I commenti all'articolo:
I diritti dei bambini e delle bambine,di Beppe Manni

Ultimo aggiornamento: December 01 2010 23:49:35.

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Augusta De Piero Udine 01/12/2010 23.49
Titolo:bambini stranieri (documento inviato da Augusta De Piero)
Dal recente convegno della Società Italiana di medicina delle Migrazioni (www.simmweb.it)
http://www.simmweb.it/fileadmin/documenti/Simm_x_news/2010_bis/11-geraci_mazzetti_chieti_2010.pdf

BAMBINI STRANIERI IN ITALIA: DI QUALI LEGGI ABBIAMO BISOGNO
un decalogo per le politiche a tutela del bambino straniero
Salvatore Geraci e Marco Mazzetti
Area Sanitaria Caritas Roma
Società Italiana di Medicina delle Migrazioni
“Se la medicina vuole raggiungere pienamente i propri fini, essa deve entrare nell’ampia vita politica del suo tempo, e deve indicare tutti gli ostacoli che impediscono il normale completamento del ciclo vitale”....
“La medicina è una scienza sociale e la politica è una medicina su larga scala”
R. Virchow, patologo tedesco, 1848

Qualche mese fa, sollecitati dal dibattito sollevato nel nostro paese sul tema delle “quote scolastiche” di bambini stranieri, abbiamo avuto modo di presentare, a nome della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni a cui ci onoriamo di appartenere, alcune proposte di politiche adeguate per favorire il benessere dei bambini stranieri.
Non deve sorprendere che una società medica (e non solo) abbia voluto sottolineare delle criticità ed avanzare delle proposte che vanno oltre un approccio strettamente sanitario: per noi essere medici significa occuparsi di salute pubblica, e occuparsi di salute pubblica significa fare politica. Riteniamo che faccia parte del nostro compito di tecnici della salute indicare i bisogni della pòlis e suggerire gli interventi che ci paiano utili. Le proposte riportate di seguito appaiono in grado di influire positivamente sulla salute bio-psico-sociale dei bambini con cittadinanza straniera in Italia, sono coerenti con la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, sono state in parte elaborate da noi stessi nell’ambito della commissione “Salute e Immigrazione” presso il Ministero della Sanità, di cui eravamo membri, e già incluse nelle raccomandazioni fatte (purtroppo invano) all’allora Ministro nel 2007, ed in parte sono frutto di considerazioni nuove sulla base delle politiche scolastiche e sociali adottate dall’attuale Governo nell’ultimo biennio.
Per i bisogni di salute e le evidenze sanitarie rimandiamo sia agli ultimi rapporti congiunti Unicef e Caritas Italiana, sia agli aggiornamenti del Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Gruppo CRC) ed infine alle pubblicazioni tecnicoscientifiche del Gruppo di Lavoro Nazionale Bambino Immigrato della Società Italiana di Pediatria.
Qui ci concentriamo sulle politiche da adottare per dare certezze di un futuro possibile ai bambini stranieri ed alle loro famiglie. Infatti una delle necessità psichiche fondamentali durante l’età evolutiva è quella della stabilità. I bambini hanno bisogno di sapere di avere un luogo e un tempo sicuri in cui crescere e progettare il proprio futuro. Politiche migratorie che tengano le famiglie in condizioni di precarietà, ad esempio con permessi di soggiorno a cadenza annuale o biennale, che comportano nei bambini un’incertezza anche riguardo alla possibilità di poter continuare il loro percorso scolastico nell’anno successivo, sono potenzialmente assai nocivi sia per la crescita psicologica che per il senso di appartenenza sociale di quelli che saranno gli italiani di domani. Così come lo sono scuole in cui l’inserimento e lo sviluppo di un senso di appartenenza siano ostacolate da norme o risorse (economiche e pedagogiche) non adeguate alle necessità.
Per questa ragione proponiamo qui dieci punti, alcuni dei quali riteniamo ormai ineludibili, in controtendenza rispetto ad alcune scelte e norme approvate dal Governo attuale, ma che ribadiamo con forza e convinzione. Essi riguardano politiche scolastiche e sanitarie ma soprattutto prospettano le basi per un sereno convivere sociale, perché riteniamo che la salute psichica e fisica dei bambini stranieri oggi (e cioè degli italiani di domani) sia preziosa, e vada tutelata prima di tutto sul piano sociale, creando le premesse perché possano crescere sereni e sviluppando un senso di appartenenza alla loro patria, che è anche la nostra.
