I commenti all'articolo:
FRANCESCO E LE ULTIME ILLUSIONI DELLA CHIESA CATTOLICA. Francesco, un volto nuovo per una Chiesa più fragile. Editoriale di "Le Monde",a c, di Federico La Sala

Ultimo aggiornamento: July 30 2013 18:11:45.

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 30/7/2013 14.53
Titolo:«Bisogna fare una profonda teologia della donna».
Gay e donne, la «svolta» del Papa

di Eleonora Martini (il manifesto, 30 luglio 2013)

Le lobby? «Sono tutte cattive». Gli omosessuali? «Chi sono io per giudicarli?». La protesta giovanile? «Un giovane che non protesta non mi piace». Le donne? «La Chiesa è femminile, madre, e la donna non è solo la maternità, la madre di famiglia». Papa Francesco I sceglie di lasciare il Brasile lanciando al mondo un messaggio che sembra attinto direttamente dalla Teologia della liberazione. Ed è già come una promessa: «Oggi è arrivato il tempo della misericordia, un cambiamento d’epoca», dice rispondendo alle domande dei giornalisti sull’aereo che lo riporta a Ciampino, dove ad accoglierlo ieri pomeriggio ha trovato il vice premier Angelino Alfano. Un nuovo orizzonte, quello descritto dal Papa argentino con parole che assumono però corpo e sostanza soprattutto con la notizia lanciata simultaneamente da Radio Vaticana e dalla Banca d’Italia di un protocollo d’intesa siglato nei giorni scorsi dall’Aif, l’Autorità di informazione finanziaria della Santa Sede, e dal suo corrispettivo italiano di via Nazionale, l’Uif, l’Unità di informazione finanziaria. Un accordo che «consentirà di scambiare informazioni utili all’approfondimento di casi di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo di interesse per le due Autorità».

Dunque, sembrerebbe procedere sul serio sulla via del cambiamento, Jorge Mario Bergoglio. A cominciare da se stesso, visto che quando era cardinale in Argentina si era distinto per la sua campagna contro le unioni omosessuali. Ma, come testimoniò il padre della Teologia della liberazione, Leonardo Boff, al manifesto, fu anche capace di grande flessibilità, al punto da permettere l’adozione di un bambino da parte di una coppia gay.

«Si scrive tanto delle lobby gay in Vaticano - ha detto ieri ai giornalisti Francesco I - ma io ancora non ho trovato nessuno che si presenti con la carta d’identità da gay. Ce ne saranno, ma bisogna distinguere: le lobby sono tutte non buone, ma se c’è una persona gay che cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarlo?». Parole che risultano felicemente «spiazzanti» agli occhi di Nichi Vendola soprattutto perché, dice il governatore pugliese, «Papa Francesco ha fatto un’operazione strabiliante: ha separato l’omosessualità dalla pedofilia», ricordando che è la seconda ad essere «un peccato, un delitto, un reato». Incredibilmente anche questo Bergoglio piace a tutti.

Perfino alla teocon Eugenia Roccella che nella predica trova la conferma alle proprie teorie: «Vedete? Il Papa ribadisce che i cattolici non sono omofobi». A darle ragione in qualche modo è Aurelio Mancuso, presidente dell’associazione glbt Equality Italia, che delle parole di Bergoglio apprezza più il cambiamento di stile che di sostanza: «Francesco rimanda alla morale cattolica in vigore che nulla concede alla condizione omosessuale quando è felice e praticata. L’articolo 2359 del Catechismo infatti recita: "Le persone omosessuali sono chiamate alla castità"».

Più che altro una pretesa, quella dell’ex presidente dell’Arcigay. Nemmeno Bergoglio ha il potere, per esempio, di aprire il sacerdozio alle donne: «La Chiesa ha parlato chiaro e ha detto no - spiega Francesco I - La porta è chiusa, lo ha detto Giovanni Paolo II». Eppure, aggiunge il Papa in carica, non basta aprire alle donne com’è stato finora, «metterle a capo della Caritas o permettere loro di prendere la parola durante la messa»: «Bisogna fare una profonda teologia della donna». «Questo - sembra scusarsi Bergoglio - è ciò che penso io».
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 30/7/2013 18.11
Titolo:Un Wojtyla di sinistra?
Un Wojtyla di sinistra?

