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Ultimo aggiornamento: January 19 2012 10:16:48.

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 17/1/2012 18.59
Titolo:A 50 ANNI DAL CONCILIO, SI CONTINUA A DORMIRE ....
E si continua a dormire: una lettera del 2002


DEPONIAMO LE ARMI, APRIAMO UN DIBATTITO

di Federico La Sala*

Bisogna cominciare a vaccinarsi: il conto alla rovescia è partito. L’allineamento dei “pianeti” si fa sempre più stretto e minaccioso (Usa, Uk, Spagna, Italia, Grecia, Turchia, Israele..) e il papa - accerchiato e costretto alla rassegnazione - lo ha detto con decisione e rassegnazione: “Dio sembra quasi disgustato dalle azioni dell’umanità”.

Io credo che non si riferisse solo e tanto all’umanità degli altri, ma anche e soprattutto delle sue stesse “truppe” che lavorano dietro le quinte e alacremente a tale progetto.

Come è già apparso chiaro in varie occasioni (ultima, plateale, nel Kazakistan nel 2001) la gerarchia della Chiesa Cattolico-Romana ha il cuore duro come quello dei consiglieri del faraone. Si è mantenuta a connivente distanza da Hitler, ha appoggiato Mussolini, sta appoggiando il governo Berlusconi, e non finirà per appoggiare Bush? Figuriamoci.

Lo sforzo di memoria e riconciliazione non è stato fatto per riprendere la strada della verità, ma per proseguire imperterrita sulla via della volontà di potenza... Non ha sentito e non vuole sentire ragioni - nemmeno quelle del cuore: la “risata” di Giuseppe (cfr. Luigi Pirandello, Un goj, 1918, “Novelle per un anno”) contro il suo modello-presepe di famiglia (e di società) continua e cresce sempre di più, ma fanno sempre e più orecchi da mercanti! Cosa vogliono che tutti e tutte puntino le armi non solo contro Betlemme (come già si è fatto) ma anche contro il Vaticano?

Credo con Zanotelli che "stiamo attraversando la più grave crisi che l’homo sapiens abbia mai vissuto: il genio della violenza è fuggito dalla bottiglia e non esiste più alcun potere che potrà rimettervelo dentro"; e credo - antropologicamente - che sia l’ora di smetterla con l’interpretazione greco-romana del messaggio evangelico! Bisogna invertire la rotta e lavorare a guarire le ferite, e proporre il modello-presepe correttamente.

Lo abbiamo sempre saputo, ma ora nessuno lo ignora più! Chi lo sa lo sa, chi non lo sa non lo sa, ma lo sanno tutti e tutte sulla terra, nessuno e nessuna è senza padre e senza madre! Dio “è amore” (1Gv.: 4,8) e Gesù (non Edipo, né tanto meno Romolo!) è figlio dell’amore di un uomo (Giuseppe, non Laio né tanto meno Marte, ma un nuovo Adamo) e una Donna (Maria) e non Giocasta né tanto meno Rea Silvia, ma una nuova Eva. Cerchiamo di sentire la “risata”. Deponiamo le armi: tutti e tutte siamo “terroni” - nativi del pianeta Terra, cittadini e cittadine d’Italia, d’Europa, degli Stati Uniti d’America, di Asia, di Africa ecc., come di Betlemme, come di Assisi e di Greccio... E non si può continuare con le menzogne e la violenza!

Non siamo più nella “fattoria degli animali”: fermiamo il gioco, facciamo tutti e tutte un passo indietro se vogliamo saltare innanzi e liberarci dalla volontà di potenza che ha segnato la storia dell’Occidente da duemila anni e più! Si tratta di avere il coraggio - quello di don Milani - di dire ai nostri e alle nostre giovani che sono tutti e tutte sovrani e sovrane o, che è lo stesso, figli e figlie dell’amore di D(ue)IO... dell’amore di "due Soli" esseri umani, come anche Dante aveva già intuito, sul piano politico ma anche sul piano antropologico.

Cerchiamo finalmente di guardarci in faccia e intorno: apriamo il dibattito - o, perché no, un Concilio Vaticano III (come voleva già il cardinale Martini) tra credenti e non credenti - e teniamo presente che Amore non è forte come la morte, ma è più forte di Morte (Cantico dei cantici: 8,6, trad. di G. Garbini, non degli interpreti greco-romani della Chiesa Cattolica).

