gatto a Umberto Saba”,  “ il Papa che sorrise al Belli” nel 1987 e “ Giudizio di valore” nel 1992. Aveva pubblicato “ Don Chisciotte in Sicilia” nel 1971 e “L’erranza” ( una sorta di autobiografia sotto forma di lettere ad amici e lettori).
Andò in pensione nel 1983 e si stabilì ad Aci Trezza. Aveva seguito con distaccata partecipazione intellettuale la vicenda siciliana (mafia e politica), non condividendo e criticando la posizione di Sciascia, che chiamava il “pessimista dalla corda savia” e quella italiana degli anni ottanta. Fu molto critico sulla collusione mafia –politica e politica – affari. Con gli anni che passavano si allontanava sempre di più dagli avvenimenti politici che, però, satireggiava con versi mordaci e pungenti. Era, infatti, anche polemista nato e amava scrivere versi. Di Berlusconi, sceso in campo nel 1994 scriveva: “perché il Berlusca è un cavalier giulivo?/ lui ben lo sa: si sente un abusivo”, e della Sicilia di quegli anni scriveva: “Qui si vive stregati dalla zagara/ qui d’ingiustizia si crepa”. Nella vecchiaia si rifugiò nella poesia. Si mise a tradurre Baudelaire e nel 1982 pubblicò la traduzione dei “Fiori del male”.
Negli ultimi anni – scrive la figlia Mara- era diventato un vecchio dolcissimo e malinconico “ non amava più leggere nemmeno i giornali la mattina, perché sempre latori di cattive notizie. L’Italia del <casino della libertà> non gli piaceva affatto. (Ritratto di Carlo Muscetta – edizioni Centro Dorso- pag. 55).
E’ stato uno dei più importanti critici letterari di scuola marxista, una delle personalità più vive della cultura italiana della seconda metà del novecento, un organizzatore e divulgatore di cultura, ma anche un traduttore ed un poeta. Ha ereditato dal De Sanctis quelle nozioni di storicismo e realismo che divennero centrali nei suoi studi. La sua analisi si articola intorno a tre concetti chiave: il realismo, lo storicismo e la militanza. I suoi riferimenti sono De Sanctis, Gramsci e Croce. Per realismo intendeva il rapporto organico dell’opera nel proprio tempo; e per storicismo il ricondurre l’arte al concetto della storia.  “ La critica letteraria fa storia in modo suo specifico procedendo dall’individuale all’universale, dal particolare al totale.”
Morì ad Aci Trezza il 22. 3.2004. Avellino ne ha onorato la memoria con un convegno, promosso e curato dal Centro Guido Dorso, che si è svolto il 6/8 aprile 2005, ed i cui lavori sono stati pubblicati negli annali del centro con il bel volume Ritratto di Carlo Muscetta, che i De Capraris chiamava Carliniello, Dorso Carluccio, Giaime Pintor don Carlo, e Maurizio Ferrara ( padre di Giuliano) Carlo il Moscetto. Muscetta, invece, amava appellarsi Gatto lupesco.
 NINO LANZETTA


Domenica 11 Gennaio,2009 Ore: 13:04