1. Come già nella maggior parte dei paesi di strutturale immigrazione appare necessario passare dallo jus sanguinis allo jus soli nella concessione della cittadinanza italiana, in modo che nascere in Italia comporti l’acquisizione dello status di cittadino. Attualmente nascere in Italia non comporta infatti l’acquisizione della cittadinanza che segue invece il “sangue”, cioè lo status dei genitori. I bambini figli di stranieri sono così costretti a crescere in una condizione di discriminazione rispetto ai loro coetanei figli di italiani, di cui non condividono i diritti civili, nonostante i loro genitori condividano al contrario tutti i doveri degli italiani, in primo luogo il pagamento delle tasse.
Appare necessario predisporre percorsi agevolati per l’acquisizione della cittadinanza per i minori stranieri che, pur non essendo nati nel nostro paese, vi abbiano trascorso un tempo significativo, in specie di scolarizzazione. Interventi di questo tipo non solo sono protettivi per la salute dei minori, ma si configurano anche come un investimento per la collettività: consentono infatti di non disperdere un capitale di competenze che è costato finanziariamente al nostro paese, che ha sostenuto le spese per la scolarizzazione di questi minori.
E’ necessario inoltre che le procedure per l’acquisizione della cittadinanza, oltre a essere semplici e garantite sul piano legislativo, incontrino anche un iter burocratico sufficientemente snello. A oggi l’esame delle pratiche arriva a richiedere un tempo di oltre tre anni.
2. Garantire permessi di soggiorno a lungo termine (almeno cinque anni) alle famiglie con bambini presenti, in specie se questi bambini sono in età scolare (almeno fino al compimento del 14 anno di età), in modo da garantire la possibilità di una ragionevole programmazione degli studi e almeno del proprio futuro prossimo.
3. Le scuole devono predisporre appropriati percorsi di inserimento didattico dei bambini recentemente immigrati che non conoscano l’uso della lingua italiana. Questi percorsi devono venire integrati nella normale attività didattica delle classi (e non con “classi differenziate”) avvalendosi di insegnanti di supporto e ore aggiuntive per l’apprendimento della lingua, e al tempo stesso favorendo l’integrazione del bambino nel normale gruppo classe. Tutti gli Istituti scolastici devono essere in grado di predisporre specifici programmi di inserimento per i nuovi arrivati, secondo linee guida psicopedagogiche che vanno elaborate su scala nazionale ma che debbono essere sufficientemente flessibili da adattarsi alle realtà locali. Questi programmi devono essere opportunamente finanziati, ad esempio con quote capitarie (finanziamenti alle singole scuole in proporzione al numero di nuovi allievi stranieri inseriti).
4. Devono venire predisposti opportuni dispositivi legislativi in modo che al raggiungimento della maggiore età, o al termine degli studi, i minori scolarizzati in Italia non rischino l’espulsione se non trovano immediatamente un contratto di lavoro che consenta il rilascio di un permesso di soggiorno. Appena diventano maggiorenni, infatti, i ragazzi rientrano nella normale normativa degli adulti, e possono rimanere nel paese solo a condizione che studino o abbiano un lavoro stabile (quanto questo sia facile da ottenere a 18 anni non vale la pena di discuterlo). Una tale normativa può anche significare, ad esempio, per un ragazzino di dieci anni l’espulsione di un fratello maggiore con separazione forzata da questi.
5. Con lo scopo di promuovere la salute psichica e prevenire il disagio mentale, si suggerisce di finanziare uno specifico capitolo di spesa con la finalità di promuovere interventi per favorire l’integrazione (scolastica e sociale) dei minori di origine straniera nel tessuto sociale italiano, e per accompagnare i piccoli immigrati nei ricongiungimenti familiari a volte difficili (in specie quando la separazione dai genitori sia stata particolarmente prolungata). Interventi di questo tipo, diffusi capillarmente sul territorio, possono aiutare a prevenire, o quanto meno a gestire, condizioni di malessere psichico.