* Pubblicata su l’Unità del 29 dicembre 2002, p. 30.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 18/1/2012 18.07
Titolo:LIBERARE LA PAROLA ::::
Liberare la parola

di Jean Rigal (“La Croix”, 14 gennaio 2012 - traduzione: www.finesettimana.org)

Il problema emerge da ogni lato. Attraversa tutte le istituzioni: professionali, politiche, sociali, religiose. Nel contesto attuale, che si vuole democratico, il dibattito fa parte della vita quotidiana. I media lo ricordano a modo loro. Non ci si meraviglierà pertanto che dei cristiani - cattolici in questo caso - facciano ascoltare pubblicamente le loro richieste, così come è avvenuto recentemente in Germania, in Austria, e attualmente in Francia. Questi cristiani alzano maggiormente la loro voce dato che hanno la percezione di non essere ascoltati. Ritengono che il centralismo romano soffochi la possibilità di espressione e la creatività delle Chiese locali.

Nel momento in cui commemoriamo il 50° anniversario dell’apertura del Vaticano II, è estremamente interessante prestare attenzione a quello che dice il Concilio a questo proposito. Certamente non vi si trova la parola “dibattito”, ma vi si riscontrano delle insistenze in relazione alle esigenze di dialogo e di ricerca nella Chiesa. Ci si trova all’opposto dell’antico dualismo “Chiesa docente e Chiesa discente”.

Applicata alla chiesa, la nozione di “Popolo di Dio” non mette più l’accento sull’idea di “società diseguale”, così pregnante durante il XIX secolo, ma sull’uguaglianza fondamentale dei battezzati “quanto alla dignità e all’attività comune” (Lumen Gentium, n. 32)

Il Concilio mette in rilievo il “senso della fede” dei battezzati (il “sensus fidei” in latino), una nozione un tempo utilizzata dai Padri della Chiesa ma per lungo tempo dimenticata. Questa espressione designa una sorta di intelligenza spirituale, di istinto cristiano, di senso della chiesa (secondo il concilio di Trento) che si basano sulla vocazione battesimale e appartengono alla identità cristiana. “Il senso della fede” è una idea profondamente tradizionale e non una richiesta democratica, vale a dire sospetta, sorta tardivamente dalla modernità. Il Concilio precisa che “il senso della fede” non si esercita mai isolatamente ma nella comunione della Chiesa, e grazie allo Spirito Santo.

Questa nozione - evocata a sei riprese dal Vaticano II - presenta necessariamente delle difficoltà di applicazione. Dal lato del popolo cristiano, esiste il rischio di rimanere ad uno sguardo troppo locale e troppo parziale delle questioni. Dal lato del magistero episcopale, soprattutto romano, di ricondurre il ruolo dei fedeli ad una pura sottomissione. Grande è la tentazione per l’autorità di vedere l’applicazione del “senso della fede” solo in un movimento discendente. Questo movimento a senso unico è oggi difficilmente sopportabile. Detto in altri termini, commemorare il Concilio Vaticano II non è solo conoscere il suo insegnamento - il che è lontano dall’essere acquisito - , è anche e prioritariamente metterlo in pratica. Una Chiesa in cui la parola è confiscata potrà ancora essere percepita come una chiesa di Pentecoste per il mondo dei nostri giorni?

Questi elementi dottrinali sono rafforzati da ciò che ci insegnano la storia e la sociologia. Per un verso, i rinnovamenti della Chiesa partono meno, salvo eccezioni, dalle istanze della gerarchia, spesso portata alla prudenza, rispetto alla creatività di una parte della comunità ecclesiale. Gli appelli del popolo cristiano, soprattutto se si prolungano nel tempo, sono portatori di una dimensione spirituale e profetica di cui generalmente solo successivamente si percepisce la fondatezza. Per altro verso, è risaputo che l’assenza di dibattito uccide la creatività. Infine, anche se al momento soffocate, alcune questioni non tarderanno a rinascere di nuovo. E si comprende facilmente che i nostri contemporanei, sottoposti al confronto con una estrema varietà di opinioni, e gelosi della loro libertà, accettano sempre meno prescrizioni alle quali non aderiscano interiormente.

