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"LA PIU' BELLA DEL MONDO". L'OMAGGIO DI ROBERTO BENIGNI ALLA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA. Una sintesi di Alessandra Vitali - con appunti ,a c. di Federico La Sala

Ultimo aggiornamento: December 22 2012 10:50:49.

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 18/12/2012 16.01
Titolo:FINE ANNO. NAPOLITANO RAMMARICATO E PREOCCUPATO.....
Napolitano: "Fine anticipata legislatura mi ha rammaricato e preoccupato"

Nel discorso in occasione degli auguri di fine anno alle alte cariche dello Stato, il presidente lancia pesanti rimproveri alle forze politiche: "Imperdonabilmente grave fallire la prova della riforma elettorale" *

ROMA - Anche se si va verso lo scioglimento delle Camere "con una lieve anticipazione rispetto alla scadenza naturale", "brusca è stata di certo l’accelerazione impressa" dall’annuncio delle dimissioni del premier Monti. Lo ha affermato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano durante la cerimonia per lo scambio degli auguri con le alte cariche dello Stato al Quirinale.

L’incarico al prossimo premier. "Avevo rivolto un invito ad una costruttiva conclusione della legislatura nella convinzione del grande e decisivo valore per l’Italia della continuità e stabilità, spesso trascurato in storia repubblicana", ha detto ancora il capo dello Stato, sottolineando come la conclusione "non piena in extremis" della legislatura ha suscitato "rammarico e preoccupazione per il suo brusco esito finale". Inoltre, altra conseguenza delle dimissioni del governo Monti, ha osservato il presidente, è che "mio malgrado toccherà a me dare l’incarico al nuovo governo".

Guai a bruciare recupero di fiducia. "Stiamo passando un guado molto faticoso, per portare l’Italia fuori dal pantano di un soffocante indebitamento pubblico, per giungere a porre lo sviluppo del Paese su fondamenta più solide, in tutti i sensi, più equilibrate, per guadagnare in dinamismo e coesione", ha ricordato Napolitano. Secondo il presidente "i giudizi per i risultati ottenuti" dal governo Monti "possono divergere ed è possibile che si facciano più divergenti nel fuoco della battaglia elettorale" e proprio per questo "voglio mettere in guardia perché in quel fuoco polemico non si bruci il recupero di fiducia nell’Italia che si è manifestato nella comunità internazionale e nei mercati". "Attenzione - ha avvertito ancora - è in gioco il Paese, il nostro comune futuro e non solo un fascio di voti per questo o quel partito".

Il cammino in Europa. E il futuro per il Quirinale non può che essere nel segno dell’Europa. In vista delle elezioni "a ogni forza politica spetterà il dovere della proposta e l’onere di provarne la sostenibilità, ma non mi pare eccessivo dire che se su molti temi importanti resta intatta la competizione e la distinzione, per la posizione dell’Italia in Europa il cammino è segnato e definito", ovvero quello di "un’Europa che avanza verso una piena integrazione economica e politica".

Una legislatura perduta. Napolitano ha espresso quindi tutto il suo rammarico per il fallimento del cambio di sistema elettorale. E’ stato "imperdonabilmente grave fallire la prova della riforma elettorale del 2005", ha accusato. Più in generale secondo Napolitano da un punto di vista delle riforme quella che si avvia a conclusione è stata "una legislatura perduta", in cui "anche modeste iniziative mirate sono naufragate". "Avviandosi e consolidandosi un clima più disteso nei rapporti politici speravo in un sussulto di operosità riformatrice del modo di essere dei partiti, del loro rapporto con i cittadini - ha ricordatoil capo dello Stato - ma sono state aspettative troppo fiduciose o avanzate, contro le quali si è fatto sentire tutto il peso di resistenze e antichi ostacoli radicati". Questa incapacità della politica di riformarsi, ha aggiunto Napolitano, ha fomentato "il corso limaccioso dell’antipolitica e del qualunquismo istituzionale", aggravato dagli "indegni abusi di denaro pubblico" perpetrati "da eletti nei consigli regionali".

I compiti per il futuro. Nella legislatura che verrà, ha ammonito ancora, "serve una nuova stagione di rigore e un nuovo slancio di laboriosità e unità, serve un lavoro di lunga lena" e i "prossimi 5 anni sono un tempo congruo per il cambiamento e le riforme che servono all’Italia". Tra le molte cose da riformare, Napolitano ha citato in particolare il sistema carcerario. Ci sono "opposizioni e ripensamenti" che rimettono "in forse la legge approvata dalla Camera sulle pene alternative" al carcere e "sta per scadere tempo utile per approvarla al Senato", ha avvertito. "Con quale senso di responsabilità e umanità ci si può sottrarre a un minimo sforzo", si è chiesto il capo dello Stato, per affrontare la "vergognosa realtà carceraria che macchia l’Italia".