6. Sempre per la promozione della salute psichica, appare necessario agevolare i ricongiungimenti familiari. Attualmente i parametri abitativi sono assai restrittivi e, se venissero applicati anche agli italiani, molti di noi sarebbero costretti a separarsi dai propri figli. Inoltre i requisiti dovrebbero venire modulati anche sulla base dei legami tra i conviventi, riducendoli ulteriormente se si tratti di nucleo familiare semplice (genitori e figli), rispetto alle situazioni in cui siano presenti altre persone. Appare inoltre necessario snellire l’iter burocratico: attualmente tra la domanda di ricongiungimento e la sua approvazione possono passare 10-12 mesi. L’introduzione del consenso-assenso potrebbe essere di aiuto in tal senso. Appaiono anche promettenti interventi sociali in grado di aiutarne la gestione dopo che sono avvenuti (si veda al precedente punto 8) perché a volte le difficoltà che le famiglie incontrano sono notevoli. Si suggerisce, inoltre, di consentire il ricongiungimento con le stesse regole anche per i figli maggiorenni inferiori ai 21 anni di età, e in tutti i casi in cui questo serva a non separare i fratelli (ad esempio se le età fossero 22, 16 e 12 anni).
7. Garantire l’accesso alle scuole per i figli degli immigrati privi di permesso di soggiorno anche al di fuori della scuola dell’obbligo: attualmente questo diritto non è garantito a chi ha meno di 6 anni o più di 16. Per far questo è necessario anche annullare gli effetti dell’art. 10bis della legge 94/09 (Il cosiddetto “pacchetto sicurezza” e il relativo “reato di clandestinità” istituito) nei confronti di questi bambini e dei loro genitori, o permettere l’iscrizione, come avviene per la scuola dell’obbligo, anche senza la presentazione del documento di soggiorno.
8. Offrire parità di trattamento nel ricevere provvidenze economiche a tutela della donna, della maternità e del bambino tra italiani e stranieri con permesso di soggiorno in regola; attualmente questa parità è riconosciuta solo ai titolari di carta di soggiorno (permesso di soggiorno a tempo indeterminato).
9. Iscrivere al SSN tutti i minori stranieri presenti sul territorio nazionale: attualmente i bambini figli di immigrati irregolari non godono di questo diritto, con un potenziale danno per la loro salute. Alcune regioni, in modo autonomo, hanno cominciato a garantire questa assistenza, ma in molte altre manca.
10. Estensione del Permesso di Soggiorno per gravidanza. Attualmente viene rilasciato un permesso per tutta la durata della gravidanza e per i primi sei mesi dopo il parto, dopo di che scatta l’espulsione della donna e del bambino. Comprensibilmente molte mamme preferiscono non richiedere questo permesso, che in realtà diventa un’autodenuncia, e rimangono nell’irregolarità, non riuscendo così a godere appieno degli interventi a tutela della maternità. Gli indicatori di salute relativi agli esiti al parto ci dicono che i figli di mamme straniere sono ancora assai svantaggiati rispetto agli italiani proprio perché le gravidanze delle loro mamme sono meno protette. Prolungare il permesso di soggiorno per gravidanza a 12 mesi con la possibilità di trasformarlo successivamente in permesso per lavoro proteggerebbe la salute dei neonati e sarebbe un ulteriore intervento di tutela per il futuro.
Di fondo, ci sembra anche assolutamente necessario affrontare in modo definitivo la questione della iscrizione anagrafica dei figli degli immigrati irregolari oggi garantita grazie ad una circolare del Ministero dell’Interno del 7 agosto 2009 prot. 0008899: il "diritto umano" alla iscrizione anagrafica viene "prima" della questione della cittadinanza e attiene ai diritti civili fondamentali dei bambini (vedi le campagne per l'iscrizione anagrafica che molte ong conducono in vari paesi africani etc) e ci sembra fondamentale assumere iniziative che attribuiscano valore normativo al contenuto specifico di tale circolare fornendo così strumenti più sicuri e incontestabili per garantire tale diritto.
Per concludere: buone leggi fanno buona salute. Il compito degli operatori sanitari, non è solo quello di curare malattie, ma anche di vigilare perché buone norme proteggano la sanità pubblica, in specie quando la salute in gioco è quella dei bambini, un vero, prezioso investimento sul futuro del paese.
“... Le misure sanitarie per i migranti che siano ben gestite, inclusa la salute pubblica, promuovono il benessere di tutti e possono facilitare l’integrazione e la partecipazione dei migranti all’interno dei Paesi ospitanti promuovendo l’inclusione e la comprensione, contribuendo alla coesione, aumentando lo sviluppo” (Dichiarazione di Bratislava a conclusione dell’8a Conferenza dei Ministri Europei della Salute, 2007)