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IL PAPA LASCIA. DATE LE DIMISSIONI. Dal 28 febbraio inizierà la “sede vacante”. A marzo il Conclave.,a c, di Federico La Sala

Ultimo aggiornamento: February 11 2013 16:18:30.

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 11/2/2013 15.29
Titolo:DON ALDO ANTONELLI: IL PAPA E’ UN ELETTO E NON UN CONSACRATO!
{{IL PAPA E’ UN ELETTO E NON UN CONSACRATO!}}

di don {{Aldo Antonelli}} *

Diamo atto a Benedetto XVI di un gesto altamente significativo oltre che coraggioso. Il coraggio è patente: grazie a Dio (almeno in questo caso) l’attaccamento al potere non ha obnubilato la coscienza del dovere. Ma è ancor più interessante saper leggere nell’evento, veramente straordinario, la portata, diciamo, demistificatoria e desacralizzante della figura del Papa, sempre vista come una specie di “consacrazione” vita natural durante!
Si è voluto ipostatizzare la figura e la funzione del Papa all’interno di un ruolo “sacro”, immune dai condizionamenti dell’età, della malattia e della salute. Ben venuto allora questo gesto a ricordarci che il papato è una “funzione” più che una “vocazione”, una “elezione” e non una “consacrazione”.

C’è ancora un lungo cammino da percorrere per sottrarre il papato alla iconografia sacrale e riconsegnarlo alle dimensioni evangeliche del servizio.

A cominciare dallo stesso linguaggio che ancora negli anni del terzo millennio di cristianesimo continua a coniugare la figura del papa con il Voi Maiestatico e con appellativi che sono delle vere eresia. Per esempio il titolo di "Vicario di Cristo", che è quanto meno sconcertante. Nel diritto canonico la nozione di potestà vicaria è molto chiara. Mentre il potere delegato si può usare anche in presenza del delegante, il potere vicario si esercita in assenza di colui che esercita la potestà diretta e sovrana. Dire che il papa è il vicario di Cristo pone i cattolici di fronte a un dilemma angosciante: o Cristo è presente nella Chiesa mediante lo Spirito e allora il potere del papa è praticamente nullo, o almeno strettamente amministrativo, oppure Cristo è assente dalla Chiesa, e allora sorgono gravi problemi teologici.

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- [ http://www.huffingtonpost.it/../../don-aldo-antonelli/il-papa-e-un-eletto-e-non-un-consacrato_b_2661... http://www.huffingtonpost.it/../../don-aldo-antonelli/il-papa-e-un-eletto-e-non-un-consacrato_b_2661...

- [ http://www.huffingtonpost.it/../../don-aldo-antonelli/-> http://www.huffingtonpost.it/../../don-aldo-antonelli/]
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 11/2/2013 16.02
Titolo:Chi lascia orfani Benedetto XVI ...
Chi lascia orfani Benedetto XVI

di Massimo Faggioli (“L’Huffington Post”, 11 febbraio 2013)

Papa Benedetto XVI si è dimesso ed è un fatto senza precedenti nella storia del pontificato globale moderno: non è chiaro se queste dimissioni inaugureranno un precedente, al contrario delle poche dimissioni avvenute in epoca medievale.

La chiesa non è una dittatura in cui il pontefice è un sovrano che agisce in uno “stato di eccezione”: il canone 332 del Codice di diritto canonico prevede questa possibilità. Ma c’è un altro modo di interpretare le dimissioni, suggerito dalla formula usata da Benedetto XVI per spiegare la decisione: “ingravescentem aetatem”. Questa formula latina non è solo usata per spiegare il peso degli anni, ma richiama parola per parola un motu proprio di Paolo VI, la Ingravescentem aetatem, che nel 1970 introduceva il limite di età di 75 anni per i cardinali di curia romana (e di 80 anni per entrare in conclave ed eleggere il nuovo papa), dopo che un documento del concilio Vaticano II nel 1965 aveva introdotto il limite di età a 75 anni per i vescovi diocesani.

C’è una lettura personale di queste dimissioni: gli osservatori non sarebbero stati sorpresi dalle dimissioni di Benedetto XVI nei primi anni del pontificato, specialmente tra 2006 e l’inizio del 2009, quelli più difficili, punteggiati dagli incidenti diplomatici del discorso di Regensburg e del caso del vescovo lefebvriano antisemita Williamson.