La difesa della Consulta. Dopo le accese polemiche dei giorni scorsi per l’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, Napolitano nel suo messaggio ha citato anche il rapporto con la magistratura. "Ai magistrati di tutta Italia, da Palermo alla grandi città del Nord, diciamo: andate avanti e fino in fondo con professionalità e rigore, con rispetto delle competenze e dell’equilibrio dei poteri. Siamo così limpidamente al vostro fianco". Dal presidente è arrivata poi anche una stoccata per chi, come Silvio Berlusconi e il pm Ingroia, nei giorni scorsi ha criticato la Consulta. "Al vertice delle istituzioni di garanzia c’è la Corte costituzionale - ha sottolineato - la cui composizione è stata voluta proprio a suggello della sua irriducibile indipendenza da ogni parte politica". Per questo le alte cariche dello Stato devono "esigere assoluto rispetto per l’istituzione, la sua storia, i suoi giudici, devoti all’altissimo ruolo della Corte".

* la Repubblica, 17 dicembre 2012
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 18/12/2012 18.15
Titolo:BENIGNI CI HAI TRADITI ANCHE TU....
BENIGNI CI HAI TRADITI ANCHE TU....

di Nadia Bizzotto *

Tanti bei discorsi ma io mi sono svegliata stamattina per niente orgogliosa di appartenere a questo popolo, ma schifata della sua ipocrisia, quella che tu ieri sera non hai fatto altro che alimentare: sì, abbiamo proprio la più bella Costituzione del mondo, ma è anche la inapplicata, quindi la più derisa...

Caro Benigni, io vivo in carrozzina da 25 anni in seguito ad un incidente stradale all'età di 20 anni e ho capito bene che sono tra gli ultimi della mia società, quella società che tace su tante cose che non vuole vedere....Sono ultima tra gli ultimi, perchè da 5 anni tutti i giorni mi batto e incontro in carcere i "sepolti vivi" , gli ergastolani che la nostra bella Italia ha condannato a morire in carcere.

Ergastolani senza speranza, senza benefici penitenziari, persone che sono in carcere anche dal 1979, ragazzi di 40 anni che sono stati condannati all’ergastolo a 18 anni e che non sono mai usciti, neanche per il funerale del padre. Ragazzi che hanno vissuto più tempo della loro vita in carcere che fuori, persone che l’ergastolo se lo vivono sulla propria pelle, giorno dopo giorno, anno dopo anno, da decenni. Persone profondamente e completamente cambiate rispetto al tempo dei loro reati, ma che sono uomini da noi condannati ad essere PER SEMPRE CATTIVI E COLPEVOLI, non ci interessa affatto che siano UOMINI NUOVI, come ci chiede l'art.27 della Costituzione che ti piace tanto... Noi li vogliamo REALMENTE FAR MORIRE IN CARCERE, tu che sei contro la pena di morte...

Io li incontro: sono sempre lì, estate, inverno, Natale e Pasqua, hanno la cella del carcere come tomba. Vedo il tempo scorrere sui loro volti, settimana dopo settimana, e lasciare solchi profondi. Ti avevamo chiesto un cenno, una tua parola ieri sera... Niente: indifferenza e silenzio. Eppure tutti quei bei discorsi sulla pena di morte: caro Benigni, quanta ipocrisia quando ci schieriamo contro la pena di morte immediata e condanniamo 1.500 persone ad una pena di morte al rallentatore. A morire giorno dopo giorno. Grazie anche al tuo silenzio.

Nadia Bizzotto

( ... ) Erode mandò a decapitare Giovanni nel carcere. Quelli che mangiavano con lui a tavola non alzarono un dito contro quell’iniquità, ma continuarono a sganasciare. Col silenzio sono divenuti complici. ( Don Oreste Benzi “Scatechismo”).


* IL DIALOGO, Martedì 18 Dicembre,2012
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 18/12/2012 19.27
Titolo:Rinnegato l’impegno a votare la legge di stabilità...
Rinnegato l’impegno a votare la legge di stabilità. RAR

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Legge di stabilità, il Pdl prende tempo
Il Pd: vogliono prolungare la legislatura
Il Pdl chiede più tempo per esaminare la legge e il decreto sulla raccolta delle firme.
(Il Messaggero del 18 dic. 2012)
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Scoperto il trucco tipicamente berlusconiano, Monti dovrebbe rassegnare le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato.
Il governo Monti è già stato sfiduciato dal PdL ma con l'impegno dello stesso PdL di votare il Patto di Stabilità, ora l'impegno viene meno con la scusa di approfonditi ed esami, mentre è chiaro che temono le votazioni che li ridurrebbe al grado di insignificanti comparse, mentre in atto hanno la maggioranza relativa con la quale esercitano il ricatto, rimasto il solo mezzo nelle mani dell'ex premier.