A proposito del Vaticano II, il papa Giovanni Paolo II dichiarava “che è una bussola affidabile per orientarci sul cammino del secolo che inizia”. “Liberare la parola” è appunto una delle richieste del Concilio.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 19/1/2012 10.16
Titolo:La fede cristiana esige libertà e sincerità!
La fede cristiana esige libertà e sincerità!

di Raymond Gravel

in “www.lesreflexionsderaymondgravel.org” del 18 gennaio 2012

(traduzione:
www.finesettimana.org)


Dopo la chiamata dei primi discepoli secondo san Giovanni, ecco la chiamata dei primi quattro
discepoli raccontata in modo diverso da Marco, l'evangelista dell'anno B. Al posto del Gesù umile e
discreto di Giovanni troviamo, secondo Marco, un Gesù pieno d'autorità, che, ancora prima di
insegnare, di predicare e di agire, si sceglie dei discepoli. Ha tale autorità e tale carisma che nessuno
osa contestarlo. Eppure, non obbliga nessuno a credere in lui e a seguirlo. Lui si limita ad invitare:
“Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino” (Mc 1,15a). E, contrariamente a Giovanni Battista
che annunciava un giudizio severo sulla storia, Gesù invece proclama una Buona Notizia che invita
alla conversione e alla fede: “Convertitevi e credete alla Buona Notizia” (Mc 1,15b). Ma qual è la
Buona Notizia? Che cosa bisogna fare per viverla?

1. La Buona Notizia o Vangelo. Se si legge bene il vangelo di Marco, il primo evangelista, e poi
gli altri, la Buona Notizia è Gesù Cristo, Figlio di Dio (Ma 1,1). Ma perché è Buona Notizia? Gesù
è diventato Buona Notizia con l'evento morte-resurrezione, che ci ha mostrato che la morte non ha
l'ultima parola sulla vita e che la persona umana, segnata dai suoi limiti e dalle sue fragilità, può
compiere grandi cose: maggiore giustizia per tutti, rispetto dell'altro, di ogni altro, riconoscimento
della dignità di ogni persona, capacità illimitata di perdonare e di riconciliarsi, amore
incondizionato, condivisione delle ricchezze, uguaglianza tra le persone umane, speranza di un
mondo migliore. Se non è questa una Buona Notizia, mi chiedo che cos'è...

La Buona Notizia di Gesù Cristo è anche annunciare la salvezza per tutti senza eccezione. Non sono
le nostre opere che ci salvano; è la nostra fede nel Cristo di Pasqua, nel Cristo risorto. Le opere
vengono dopo: “Se con la bocca confessi che Gesù è Signore, se nel tuo cuore sai che Dio lo ha
risuscitato dai morti, sarai salvo” (Rm 10, 9). La fede è risposta alla Buona Notizia e ha per
oggetto Gesù che Dio ha resuscitato e fatto Cristo, Signore e Salvatore di tutta l'umanità. La vera
giustizia è quella che viene dalla fede (Rm 10,6), che è data attraverso la fede (Rm 3,25), e la
giustizia ricevuta dalla fede, è perdono (Ga, 5,24), riconciliazione con Dio (Ef 3,12), unione con
Gesù Cristo (Ef 3,17), e inaugura la vita dello Spirito (Ef 1, 13-14).


L'invito di Gesù Cristo alla conversione e alla fede nella Buona Notizia fa appello alla nostra libertà
umana. Non è obbligatoria, è un'opzione libera e senza obblighi. E la risposta all'invito fatto deve
anche fare appello alla nostra libertà e responsabilità. Non per niente san Paolo nella seconda lettura
di oggi, invita i Corinzi a non seguire certi illuminati della comunità che, a Corinto, pretendevano di
proibire il matrimonio a tutti, perché volevano imporre a tutti il celibato consacrato. Volendo
sottolineare il carattere provvisorio ma reale delle realtà di questo mondo, di cui fa parte anche il
matrimonio, san Paolo scrive: “Quindi vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve. D'ora innanzi,
quelli che hanno moglie, facciano come se non l'avessero, quelli che piangono come se non
piangessero, quelli che gioiscono come se non gioissero, quelli che comprano, come se non
possedessero, quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente. Passa infatti
la figura di questo mondo” (1Cor 7,29-31).