Poi nel 2010 sono iniziati i riverberi degli scandali degli abusi sessuali in America e in Europa che hanno elevato Benedetto XVI ad obbiettivo primario (in qualche caso, anche nelle corti di giustizia). Un papa eletto quasi sette anni fa già con un “brand” molto preciso di conservatore ha dovuto far fronte a venti contrari come nessun papa dell’era mediatica, dentro e fuori la chiesa. A questo si sono aggiunti esempi di grossolano mismanagement della Curia romana da parte del suo inner circle che hanno complicato una situazione prodotta da un conclave che elesse un teologo eminente quanto divisivo.

Ma c’è anche una lettura funzionale di queste dimissioni, che in un certo senso sono testimonianza dell’esperienza conciliare di Joseph Ratzinger. Il concilio Vaticano II fu l’inizio della ridefinizione della “job description” per tutti i ministri della chiesa, ma specialmente per i vescovi cattolici di tutto il mondo: un lavoro sempre più complesso, che richiede competenze tipiche di un leader, di un mediatore, di un comunicatore esperto dei media, e di un amministratore delegato - ma sempre soggetti al Vaticano e con un mandato che termina sempre a 75 anni di età, per i vescovi.

Da oggi in poi, nella teologia del papato e nella scienza canonistica qualcuno potrebbe affermare, senza tema di smentita, che quella legge della chiesa sulle dimissioni dei vescovi si applica anche al papa, vescovo di Roma. Ma restano aperte moltissime questioni. Sul conclave, ovvero quale sarà il ruolo del papa in esso e nella sua preparazione. Sul futuro di Joseph Ratzinger - già Benedetto XVI, primo papa emerito. Sull’agenda Ratzinger, se essa rimarrà valida per il conclave e per il futuro papa.

Le dimissioni lasciano teologicamente, spiritualmente e politicamente orfani parecchi cattolici, ecclesiastici e laici, in questo momento: nella curia romana, tra i vescovi, tra i teologi, and last but not least tra i neo-conservatori italiani e americani (e anche tra qualche ex marxista ora ratzingeriano). Quanto all’Italia, questo pontificato aveva scelto fin dall’inizio di non farsi coinvolgere più di tanto nella politica italiana, sfiorando più volte il peccato di omissione.

Le elezioni politiche italiane del 2013, che si terranno con la sede apostolica sostanzialmente vacante, sono l’epigrafe di un pontificato che - va detto - ha sempre visto nella dimensione politica e giuridica della chiesa e del papato due elementi di disturbo più che di aiuto alla missione della chiesa.

In questo senso, un pontificato più post-conciliare che conciliare, e nel caso di Ratzinger questa è una somma ironia. C’è da chiedersi quanto la chiesa cattolica romana mondiale possa permettersi, oggi, una visione così spiritualista di se stessa
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 11/2/2013 16.18
Titolo:Anniversario Patti Lateranensi. Lo strappo definitivo tra la Chiesa e il Pdl
Lo strappo definitivo tra la Chiesa e il Pdl

di Claudio Tito (la Repubblica, 11 febbraio 2013)

L’ultimo strappo tra i vertici della Chiesa italiana e il Pdl si è consumato proprio in queste ore. Con uno sgarbo che Segreteria di Stato e presidenza della Cei considerano poco digeribile. Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, infatti, dopo aver disertato il concerto con il Papa, non prenderà parte nemmeno al tradizionale ricevimento che celebra l’anniversario dei Patti Lateranensi. Ci sarà Mario Monti, in qualità di presidente del consiglio, e il leader Udc, Pier Ferdinando Casini. Pierluigi Bersani, invece, presente al concerto con Benedetto XVI ha fatto sapere per tempo di non poter partecipare all’appuntamento.

A meno di un cambio di programma dell’ultima ora da parte di Alfano (che comunque verrebbe considerato tardivo dal punto di vista dei rapporti “politici”), domani pomeriggio nella sede dell’Ambasciata italiana presso la Santa Sede non ci sarà quindi nessuno dei “big” del Pdl. Non essendo previsto neanche Silvio Berlusconi. Non mancherà l’“ambasciatore” del Cavaliere, Gianni Letta, ma si tratta comunque di una lesione nei contatti tra Chiesa e centrodestra mai così evidente. Anzi, la “fotografia” nei saloni di Palazzo Borromeo dei cosiddetti “colloqui in piedi” senza una “presenza berlusconiana” non ha di fatto precedenti dal 1994. Del resto l’allontanamento delle attuali gerarchie ecclesiastiche dai rappresentanti pidiellini negli ultimi due anni è stato progressivo.