E' molto probabile che sperano di arrivare alle elezioni del Capo dello Stato e imporre Berlusconi con la maggioranza che si ritrovano, alla quale vanno aggiunti i voti della Lega che difficilmente supererà il quorum in elezioni anticipate e non entrerà in Parlamento.
Per quanto riguarda il Patto di stabilità si ricorra all'esercizio provvisorio... non sarebbe la prima volta.

Berlusconi spera di recuperare tempo per poter dilatare la campagna elettorale, resosi conto che i suoi interventi nelle sue TV non hanno prodotto altro che un fisiologico spostamento insignificante di voti.

E' chiaro che B. non aspira ad una campagna elettorale, ma vuole uno scontro destabilizzante, per tornare sui temi della grande coalizione dove potrebbe esercitare i suoi ricatti e le sue corruzioni.
B. non accetterà mai un isolamento democratico, non glielo consente la sua convinzione (ma solo sua) di essere una grande statista.
Intervenga adesso il PPE licenziando il Pdl dal loro raggruppamento.


Rosario Amico Roxas
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 22/12/2012 10.50
Titolo:ZAGREBELSKY E LA "RIVELAZIONE" DI rOBERTO bENIGNI
Si può amare la nostra Costituzione?

di Gustavo Zagrebelsky (la Repubblica, 22 dicembre 2012)

IL DISCORSO di Roberto Benigni sulla Costituzione è stato per molti una rivelazione: rivelazione, innanzitutto, di principi fino a lunedì scorso, probabilmente, ignoti ai più; ma, soprattutto, rivelazione di ciò che sta nel nucleo dell’idea stessa di Costituzione. In un colpo solo, è come se fosse crollata una crosta fatta di tante banalità, interessate sciocchezze, luoghi comuni, che impedivano di vedere l’essenziale.

Non si è mancato di leggere, anche a commento di quel discorso, affermazioni che brillano per la loro vuotaggine: che la Costituzione è un ferrovecchio della storia, superata dai tempi, figlia della guerra fredda e delle forze politiche di allora. Benigni, non so da chi, è stato definito "un comico", "un guitto".

Il suo discorso è stato la riflessione d’un uomo di cultura profonda e di meticolosa preparazione, il quale padroneggia in misura somma una gamma di strumenti espressivi che spaziano dall’ironia leggera, alla tenerezza, all’emozione, all’indignazione, alla passione civile. La Costituzione, collocata in questo crogiuolo d’idee e sentimenti, ha incominciato o ricominciato a risuonare vivente, nelle coscienze di molti.

È stato come svelare un patrimonio di risorse morali ignoto, ma esistente. Innanzitutto, è risultata la natura della Costituzione come progetto di vita sociale. La Costituzione non è un "regolamento" che dica: questo si può e questo non si può, e che tratti i cittadini come individui passivi, meri "osservanti".

La Costituzione non è un codice di condotta, del tipo d’un codice penale, che mira a reprimere comportamenti difformi dalla norma. È invece la proposta d’un tipo di convivenza, secondo i principi ispiratori che essa proclama. Il rispetto della Costituzione non si riduce quindi alla semplice non-violazione, ma richiede attuazione delle sue norme, da assumersi come programmi d’azione politica conforme.

L’Italia, o la Repubblica, "riconosce", "garantisce", "rimuove", "promuove", "favorisce", "tutela": tutte formule che indicano obiettivi per l’avvenire, per raggiungere i quali occorre mobilitazione di forze. La Costituzione guarda avanti e richiede partecipazione attiva alla costruzione del tipo di società ch’essa propone. Vuole suscitare energie, non spegnerle. Vuole coscienze vive, non morte. Queste energie si riassumono in una parola: politica, cioè costruzione della pòlis.

A differenza d’ogni altra legge, la cui efficacia è garantita da giudici e apparati repressivi, la Costituzione è, per così dire, inerme: la sua efficacia non dipende da sanzioni, ma dal sostegno diffuso da cui è circondata. La Costituzione è una proposta, non un’imposizione. Anche gli organi cosiddetti "di garanzia costituzionale" - il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale - nulla potrebbero se la Costituzione non fosse già di per sé efficace. La loro è una garanzia secondaria che non potrebbe, da sola, supplire all’assenza della garanzia primaria, che sta presso i cittadini che la sostengono col loro consenso. Così si comprende quanto sia importante la diffusione di una cultura costituzionale. L’efficacia del codice civile o del codice penale non presuppone affatto che si sia tutti "civilisti" o "penalisti".