Purtroppo, in queste affermazioni di Paolo, c'è un pericolo di interpretazione che la Chiesa non ha
saputo evitare: il disprezzo del mondo, il disimpegno e l'evasione dai compiti terrestri, come se non
fosse necessario. Eppure, il pensiero di Paolo e la logica del Vangelo sono tutto il contrario. Il
mondo che vediamo ha bisogno delle nostre energie, della nostra vigilanza e della nostra
immaginazione a servizio della giustizia e della pace. Essenziali, queste realtà sono però provvisorie
rispetto alla nostra appartenenze al Cristo di Pasqua. L'esegeta Charles Wackenheim scrive: “Il
cristiano non disdegna né le sfide né le preoccupazioni di quaggiù; deve fare attenzione a nonrestarvi incollato al punto da chiudere il proprio cuore alla Parola di Dio che contesta tutte le
chiusure”.

E abbiamo un bell'esempio di chiusura nella prima lettura oggi, in cui il profeta Giona rinchiude
nella paura i niniviti affinché si convertano: “Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di
cammino e predicava: Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta!” (Gn 3,4). Abbiamo spesso
funzionato in questo modo, facendo paura alla gente: l'inferno, i demoni, la morte e la perdizione...
Per fortuna oggi ne siamo usciti. Non attacca più. Perché Dio, che è misericordia, perdono e amore,
come potrebbe minacciare le donne e gli uomini che sono l'opera della sua creazione? Non sono
forse creati ad immagine e somiglianza di Dio? Pierre Domergue scrive: “Effettivamente, Giona
pronuncia un oracolo di condanna: Ninive sarà distrutta. Effettivamente, i niniviti si sono convertiti,
e Dio torna sulla sua decisione. Il lettore di questo racconto profetico impara così che non c'è più
condanna incondizionata: Dio non è tenuto a dare ragione ai suoi inviati. È tenuto solo alla sua
parola, che è tenerezza e misericordia”.

2 Diventare discepoli. Alla domanda che cosa fare per vivere la Buona Notizia, io rispondo così:
per vivere la Buona Notizia, dobbiamo diventare discepoli di Cristo, cioè lasciarci vedere da Cristo:
“Passando lungo il mare di Galilea, Gesù vide Simone e suo fratello Andrea mentre gettavano le
reti: erano infatti pescatori” (Mc 1,16), sentire il suo invito: “Gesù disse loro: Venite dietro a me.
Vi farò diventare pescatori di uomini” (Mc 1,17), e rispondervi liberamente: “E subito, lasciarono
le reti e lo seguirono” (Mc 1,18).

Ecco due simboli importanti da definire:
1) La rete. Simbolo di seduzione. Cadere nella rete di qualcuno, significa lasciarsi sedurre da lui. Il
Cristo del vangelo di Marco è un seduttore; è talmente seducente, che non si può sfuggirvi, da qui
deriva le premura dei primi 4 discepoli chiamati a seguirlo. Lo fanno spontaneamente, in piena
libertà.

2) Pescatori di uomini. È vero che la pesca consiste nel prendere o catturare pesci. Ma il senso
della pesca umana usato da Marco è totalmente diverso. Bisogna ricordare che, nella Bibbia, il mare
è simbolo delle forze del male, e pescare uomini, significa liberare l'uomo dal potere del mare, dalle
forze del male. Quindi, la missione dei discepoli non consiste nel prendere o catturare degli uomini,
ma piuttosto nel liberarli. Questa è la missione della Chiesa ancora oggi.
Terminando, vorrei semplicemente citarvi l'esegeta francese Jean Debruynne, il suo commento del
vangelo di oggi: “È l'arresto di Giovanni Battista che serve da segnale. Giovanni Battista è gettato
in prigione e questo libera la parola del vangelo, come se l'arresto di Giovanni fosse l'appuntamento
fissato affinché Gesù esca dal silenzio. Come se ci fosse il passaggio del testimone da Giovanni a
Gesù. Come se la storia cambiasse e passasse dall'antico al nuovo testamento. Giovanni Battista è
arrestato ma nulla può mai fermare la Parola di Dio, e il primo atto di missione di Gesù è di
chiamare un Popolo chiamando i suoi discepoli. Li chiama a seguirlo come discepoli, ma anche già
come successori”. E aggiungerei, è in totale libertà che i quattro discepoli accettano di seguire
Cristo, ed è in totale libertà che noi accettiamo, ancora oggi, di diventare discepoli del Risorto, di
seguire il Cristo di Pasqua. Noi siamo quindi i successori dei primi discepoli, che erano i successori
di Gesù risorto.