Eppure la “foto” di domani è anche il frutto di un ultimo scontro che si sta consumando all’interno della Conferenza episcopale italiana e con la Segreteria di Stato. Una battaglia che in questo caso vede alleati Tarcisio Bertone, numero uno della Curia, il presidente della Cei Angelo Bagnasco e l’Appartamento papale. Sull’altro fronte la “destra curiale” che sul versante della Cei si basa sull’asse cosrtuito da Ruini con il Patriarca di Venezia Moraglia e all’interno del Vaticano sulla convergenza tra il prefetto della Congregazione per il Clero Mauro Piacenza e monsignor Balestrero.

L’ultimo affondo della “corrente” ruiniana, infatti, c’è stato in occasione delle formazione delle liste elettorali. Secondo Don Camillo, il Cavaliere resta il «male minore» e lo strumento per conseguire un «risultato utile», al punto di benedire nel Lazio il patto tra Francesco Storace e Eugenia Roccella. «Berlusconi - va ripetendo da settimane - i voti ancora ce li ha». L’ipotesi di un’intesa tra il centrosinistra e la lista di Monti viene considerata «inappropriata». Non a caso, proprio i “bracci armati” di Ruini - a cominciare da Monsignor Fisichella - avevano chiesto a gennaio ai rappresentanti di Scelta Civica e al leader centrista Casini di mettersi alla guida di un nuovo centrodestra cercando di replicare una sorta di “Operazione Sturzo”. Con l’obiettivo, appunto, di rendere impossibile la successiva alleanza con lo schieramento di Bersani in virtù dei «valori non negoziabili».

Una linea contestata dall’asse Bertone-Bagnasco. Entrambi, infatti, considerano la presenza del Cavaliere nella corsa elettorale un ostacolo insormontabile sia a causa delle vicende Noemi e Ruby, sia per l’immagine internazionale dell’ex premier. Dopo le tensioni piuttosto vistose dei mesi scorsi, quindi, tra Segreteria di Stato e Cei è stata siglata una sorta di «tregua operosa». Resa plasticamente visibile alla presentazione alcune settimane fa del libro “La porta stretta” che raccoglie le prolusioni del presidente della Cei.

Un patto che, secondo gli uomini più vicini ai vertici episcopali e della Curia, si basa anche sui nuovi orientamenti dei credenti praticanti. L’attivismo “ruiniano”, infatti, non sembra aver preso piede tra i cattolici di base se si considera il recente sondaggio pubblicato dal mensile Jesus: Pd e Scelta Civica sono in cima alle loro preferenze e il centrodestra scivola sempre più dietro. Anzi, tra quelli che un tempo votavano per il Cavaliere emerge la tentazione-Grillo. Per di più i «valori non negoziabili» non vengono considerati un criterio fondamentale per le scelte politiche.

La disposizione verso il superamento del “rapporto esclusivo” con il centrodestra sta diventando quindi il perno di quella ricucitura di rapporti tra Bertone, Bagnasco e l’Appartamento papale. Basti pensare all’appello lanciato pochi giorni fa proprio dal capo della Cei che tutti hanno interpretato come un ulteriore stop al Cavaliere: «Gli italiani hanno bisogno della verità delle cose, senza sconti, senza tragedie ma anche senza illusioni. La gente non si fa più abbindolare da niente e da nessuno».

Ma questa scelta viene appunto criticata dalla componente “ruiniana” e dai conservatori. Al punto di tentare un accordo con l’ala più conservatrice della Chiesa. Non è un caso che di recente sia partita un’offensiva diplomatica con il Cardinale Piacenza (che aspirava alla successione di Bertone in Segreteria di Stato), con Moraglia (Patriarca di Venezia), e con l’arcivescovo di Ferrara Luigi Negri (vicino a Cl) e monsignor Balestrero (Sottosegretario per i Rapporti con gli Stati). A loro è offerta una sponda per creare un nuovo rapporto di forze. Si tratta di uno scontro che dentro la Curia richiama alla memoria il vecchio duello tra Papa Montini, Paolo VI, e l’arcivescovo Roberto Ronca, esponente della destra romana e della corrente più tradizionalista di Coetus Internationalis Patrum.

Ma soprattutto ha aperto con un certo anticipo la scacchiera per il futuro Conclave. Sta di fatto che in questa fase Bertone e Bagnasco non intendono accettare l’idea di una nuova concessione a Berlusconi né giustificare alcune sue gaffe con il pricipio della “contestualizzazione”.

I vertici della Cei, prima di optare per l’addio definitivo, avevano chiesto proprio ad Alfano - ottenendole - garanzie sulla necessità che Berlusconi non sarebbe ricandidato come guida. Assicurazioni che poi sono state smentite. Le differenze tra il Segretario di Stato e il presidente della Cei riguarderanno semmai la gestione delle scelte per il dopo voto. Ma al momento c’è un anello che li unisce: guardare al dopo-Berlusconi.