L’efficacia della Costituzione, invece, comporta che in molti, in qualche misura, si sia "costituzionalisti". Non è un’affermazione paradossale. Significa solo che, senza conoscenza non ci può essere adesione, e che, senza adesione, la Costituzione si trasforma in un pezzo di carta senza valore che chiunque può piegare o stracciare a suo piacimento.

Così, comprendiamo che la prima insidia da cui la Costituzione deve guardarsi è l’ignoranza. Una costituzione ignorata equivale a una Costituzione abrogata. La lezione di Benigni ha rappresentato una sorpresa, un magnifico squarcio su una realtà ignota ai più. È lecito il sospetto che sia ignota non solo a gran parte dei cittadini, ma anche a molti di coloro che, ricoprendo cariche pubbliche, spensieratamente le giurano fedeltà, probabilmente senza avere la minima idea di quello che fanno.

La Costituzione, è stato detto, è in Italia "la grande sconosciuta". Ma c’è una differenza tra l’ignoranza dei governanti e quella dei governati: i primi, ignoranti, credono di poter fare quello che vogliono ai secondi; i secondi, ignoranti, si lasciano fare dai primi quello che questi vogliono. Così, l’ignoranza in questo campo può diventare instrumentum regni nelle mani dei potenti contro gli impotenti.

A questo punto, già si sente l’obiezione: la Costituzione come ideologia, paternalismo, imbonimento, lavaggio del cervello. La Costituzione come "catechismo": laico, ma pur sempre catechismo. La Costituzione presuppone adesione, ma come conciliare la necessaria adesione con l’altrettanto importante libertà? Questione antica.

Non si abbia paura delle parole: ideologia significa soltanto discorso sulle idee. Qualunque costituzione, in questo senso, è ideologica, è un discorso sulle idee costruttive della società. Anche la costituzione che, per assurdo, si limitasse a sancire la "decostituzionalizzazione" della vita sociale, cioè la totale libertà degli individui e quindi la supremazia dei loro interessi individuali su qualunque idea di bene comune, sarebbe espressione d’una precisa ideologia politica.

L’idea d’una costituzione non ideologica è solo un’illusione, anzi un inganno. Chi s’oppone alla diffusione della cultura della costituzione in nome d’una vita costituzionale non ideologica, dice semplicemente che non gli piace questa costituzione e che ne vorrebbe una diversa. Se, invece, assumiamo "ideologia" come sinonimo di coartazione delle coscienze, è chiaro che la Costituzione non deve diventare ideologia.

La Costituzione della libertà e della democrazia deve rivolgersi alla libertà e alla democrazia. Deve essere una pro-posta che non può essere im-posta. Essa deve entrare nel grande agone delle libere idee che formano la cultura d’un popolo. La Costituzione deve diventare cultura costituzionale.

La grande eco che il discorso di Benigni ha avuto nell’opinione pubblica è stata quasi un test. Essa dimostra l’esistenza latente, nel nostro Paese, di quella che in Germania si chiama WillezurVerfassung, volontà di costituzione: anzi, di questa Costituzione. È bastato accennare ai principi informatori della nostra Carta costituzionale perché s’accendesse immediatamente l’immagine d’una società molto diversa da quella in cui viviamo; perché si comprendesse la necessità che la politica riprenda il suo posto per realizzarla; perché si mostrasse che i problemi che abbiamo di fronte, se non trovano nella Costituzione la soluzione, almeno trovano la direzione per affrontarli nel senso d’una società giusta, nella quale vorremmo vivere e per la quale anche sacrifici e rinunce valgono la pena. In due parole: fiducia e speranza. Ma senza illusioni che ciò possa avvenire senza conflitti, senza intaccare interessi e posizioni privilegiate: la "volontà di costituzione" si traduce necessariamente in "lotta per la Costituzione" per la semplice ragione che non si tratta di fotografare la realtà dei rapporti sociali, ma di modificarli.

La Costituzione vive dunque non sospesa tra le nuvole delle buone intenzioni, ma immersa nei conflitti sociali. La sua vitalità non coincide con la quiete, ma con l’azione. Il pericolo non sono le controversie in suo nome, ma l’assenza di controversie. Una Costituzione come è la nostra, per non morire, deve suscitare passioni e, con le passioni, anche i contrasti. Deve mobilitare. Tra i cittadini c’è desiderio di mobilitazione, cui mancano però i punti di riferimento. I quali dovrebbero essere offerti dalle strutture organizzate della partecipazione politica, innanzitutto i partiti che dicono di riconoscersi nella Costituzione. Ma tra questi spira piuttosto un’aria di smobilitazione, come quando ambiguamente si promettono (o minacciano, piuttosto) "stagioni", "legislature" costituenti, senza che si chiarisca che cosa si vorrebbe costituzionalizzare, al posto della Costituzione che abbiamo. Possibile che non si veda a quale riserva d’energia così si rinuncia, in cambio di flosce e vaghe prospettive?