di Massimo Faggioli (Europa, 30 luglio 2013)

La prima Giornata mondiale della Gioventù di papa Francesco ha sancito in qualche modo il vero inizio del pontificato di Bergoglio: ironia della storia, con un evento di massa di stile wojtyliano, e in un luogo deciso dal pontificato di Benedetto XVI ben prima delle sue inattese dimissioni. Assodate le differenze rispetto al predecessore (basti ricordare la fredda accoglienza riservata a Benedetto XVI in Brasile nel 2007), che tipo di pontificato sta prendendo forma? Un ritorno al “pontificato carismatico” di Giovanni Paolo II, o qualcosa di diverso?

Non v’è dubbio che papa Bergoglio sia più vicino a Giovanni Paolo II che a Benedetto XVI, ma le dimensioni e la formula della Giornata mondiale della gioventù potrebbero alterare la prospettiva.

La Gmg è pur sempre un evento che si basa su una partecipazione di massa, di giovani da tutto il mondo, insieme al papa, e che pertanto focalizza l’attenzione sulle parole e sui gesti del papa. È uno dei motivi per cui il cattolicesimo liberal ha sempre visto con sospetto queste manifestazioni di massa, e vorrebbe al posto della Gmg raduni su base nazionale o continentale - ai quali ovviamente il papa non potrebbe partecipare per motivi pratici.

Tuttavia pare che papa Francesco sia cosciente dei rischi di una carismatizzazione del papato oltremisura. In primo luogo, i tempi e i modi della transizione da Benedetto XVI a Francesco hanno in qualche modo “vaccinato” il cattolicesimo dall’ideologia del papato monarchico. In secondo luogo, papa Francesco ha più volte dato segnali di voler essere, come vescovo di Roma, soltanto il “segnale” che riconduce al vero capo della Chiesa, Gesù Cristo.

Dal punto di vista del funzionamento del cattolicesimo, poi, il Conclave del 2013 ha presentato alla Chiesa il conto di un eccessivo accentramento del governo della chiesa, non solo nella gestione burocratica ma anche quanto ai risultati pastorali provenienti da meccanismi di nomina e carriera tesi a premiare le cordate e gli “yesman”.

La Gmg di Rio ha però offerto segnali ulteriori per comprendere il tipo di pontificato di papa Francesco: una continuità rispetto alla formula coniata da papa Wojtyla, e una continuità con Giovanni Paolo II anche nell’abbracciare ogni cultura come “capace del Vangelo”, senza illudersi nel ricondurre il cattolicesimo globale sotto il giogo della cultura europea figlia di Atene e Roma.

Una continuità con Giovanni Paolo II si è vista anche rispetto ad un certo stile liturgico e paraliturgico di tipo “evangelicale”: musiche, danze, happening di vario tipo. Questo ha a che fare con la giovane età dei partecipanti, ma anche con la consapevolezza della Chiesa che la sfida del cattolicesimo su scala mondiale è col cristianesimo post-ecclesiale dei carismatici e pentecostali, ovvero sul terreno di una pietà meno “illuminista” e più “emozionale”.

Il cattolicesimo del cuore di papa Francesco non è lontano dall’evangelicalismo di nuovo conio (in America, un “evangelicalismo sociale” reduce dai disastri dell’era di George W. Bush), quello che coniuga ad un forte senso della tradizione cristiana una sensibilità sociale e politica in senso alto: un cristianesimo pro-life che non si accontenta di denunciare la mentalità abortista, ma include il discorso pro-life in un quadro di dottrina sociale cristiana sul lavoro, la salute, la giustizia sociale.

La Gmg del 2013 ha fatto sfilare sulla spiaggia di Copacabana un “evangelical Catholicism”: un evangelicalismo che non ha come modello quello statunitense anni Settanta-Novanta di tipo politico-ideologico e che non si rifà, per intenderci, all’evangelicalismo cattolico auspicato da neoconservatori come George Weigel. Si tratta di un evangelismo cattolico, che non ha nulla in comune col fondamentalismo biblico ma piuttosto si rifà ad una sapienza spirituale ben poco calvinista e molto misericordiosa e inclusiva.